ashtray_bliss
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domenica 19 aprile 2015
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missione impossibile negli abissi del mar nero.
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Kevin McDonald in tutti gli anni del suo operato cinematografico ha dato prova di essere un regista sapiente e abile nel destreggiarsi in diversi generi che spaziano dall'avventura storica ed anti-epica (The Eagle), al dramma sociale e di denuncia (Last King of Scotland) . Anche con questo lungometraggio si riafferma un regista disinvolto che sa destreggiarsi con una sceneggiatura semplice creando un prodotto valido e degno di nota che si discosta dal solito thriller usuale, osando di più e inoltrandosi nel genere del dramma psicologico, dell'avventura vera e propria e ovviamente, anche se non marcatamente, in quello del dramma sociale.
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Kevin McDonald in tutti gli anni del suo operato cinematografico ha dato prova di essere un regista sapiente e abile nel destreggiarsi in diversi generi che spaziano dall'avventura storica ed anti-epica (The Eagle), al dramma sociale e di denuncia (Last King of Scotland) . Anche con questo lungometraggio si riafferma un regista disinvolto che sa destreggiarsi con una sceneggiatura semplice creando un prodotto valido e degno di nota che si discosta dal solito thriller usuale, osando di più e inoltrandosi nel genere del dramma psicologico, dell'avventura vera e propria e ovviamente, anche se non marcatamente, in quello del dramma sociale.
Ci riesce anche grazie alla scelta impeccabile del cast, e su tutti, di Jude Law che qui veste un ruolo maturo, ruvido, contradditorio ma pur sempre umano che riesce ad essere la vera colonna portante del film, il centro gravitazionale della pellicola e quella figura attorno alla quale si affidano in toto i co-protagonisti. Cosi, grazie a una ricetta semplice e dal sapore retrò ne esce un film decisamente interessante, sostenuto da un ritmo incalzante, colpi di scena e le giuste dosi di dramma sociale e psicologico. Difatti, sin dalle prime scene all'interno del sottomarino si capisce che uno degli obiettivi di McDonald era rendere omaggio ai film di una volta. Laddove non esistevano effetti speciali sensazionali, o l'ausilio di una tecnologia all'avanguardia. Le epoche in qui i film, per essere definiti 'buoni' dovevano puntare il tutto sulla maestria del regista, sulla bravura degli interpreti e su una solida trama e altrettanto valida sceneggiatura. Gli echi e richiami d'un cinema di altritempi ci sono tutti, e funzionano in modo organico anche qui, riuscendo ad evocare sforzi registici passati e memorabili pur rimanendo sempre un prodotto distinto e non un mero 'copia-incolla' che ricicla idee già sfruttate in passato. Sapendo dare, in tal modo, una boccata d'aria fresca a un genere divenuto quasi definitivamente obsoleto per il grande schermo, quello dei sommergibili, come d'altronde obsoleti sono diventati i mezzi stessi.
La trama, dunque, ci catapulta all'interno di un vecchio e arruginito sottomarino di fattura sovietica, uno di quei mezzi ormai in disuso, malfunzionanti e fatiscenti, in cui vi troviamo un improbabile gruppo di uomini inglesi e russi che sono lì con un'unico scopo: quello di ritrovare un sottomarino risalente alla Seconda Mondiale, carico d'oro, che doveva servire a corrompere il Fuhrer da parte dei sovietici Staliniani. La missione, è il caso di dirlo, non andò in porto e il sommergibile col suo carico di lingotti giacciono da qualche parte nel fondale marino del Mar Nero, in acque territoriali contese tra Russia, Georgia e Turchia. A questo punto è necessario fare un salto indietro e spiegare le motivazioni che spingono Robinson (J. Law) e gli altri compagni di viaggio ad intraprendere una missione clandestina eccessivamente rischiosa e piena di insidie che avrebbe potuto mettere in serio pericolo le loro stesse vite. La motivazione è direttamente legata al contesto sociale attuale, tanto esterno quanto intrinseco al film stesso, ovvero la galoppante crisi economica. In questo frangente, tutta la squadra con qui lavora il capitano Robinson, addetto al ritrovamento e recupero di sommergibili, viene licenziata in tronco e senza troppe motivazioni al riguardo. Uno della squadra però propone un piano audace quanto avventato; quello di ritrovare il carico d'oro del sommergibile russo e impossessarsene, riscattandosi parzialmente dal torto subito per mano della loro Società, AGORA, che li ha licenziati.
E a questo punto emergono in superficie tutte le reali tematiche del film che come detto prima deragliano più volte in più spazi e generi diversi, rendendo Black Sea, un pot-purri funzionante di argomenti, spunti, riflessioni e idee che non si sottraggono alla critica sociale, principale vena del cinema contemporaneo.
La squadra in poco tempo si compone e partono per la missione nel Mar Nero. Il capo è ovviamente il comandante Robinson e attorno a lui si stringono esperti sommozzatori e operai che sanno come far funzionare il sottomarino. Il gruppo è veramente eterogeneo tanto per età ed esperienze quanto per origine etnica; metà del personale infatti è russo, l'altra metà è inglese e spesso le due squadre non si comprendono, non padroneggiando bene (o affatto) la lingua reciproca e dovendo riccorere più volte al linguaggio del corpo, ai gesti e agli sguardi per coordinarsi efficacemente. Ecco dunque che il regista ci mette di fronte ad una delle barriere sociali più impervie, la quale spesso tendiamo a ignorare o sottovalutare; L'incomunicabilità, l'incapacità linguistica e l'altrettanta assenza d'un linguaggio comune, una 'lingua franca' che permetta la normale interazione/mediazione linguistica. Quindi ci pone davanti gli ostacoli che derivano da questa incomunicabilità tecnica e funzionale. In primis l'incomprensione reciproca. Poi si susseguono a ruota la sfiducia, i sospetti e le ombre che ognuna delle squadre inizia a nutrire nei confonti dell'altra. In extremis, soppraggiunge l'avidità acciecante e il pregiudizio misto a odio razziale. Elementi esplosivi che minano l'esito della missione e mettono a repentaglio la vita di tutti.
