red orion
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giovedì 24 dicembre 2015
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sherlock tra logica ed emozione
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Lontano dalle atmosfere steampunk che hanno reso celebre lo Sherlock Holmes di Robert Downey jr. torna il fascino del cinema-teatro, proponendo un mr.Holmes ormai anziano, in esilio come un vecchio eremita e dedito all'apicoltura.
Ambientato nella prima meta del '900, Sherlock è un personaggio che ha fatto il suo tempo, l'uomo si è ritirato a vita privata, mentre la leggenda continua la sua trasformazione e si adatta alle esigenze dello spettatore che ha bisogno di un investigatore sempre più audace, sempre più azzardato, ma connotato da quella vena di geniale follia che ha sempre animato il personaggio.
la distinzione fra uomo e mito si è concretizzata in una separazione netta (Indicativa la scena di Holmes che assiste ad un film su se stesso, che lo ritrae come sempre geniale ed impeccabile).
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Lontano dalle atmosfere steampunk che hanno reso celebre lo Sherlock Holmes di Robert Downey jr. torna il fascino del cinema-teatro, proponendo un mr.Holmes ormai anziano, in esilio come un vecchio eremita e dedito all'apicoltura.
Ambientato nella prima meta del '900, Sherlock è un personaggio che ha fatto il suo tempo, l'uomo si è ritirato a vita privata, mentre la leggenda continua la sua trasformazione e si adatta alle esigenze dello spettatore che ha bisogno di un investigatore sempre più audace, sempre più azzardato, ma connotato da quella vena di geniale follia che ha sempre animato il personaggio.
la distinzione fra uomo e mito si è concretizzata in una separazione netta (Indicativa la scena di Holmes che assiste ad un film su se stesso, che lo ritrae come sempre geniale ed impeccabile).
Sullo Sherlock della realtà grava però il peso del mito ed il peso del tempo, poichè mentre il primo lo richiama ad una dimensione superominica, eroica e perfetta, il tempo che scorre impartisce all'Holmes umano un'ultima dura lezione: il confronto con le emozioni.
L'opera si staglia in questa doppia natura, la logica contro l'emozione, l'adulto e l'anziano, il mito e l'uomo, tutto ciò tratteggia una trama talvolta lenta ma mai noiosa, vissuta con la tenerezza di un uomo che tira le somme della propria vita e cerca di lasciare questo mondo con un "senso di completezza" o con nulla di irrisolto.
Inutile descrivere l'interpretazione di Sir Ian Mc Kellen che risulta come sempre impareggiabile, sir Mc Kellen "è e non fa" Sherlock Holmes tanto da confondere lo spettatore, facendo dimenticare che Sherlock Holmes è un personaggio di fantasia.
Forse una nota thriller in più non avrebbe guastato, ma non importa, il centro della scena è l'investigatore con i suoi rimorsi e la sua ricerca di redenzione.
A tratti stereotipato il rapporto con il bambino, ma utile a tirar fuori le emozioni dell'anziano detective.
Sacrale è la scena finale in cui si evince che Sherlock ha appreso molto della filosofia e dalla spiritualità della tradizione giapponese.
Rispettato il personaggio, curiosa la dipendenza dalla spezia orientale palliativo forse degli oppiacei che il detective si concedeva per risolvere i suoi casi, in questa circostanza utile a ripristinare la memoria e l'insight che lo contraddistiguono.
Nel complesso tra la tecnologia del cinema moderno si distingue quest'opera retrò che risalta la grandiosità di un'epoca a tratti dimenticata, e ci si trova a chinare rispettosi il capo, ai grandi eroi del positivismo, che attraverso la logica e la ragione hanno permesso il progresso del pensiero.
Giocando con la fantasia, mentre si assiste alla pellicola, ci si sente seduti assieme a sir Conan Doyle, Oscar Wilde e Sigmund Freud che sospirando annuiscono compiaciuti
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no_data
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sabato 12 dicembre 2015
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straordinario
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non mi sono lasciata impressionare da certe critiche iniziali ! Sharlock Holmes è per me un richiamo al quale non so resistere . Meno male:
semplicemente stupende.
