red orion
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giovedì 24 dicembre 2015
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sherlock tra logica ed emozione
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Lontano dalle atmosfere steampunk che hanno reso celebre lo Sherlock Holmes di Robert Downey jr. torna il fascino del cinema-teatro, proponendo un mr.Holmes ormai anziano, in esilio come un vecchio eremita e dedito all'apicoltura.
Ambientato nella prima meta del '900, Sherlock è un personaggio che ha fatto il suo tempo, l'uomo si è ritirato a vita privata, mentre la leggenda continua la sua trasformazione e si adatta alle esigenze dello spettatore che ha bisogno di un investigatore sempre più audace, sempre più azzardato, ma connotato da quella vena di geniale follia che ha sempre animato il personaggio.
la distinzione fra uomo e mito si è concretizzata in una separazione netta (Indicativa la scena di Holmes che assiste ad un film su se stesso, che lo ritrae come sempre geniale ed impeccabile).
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Lontano dalle atmosfere steampunk che hanno reso celebre lo Sherlock Holmes di Robert Downey jr. torna il fascino del cinema-teatro, proponendo un mr.Holmes ormai anziano, in esilio come un vecchio eremita e dedito all'apicoltura.
Ambientato nella prima meta del '900, Sherlock è un personaggio che ha fatto il suo tempo, l'uomo si è ritirato a vita privata, mentre la leggenda continua la sua trasformazione e si adatta alle esigenze dello spettatore che ha bisogno di un investigatore sempre più audace, sempre più azzardato, ma connotato da quella vena di geniale follia che ha sempre animato il personaggio.
la distinzione fra uomo e mito si è concretizzata in una separazione netta (Indicativa la scena di Holmes che assiste ad un film su se stesso, che lo ritrae come sempre geniale ed impeccabile).
Sullo Sherlock della realtà grava però il peso del mito ed il peso del tempo, poichè mentre il primo lo richiama ad una dimensione superominica, eroica e perfetta, il tempo che scorre impartisce all'Holmes umano un'ultima dura lezione: il confronto con le emozioni.
L'opera si staglia in questa doppia natura, la logica contro l'emozione, l'adulto e l'anziano, il mito e l'uomo, tutto ciò tratteggia una trama talvolta lenta ma mai noiosa, vissuta con la tenerezza di un uomo che tira le somme della propria vita e cerca di lasciare questo mondo con un "senso di completezza" o con nulla di irrisolto.
Inutile descrivere l'interpretazione di Sir Ian Mc Kellen che risulta come sempre impareggiabile, sir Mc Kellen "è e non fa" Sherlock Holmes tanto da confondere lo spettatore, facendo dimenticare che Sherlock Holmes è un personaggio di fantasia.
Forse una nota thriller in più non avrebbe guastato, ma non importa, il centro della scena è l'investigatore con i suoi rimorsi e la sua ricerca di redenzione.
A tratti stereotipato il rapporto con il bambino, ma utile a tirar fuori le emozioni dell'anziano detective.
Sacrale è la scena finale in cui si evince che Sherlock ha appreso molto della filosofia e dalla spiritualità della tradizione giapponese.
Rispettato il personaggio, curiosa la dipendenza dalla spezia orientale palliativo forse degli oppiacei che il detective si concedeva per risolvere i suoi casi, in questa circostanza utile a ripristinare la memoria e l'insight che lo contraddistiguono.
Nel complesso tra la tecnologia del cinema moderno si distingue quest'opera retrò che risalta la grandiosità di un'epoca a tratti dimenticata, e ci si trova a chinare rispettosi il capo, ai grandi eroi del positivismo, che attraverso la logica e la ragione hanno permesso il progresso del pensiero.
Giocando con la fantasia, mentre si assiste alla pellicola, ci si sente seduti assieme a sir Conan Doyle, Oscar Wilde e Sigmund Freud che sospirando annuiscono compiaciuti
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fabius
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lunedì 7 dicembre 2015
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dolce malinconia dell'intelligenza
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione.
