pedu72
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mercoledì 30 settembre 2015
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deludente e superficiale
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Deludente, quanto meno, viste le presentazioni e le recensioni lette. Per la tematica, risaputa: la presunta 'necessità' di utilizzare mezzi violenti e illegali per sconfiggere la criminalità. Per l'assunto (criminogeno) implicitamente propugnato dal film: in effetti o si fa così o si è impotenti e sconfitti in partenza. Per l'ingenuità manichea e razzista: i buoni (anche se non del tutto...) sono comunque gli yankee (i messicani: brutti, cattivi e ovviamente corrotti...). Per la pessima definizione psicologica dei protagonisti: la detective carina e 'onesta' per definizione, ma che risulta ingenua e francamente antipatica; il 'torturatore' (per carità, non americano...) che insegue una vendetta poco credibile per non dire assurda.
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Deludente, quanto meno, viste le presentazioni e le recensioni lette. Per la tematica, risaputa: la presunta 'necessità' di utilizzare mezzi violenti e illegali per sconfiggere la criminalità. Per l'assunto (criminogeno) implicitamente propugnato dal film: in effetti o si fa così o si è impotenti e sconfitti in partenza. Per l'ingenuità manichea e razzista: i buoni (anche se non del tutto...) sono comunque gli yankee (i messicani: brutti, cattivi e ovviamente corrotti...). Per la pessima definizione psicologica dei protagonisti: la detective carina e 'onesta' per definizione, ma che risulta ingenua e francamente antipatica; il 'torturatore' (per carità, non americano...) che insegue una vendetta poco credibile per non dire assurda. Per la trama, che culmina in una carneficina finale da barzelletta (il vendicatore solitario che penetra nel covo-bunker del boss del cartello: scena dai risvolti comici, al confronto le avventure di Tex Willer sono un modello di realismo...). Per l'incapacità di coinvolgere né emotivamente né eticamente lo spettatore: francamente, che ce ne importa dei protagonisti? che muoiano o sopravvivano risulta alla fin fine indifferente. Per alcune oleografie da cartolina: le silhouettes degli incursori contro il cielo rosseggiante nel tramonto... E, ultimo ma non ultimo, per la (solita) menzogna soggiacente alla vicenda: esistono i criminali (della droga, delle armi o di quant'altro) e gli stati (gli Stati Uniti poi...) che li combattono (con metodi più o meno discutibili): ma quando mai? ops... mi sono sbagliato: ovviamente gli stati (e soprattutto gli USA) sono garanti di giustizia, pace e progresso, che (come noto) portano nel mondo con gli strumenti della democrazia e della civiltà. Gli altri, canaglie da annichilire! Amen.
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the moon
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venerdì 2 ottobre 2015
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caramelle
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Doveva essere un film interessante,movimentato,tosto e adrenalinico,doveva essere stile non è un paese per vecchi con un che di spionaggio e intrigo internazionale,ma alla fine ti risvegli e non sai davvero cosa hai visto o se quello che hai visto è ciò che presenziavano trailer e critici con decorazioni e lustrini o se la sala non era quella giusta.Perche il primo tempo trascorre in silenzio a fare ginnastica preparandosi al bagno di emozioni nella ripresa ma: qualche petardo,una blunt capricciosa che piange per le caramelle,e una trama ridicola cosi sempliciotta da diventare difficile.BOCCIATO.
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fullmetaltizio
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domenica 27 settembre 2015
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notevole
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Denis Villanevue dirige brillantemente questo thriller teso ambientato nella tristemente nota frontiera tra Stati Uniti e Messico. La bravura degli attori (azzeccate le scelte di Emily Blunt, una delle poche attrici a non risultare ridicola in un ruolo "militaresco", e quella di Benicio Del Toro, il cui cipiglio pigro contrasta l'efferratezza delle sue azioni) e l'ottima fotografia fanno il resto. Oltretutto, il film fornisce spunti di riflessione interessanti.
Purtroppo, la gestione approssimativa dei personaggi (la Blunt ci viene presentata come protagonista, ma nella seconda parte viene totalmente oscurata per dar spazio dalle vicende di Del Toro; per non parlare di Brolin, totalmente tagliato fuori dal finale) e uno svolgimento nebuloso delle vicende (tuttavia pur sempre preferibile ai temibili "spiegoni" che infestano la narrativa moderna) impediscono al film un ulteriore salto di qualità.
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Denis Villanevue dirige brillantemente questo thriller teso ambientato nella tristemente nota frontiera tra Stati Uniti e Messico. La bravura degli attori (azzeccate le scelte di Emily Blunt, una delle poche attrici a non risultare ridicola in un ruolo "militaresco", e quella di Benicio Del Toro, il cui cipiglio pigro contrasta l'efferratezza delle sue azioni) e l'ottima fotografia fanno il resto. Oltretutto, il film fornisce spunti di riflessione interessanti.