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frankbert
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mercoledì 9 dicembre 2015
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c'è un cameo per amanti del genere
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Ho amato lo Sherlock Holmes di Basil Rathbone e quello interpretato dal grande Jeremy Brett. Ho anche apprezzato la versione ipercinetica di Guy Ritchie con Robert Downey Jr. ma devo dire che ho un ricordo indelebile dello Sherlock adolescente interpretato da Nicholas Rowe in Piramide di Paura (Young Sherlock Holmes). Per questo motivo sono rimasto felicemente sorpreso quando mi sono accorto che Nicholas Rowe recita una piccola parte proprio in questo file dove interpreta lo Sherlock cinematografico ("Matinee Sherlock"), un cameo di pochi istanti in cui l'anziano Sherlock Holmes assiste ad uno dei tanti film ispirati alla sua figura. Il film è una vera poesia arrichita da questa perla.
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Ho amato lo Sherlock Holmes di Basil Rathbone e quello interpretato dal grande Jeremy Brett. Ho anche apprezzato la versione ipercinetica di Guy Ritchie con Robert Downey Jr. ma devo dire che ho un ricordo indelebile dello Sherlock adolescente interpretato da Nicholas Rowe in Piramide di Paura (Young Sherlock Holmes). Per questo motivo sono rimasto felicemente sorpreso quando mi sono accorto che Nicholas Rowe recita una piccola parte proprio in questo file dove interpreta lo Sherlock cinematografico ("Matinee Sherlock"), un cameo di pochi istanti in cui l'anziano Sherlock Holmes assiste ad uno dei tanti film ispirati alla sua figura. Il film è una vera poesia arrichita da questa perla.
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fabius
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lunedì 7 dicembre 2015
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dolce malinconia dell'intelligenza
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione.
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione. Film splendido, malinconicamente intelligente e divergente, in alcuni tratti quasi dolente, e con perlomeno tre livelli di lettura e con un protagonista memorabile (ed anche il doppiatore, non dimentichiamolo mai). E con la "lezione finale": bisogna andare alle causa, sì,; ma le cause non sono sempre quelle che ci appaiono tali dall'inizio. E la felicemente malinconica scena finale, con le pietre delle persone care che lo circondano, è probabilmente un addio; ma forse - forse.. - un ritorno all'umanità riscoperta; ed una carezza alle vittime degli errori involontariamente commessi
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fabius
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lunedì 7 dicembre 2015
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dolce malinconia dell'intelligenza
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione.
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Un film finalmente da vedere; uno Sherlock Holmes novantatreenne e con Alzehimer (o sarebbe normale senescenza...?) a cui sfuggono i ricordi, i tasselli su cui ha costruito l'intera sua vita, e non solo la sua professione. Uno Ian Mckellen dolorante, dolorose ed epico quando tenta di riagguantare da luoghi perduti della memoria e delle cose i ricordi che gli guizzano via, che confonde i casi ma che conserva la capacità di rendersi conto di ciò che gli accade ed una lucida e dolente, autoironia. Tutto per tentare di rammentare quale sia stato il punto di non ritorno, l'errore - sì, anche Holmes sbaglia: consolante? - che lo ha indotto al ritiro precoce dalla scena pubblica e dalla stessa sua arte/vita/professione. Film splendido, malinconicamente intelligente e divergente, in alcuni tratti quasi dolente, e con perlomeno tre livelli di lettura e con un protagonista memorabile (ed anche il doppiatore, non dimentichiamolo mai). E con la "lezione finale": bisogna andare alle causa, sì,; ma le cause non sono sempre quelle che ci appaiono tali dall'inizio. E la felicemente malinconica scena finale, con le pietre delle persone care che lo circondano, è probabilmente un addio; ma forse - forse.. - un ritorno all'umanità riscoperta; ed una carezza alle vittime degli errori involontariamente commessi
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maria cristina nascosi sandri
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sabato 5 dicembre 2015
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non bisogna lasciare la vita senza un senso...
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Mr. HOLMES - Recensione di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Non bisogna lasciare la vita senza un senso di completezza... (Sherlock Holmes)
E' arrivato da poco nelle sale italiane Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto (Mr. Holmes), un film del 2015 diretto da Bill Condon e interpretato dal grande attore shakespeariano, uno degli ultimi, Ian McKellen nel ruolo del famoso investigatore Sherlock Holmes. Si tratta di un adattamento cinematografico dal libro di Mitch Cullin, A Slight Trick of the Mind (2005) che si può tradurre in Un leggero inganno della mente.