Così, quello spazio angusto e asfissiante nonchè naturalmente claustrofobico che è il sottomarino diventa abilmente, in un secondo piano di interpretazione, una metafora ed una allegoria sul microcosmo sociale e di come i rapporti umani, anche quando è essenziale, vitale che si basino sulla reciprocità, la fiducia, il rispetto e la cooperazione mutino velocemente e logorino radicalmente i legami tra i membri di questa micrografia sociale. A questo punto però il sottomarino assume anche un'altra -simbolica- dimensione, strumentale nel sostenere i passi narrativi della pellicola, diventando sinonimo di ineluttabilità. Una gabbia, tanto fisica quanto mentale, che 'intrappola' in modo definitivo i protagonisti e li trasforma in vittime di loro stessi e delle loro psicosi e paranoie che li spingono sempre di più fuori da ogni (auto)controllofacendo emergere la parte umana più oscura e brutale che si ripercuote sul resto dell'equipaggio. La divisone, la disgregazione e il caos prendono pian piano il sopravvento e condannano definitivamente la missione al fallimento totale e dall'esito drammatico e inevitabile.
Black Sea, è un prodotto riuscito proprio perchè mescola in modo intelligente tanti elementi diversi tra loro, mescolandoli a tematiche sociali attuali e sempre più presenti nella nostra quotidianità. Si parte da un thriller al quale non mancano gli ingredienti di base; la suspence, il mistero, i colpi di scena, la tensione avvolti in un involucro che sconfina tra il dramma psicologico e quello sociale. Infatti vi troviamo la figura del carismatico Jude Law, nelle vesti d'un padre e marito disperato, con un divorzio alle spalle e un lavoro che non gli permette di passere molto tempo col proprio pargolo. A ciò viene aggiunta la natura precaria del suo mestiere, e il licenziamento rappresenta la goccia che fà trabbocare il vaso. Successivamente, tutti i personaggi secondari che gravitano attorno alla figura di Law sono specchi di una società divisa e malfunzionante sia dal punto di vista sociale che lavorativo; sono degli scarti della società, dei relitti di cui si preferisce disfarsene. Specialmente la parte russa che rappresenta benissimo la mancata integrazione di questa fetta di persone, che ''zoppicano'' e faticano in un luogo tanto lontano quanto diverso dal loro paese natio, pur di guadagnarsi del pane da vivere. E questa mal-integrazione si manifesta in modo enfatico e particolare, come incomprensibilità e barriera linguistica prima, e come pregiudizi e sfiducia poi.
Oltre a ciò, il film punta anche sul dramma esistenziale e psicologico, ponendoci difronte a persone come il capitano Robinson che sta ancora metabolizzando la sua separazione e i suoi sensi di colpa ed impotenza derivati dal fatto che non può essere il padre di cui suo figlio avrebbe bisogno, sia per la sua ridotta capacità economica, sia per il fatto che il suo lavoro richiede un notevole distacco. Uno dei motivi principali che spronano l'uomo a intraprendere questa missione clandestina è senz'altro la prospettiva di arrichirsi e poter assicurare alla sua famiglia un futuro migliore. A capovolgere e mandare in aria la missione, saranno l'egoismo, l'avarizia e la prevaricazione che iniziano a manifestarsi in ognuno dei componenti del gruppo, non appena si ritroveranno nelle profondità marine, e sprofonderanno negli abissi più oscuri e tetri dell'animo umano, cancellando ogni forma di umanità ed empatia, trasformando quella prigione sottomarina in un luogo di battaglia, fisica e mentale.
Di particolare rilevanza nel film c'è anche il rapporto che si instaura tra Robinson e il giovanissimo Tobin, un rapporto che si contrappone al resto delle dinamiche ostili che si vengono a creare nel gruppo. Infatti, il rapporto paterno e solidale che si crea tra il giovane inesperto e il capitano rappresentano probabilmente l'unica ancora di umanità e speranza che riesce a resistere senza soccomebere nelle profondità marine. Uno spiraglio di luce, una prospettiva di speranza che mette in evidenza, secondo il messaggio principale della pellicola, come solo i rapporti genitoriali siano veramente resistenti, autentici e indissolubili. ''L'unica cosa che conta veramente'' come ammette lo stesso Robinson a Tobin pochi minuti prima della conclusione del film.
Il finale, simbolicamente catartico e redentivo, è in piena sintonia con tutto il resto della trama, ristabilendo in qualche modo il senso di giustizia che i protagonisti avevano completamente smarrito. In particolare, gli ultimi istanti di vita del capitano sono anche i più importanti e rivelatori, quelli che gli restituiscono la bussola morale che aveva sopresso nei minuti precedenti, quelli che lo mettono di fronte alla crudele realtà dei fatti; a volte per ritrovare se stessi si finisce per perdersi totalmente, perdendo di fatto anche i legami e gli affetti che contano di più, quelli famigliari. Egli stesso come i suoi compagni di viaggio, si era arreso alle debolezze umane che corrompono l'animo e lo spirito, divenendo una vittima di se stesso; una pedina incapace di lottare per ciò che è giusto, acciecata e corrotta dalla brama di denaro e ricchezza, gli strumenti del potere.
Un potere che lo avrebbero elevato dalla sua posizione di semplice operaio, di uomo che lavora nelle oscure profondità abissali mantenendo in vita un mestiere in rapido declino. Ecco allora la seconda critica sociale. Quella che contrappone 'lui' e tutti quelli che rappresenta (la classe operaia) contro 'loro', ovvero gli opressori, i detentori del potere e della richezza, quelli che si permettono di scaricarlo e cacciarlo dal lavoro che ama senza motivazioni valide, se non quelle dettate dalla crescente pressione economica. Ma talvolta la voglia di riscattarsi mista ad un senso di vendetta procura i risultati opposti da quelli desiderati.
''Tu sei peggio di loro'', così lo accusa Morozov nelle sequenze finali, ristabilendo l'equilibrio morale.
Lungometraggio altamente riuscito, il Mar Nero di McDonald, che sfoggia una scenegiatura classica elaborata in modo originale e innovativo toccando diverse tematiche attuali. Regia sobria, solida e sapiente che non ricorre quasi mai agli effetti speciali che qui sono quasi completamente assenti, ma si concentra nel creare un ibrido funzionale tra avventura, thriller e dramma con l'uso di espedienti rituali quali la suspence, tensione, colpi di scena. Squisitamente convincente Jude Law in un ruolo finalmente maturo, complesso, ruvido e pregnante che riesce finalmente a far emergere tutto il talento recitativo di questo affascinante british man. Molto riuscita e verosimile anche l'interpretazione della controparte russa, che recita rigorosamente in lingua madre, donando enfasi e verosimiglianza alla trama. Suggestive e poderose le riprese all'esterno del sommergibile, dove l'uomo è in totale balia della forza della natura, oscura, profonda e silente come le profondità nelle quali si muovono i protagonisti. Buona la fotografia e l'uso della colonna sonora.