Purtroppo, la gestione approssimativa dei personaggi (la Blunt ci viene presentata come protagonista, ma nella seconda parte viene totalmente oscurata per dar spazio dalle vicende di Del Toro; per non parlare di Brolin, totalmente tagliato fuori dal finale) e uno svolgimento nebuloso delle vicende (tuttavia pur sempre preferibile ai temibili "spiegoni" che infestano la narrativa moderna) impediscono al film un ulteriore salto di qualità. Notevole, comunque...
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catcarlo
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mercoledì 30 settembre 2015
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sicario
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Forse a causa della distratta accoglienza ottenuta al festival di Cannes, il provino di ‘Sicario’ si concentra sull’azione e sui morti ammazzati presentando l’opera come un thriller spara-spara così che, quando si rivela il nome del regista, lo spettatore rimane spiazzato. La visione del film rimette le cose a posto: non che manchino le scene movimentate (perfetta la lunga sequenza dell’incursione a Juarez e ritorno) e il sangue sparso con poca parsimonia, ma l’interesse del regista va ben al dilà di questi aspetti esteriori, riprendendo molti dei temi che ne hanno già caratterizzato il lavoro. Pur passando dai freddi boschi della Pennsylvania al desertico confine tra gli Stati Uniti e il Messico, come in ‘Prisoners’ anche qui possiamo osservare dei personaggi dalle molteplici sfaccettature che devono affrontare un mondo in cui il confine fra bene e male è molto labile (o, forse, inesistente), mentre al centro della vicenda è posta una figura principale che vede via via incrinarsi le proprie certezze e alla fine non può far altro che ammettere la sconfitta.
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Forse a causa della distratta accoglienza ottenuta al festival di Cannes, il provino di ‘Sicario’ si concentra sull’azione e sui morti ammazzati presentando l’opera come un thriller spara-spara così che, quando si rivela il nome del regista, lo spettatore rimane spiazzato. La visione del film rimette le cose a posto: non che manchino le scene movimentate (perfetta la lunga sequenza dell’incursione a Juarez e ritorno) e il sangue sparso con poca parsimonia, ma l’interesse del regista va ben al dilà di questi aspetti esteriori, riprendendo molti dei temi che ne hanno già caratterizzato il lavoro. Pur passando dai freddi boschi della Pennsylvania al desertico confine tra gli Stati Uniti e il Messico, come in ‘Prisoners’ anche qui possiamo osservare dei personaggi dalle molteplici sfaccettature che devono affrontare un mondo in cui il confine fra bene e male è molto labile (o, forse, inesistente), mentre al centro della vicenda è posta una figura principale che vede via via incrinarsi le proprie certezze e alla fine non può far altro che ammettere la sconfitta. Ancor più che sul Loki di Gyllenhall nel lavoro precedente, un tale destino incombe su Kate, giovane agente FBI dai molti ideali che viene assegnata a un’operazione sporca con un piede di qui e uno di là dal confine messicano. A guidarla sono due agenti di una qualche agenzia governativa non ben specificata, il ruvido Matt e Alejandro, sudamericano dal passato misterioso: ben presto, Kate scopre che qualsiasi mezzo è lecito per arrivare allo scopo, non importa quanto brutale o inumano. Assieme allo sceneggiatore Taylor Sheridan, Villeneuve fa muovere i tre in uno dei luoghi più pericolosi del pianeta raccontato come una terra di lupi in cui la civiltà è solo una patina per un deserto dello spirito che ben si riflette in quello che assedia i centri abitati: l’occhio si perde nelle estensioni fotografate con maestria da Roger Deakins mentre si accentua lo smarrimento dell’anima di Kate (quando quella del suo Paese, se c’era, se n’è gia andata da parecchio, vista la fondamentale identità di comportamento tra cacciatori e cacciati). Il direttore della fotografia rappresenta un altro legame con ‘Prisoners’ – pure in qualche modo ricordato all’inizio dalla casa degli orrori con relativa botola – ma in ‘Sicario’ il pessimismo è ancora più accentuato perché là si indagava un male magari ipocritamente obliato ma comunque in sonno fino al suo esplodere, mentre qui tutto è pianificato senza guardare in faccia nessuno, nemici o amici. A inasprire la cupezza collaborano le eco metalliche della colonna sonora firmata dall’islandese Jóhann Jóhannsson, ma tutto ciò non va mai a scapito del ritmo che tiene l’attenzione incollata allo svolgersi della storia fino al suo inevitabile scioglimento. L’incastro degli eventi e delle immagini coinvolge al punto da far passar sopra con agilità ad alcune pecche che fanno sì che la scrittura non sia all’altezza degli aspetti lodati fino a ora: lo scomparire e il riapparire del personaggio di Reggie, collega di Kate, è poco giustificato mentre la figura del poliziotto messicano male si armonizza nello svolgimento complessivo. Imperfetto è, in fondo, anche il disegno di una Kate non del tutto a fuoco nei comportamenti, ma si tratta di un difetto minore compensato dall’interpretazione di Emily Blunt, sentita e dolorante al punto giusto – anche per le conseguenze della vendetta di Montezuma – a conferma di un cast di notevole spessore e davvero indovinato: Bernthal veste per l’ennesima volta i panni di un figuro spigoloso, mentre col passare dei minuti rubano la scena i pochi scrupoli del Matt di Brolin e, in modo davvero incisivo, di quell’Alejandro i cui tormenti si intuiscono sotto il cipiglio di Del Toro. ‘Sicario’ mostra perciò qualche mancanza che lo rende meno compiuto di ‘Prisoners’, ma conferma in Villeneuve le qualità dell’ottimo regista che sa esprimere un proprio punto di vista forte e definito.