E' un Holmes a cui non siamo abituati, visto che sul mitico eroe di Sir Conan Doyle, si son realizzate montagne di pellicole, ad iniziare dal cinema muto per arrivare all'ultimo di Robert Downey jr, per non parlare delle serie tv che ora van a ruba.
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Mr. HOLMES - Recensione di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Non bisogna lasciare la vita senza un senso di completezza... (Sherlock Holmes)
E' arrivato da poco nelle sale italiane Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto (Mr. Holmes), un film del 2015 diretto da Bill Condon e interpretato dal grande attore shakespeariano, uno degli ultimi, Ian McKellen nel ruolo del famoso investigatore Sherlock Holmes. Si tratta di un adattamento cinematografico dal libro di Mitch Cullin, A Slight Trick of the Mind (2005) che si può tradurre in Un leggero inganno della mente.
E' un Holmes a cui non siamo abituati, visto che sul mitico eroe di Sir Conan Doyle, si son realizzate montagne di pellicole, ad iniziare dal cinema muto per arrivare all'ultimo di Robert Downey jr, per non parlare delle serie tv che ora van a ruba.
E' un anti-eroe che ormai è giunto alle ultime battute della sua vita e si è ritirato da parecchi anni come detective, dopo il matrimonio del suo aiuto e biografo Watson, in un villino in riva al mare nello splendido Sussex, abbandonando il fittizio indirizzo londinese di Baker Street, 221.
Ciò che l'ha spinto è un senso di colpa che, rimosso, continua a non dargli tregua, seppur subliminalmente. Solo le sue api, la pazienza che la loro cura richiede che sa tanto di saggezza quasi orientale, ed il convivere con una matura signora che gli fa da governante suo malgrado (una Laura Linney sempre molto brava, dimessa, ma non meno incisiva) ed il suo bimbo, il grintoso Milo Parker in odore di enfant prodige, agiranno sulla sua incipiente e svagata vecchiezza come ultimo motore di una vita degna di essere vissuta.
Un testo forse difficile da capire, forse più umano e meno identificabile coi cliché del grande personaggio, ma la vita non sempre 'si fa capire del tutto' - come afferma, fuori dei canoni razionali classici 'deduttivi' del 'metodo holmesiano': anche i geni possono sbagliare e lasciarsi andare, almeno una volta, a patto che la vita non venga 'lasciata' senza un senso di completezza...
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jaylee
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giovedì 3 dicembre 2015
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l’ultimo caso di sherlock
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Interessante come il titolo originale del film seguisse pedissequamente quello del libro di Mitch Cullin “un Impercettibile trucco della mente”. Interessante perché: 1. Forse si perde il vero succo del film, che prende le mosse dalle incredibili capacità di lettura dei dettagli del protagonista, l’arcinoto Sherlock Holmes; 2. Sottolinea con il prefisso, che si vuole scavare nel “vero” Sherlock Holmes, che , pur essendo un personaggio letterario, era un essere umano con i suoi limiti e i suoi difetti.
Bill Condon, dirige per la seconda volta il titanico Ian McKellen dopo Demoni e Dei 1998 (Oscar per la Miglior Sceneggiatura), oltre che la sua attrice prediletta Laura Linney (alla quarta collaborazione).
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Interessante come il titolo originale del film seguisse pedissequamente quello del libro di Mitch Cullin “un Impercettibile trucco della mente”. Interessante perché: 1. Forse si perde il vero succo del film, che prende le mosse dalle incredibili capacità di lettura dei dettagli del protagonista, l’arcinoto Sherlock Holmes; 2. Sottolinea con il prefisso, che si vuole scavare nel “vero” Sherlock Holmes, che , pur essendo un personaggio letterario, era un essere umano con i suoi limiti e i suoi difetti.
Bill Condon, dirige per la seconda volta il titanico Ian McKellen dopo Demoni e Dei 1998 (Oscar per la Miglior Sceneggiatura), oltre che la sua attrice prediletta Laura Linney (alla quarta collaborazione).