Un film che difficilmente deluderà le aspettative. Fortemente consigliato. 4/5 metitatissimi.
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(di muttley72)
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luca benassi
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giovedì 30 aprile 2015
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film originale nel suo campo; ricco colpi di scena
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"Solito film sui sottomarini". Questo sarebbe il lecito pensiero di chi, a prima vista e senza pensarci, ne sente la trama. Il più importante tra i tanti colpi di scena in questo film è proprio l'originalità su un tema più volte affrontato in passato. Interamente girato all'interno di questo sottomarino, il film inizia facendo un quadro generale sul personaggio principale, Robinson(interpretato magistralmente da un'eccezionale Jude Law); Dopo esser stato licenziato da un'azienda nautica per la quale lavorava da molto tempo, Robinson riceve un'informazione che cambierà il suo imminente futuro:sul fondale del Mar Nero, infatti, giace il relitto di un sottomarino russo che durante gli anni della guerra trasportava un carico d'oro dalla Russia di Stalin alla Germania di Hitler, e qualcuno è a conoscenza del punto esatto.
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"Solito film sui sottomarini". Questo sarebbe il lecito pensiero di chi, a prima vista e senza pensarci, ne sente la trama. Il più importante tra i tanti colpi di scena in questo film è proprio l'originalità su un tema più volte affrontato in passato. Interamente girato all'interno di questo sottomarino, il film inizia facendo un quadro generale sul personaggio principale, Robinson(interpretato magistralmente da un'eccezionale Jude Law); Dopo esser stato licenziato da un'azienda nautica per la quale lavorava da molto tempo, Robinson riceve un'informazione che cambierà il suo imminente futuro:sul fondale del Mar Nero, infatti, giace il relitto di un sottomarino russo che durante gli anni della guerra trasportava un carico d'oro dalla Russia di Stalin alla Germania di Hitler, e qualcuno è a conoscenza del punto esatto.
A questo punto serve necessariamente un equipaggio abile, esperto e anche un po' pazzo, per partire alla ricerca dell'oro. A conti fatti, il gruppo di esploratori è pronto a partire. La missione non sembra sicura sin da subito, ma la sete di ricchezza vince in molti casi, come in questo. Ogni ora che passa dentro quel sottomarino, infatti, è sempre meno sicura la buona riuscita del viaggio.
Con un finale che ricorda molto "Armageddon" (anche se in quel caso eravamo su un altro pianeta),il film ci regala colpi di scena continui, e totalmente inaspettati, ed è questo che lo rende speciale. Una visione molto appassionante, mai scontata e inaspettatamente originale.
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flyanto
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giovedì 23 aprile 2015
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quando si lotta il tutto per tutto
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Il protagonista di "Black Sea" (Jude Law) è un uomo che viene improvvisamente licenziato dalla Compagnia presso cui ha lavorato fedelmente e molto bene per anni in qualità di responsabile di svariate operazioni da condurre con i sottomarini. Volendo così' un poco vendicarsi contro gli ormai suoi ex-datori di lavoro ed un pò riscattare la propria posizione, egli decide, arruolando alle sue dipendenze alcuni uomini sia di nazionalità inglese che russa, di intraprendere la alquanto difficile e quasi impossibile operazione di recupero di un'ingente quantitativo di lingotti d'oro dati dai russi alla Germania di Hitler nel corso del Secondo Conflitto Mondiale ed affondati nel 1941 nelle acque del Mar Nero.
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Il protagonista di "Black Sea" (Jude Law) è un uomo che viene improvvisamente licenziato dalla Compagnia presso cui ha lavorato fedelmente e molto bene per anni in qualità di responsabile di svariate operazioni da condurre con i sottomarini. Volendo così' un poco vendicarsi contro gli ormai suoi ex-datori di lavoro ed un pò riscattare la propria posizione, egli decide, arruolando alle sue dipendenze alcuni uomini sia di nazionalità inglese che russa, di intraprendere la alquanto difficile e quasi impossibile operazione di recupero di un'ingente quantitativo di lingotti d'oro dati dai russi alla Germania di Hitler nel corso del Secondo Conflitto Mondiale ed affondati nel 1941 nelle acque del Mar Nero. Le operazioni si riveleranno più complicate del previsto nel corso della vicenda ed il sottomarino diverrà il teatro dei vari rapporti, amichevoli o meno, instauratisi tra i vari componenti dell'equipaggio. Improvvisi e determinanti colpi di scena si susseguiranno sino ad un'inesorabile ed inevitabile soluzione tragica.
Questo film rientra a pieno diritto nel filone di tutti quelli che raccontano vicende ambientate nei sottomarini e pertanto esso possiede tutti gli elementi necessari a questo tipo di storie e, cioè, l'ambiente ovviamente claustrofobico del sottomarino stesso, un equipaggio composto da individui caratterizzati dai più svariati modi di essere, dove i buoni si alternano in maniera più o meno equilibrata ai cattivi, ed infine, ma con un ruolo assolutamente di primo piano, una vicenda entusiasmante ed allettante per il pubblico, provvista della giusta dose di colpi di scena, di suspense e di avventura. Quello, comunque, che rende piacevole ed in un certo qual modo anche pregevole questa pellicola, sebbene ovviamente non la assurga al livello di capolavoro, è soprattutto la figura del protagonista principale stesso, molto efficacemente interpretato da Jude Law, che presenta il ritratto di un uomo sconfitto su tutti i fronti della sua personale esistenza (infatti egli ha alle spalle un matrimonio fallito ed un figlio con cui da anni non ha più alcun tipo di rapporto ed anche professionalmente, ormai, egli si trova in condizioni alquanto precarie) e dunque il ritratto di un uomo assai disperato che ala fine tenta il tutto per tutto per, forse, un riscatto finale personale. E quello che più colpisce di quest' uomo, nonostante l'impresa da lui ideata fallisca inesorabilmente, è la sua profonda umanità che lo riscatterà senza alcun dubbio e che lo innalzerà quasi a figura di eroe.
Interessante il film e bravo e sempre affascinante, e qui in un ruolo per lui insolito, Jude Law.
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eugenio
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lunedì 20 aprile 2015
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il mare dentro ognuno di noi
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C’era una volta Jules Verne. Alzi la mano chi non ha fanstaticato leggendo Ventimila leghe sotto i mari, sull’immagine del sottomarino Nautilus e ammirato il tono epico dello scrittore per descrivere le imprese del capitano Nautilus.