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione. Film splendido, malinconicamente intelligente e divergente, in alcuni tratti quasi dolente, e con perlomeno tre livelli di lettura e con un protagonista memorabile (ed anche il doppiatore, non dimentichiamolo mai). E con la "lezione finale": bisogna andare alle causa, sì,; ma le cause non sono sempre quelle che ci appaiono tali dall'inizio. E la felicemente malinconica scena finale, con le pietre delle persone care che lo circondano, è probabilmente un addio; ma forse - forse.. - un ritorno all'umanità riscoperta; ed una carezza alle vittime degli errori involontariamente commessi
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onufrio
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lunedì 10 ottobre 2016
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un vecchio e malinconico holmes
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Uno Sherlock Holmes rivisitato in chiave nettamente diversa dall'originale, lo ritroviamo 93enne con demenza senile alle prese con le api e con un curioso quanto intelligente bambino. Holmes di ritorno da un viaggio in Giappone, si ritira nel suo paradiso terrestre lontano dalla civiltà a riflettere sul tempo ormai andato e concentrandosi in particolar modo sul suo ultimo caso, svoltosi 30 anni addietro, dopo quella vicenda Holmes smise di fare l'investigatore per via di un epilogo non proprio positivo di quel caso, ma non ne ricorda con lucidità come la storia si svolse realmente e allora, fra un vuoto di memoria e qualche malessere fisico, il vecchio Holmes tenta di chiudere il cerchio di questo caso irrisolto lungo 30 anni.
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Uno Sherlock Holmes rivisitato in chiave nettamente diversa dall'originale, lo ritroviamo 93enne con demenza senile alle prese con le api e con un curioso quanto intelligente bambino. Holmes di ritorno da un viaggio in Giappone, si ritira nel suo paradiso terrestre lontano dalla civiltà a riflettere sul tempo ormai andato e concentrandosi in particolar modo sul suo ultimo caso, svoltosi 30 anni addietro, dopo quella vicenda Holmes smise di fare l'investigatore per via di un epilogo non proprio positivo di quel caso, ma non ne ricorda con lucidità come la storia si svolse realmente e allora, fra un vuoto di memoria e qualche malessere fisico, il vecchio Holmes tenta di chiudere il cerchio di questo caso irrisolto lungo 30 anni.
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fabal
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domenica 3 dicembre 2017
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deconstructing holmes
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Due stelle e mezzo. Il famoso Sherlock Holmes è ormai novantenne e vive in una casa di campagna nel Sussex, con la governante e il piccolo Roger. Ora si occupa delle api e di scrivere il racconto sul suo ultimo caso, ma una progressiva perdita di memoria tormenta l’anziano detective che non ne ricorda la conclusione. Holmes ha addirittura viaggiato fino in Giappone per trovare il “fiore di pepe” una pianta forse in grado di arrestare la demenza senile. Ma perché è così importante ricordare? C’è forse un senso di colpa legato all’ultimo caso che inconsciamente dilania il detective, spingendolo all’ esilio?
Se l’ultimo “Sherlock” che avete in mente è quello di Cumberbatch - trascurando la troppo inverosimile “marveliana” versione di Robert Downing jr – dimenticatene la stravaganza ossessiva, brillante e cerebrale.
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Due stelle e mezzo. Il famoso Sherlock Holmes è ormai novantenne e vive in una casa di campagna nel Sussex, con la governante e il piccolo Roger. Ora si occupa delle api e di scrivere il racconto sul suo ultimo caso, ma una progressiva perdita di memoria tormenta l’anziano detective che non ne ricorda la conclusione. Holmes ha addirittura viaggiato fino in Giappone per trovare il “fiore di pepe” una pianta forse in grado di arrestare la demenza senile. Ma perché è così importante ricordare? C’è forse un senso di colpa legato all’ultimo caso che inconsciamente dilania il detective, spingendolo all’ esilio?