Il personaggio di Sherlock Holmes, che ormai è nato quasi 130 anni fa, sembra aver avuto un’interessante rinascita in questa decade, sia al cinema con la versione adrenalinica di Guy Ritchie (e Robert Downey Jr. mattatore), sia in ben due versioni TV, la trasposizione moderna con Jonny Lee Miller e quella più classica con Benedict Cumberbatch. Nessuno di questi, però, aveva avuto l’idea di far vedere uno Sherlock ormai 93enne, ritiratosi sul mare, solo, fragile ed amareggiato, e sull’orlo della perdita delle sue capacità mentali, suo vanto ed eccellenza. Due le cose che gli riempiono la vita: il rapporto col piccolo Roger, figlio della badante, al quale trasmette l’arte dell’apicoltura e dell’osservazione; e la sua ultima missione: cosa lo ha costretto ad abbandonare la sua carriera di investigatore 35 anni prima? Sembra persa in partenza la sua battaglia con l’Alzheimer, ma non desisterà, e sarà l’ultimo caso della sua vita.
Film British a tutti gli effetti, quindi grandissime interpretazioni, e buoni dialoghi seppur un po’ teatrali, storytelling però molto lento, e a tratti da fiction. Lo stile di Condon, qui è proverbiale, e tanti lo ameranno quanto lo odieranno. Che dire di McKellen? Ormai è un monumento,il suo volto è una maschera in grado di invecchiare e ringiovanire col semplice alzarsi di un sopracciglio, e ancor di più stupisce la sua capacità di comunicare attraverso il non detto. Le sue interazioni col piccolo Milo Parker (promettente talento in erba) e con la Linney (attrice di rara intelligenza e versatilità) sono il punto di forza del film, così come la rievocazione degli anni’40, semplice e pulita.
Dove probabilmente zoppica il film , paradossalmente per un prodotto UK per di più basato su un romanzo, è proprio la sceneggiatura: e se davvero struggente è l’epifania del vecchio Sherlock, che capisce come la logica e le fredde convenzioni siano una religione senza gioia, e una schiavitù priva di senso verso il nostro prossimo (quanto dolore inespresso quando afferma che ha perso Watson, senza neanche salutarlo), molto meno efficaci sono i flashback, sia quello dell’effettivo caso Kelmot (la sua ultima missione), sia quello del suo viaggio in Giappone, che davvero così come è presentato, appare davvero posticcio e con forse l’unica motivazione di preparare la scena finale. Molto più funzionale, invece, l’espediente di Holmes che si rivede al cinema, in una specie di prisma suo passato “bidimensionale”; e dismessi cappello da cacciatore e pipa, si spoglierà finalmente dei suoi pesi prima di risolvere il suo ultimo caso: quello della felicità perduta. Elementare, Watson: la vita viene prima. (www.versionekowalski.it
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dhany coraucci
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martedì 1 dicembre 2015
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la filosofia nel.... cottage di sherlock holmes
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Innanzitutto non bisogna avere fretta: a guidarci in questo particolare, raffinato thriller filosofico è un 93enne che cammina curvo e adagio, fatica a fare le scale e si dimentica delle cose. E poi si deve avere una certa affinità con l'Inghilterra, perché questo film è inglese fino al midollo. A cominciare dal suo protagonista Ian Mc Kellen che è uno dei più grandi attori teatrali britannici (ricordo la sua magnifica interpretazione di Riccardo III ,1995) il quale, a sua volta, impersona il più celebre detective inglese di tutti i tempi, Sherlock Holmes che trascorre la vecchiaia nella più tradizionale (e splendida) campagna inglese con tanto di cottage, verdi prati, bianche scogliere e.
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Innanzitutto non bisogna avere fretta: a guidarci in questo particolare, raffinato thriller filosofico è un 93enne che cammina curvo e adagio, fatica a fare le scale e si dimentica delle cose. E poi si deve avere una certa affinità con l'Inghilterra, perché questo film è inglese fino al midollo. A cominciare dal suo protagonista Ian Mc Kellen che è uno dei più grandi attori teatrali britannici (ricordo la sua magnifica interpretazione di Riccardo III ,1995) il quale, a sua volta, impersona il più celebre detective inglese di tutti i tempi, Sherlock Holmes che trascorre la vecchiaia nella più tradizionale (e splendida) campagna inglese con tanto di cottage, verdi prati, bianche scogliere e.... api. L'ultimo mistero è sepolto in un senso di colpa che è difficile da evocare. Potete immaginare che non si tratta di un'indagine consueta, l'unico testimone attendibile (si fa per dire) è la sua memoria, che affiora lentamente come i suoi passi, a tratti sfocata, a tratti lucida; e gli unici indizi sono racchiusi nella misteriosa foto di una donna bella con gli occhi tristi. Poi c'è anche tutta la storia legata al Giappone di Hiroshima che non vi sto a raccontare e ci sono le giornate pigre e affaticate nel cottage sorvegliato dall'arcigna (ma sempre affascinante) Laura Linney, governante vedova con figlioletto curioso a carico. Secondo me l'intento del regista Bill Condon (lui e Ian hanno già lavorato insieme in Demoni e Dei, 1998, biografia del regista di Frankenstein morto suicida, James Whale) non è smitizzare il mito, quanto prenderlo a esempio per raccontare come sia arduo lavorare sulla logica quando c'è sempre qualcosa che sfugge a ogni logica. C'è una bellissima scena, dura due minuti, ma è talmente intensa da riscattare tutta la lentezza del film dove Sherlock Holmes rivela il mistero e soprattutto la verità della sua vita: ovviamente non vi dico qual è, ma è lì che si concentra tutta la filosofia più eclatante e pessimista, lì che ritrovo il pensiero dei miei filosofi prediletti e dunque vale la pena resistere, anche se in voi non c'è alcuna affinità con l'Inghilterra. Poi il film prosegue lasciando in disparte quell'arguta visione e se fosse finito male, a me sarebbe piaciuto molto di più.
