raffaele.92
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domenica 7 dicembre 2014
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film da vedere... ma non eccellente!
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Film molto semplice, non impegnativo, per una storia che é tutto sommato simpatica! Ci sono delle scene che si sarebbero potuto evitare, soprattutto nel rispetto delle persone gay! Si toccano marginal mente delle storie diverse che si intrecciano nel momento più comico e divertente del film ( momento limitato in considerazione che si ride poco!).
La risaputa bravura di Bova e Cortellesi permette di rendere questo film un tantino migliore rispetto all'offerta nazionale italiana ( risultato evidentemente facile!!!).
Lo consiglio per un paio di ore di spensieratezZa, anche se l'inizio é formulato in modo quasi logorroico e le occasioni di commedia offerte sono veramente poche! Bravissimi Bova e Cortellesi!
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andreafer
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martedì 2 dicembre 2014
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ho apprezzato il modo leggero ma significativo
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ho apprezzato il modo nell'affrontare un tema attuale che la commedia ha il dovere di fare, e scegliendo la Cortellesi, in coppia con UN Bova che non mi è dispiaciuto, è stato elaborato un buon prodotto, comico, non volgare, ovviamente politicamente corretto sul tema omosessuale, ma va bene cosi, perche se Bova fosse gay nella vita non scombussola piu tanto i programmi dei moralisti ( in quanto personaggio). Complessivamente interessante...
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sprock93
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domenica 30 novembre 2014
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film consigliato
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Sicuramente non mi aspettavo un capolavoro o questa grande trama. Sapete ogni tanto un film leggero ci e vi fa solo che bene. State sempre a criticare, qualsiasi film italiano esca. Come viene anche accennato in questo film, ciò che non è italiano fa sempre più figo.
Tornando a questo lavoro, sarà che a me la Cortellesi convince sempre di più in ogni suo film , trasmissione , ma non posso non consigliarlo. Commedia molto leggera che scorre velocemente e che mi ha dato tanti sorrisi. Sinceramente avrei evitato i soliti clichè sull'omosessualità : dalla vita frivola , al compagno macchietta (Marco Bocci) , che è meglio se rimane a fare Squadra Antimafia , o dai gusti femminili nell'arredare la casa.
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Sicuramente non mi aspettavo un capolavoro o questa grande trama. Sapete ogni tanto un film leggero ci e vi fa solo che bene. State sempre a criticare, qualsiasi film italiano esca. Come viene anche accennato in questo film, ciò che non è italiano fa sempre più figo.
Tornando a questo lavoro, sarà che a me la Cortellesi convince sempre di più in ogni suo film , trasmissione , ma non posso non consigliarlo. Commedia molto leggera che scorre velocemente e che mi ha dato tanti sorrisi. Sinceramente avrei evitato i soliti clichè sull'omosessualità : dalla vita frivola , al compagno macchietta (Marco Bocci) , che è meglio se rimane a fare Squadra Antimafia , o dai gusti femminili nell'arredare la casa. L'interpretazione di Raul Bova precisa ma con pochi acuti.
Come al solito piena di personalità e simpatica la recitazione di Paola Cortellesi. Ho molto apprezzato queste note locali, nelle battute e negli accenti , che danno carattere all'intero lavoro.
Nei primi 30 minuti la sua Serena mi è sembrata una piccola Bridget Jones italiana , e si potrebbe lavorare in questa direzione in un "seguito" del film. Infatti è partito bene nelle sale e il passaparola sta aiutando molto , ciò sottolinea che è stato apprezzato dal pubblico.
Dopo il piccolo scivolone in "Sotto una buona stella" ma lì non era colpa sua ma della trama inesistente ed assurda, Paola Cortellesi si conferma una nota positiva nella commedia italiana. Aspetto con ansia un suo prossimo lavoro, anche in ruoli inediti , lontani da ciò che è abituata a fare. Sono sicuro che farebbe bene.