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mario nitti
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domenica 27 settembre 2015
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alla ricerca di una luce sprofonda nelle tenebre
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Un’ordinaria operazione antidroga porta allo scoprimento di venti cadaveri occultati nei muri di una casa. La donna che ha condotto l’indagine vuole scoprire in colpevoli e le viene proposto di entrare in una squadra interforze di lotta contro il mercato della droga. Le sembra una buona idea, ma è un patto con il diavolo.
Il film avanza, quasi con centri concentrici, alternando momenti di tensione a quelle che sono solo apparentemente pause narrative, e ci porta dentro i meccanismi con cui la giustizia viene difesa in un paese che nella lotta contro il male ha deciso di accettare molto più di un compromesso. Un viaggio che conduce la protagonista a sprofondare pian piano nelle tenebre, infilandosi in un tunnel che la porta molto lontano da dove avrebbe voluto giungere.
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Un’ordinaria operazione antidroga porta allo scoprimento di venti cadaveri occultati nei muri di una casa. La donna che ha condotto l’indagine vuole scoprire in colpevoli e le viene proposto di entrare in una squadra interforze di lotta contro il mercato della droga. Le sembra una buona idea, ma è un patto con il diavolo.
Il film avanza, quasi con centri concentrici, alternando momenti di tensione a quelle che sono solo apparentemente pause narrative, e ci porta dentro i meccanismi con cui la giustizia viene difesa in un paese che nella lotta contro il male ha deciso di accettare molto più di un compromesso. Un viaggio che conduce la protagonista a sprofondare pian piano nelle tenebre, infilandosi in un tunnel che la porta molto lontano da dove avrebbe voluto giungere.
Alla fine un invito inquietante per il suo realismo: Benicio del Toro dice alla protagonista, e un po’ a tutti, noi di trovarsi una cittadina piccola dove lavorare, un posto in cui l’idea di giustizia abbia ancora un senso, perché il mondo ormai è in mano a lupi e lei lupo non è.
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rufus t.scutari
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martedì 29 settembre 2015
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è uno di quei film che sai che ti piaceranno
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È uno di quei film che sai che ti piaceranno, lo sai già dai primi minuti che ti siedi sulla poltrona, il montaggio, il susseguirsi delle azioni, non ti lasciano scampo; il film ti piacerà!
Praticamente privo di colonna sonora se non di un unico pezzo suonato di poche note a mò di preludio al pathos che crea ed allo svolgersi dell'azione.
Il destino della guerra al narcotraffico è così come si dimostra, "un mondo di lupi dove se non sei lupo anche tu non puoi sopravvivere".
Non c'è tempo per sofismi sul metodo........."Guillermo Alarcon -el verduco-trovarlo sarà quasi come scoprire un vaccino".
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È uno di quei film che sai che ti piaceranno, lo sai già dai primi minuti che ti siedi sulla poltrona, il montaggio, il susseguirsi delle azioni, non ti lasciano scampo; il film ti piacerà!
Praticamente privo di colonna sonora se non di un unico pezzo suonato di poche note a mò di preludio al pathos che crea ed allo svolgersi dell'azione.
Il destino della guerra al narcotraffico è così come si dimostra, "un mondo di lupi dove se non sei lupo anche tu non puoi sopravvivere".
Non c'è tempo per sofismi sul metodo........."Guillermo Alarcon -el verduco-trovarlo sarà quasi come scoprire un vaccino". Dennis Villeneuve è un regista di "manico" ed una piacevolissima conferma.
Bravo.
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elpiezo
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lunedì 28 settembre 2015
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pregevole!!!
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PIZZI MOVIE RECENSIONI: “SICARIO”.
Teso ed intenso in ogni singola inquadratura, Sicario narra l'eterna lotta ai letali cartelli messicani della droga. Un'equipe di agenti scelti (CIA ed FBI) in una vera propria guerra dentro e fuori ai confini di una terra infuocata e corrotta che trasuda corruzione da qualsiasi angolo la si guardi.
Un team di bravi attori ben assemblati tra loro (Del Toro, Blunt, Brolin) per una feroce battaglia dove il male alloggia incondizionato da entrambe le parti ed a pagarne le conseguenze, il letale confine messicano, un lembo di arida terra che ignora qualsiasi forma di redenzione.
PREGEVOLE!!!
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