Se l’ultimo “Sherlock” che avete in mente è quello di Cumberbatch - trascurando la troppo inverosimile “marveliana” versione di Robert Downing jr – dimenticatene la stravaganza ossessiva, brillante e cerebrale. L’Holmes di Ian Mc Kellen è un uomo pacato, un citizen trapiantato in campagna che decostruisce la sua mistificazione letteraria. Non ha il berretto da caccia, non fuma la pipa, non è logorroico né ha l’intuizione oracolare che lo folgora e lo esalta: il tratto squilibrato, di un genio quasi non-umano, del detective ideato da Conan Doyle necessitava pertanto di essere raccontato dalla più “normale” e rassicurante figura del dottor Watson. Questo Sherlock non ha invece un moderatore ma un vero e proprio allievo: il piccolo Roger.
Holmes ha il terrore di perdere la memoria e per questo si ingegna nella ricerca di quel che sembra un miracoloso (ma purtroppo inutile) elisir. Un male misterioso lo corrode, legato a un ricordo forse dimenticato, forse rimosso: questo tratto ossessivo nella pur convincente interpretazione di Mc Kellen, sembra però insufficiente a strutturare un film che crea aspettative in gran parte deluse. Arroccato nel suo voler essere “anti-letterario” per convertirsi a un normale vecchio che vorrebbe morire senza rimpianti, Mr. Holmes finisce per disegnare un personaggio che è ancora più romanzato, epistolare: e di fatto la vicenda altro non è che un diario personale narrato da un attore che è l’unico perno attorno a cui ruota tutto un film che puzza di autoreferenziale. Benché rimanga complessivamente piacevole e contornato da una bellissima fotografia, l’impressione è che a Mr. Holmes manchi qualcosa per puntare a qualcosa in più che compiacersi della bravura di un attore come Ian Mc Kellen.
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achab50
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sabato 1 agosto 2020
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sorprendente e prevedibile
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Abbiamo visto talmente tanti film sulle avventure di Holmes che era giusto metterci una pietra (tombale) sopra. Ed è quello che fa questo film. L'idea di fondo è sorprendente ed originale: l'investigatore viene privato della sua arma più affilata: la memoria; infatti lo troviamo ritirato in una bellissima residenza della campagna inglese, si direbbe in Cornovaglia, a due passi dal mare, ormai novantatreenne ed in preda ad un inizio di demenza senile. Di contorno la governante che, prevedendo breve la sua dipartita, cerca un altro posto di lavoro, ed il relativo figlio, un bambino sveglio che naturalmente farà amicizia col vecchio, e qui l'originalità dell'impianto va a farsi friggere.
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Abbiamo visto talmente tanti film sulle avventure di Holmes che era giusto metterci una pietra (tombale) sopra. Ed è quello che fa questo film. L'idea di fondo è sorprendente ed originale: l'investigatore viene privato della sua arma più affilata: la memoria; infatti lo troviamo ritirato in una bellissima residenza della campagna inglese, si direbbe in Cornovaglia, a due passi dal mare, ormai novantatreenne ed in preda ad un inizio di demenza senile. Di contorno la governante che, prevedendo breve la sua dipartita, cerca un altro posto di lavoro, ed il relativo figlio, un bambino sveglio che naturalmente farà amicizia col vecchio, e qui l'originalità dell'impianto va a farsi friggere. Holmes si dedica alle api ed ai relativi alveari, ma non si rircorda più qual'è stato il motivo del suo ritiro dalla scena, di ben trent'anni prima; ormai non è rimasto nulla, anche il dott Watson, di apprende alla fine, è morto, e per fortuna il ragazzino trova un guanto che consentirà al vecchio di ricostruire una vicenda che aveva cancellato e che, a 93 anni, gli farà cambiare radicalmente l'approccio con la realtà, convincendosi che a volte è meglio una bugia pietosa che una verità troppo dura da accettare. E' un buon film, assolutamente ben ambientato, non ha cadute d'interesse, il protagonista Ian McKellen calca un po' troppo la mano, ma senza gigioneggiare, nella parte anche i due o tre personaggi di contorno, compreso il ragazzino che purtroppo non è pestifero come lo sono tutti a quell'età ma è giudizioso ed acuto.