L’intento di una storia dal sapore avventuroso nel cinema è nell’aria da diverso tempo: famosi sono i riferimenti cinematografici aventi come protagonista “un sottomarino” non ultimo il lavoro dell’Oscar Bigelow con protagonista Harrison Ford “K19 The widow maker”.
Kevin MacDonald e lo sceneggiatore Dennis Lee Kelly, forti del successo dell’ Ultimo re di Scozia, riprendono un filone caro alla letteratura di genere imbastendo una sceneggiatura “personale” che dalle movenze drammatiche mette in scena sin da subito, la durezza, la claustrofobica psicologia del capitano Robinson (un Jude Law duro e arido lontano dagli stilemi di sex symbol) in lotta, conradianamente, con il mare che tutto avvolge e tutto inghiotte.
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C’era una volta Jules Verne. Alzi la mano chi non ha fanstaticato leggendo Ventimila leghe sotto i mari, sull’immagine del sottomarino Nautilus e ammirato il tono epico dello scrittore per descrivere le imprese del capitano Nautilus.
L’intento di una storia dal sapore avventuroso nel cinema è nell’aria da diverso tempo: famosi sono i riferimenti cinematografici aventi come protagonista “un sottomarino” non ultimo il lavoro dell’Oscar Bigelow con protagonista Harrison Ford “K19 The widow maker”.
Kevin MacDonald e lo sceneggiatore Dennis Lee Kelly, forti del successo dell’ Ultimo re di Scozia, riprendono un filone caro alla letteratura di genere imbastendo una sceneggiatura “personale” che dalle movenze drammatiche mette in scena sin da subito, la durezza, la claustrofobica psicologia del capitano Robinson (un Jude Law duro e arido lontano dagli stilemi di sex symbol) in lotta, conradianamente, con il mare che tutto avvolge e tutto inghiotte.
Il suo lavoro, quello di ufficiale addetto al recupero dei relitti per una compagnia navale, la Agora (un’antifrasi al luogo chiuso che un sottomarino decisamente fa venire in mente), è già la chiave di volta di ciò che avverrà e la ineluttabile tragedia del licenziamento, secco e senza preavviso, ne costituisce la scintilla che accende il motore dell’ignoto.
C’è da dire che Robinson è un uomo molto pratico, mai sognatore, anzi totalmente distrutto da un matrimonio fallito,da una figlia cui non è concesso l’affido, vessato negli affetti e nel lavoro. Cerca il riscatto e lo trova in una missione clandestina, ultima spiaggia per recuperare la dignità perduta e soprattutto, più prosaicamente, denaro. In questo caso la locazione è un sottomarino malmesso, teatro e mezzo di sfruttamento del recupero di un relitto russo in fondo al mare Nero affondato durante i bombardamenti e che trasportava un carico di lingotti d’oro diretti in Germania.
Trovato il finanziatore e rintracciate le mappe dopo aver studiato un piano per nascondere il passaggio del sottomarino in acque georgiane dalla flotta russa stanziata nel Mar Nero, non resta che partire. Bene, con quale equipaggio? Uno sufficientemente impavido e (soprattutto) disperatamente pazzo e ingordo da rischiare la vita in una missione di recupero. La selezione di inglesi e russi, quest’ultimi necessari per i contatti con l’organizzazione locale di Sebastopoli in Crimea dove il sottomarino verrà predisposto, prevede un gruppo ben assortito di “ceffi” cui spunta anche un giovane ragazzo cui i soldi, si scoprirà vedendo, servono per garantire un futuro a un figlio che sta per nascere (con una ragazza che poco conosce ma va bene lo stesso).
Sin da subito l’impresa appare difficile non tanto per il rischio di essere scoperti dalla flotta russa quanto per il coacervo di pulsioni che animano ciascuno dei componenti dell’equipaggio la cui unione inversamente proporzionale all’avidità, arrecherà non pochi disagi all’ambizioso Robinson. Ma il vero pericolo è il mare, così nero, così oscuro, così letale, incapace di sottostare a chi osa profanare le sue leggi degli abissi.
Dalla letteratura di genere e dalle allusioni sul conflitto in un luogo chiuso che un sottomarino necessariamente mette alla luce, dalle contraddizioni di un equipaggio allo sbando ogni minuto che passa, MacDonald realizza un film che si nutre d'azione e thriller con la stessa facilità con cui la tensione, accurata, lascia spazio al dramma della morte.
In un inferno infatti quasi “ alla Sartre” dove la parola segna il conflitto ambiguo tra necessità e azione, emerge il silenzio del mare che fa poco parlare di sé, ma agisce con freddezza eliminando ogni afflato di impetuosità. Il regista, “navigato” sa però che questo non basta, che occorre instillare nuove sorprese che possano invogliare lo spettatore a seguirlo, colpi di scena dove il pericolo si trasforma lentamente da esogeno a endogeno, passando dalle acque all’”oscurità” degli stessi fidati compagni di viaggi secondo meccanismi propri del romanzo drammatico.
Se quindi da un lato, la spedizione di recupero costituisce superficialmente l’omaggio di un tentativo di ricchezza che possa far elevare i “poveri” restituendo loro la dignità di cui la società li ha privati, dall’altro questo stesso desiderio è accecato da sogni e cieche pulsioni di lotta continua dove nessuno ha torto e ragione, dove non c’è un preciso confine tra bene e male in quanto distrutto dall’inutile avidità generale.
Questa la bellezza di un film rapace, epico, che fa uso di una steady-cam giustamente adattata al claustrofobico contesto, fatto di leve arrugginite, radar mal funzionanti, strumenti mai tecnologici (la vecchia radio verrà distrutta per motivi di “sicurezza”) che insiste nel voler indagare con voyeurismo, nel voler penetrare l’abisso insondabile del black sea che alberga in ciascuno di noi
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makokid
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giovedì 14 maggio 2015
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film da vedere col cervello posto in "off"
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nemmeno nei cartoni animati destinati ai bambini più piccoli si può legare la trama a errori e passaggi fisicamente impossibili come in questo film che per questo meriterebbe un premio come il film più inverosimile della storia!!!!!!!
-i sub passano dai 90 metri(10 bar), all'interno del sommergibile (1 bar) dopo immersioni lunghe, ripetute ed estenuanti, in pochi secondi senza 1 minuto di decompressione (e dove la farebbero poi vista l'assenza di camera iperbarica).
-le immersioni sono fatte con l'ombelicale e casco Kirby Morgan (in che modo in un sommergibile degli anni 70 gli ombelicali passano attraverso lo scafo per essere collegati ai compressori all'interno,che prendono l'aria e le diverse miscele da dove?)