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gpistoia39
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lunedì 30 novembre 2015
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la rimozione e il senso di colpa
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E' veramente un grande film, con due grandi attori, tenerissimi tutti e due, il nonno e il nipotino. Il bambino senza padre fa di tutto per aiutare il vecchio Holmes, lo aiuta anche a ritrovare la memoria perduta, lo incita a finire un racconto che non ha ancora una fine, Holmes non vuole ricordare come è andato a finire il suo caso irrisolto, non vuole perchè ha mandato il ricordo troppo penoso, nel suo "rimosso". Solo alla fine del film, quando avrà ricordato il suo caso "irrisolto" vhr nulla ha dell'irrisolto, potrà recuperare anche il rapporto con il giapponese, e far scaturire da quell'incontro avuto in Giappone, il piacere di dedicarsi ai suoi morti (i sassi).
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E' veramente un grande film, con due grandi attori, tenerissimi tutti e due, il nonno e il nipotino. Il bambino senza padre fa di tutto per aiutare il vecchio Holmes, lo aiuta anche a ritrovare la memoria perduta, lo incita a finire un racconto che non ha ancora una fine, Holmes non vuole ricordare come è andato a finire il suo caso irrisolto, non vuole perchè ha mandato il ricordo troppo penoso, nel suo "rimosso". Solo alla fine del film, quando avrà ricordato il suo caso "irrisolto" vhr nulla ha dell'irrisolto, potrà recuperare anche il rapporto con il giapponese, e far scaturire da quell'incontro avuto in Giappone, il piacere di dedicarsi ai suoi morti (i sassi).
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mauro
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lunedì 30 novembre 2015
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umanizzare un mito
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Ma come cavolo si può pensare ad umanizzare un mito e pensare pure di fare una cosa buona? Holmes è un personaggio senza tempo, senza spazio, come lo è 007, come lo è Topolino e tuti i fumetti in genere, sempre guale a se stesso ma sempre diverso. Si poteva raccontare la storia senza utilizzare quel personaggio, storia profonda, umana, per niente favolistica, ma che stride tantissimo con l'aspettativa che suscita il personaggio, è come se io facessi un film "L'ultma impresa di Superman" e poi proponessi al pubblico le sue sedute dall'analista! Non va bene, è bocciato perchè è maliziosamente ammiccante alle gesta di un personaggio amato da molti, ma sfruttato per attirare lo spettatore in qualcosa che c'entra
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Ma come cavolo si può pensare ad umanizzare un mito e pensare pure di fare una cosa buona? Holmes è un personaggio senza tempo, senza spazio, come lo è 007, come lo è Topolino e tuti i fumetti in genere, sempre guale a se stesso ma sempre diverso. Si poteva raccontare la storia senza utilizzare quel personaggio, storia profonda, umana, per niente favolistica, ma che stride tantissimo con l'aspettativa che suscita il personaggio, è come se io facessi un film "L'ultma impresa di Superman" e poi proponessi al pubblico le sue sedute dall'analista! Non va bene, è bocciato perchè è maliziosamente ammiccante alle gesta di un personaggio amato da molti, ma sfruttato per attirare lo spettatore in qualcosa che c'entra pochissimo, il film è un po' il falso berretto di Holmes per chi ha visto la pellicola
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