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no_data
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domenica 30 novembre 2014
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bellissimo film
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Consiglio di vedere questo film perché tratta di temi importanti sulla discriminazione nel mondo del lavoro, sulla famiglia, sull'emarginazione e quindi, al di là della classica commedia degli equivoci, mi ha fatto ridere ed anche commuovere!! Cosa si può desiderare di più?
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geomangio
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domenica 30 novembre 2014
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ho lasciato la sala dopo 10 minuti.
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Mi sarebbe piaciuto vedere il film, la storia era convincente e gli attori brillanti. Purtroppo ho dovuto lasciare la sala dopo 10 minuti, perché mi sono sentita male. Questa strana nuova moda di usare la telecamera a mano, puntandola qua e là mentre gli attori recitano, inquadrandogli ora la spalla, poi la bocca, la punta delle scarpe, infine un primo piano strettissimo di Paola Cortellesi, la sua faccia larga sei metri sullo schermo e noi piccoli spettatori sul punto di essere inghiottiti. Sarà che ero in un multisala romano, l'UCI cinemas Marconi, sala 4, dove la quinta fila viene reputata "centrale", anche se devi piegare indietro il collo per vedere il film.
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Mi sarebbe piaciuto vedere il film, la storia era convincente e gli attori brillanti. Purtroppo ho dovuto lasciare la sala dopo 10 minuti, perché mi sono sentita male. Questa strana nuova moda di usare la telecamera a mano, puntandola qua e là mentre gli attori recitano, inquadrandogli ora la spalla, poi la bocca, la punta delle scarpe, infine un primo piano strettissimo di Paola Cortellesi, la sua faccia larga sei metri sullo schermo e noi piccoli spettatori sul punto di essere inghiottiti. Sarà che ero in un multisala romano, l'UCI cinemas Marconi, sala 4, dove la quinta fila viene reputata "centrale", anche se devi piegare indietro il collo per vedere il film. A un certo punto la mia cinetosi ha avuto la meglio, peggio delle montagne russe, stomaco rivoltato fino a sera. Mi ricorderò di questo regista e avrò cura di evitare le sue prossime opere. Peccato.
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letiziachippari
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sabato 29 novembre 2014
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ottimo lavoro!
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Film divertente con buoni contenuti per riflessioni su temi molto attuali. Tutti Bravi e Lei è bravissima.. una delle nostre migliori attrici!
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silviarossi
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sabato 29 novembre 2014
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signoreiddio
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Filmone:-)
se andiamo oltre il pessimo lavoro che Bova fa da decenni, e del mediocre della Cortellesi, se andiamo oltre la totale mancanza di rispetto per lo spettatore quando la dizione viene completamente tralasciata per lasciare spazio ad un "paesanesimo" costante, se andiamo oltre la mancanza di un bandolo, la mancanza totale di un minimo senso del tempo e del ritmo, e non ci si addormenta....otteniamo il solito filmetto italiano, con i soliti attorucoli, con la solita mancanza di talento e professionalita'.
MI chiedo, se da 20 anni il solito gruppo dei 10/20 attori che "sonosempreloro", non si rimpolpa, significa che non abbiamo nuovi talenti o la mediocrita' non lascia spazio alla nuova proposta?
Intristisce un po' questa mancanza di capacita' perpetrata da molti anni, e sulla quale non si lavora, ricordando che qualcosa di buono, talvolta di Molto Buono, in questo paese, e' stato fatto.
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Filmone:-)
se andiamo oltre il pessimo lavoro che Bova fa da decenni, e del mediocre della Cortellesi, se andiamo oltre la totale mancanza di rispetto per lo spettatore quando la dizione viene completamente tralasciata per lasciare spazio ad un "paesanesimo" costante, se andiamo oltre la mancanza di un bandolo, la mancanza totale di un minimo senso del tempo e del ritmo, e non ci si addormenta....otteniamo il solito filmetto italiano, con i soliti attorucoli, con la solita mancanza di talento e professionalita'.
MI chiedo, se da 20 anni il solito gruppo dei 10/20 attori che "sonosempreloro", non si rimpolpa, significa che non abbiamo nuovi talenti o la mediocrita' non lascia spazio alla nuova proposta?