-come entrano e escono i sub dal sommergibile a 90metri con tutta l'attrezzatura(sempre senza fare decomepressione)anche se qui forse lo potrebbero fare dalle rampe dei siluri?
-come entrano nel sommergibile tedesco senza far entrare nemmeno una goccia d'acqua passando da 10 bar a 1 bar in pochi secondi senza morire?ma da dove entrano poi? nei sommergibili della seconda guerra mondiale non ci sono mica le camere di compensazione,e anche se c i fossero chi le dovrebbe manovrare dall'interno???!!!!!!!!
-i tedeschi essendo rimasti sul fondo dopo un naufragio,sarebbero morti molto prima di sentire la fame, per l'anidride carbonica.
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nemmeno nei cartoni animati destinati ai bambini più piccoli si può legare la trama a errori e passaggi fisicamente impossibili come in questo film che per questo meriterebbe un premio come il film più inverosimile della storia!!!!!!!
-i sub passano dai 90 metri(10 bar), all'interno del sommergibile (1 bar) dopo immersioni lunghe, ripetute ed estenuanti, in pochi secondi senza 1 minuto di decompressione (e dove la farebbero poi vista l'assenza di camera iperbarica).
-le immersioni sono fatte con l'ombelicale e casco Kirby Morgan (in che modo in un sommergibile degli anni 70 gli ombelicali passano attraverso lo scafo per essere collegati ai compressori all'interno,che prendono l'aria e le diverse miscele da dove?)
-come entrano e escono i sub dal sommergibile a 90metri con tutta l'attrezzatura(sempre senza fare decomepressione)anche se qui forse lo potrebbero fare dalle rampe dei siluri?
-come entrano nel sommergibile tedesco senza far entrare nemmeno una goccia d'acqua passando da 10 bar a 1 bar in pochi secondi senza morire?ma da dove entrano poi? nei sommergibili della seconda guerra mondiale non ci sono mica le camere di compensazione,e anche se c i fossero chi le dovrebbe manovrare dall'interno???!!!!!!!!
-i tedeschi essendo rimasti sul fondo dopo un naufragio,sarebbero morti molto prima di sentire la fame, per l'anidride carbonica....non c'era bisogno di inutili dettagli di cannibalismo.
-passare da 1 bar a oltre 30(oltre 30kg per cm2 su ogni cm del corpo) quando escono a 350 metri e arrivare in superficie con una muta morbida secondo me è fantascienza....la differenza di pressione avrebbe schiacciato la cassa toracica e reso impossibile tutto il fatto....figurati nuotare per 350m fino in superficie in apnea....
e queste sono solo le fesserie più eclatanti....ma ce ne sono decine di altre degne delle favole (vogliamo parlare dei km percosi sott'acqua a 90metri spingendo tonnellate d'oro con un vecchio malato e un ragazzino alla prima immersione?)....volevo uscire ad un certo punto ma ero curioso di vedere fino a che punto sarebbero arrivati...
tra l'altro poteva essere tutto reso molto più credibile e possibile con piccoli accorgimenti alla storia come un minisommergibile attaccato all'esterno del vecchio sommergibile russo, possibile dopo "poche" modifiche e entrare con questo nell'u-boot forando lo scafo con fiamma ossidrica dopo essersi agganciati sopra....
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[+] finalmente uno che ragiona
(di muttley72)
[ - ] finalmente uno che ragiona
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muttley72
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mercoledì 6 maggio 2015
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idea buona, ma film povero e poco credibile: peccato
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Film che non sfoggia scene di grande impatto visivo (....non è obbligatorio) , nè scene all'aperto (sono quasi sempre scene di recitazione al chuiso o dentro al sottomarino). Gli effetti speciali ci sono solo per la navigazione in immersione del sommergibile e neanche tanto meravigliosi: quindi presumo che il film non sia stato dotato di un ricchissimo budget.
Gli attori sono decenti nella recitazione, anzi alcuni sono sopra la media (....es. J. Law non recita male) , ma non mi è piaciuta la sceneggiatura. Ecco perchè.....
Prima di tutto non si spiegano molte cose (che non sono irrilevanti), fondamentali per la credibilità del film: 1) come fanno i recuperanti dell'oro ad "affittare" così facilmente un sommergibile militare russo (anche se in disarmo)? 2) Come fa una immersione a -90 metri (tale è la profondità dichiarata a cui giace il sottomarino tedesco) a durare così a lungo (il tempo di arrivare ed entrare nel sommergibile e poi di caricare con l'oro e trascinare sul fondo un carrello pesantissimo per cento metri sia pur con un verricello) senza una lunghissima decompressione.
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Film che non sfoggia scene di grande impatto visivo (....non è obbligatorio) , nè scene all'aperto (sono quasi sempre scene di recitazione al chuiso o dentro al sottomarino). Gli effetti speciali ci sono solo per la navigazione in immersione del sommergibile e neanche tanto meravigliosi: quindi presumo che il film non sia stato dotato di un ricchissimo budget.
Gli attori sono decenti nella recitazione, anzi alcuni sono sopra la media (....es. J. Law non recita male) , ma non mi è piaciuta la sceneggiatura. Ecco perchè.....
Prima di tutto non si spiegano molte cose (che non sono irrilevanti), fondamentali per la credibilità del film: 1) come fanno i recuperanti dell'oro ad "affittare" così facilmente un sommergibile militare russo (anche se in disarmo)? 2) Come fa una immersione a -90 metri (tale è la profondità dichiarata a cui giace il sottomarino tedesco) a durare così a lungo (il tempo di arrivare ed entrare nel sommergibile e poi di caricare con l'oro e trascinare sul fondo un carrello pesantissimo per cento metri sia pur con un verricello) senza una lunghissima decompressione. 3) Infine un "dettaglio" molto stupido (....che era poi inutile aggiungere perchè non da nulla in più alla storia): l'episodio di cannibalismo dentro l' u-boot tedesco è impossibile......se il sommergibile fosse affondato facendo rimanere intrappolati (in un comparto non allagato) alcuni membri dell'equipaggio essi sarebbero morti in pochi giorni per deterioramento dell'aria con debolezza e poi svenendo ......non avendo quindi il tempo per avvertire i "morsi" della fame nè forse quelli della sete. Che senso aveva far trovare cadaveri incatenati dicendo che trattasi di vittime di cannibalismo? Se invece si allude al cannibalismo utilizzato per arrivare in navigazione senza viveri da una base tedesca "amica" nel mediterraneo o dalla Germania (nei primo anno della 2° GM perchè l'oro era destinato a Stalin prima che la Germania diventasse nemica dell'URSS) al mar nero....mi pare un'altra cretinata..le scatolette di cibo ancora abbondavano.