Si, i 90 minuti scorrono veloci, si va a dormire sereni e si fanno bei sogni, sia pure con la sensazione Gozzaniana che non tutte le rose siano state colte.
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carloalberto
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mercoledì 3 febbraio 2021
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processo di individuazione tardivo e smielato
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Tratto da uno smielato racconto, con risvolti psicoanalitici, di uno scrittore americano, Mitch Cullin, ispiratosi al personaggio di Arthur Conan Doyle, è un film romantico in cui trionfano i buoni sentimenti, con uno Sherlock Holmes ultranovantenne, interpretato da Ian McKellen, ritiratosi ormai a vita privata nella sua dimora ad allevare api, dopo aver fallito professionalmente ed umanamente, un bambino interessato alle avventure del suo eroe e sua madre, Laura Linney, esclusivamente preoccupata di assicurare un futuro sicuro quanto mediocre al figlioletto.
Personaggi lineari in una storia banale con un finale scontato che tradotta nella realtà di tutti i giorni ed attualizzata diventa quella di un vecchio pensionato che si affeziona al figlio della governante, che, vista la sua età, gli fa anche da badante, e finisce per lasciare loro la casa in eredità in cambio di assistenza e calore umano nell’ultimo scorcio dell’esistenza.
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Tratto da uno smielato racconto, con risvolti psicoanalitici, di uno scrittore americano, Mitch Cullin, ispiratosi al personaggio di Arthur Conan Doyle, è un film romantico in cui trionfano i buoni sentimenti, con uno Sherlock Holmes ultranovantenne, interpretato da Ian McKellen, ritiratosi ormai a vita privata nella sua dimora ad allevare api, dopo aver fallito professionalmente ed umanamente, un bambino interessato alle avventure del suo eroe e sua madre, Laura Linney, esclusivamente preoccupata di assicurare un futuro sicuro quanto mediocre al figlioletto.
Personaggi lineari in una storia banale con un finale scontato che tradotta nella realtà di tutti i giorni ed attualizzata diventa quella di un vecchio pensionato che si affeziona al figlio della governante, che, vista la sua età, gli fa anche da badante, e finisce per lasciare loro la casa in eredità in cambio di assistenza e calore umano nell’ultimo scorcio dell’esistenza.
Bill Condon, tuttavia, sceglie come protagonista Ian McKellen e costruisce, grazie alla recitazione brillante ed emotivamente coinvolgente del grande attore shakespeariano, una storia parallela, incentrata sulla lotta dello spirito contro gli acciacchi e le menomazioni della vecchiaia, prima fra tutte la perdita della memoria.
La ricostruzione di un caso di trent’anni prima, rimasto senza un finale adeguato, è il filo conduttore di un percorso introspettivo del protagonista che va alla ricerca della sua Anima, scavando nel proprio passato, e delle cause che hanno prodotto la condizione di solitudine da cui è afflitto. Il criminale questa volta non è una persona in carne ed ossa ma l’eccessivo cerebralismo ed il culto della logica, la razionalità che, penalizzando la sua componente emotiva, gli ha negato una vita affettiva gratificante e la possibilità di realizzarsi completamente come persona.
Piuttosto tardivo appare il rimorso e non si comprende perché il processo di individuazione junghiano non sia iniziato prima, considerato che il vecchio Sherlock ha abbandonato la professione da più di trent’anni per il buen retiro nella sua villa situata tra mare e campagna. A novantatre anni viene da pensare che chiunque sia destinato a rimanere solo, ma McKellen ci fa dimenticare l’incongruenza della storia e l’approccio piuttosto superficiale all’evoluzione psicologica del protagonista. Con quel suo sorriso sornione, che sdrammatizza tutto, dà un tocco malinconico di poesia crepuscolare al film compensato da un atteggiamento auto ironico che sottrae il suo personaggio all’autocommiserazione e riscatta la pellicola rendendola, nonostante tutto, interessante e piacevole da vedere.