Intristisce un po' questa mancanza di capacita' perpetrata da molti anni, e sulla quale non si lavora, ricordando che qualcosa di buono, talvolta di Molto Buono, in questo paese, e' stato fatto.
La speranza di vedere qualche cosa di decente, non muore mai, ma chi visse sperando..... nel frattempo guarda film francesi o americani, o addirittura tedeschi.
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conte di bismantova
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sabato 29 novembre 2014
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grandi perplessità.
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Non c'è soltanto l'omofobia delle quattro sberle al Colosseo, dei gruppi di destra o delle sortite televisive di qualche parlamentare tradizionalista. Ce n'è una più sottile, impalpabile ma feconda, quasi subliminale, ben nascosta dietro un'apparente "simpatia" da commedia all'italiana o dintorni che - sfruttando il solito masticato clichet: lei fallen in love ma lui si rivela gayo e convinto - pone lo spettatore di fronte ad una "verità" che Pulcinella, ridendo e scherzando, comunque disse: il gay di oggi, quello bravo, se vuole fare sesso si butta nella dark room (non come te, ragazza frigida e patetica...), riceve a casa quasi quotidianamente una vera e propria "corte dei miracoli" di pagliacci svitati dalle movenze esageratamente eloquenti o dall'abbigliamento "a tema" rivolto a qualche feticismo che dobbiamo considerare sdoganabile (siamo moderni, noi) e che batte gli stages dei locali gay più trasgressivi e colorati sberleccando ogni pettorale che gli faccia la mossa in pista.
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Non c'è soltanto l'omofobia delle quattro sberle al Colosseo, dei gruppi di destra o delle sortite televisive di qualche parlamentare tradizionalista. Ce n'è una più sottile, impalpabile ma feconda, quasi subliminale, ben nascosta dietro un'apparente "simpatia" da commedia all'italiana o dintorni che - sfruttando il solito masticato clichet: lei fallen in love ma lui si rivela gayo e convinto - pone lo spettatore di fronte ad una "verità" che Pulcinella, ridendo e scherzando, comunque disse: il gay di oggi, quello bravo, se vuole fare sesso si butta nella dark room (non come te, ragazza frigida e patetica...), riceve a casa quasi quotidianamente una vera e propria "corte dei miracoli" di pagliacci svitati dalle movenze esageratamente eloquenti o dall'abbigliamento "a tema" rivolto a qualche feticismo che dobbiamo considerare sdoganabile (siamo moderni, noi) e che batte gli stages dei locali gay più trasgressivi e colorati sberleccando ogni pettorale che gli faccia la mossa in pista. Trasale lo spettatore di fronte alla "necessaria" (eh???) presa di coraggio che questo padre deve affrontare nel fare outing con il suo bambino di anni sette, come se fosse doveroso e necessario farlo subito, chissà perchè. Di fronte al viso di quel bimbo introverso e demotivato, peraltro di una sensibilità e di una dolcezza disarmanti, in sala si sente il borbottio di chi - genitore o no - si chiede come mai si debba ritenere utile ad un bimbo di quell'età una rivelazione così prematura, rischiosa e difficile da capire e da gestire che anzi appare fuori misura se non ridicola, se ci fosse qualcosa da ridere. Ed ecco che si installa il morbo del dubbio, che va ovviamente verso il rifiuto: quel padre gay è un buon padre? potrà esserlo? potrebbe esserlo? è giusto che un bambino debba dividere angoli di quel mondo? Da cui il massimalista da bar ricava - potrebbe farlo chiunque - il vero messaggio: poveri bambini, ecco cosa gli spetta d'ora in avanti, con questi mutamenti di costume.
Abbiamo calcato l'onda di protesta per la canzone di Povia a Sanremo come fosse un incendio in cantina: questa per me è una bomba atomica e nessuno ne parla. Qualcuno leggendomi dirà: oh, che palle, questi gay che non accettano più nulla, che nessuno deve più toccare. Per carità, dio mi scampi dal piacere di una satira battente ed allegra, ma qui si parla di famiglia, e la famiglia è una cosa seria, soprattutto se la gente esce dalla sala col messaggio sbagliato: "come possiamo dare in mano un bambino ad un deficiente del genere?"