Film non entusiasmante quindi...peccato, perchè con un pò di buon senso in più degli sceneggiatori (quelli su piazza da qualche anno ......mi sembrano tutti un pò "naif") poteva venir fuori un film decente .....da una idea decente.
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gianleo67
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lunedì 22 giugno 2015
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epica paternalistica & sindrome da periscopio
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Capitano di sommergibili di mezza età e con divorzio alle spalle, viene liquidato dalla compagnia di navigazione per cui lavora e convinto ad assumere il comando di una pericolosa missione per il recupero di un carico d'oro in un sommergibile tedesco affondato nel Mar Nero durante il secondo conflitto mondiale. A capo di una compagine eterogenea e poco affidabile di marinai russi e britannici ed alla guida di un sommergibile male in arnese, si imbarca in un viaggio dove i rischi e le incognite superano di gran lunga le più ottimistiche previsioni di successo.
Scritto dall'autore insieme a Dennis Kelly e frutto di un lavoro di documentazione durato circa un anno, questo thriller avventuroso nelle anossiche profondità del Mar Nero assomma in sè tutti i pregi (pochi) ed i difetti (molti) degli action adventure di matrice anglosassone, presentandoci la pretestuosa retorica di una rivalsa paternalistica quale unica motivazione etica di un prevedibile gioco al massacro da svolgersi negli angusti e claustrofobici spazi di una scatola metallica a bagnomaria.
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Capitano di sommergibili di mezza età e con divorzio alle spalle, viene liquidato dalla compagnia di navigazione per cui lavora e convinto ad assumere il comando di una pericolosa missione per il recupero di un carico d'oro in un sommergibile tedesco affondato nel Mar Nero durante il secondo conflitto mondiale. A capo di una compagine eterogenea e poco affidabile di marinai russi e britannici ed alla guida di un sommergibile male in arnese, si imbarca in un viaggio dove i rischi e le incognite superano di gran lunga le più ottimistiche previsioni di successo.
Scritto dall'autore insieme a Dennis Kelly e frutto di un lavoro di documentazione durato circa un anno, questo thriller avventuroso nelle anossiche profondità del Mar Nero assomma in sè tutti i pregi (pochi) ed i difetti (molti) degli action adventure di matrice anglosassone, presentandoci la pretestuosa retorica di una rivalsa paternalistica quale unica motivazione etica di un prevedibile gioco al massacro da svolgersi negli angusti e claustrofobici spazi di una scatola metallica a bagnomaria. Richiamando in servizio le opposte fazioni di una tenzone bellica fuori tempo massimo ed imbarcando un equipaggio con evidenti problemi di comunicazione (già questo è un motivo di involontaria ironia del concept drammaturgico), il film di Macdonald accumula nella prima parte tutti i luoghi comuni possibili sulle motivazioni economiche e familiari (l'argent!) che possono condurre un uomo esperto e navigato come il rude capitano interpretato da Jude Law (sentire per credere l'accento usato dal bravo attore britannico nella versione non doppiata) ad infilarsi nel 'cul de sac' di una missione senza speranza in cui i mezzi sono scarsi, lo staff conflittuale e la location lontana mille miglia da qualunque porto sicuro. Si dirà che questo è funzionale alla creazione di una tensione drammatica con annessa sindrome da periscopio ('Caccia a Ottobre Rosso' - 1990 - John McTiernan ; 'K-19: The Widowmaker' -2002 - Kathryn Bigelow) e che l'escalation di infortuni che inevitabilemnte si accumulano all'interno del sommergibile sono il motore diesel di un dramma da camera a base di esplosioni, tradimenti ed efferatezze di ogni genere perfettamente i linea con i canoni del genere. Questo però non basta a riscattare un filmetto avventuroso dove l'approfondimento psicologico è approssimativo e superficiale, la frenesia del montaggio serve a compensare le lacune di dialoghi inconsistenti e dove le grossolane incongruenze della logica narrativa la fanno da padrone (un supervisor apparentemente inadatto si rivela un ricattatore ancora più inetto, un pivellino inesperto del diving viene mandato allo sbaraglio riscattandosi con una scoperta provvidenziale). Resta l'occasione mancata di un'ambientazione subacquea che richiama il senso di smarrimento e di avventura che le profondità marine evocano come il remoto e desolato paesaggio di una trasferta extraterrestre ('The Abyss' - 1989 - James Cameron) e le affascinanti notazioni sui rudimentali metodi di navigazione che utilizzano un tarchiato e scrofoloso marinaio russo quale raffinato radar umano (con tanto di diagramma ecografico tracciato a orecchio ed a matita!). Finale all'insegna di un eroismo paternalistico che ci ricorda che il capitano è sempre l'ultimo ad abbandonare la nave (tranne che dalle nostre parti s'intende!). Leone Nero come miglior film al Courmayeur Noir in festival 2014.
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eleonora panzeri
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sabato 10 dicembre 2016
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il vero tesoro
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Il capitano Robinson dopo una vita al servizio della nazione, viene liquidato senza onori e gloria ad un'età ormai avanzata. Privo di altre esperienze e senza più famiglia proprio a causa del suo lavoro, si butta a capofitto in una missione pericolosa e senza garanzia di successo, alla ricerca di un fantomatico tesoro nazista sepolto nelle profondità del Mar Nero. La spedizione, sovvenzionata da un ricco magnate, prende forma e la ciurma del sottomarino incaricata al recupero segreto del tesoro si riunisce su quella che sembra essere una datata e grottesca prigione subacquea.
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Il capitano Robinson dopo una vita al servizio della nazione, viene liquidato senza onori e gloria ad un'età ormai avanzata. Privo di altre esperienze e senza più famiglia proprio a causa del suo lavoro, si butta a capofitto in una missione pericolosa e senza garanzia di successo, alla ricerca di un fantomatico tesoro nazista sepolto nelle profondità del Mar Nero. La spedizione, sovvenzionata da un ricco magnate, prende forma e la ciurma del sottomarino incaricata al recupero segreto del tesoro si riunisce su quella che sembra essere una datata e grottesca prigione subacquea. La sensazione di claustrofobia è sicuramente incalzante, rinchiusi nelle profondità del mare in una scatola di metallo senza luce naturale e finestre. L'equipaggio appare tuttavia tutt'altro che plausibile, a partire da Fraser, lo psicopatico sommozzatore che farà degenerare rapidamente la situazione a bordo, fino al radar umano esperto di rumori che si sostituisce alle tecnologie moderne e a braccio scandaglia i fondali con il suo super udito. Il cast è composto da perfetti sconosciuti, difficile associare nome a volti che resteranno senza storia né passato, unica eccezione il capitano Robinson di cui si vedono brevi e superficiali flashback insufficienti a dare spessore e profondità al personaggio. Nel complesso un film che si guarda ma che colleziona un'infinità di eventi poco realistici se non improbabili, incapace di creare la tensione e la suspense tipica del thriller. Buono l'epilogo, in pieno stile karmico che rimette tutto al suo posto e regala spazio al pentimento ed ai buoni sentimenti.