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gpistoia39
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lunedì 30 novembre 2015
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la rimozione e il senso di colpa
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E' veramente un grande film, con due grandi attori, tenerissimi tutti e due, il nonno e il nipotino. Il bambino senza padre fa di tutto per aiutare il vecchio Holmes, lo aiuta anche a ritrovare la memoria perduta, lo incita a finire un racconto che non ha ancora una fine, Holmes non vuole ricordare come è andato a finire il suo caso irrisolto, non vuole perchè ha mandato il ricordo troppo penoso, nel suo "rimosso". Solo alla fine del film, quando avrà ricordato il suo caso "irrisolto" vhr nulla ha dell'irrisolto, potrà recuperare anche il rapporto con il giapponese, e far scaturire da quell'incontro avuto in Giappone, il piacere di dedicarsi ai suoi morti (i sassi).
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E' veramente un grande film, con due grandi attori, tenerissimi tutti e due, il nonno e il nipotino. Il bambino senza padre fa di tutto per aiutare il vecchio Holmes, lo aiuta anche a ritrovare la memoria perduta, lo incita a finire un racconto che non ha ancora una fine, Holmes non vuole ricordare come è andato a finire il suo caso irrisolto, non vuole perchè ha mandato il ricordo troppo penoso, nel suo "rimosso". Solo alla fine del film, quando avrà ricordato il suo caso "irrisolto" vhr nulla ha dell'irrisolto, potrà recuperare anche il rapporto con il giapponese, e far scaturire da quell'incontro avuto in Giappone, il piacere di dedicarsi ai suoi morti (i sassi).
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fabius
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lunedì 7 dicembre 2015
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dolce malinconia dell'intelligenza
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione.
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione. Film splendido, malinconicamente intelligente e divergente, in alcuni tratti quasi dolente, e con perlomeno tre livelli di lettura e con un protagonista memorabile (ed anche il doppiatore, non dimentichiamolo mai). E con la "lezione finale": bisogna andare alle causa, sì,; ma le cause non sono sempre quelle che ci appaiono tali dall'inizio. E la felicemente malinconica scena finale, con le pietre delle persone care che lo circondano, è probabilmente un addio; ma forse - forse.. - un ritorno all'umanità riscoperta; ed una carezza alle vittime degli errori involontariamente commessi
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elgatoloco
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lunedì 21 novembre 2016
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holmes: débacle intelligente
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Questo"Mr.Holmes"è uno Sherlock Holmes al tramonto, anzi proprio in fase pre-agonica, che cerca di ricordare faticosamente(un"i remember"quasi imedito da Altzheimer, a voler essere brutali, comunque con forti cadute mnestiche), che al tempo stesso decostruisce un mito: ormai, dopo i classici "Holmes"very british style, abbiamo visto le parodie à la Mel Brooks-Gene Wilder, la decostruzione intelligente(di Billy Wilder, mi pare)in"Soluzione 7%", uno Holmes postmodern etc., ma il mito è duro a morire e allora, anche magari per essere rinfocolato-riconfermato, ogni tanto necessita di qualche "colpetto"per "ri-territorializzarsi", per dirla con Deleuze-GUattari.