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andrejuve
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lunedì 28 dicembre 2015
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il denaro rende l'uomo una bestia irrazionale
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“Black Sea” è un film del 2015 diretto da Kevin Macdonald. Robinson è il dipendente di una società che gestisce sottomarini e svolge il compito di rintracciare e recuperare i numerosi relitti di qualsiasi epoca storica che sono nascosti all’interno dei fondali marini. Robinson è il comandante di uno di questi sottomarini ma, dopo molti anni di attività, la società per la quale lavora decide di operare in altri settori con un conseguente ed inevitabile taglio del personale. Anche Robinson viene licenziato sorprendentemente. Da un istante all’altro Robinson si ritrova senza un lavoro e in una situazione economica problematica. Inoltre da molti anni è separato dalla moglie la quale, a causa dei continui impegni lavorativi di Robinson che lo costringevano ad allontanarsi spesso dalla sua famiglia, ha instaurato una relazione con un uomo benestante.
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“Black Sea” è un film del 2015 diretto da Kevin Macdonald. Robinson è il dipendente di una società che gestisce sottomarini e svolge il compito di rintracciare e recuperare i numerosi relitti di qualsiasi epoca storica che sono nascosti all’interno dei fondali marini. Robinson è il comandante di uno di questi sottomarini ma, dopo molti anni di attività, la società per la quale lavora decide di operare in altri settori con un conseguente ed inevitabile taglio del personale. Anche Robinson viene licenziato sorprendentemente. Da un istante all’altro Robinson si ritrova senza un lavoro e in una situazione economica problematica. Inoltre da molti anni è separato dalla moglie la quale, a causa dei continui impegni lavorativi di Robinson che lo costringevano ad allontanarsi spesso dalla sua famiglia, ha instaurato una relazione con un uomo benestante. Robinson ha dovuto anche rinunciare al piccolo figlio, il quale ora vive con la madre e il nuovo compagno. Robinson è disperato ed intraprende una difficoltosa ricerca di una nuova occupazione. Un giorno incontra in un pub due suoi amici e uno dei due è stato licenziato anch’esso dalla società per la quale lavorava Robinson. L’uomo soffre di una forte depressione e confessa a Robinson un segreto. Ha scoperto che negli abissi del mare è arenato il relitto di un u-boot tedesco che, nel periodo della seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto raggiungere la Russia e riportare in Germania un’ingente somma di denaro proveniente da un prestito che la stessa Germania nazista avrebbe richiesto alla Russia guidata da Stalin. Il denaro, sotto forma di lingotti d’oro, non tornò mai in Germania e Hitler decise di dichiarare guerra contro la Russia. Questo relitto è rimasto intatto e non è stato recuperato da nessuno in quanto sono sorte problematiche legate alla giurisdizione di appartenenza e alla legittimità a solcare quei mari, in quanto il relitto è situato al confine tra la Russia e la Georgia. La società per la quale lavora Robinson sa dell’esistenza dell’u-boot ma non può intervenire a causa di tali scontri politici e diplomatici. L’obiettivo è quello di recuperare l’u-boot e accaparrarsi l’ingente somma di denaro a danno della società stessa. Robinson è allettato dall’idea in quanto potrebbe portare ad un guadagno esorbitante e inoltre costituirebbe una vendetta nei confronti del suo ex datore di lavoro. Dopo aver contattato un ricco imprenditore affinché investisse su questa operazione, Robinson comincia a raggruppare dei suoi ex colleghi per creare un team che possa compiere questa missione pericolosa e rischiosa. L’amico di Robinson però si suicida e la tragica notizia viene data da un giovane ragazzo di nome Tobin. Robinson decide di arruolare Tobin, anch’egli, come tutti i membri dell’equipaggio, versante in una preoccupante situazione economica. Il gruppo recupera un vecchio e arrugginito sottomarino , lo ristruttura e intraprende il viaggio alla ricerca del relitto. I componenti dell’equipaggio sono di nazionalità inglese e russa. La convivenza tra di loro sarà a dir poco complessa e traumatica. Nel frattempo il viaggio per raggiungere l’u-boot si rivela pieno di insidie e ostacoli che rischieranno di allontanare l’obiettivo e di intrappolare l’equipaggio nei fondali marini, a causa delle precarie condizioni in cui versa il loro sottomarino. La pellicola innanzitutto mette in luce con occhio critico l’attuale situazione finanziario-economica all’interno della società odierna e soprattutto le conseguenze che essa comporta. A seguito di questa grave crisi il primo inevitabile effetto è quello legato all’aumento del livello di disoccupazione. Anche Robinson purtroppo viene sacrificato nonostante la sua grande esperienza e il suo costante impegno lavorativo. In questa situazione è comprensibile che i datori di lavoro debbano effettuare dei tagli al personale, ma non è concepibile che venga accantonata qualsiasi forma di gratitudine o rispetto. Solo in pochi agiscono con coscienza e comprensione mentre molto spesso, soprattutto in questa epoca storica, prevale il disinteresse verso le condizioni altrui e nei confronti delle singole realtà complesse e ardue che ciascuno di noi potrebbe essere costretto ad affrontare. Non si può pretendere di tenere sotto scacco e controllare altre persone per il solo fatto che esse siano prive di alternative e necessitino di lavorare. Approfittare di questa situazione di bisogno e di necessità appare meschino, vergognoso e disonesto. Ogni lavoratore, come qualsiasi uomo, è dotato di una propria dignità ed è inammissibile che quest’ultima venga scalfita a causa dell’arroganza di coloro che, abusando delle loro posizioni di privilegio e di potere, impongano la loro autorità trattando i dipendenti come degli oggetti da poter utilizzare, sfruttare e gettare nel momento in cui non acquisiscono più alcuna utilità. Robinson non riesce ad accettare tutto questo e in lui emerge uno spirito di ribellione e di reazione nei confronti di una situazione insostenibile. Non vuole essere paragonato ad un manichino controllato dalle mani di pochi che assumono quasi le sembianze di dittatori, i quali impongono la loro autorità senza alcun tipo di scrupolo. La volontà di Robinson è quella di vendicarsi contro la società per la quale lavorava ingannandola e impedendole di ritrovare questo vero e proprio tesoro. In una condizione pregiudizievole a livello economico si ricorre in maniera sempre più frequente al compimento di azioni illegittime o delittuose dettate dallo stato di bisogno in cui molte persone versano. Il tasso di criminalità inevitabilmente accresce creando uno scenario caotico, confusionario e insostenibile. Ma allo stesso tempo in Robinson prevale gradualmente una sete di guadagno e una ricerca forsennata del denaro. I soldi spesso provocano negli animi degli esseri umani una sorta di eccitazione ad un livello tale da riuscire a mutare la personalità di un soggetto. La ricerca del successo e del profitto economico rendono l’uomo cinico, egoista e spietato. L’uomo è disposto a compiere azioni disumane e deplorevoli pur di raggiungere l’obiettivo. Questo perché i soldi sono sinonimo di potere e di comando. Si pensa che attraverso la ricchezza possa essere automaticamente esercitato qualsiasi tipo di diritto o facoltà. A livello materiale si può ottenere qualsiasi cosa ma i veri valori della vita non possono essere comprati e devono essere frutto della coscienza individuale e di un’adeguata educazione. L’altruismo e la solidarietà vengono meno. Ma tutto questo è paradossale perché lo stesso Robinson, che nutre un senso di odio nei confronti di coloro che lo hanno rovinato, è il primo a subire un cambiamento radicale nel suo animo. Infatti prevalgono in lui la malvagità, il cinismo e la crudeltà e, cosa ancora più grave, ha la necessità di assumere il controllo nei confronti dei componenti dell’equipaggio, imponendo le sue idee e le sue scelte, senza possibilità alcuna di opposizione. Si è fatto risucchiare dal vortice del denaro senza rendersene conto e comprendendo troppo tardi che non è poi cosi diverso da coloro che denigra e critica fortemente. Robinson si trasforma in un “mostro” assetato di potere e accecato dai lingotti d’oro. Acquisire una forma di controllo rende l’uomo sicuro di sé in quanto è conscio di poter imporre il proprio volere senza alcun tipo di obiezione. Robinson è eccitato da tutto questo e perde completamente la cognizione della realtà circostante. Inoltre il sottomarino può essere visto come metafora della società e l’equipaggio rappresenta una trasposizione in miniatura di una comunità. All’interno di un agglomerato di persone è fondamentale possedere la capacità di convivere e di rapportarsi acquisendo la maturità necessaria per rispettare opinioni differenti senza imporre le proprie convinzioni. Ma spesso ciò non accade e si ricorre allo scontro e alla violenza becera. La natura umana è bestiale perché la socializzazione ha sempre costituito una problematica e un ostacolo a volte insormontabile. Lo scontro tra i membri inglesi e quelli russi all’interno dell’equipaggio è paragonabile a quello tra nazionalità differenti, civiltà diverse e persone dalle stesse origini territoriali e culturali. E’ più facile imporsi attraverso la violenza piuttosto che facendo ricorso alle idee e al dialogo. Quello che accade all’interno del sottomarino è identico ai conflitti ai quali assistiamo ogni giorno a qualsiasi livello. In sostanza sarebbe necessario e razionale sviluppare una capacità di autocritica grazie alla quale noi stessi potremmo renderci conto degli errori commessi. Ma quando l’uomo si trova in situazioni problematiche ha difficoltà a reggere certe pressioni e non possiede la lucidità di autogestirsi. Se di mezzo c’è anche il denaro la situazione diventa ingestibile e insostenibile. Un bel film che riesce a mescolare l’azione con importanti spunti di riflessione a livello sociale e antropologico. La bravura del regista inoltre si denota dalla grande abilità nell’effettuare un’eccellente introspezione psicologica di tutti i personaggi. Inoltre sono molte le sequenze che riescono a trasmettere un elevato livello di tensione e suspence allo spettatore, tenendolo incollato allo schermo sino alla fine. Ottima l’interpretazione di Jude Law, nei panni di Robinson, confermandosi uno dei migliori attori in circolazione grazie alla capacità di caratterizzare efficacemente il personaggio creando un ritratto perfetto e descrivendo benissimo l’evoluzione psicologica del protagonista. Bravi anche tutti gli altri attori, i quali si sono calati perfettamente nei rispettivi ruoli. Un film che consiglio di vedere perché riesce a coinvolgere e a far riflettere.
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elgatoloco
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mercoledì 13 aprile 2016
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la metafora sopravanza il"reale"
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la ricerca del"tesoro"(materialmente inteso, finanziariamente , anzi)è il pretesto del film, che muove l'equipaggio alla disperata impresa; ma se"Black Sea"è effettivamente il Mar Nero geografico, è anche e soprattutto la"Black Side"che ogni persona ha in sé, l'inconscio, anzi l'ES-ID(così Freud), l'"ombra-shadow-Schatten"con Jung e così via. Il film, ben diretto e ben interpretato da tutti, dà forza a questa dimensione"inconscia"-incognita e lo fa con particolare intelligenza, dove il lemma deve essere inteso letteralmente... "Black Sea"è film appassionante, dove ritroviamo il fascino della pirateria e dei velieri d'antan, ma in forma nuova e con le valenze metaforiche di cui si diceva, appunto.
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la ricerca del"tesoro"(materialmente inteso, finanziariamente , anzi)è il pretesto del film, che muove l'equipaggio alla disperata impresa; ma se"Black Sea"è effettivamente il Mar Nero geografico, è anche e soprattutto la"Black Side"che ogni persona ha in sé, l'inconscio, anzi l'ES-ID(così Freud), l'"ombra-shadow-Schatten"con Jung e così via. Il film, ben diretto e ben interpretato da tutti, dà forza a questa dimensione"inconscia"-incognita e lo fa con particolare intelligenza, dove il lemma deve essere inteso letteralmente... "Black Sea"è film appassionante, dove ritroviamo il fascino della pirateria e dei velieri d'antan, ma in forma nuova e con le valenze metaforiche di cui si diceva, appunto. Da vedere e da esminare, direi, anche a livello filmologico e di storia del cinema, da esaminare con attenzione, da parte di chi, magari, non è solo"cinefilo"ma cerca di andare più a fondo. Sequenze sempre opportune per una produzione di senso che non delude mai. El Gato
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