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Questo"Mr.Holmes"è uno Sherlock Holmes al tramonto, anzi proprio in fase pre-agonica, che cerca di ricordare faticosamente(un"i remember"quasi imedito da Altzheimer, a voler essere brutali, comunque con forti cadute mnestiche), che al tempo stesso decostruisce un mito: ormai, dopo i classici "Holmes"very british style, abbiamo visto le parodie à la Mel Brooks-Gene Wilder, la decostruzione intelligente(di Billy Wilder, mi pare)in"Soluzione 7%", uno Holmes postmodern etc., ma il mito è duro a morire e allora, anche magari per essere rinfocolato-riconfermato, ogni tanto necessita di qualche "colpetto"per "ri-territorializzarsi", per dirla con Deleuze-GUattari... Qui, ormai ritirato in campagna, senza più John Watson, lo"scriptor"(che poi era sir Arthur Conan Doyle, "trasfigurato"quale Watson, medico come il vero"auctor"), si sforza egli stesso di scrivere un racconto sul"caso irrisolto", sente i richiami dell'affetto(lui, razionalista tutto d'un pezzo, disprezzatore di queste "ubbie piccolo-borghesi" che sono/sarebbero sentimenti/emozioni), richiama -cerca di farlo, in chiave puramente conativa i ricordi"interrotti", fa l'apicultore, coltiva l'amicizia non tanto con la sua governante(anzi), ma con il figlio di questa, un ragazzino"dotato"-campagnolo, insegue i fantasmi della sua"very detection". Tratto da"A slight trick of the mind"("un leggero tiro della mente")di Mitch Cullin, romanzo"crepuscolare"su Holmes e(appunto)sul suo mito, il film diretto da Bill Condon(cognome pericoloso in Great Britain/Inghilterra, per ovvi giochi di parole...),è una sorta di gloryday di Ian Mc Kellen, attore-mattatore, vero "monopolizzatore assoluto"della scena, anche quando si pone come quasi-.morente, anzi allora di più, quasi a rinvendire il mito(ancora)del"sempre vivo anche quando morto in scena"-Molière, certo francese e tutt'altro che"british"docet... Prendere o lasciare, come in altri casi, ma la sfida è di grande spessore-poi, ognuno/ognuna di noi farà la sua scelta, dove dico subito(ma sono un fanatico del mito holmesiano, criticando, semmai, Conan Doyle, per le sue"patiences"verso fantasmi e irrazionalismi vari, incomprensibili(?)nel creatore del grande detective, modello di razionalismo, sia pure"abduttivo"(Carlo Ginzburg e Umberto Eco dixerunt)e non deduttivo... Ma la riscoperta del sentimento versus mera razionalità rincuora, in ogni caso. El Gato
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jonathan imperiale
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domenica 22 novembre 2015
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oltre la fine
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"Mr. Holmes -il mistero del caso irrisolto" getta uno sguardo oltre la parola fine. Quella fine che assolutizza il personaggio e lo mitizza, lo rende immortale nella sua simbologia. Se permettessimo ai nostri eroi di tornare a casa dopo l'impresa saliente, se gli permettessimo di cedere al fluire dei giorni e di invecchiare, ci parrebbero esili guerrieri sopravvissuti alle loro stesse guerre. Il volto di Ian McKellen riempe spesso lo schermo di un silenzio che sa di resa con gli occhi assenti al presente, smarriti, indifesi, soli. La solitudine svela il mistero, l'ultimo dell'eroe invecchiato all'ombra della sua stessa leggenda; una solitudine intensificata dal disfacimento dei propri ricordi che lo fa scivolare nel limbo avvolgente della demenza senile.
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"Mr. Holmes -il mistero del caso irrisolto" getta uno sguardo oltre la parola fine. Quella fine che assolutizza il personaggio e lo mitizza, lo rende immortale nella sua simbologia. Se permettessimo ai nostri eroi di tornare a casa dopo l'impresa saliente, se gli permettessimo di cedere al fluire dei giorni e di invecchiare, ci parrebbero esili guerrieri sopravvissuti alle loro stesse guerre. Il volto di Ian McKellen riempe spesso lo schermo di un silenzio che sa di resa con gli occhi assenti al presente, smarriti, indifesi, soli. La solitudine svela il mistero, l'ultimo dell'eroe invecchiato all'ombra della sua stessa leggenda; una solitudine intensificata dal disfacimento dei propri ricordi che lo fa scivolare nel limbo avvolgente della demenza senile. Solo un bambino saprà vedere nel vecchio l'antico eroe, saprà prendere per mano la leggenda e guidarla alla scoperta della fantasia. La quiete della campagna inglese, esplicitata dai campi totali è attraversata da una trama che caracolla nel finale ma che non prende il totale sopravvento sulle considerazioni esistenziali che restano dopo la parola fine...
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