L'accettazione dell'outing da parte del bimbo nell'ultima frase prima dei titoli che ci rasserena tutti non risolve il dubbio di una forzatura psicologica che non andava proposta.
Il resto del film è divertente ed allegro, recitato come solo noi italiani sappiamo recitare male, ovviamente imparagonabile ad una qualsiasi commedia americana dove anche l'ultima delle comparse di un film inguardabile per noi sarebbe da Leone d'Oro. Ma non siamo mica gli americani, noi ci facciamo anche due risate senza pretese. Peccato: senza il bambino di mezzo - magari una nonna vecchia al posto suo - sarei uscito anche io meno perplesso. Sarà per la prossima.
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conte di bismantova
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sabato 29 novembre 2014
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poca roba per due sorrisi
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Non c'è soltanto l'omofobia delle quattro sberle al Colosseo, dei gruppi di destra o delle sortite televisive di qualche parlamentare tradizionalista. Ce n'è una più sottile, impalpabile ma feconda, quasi subliminale, ben nascosta dietro un'apparente "simpatia" da commedia all'italiana o dintorni che - sfruttando il solito masticato clichet: lei fallen in love ma lui si rivela gayo e convinto - pone lo spettatore di fronte ad una "verità" che Pulcinella, ridendo e scherzando, comunque disse: il gay di oggi, quello bravo, se vuole fare sesso si butta nella dark room (non come te, ragazza frigida e patetica...), riceve a casa quasi quotidianamente una vera e propria "corte dei miracoli" di pagliacci svitati dalle movenze esageratamente eloquenti o dall'abbigliamento "a tema" rivolto a qualche feticismo che dobbiamo considerare sdoganabile (siamo moderni, noi) e che batte gli stages dei locali gay più trasgressivi e colorati sberleccando ogni pettorale che gli faccia la mossa in pista.
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Non c'è soltanto l'omofobia delle quattro sberle al Colosseo, dei gruppi di destra o delle sortite televisive di qualche parlamentare tradizionalista. Ce n'è una più sottile, impalpabile ma feconda, quasi subliminale, ben nascosta dietro un'apparente "simpatia" da commedia all'italiana o dintorni che - sfruttando il solito masticato clichet: lei fallen in love ma lui si rivela gayo e convinto - pone lo spettatore di fronte ad una "verità" che Pulcinella, ridendo e scherzando, comunque disse: il gay di oggi, quello bravo, se vuole fare sesso si butta nella dark room (non come te, ragazza frigida e patetica...), riceve a casa quasi quotidianamente una vera e propria "corte dei miracoli" di pagliacci svitati dalle movenze esageratamente eloquenti o dall'abbigliamento "a tema" rivolto a qualche feticismo che dobbiamo considerare sdoganabile (siamo moderni, noi) e che batte gli stages dei locali gay più trasgressivi e colorati sberleccando ogni pettorale che gli faccia la mossa in pista. Trasale lo spettatore di fronte alla "necessaria" (eh???) presa di coraggio che questo padre deve affrontare nel fare outing con il suo bambino di anni sette, come se fosse doveroso e necessario farlo subito, chissà perchè. Di fronte al viso di quel bimbo introverso e demotivato, peraltro di una sensibilità e di una dolcezza disarmanti, in sala si sente il borbottio di chi - genitore o no - si chiede come mai si debba ritenere utile ad un bimbo di quell'età una rivelazione così prematura, rischiosa e difficile da capire e da gestire che anzi appare fuori misura se non ridicola, se ci fosse qualcosa da ridere. Ed ecco che si installa il morbo del dubbio, che va ovviamente verso il rifiuto: quel padre gay è un buon padre? potrà esserlo? potrebbe esserlo? è giusto che un bambino debba dividere angoli di quel mondo? Da cui il massimalista da bar ricava - potrebbe farlo chiunque - il vero messaggio: poveri bambini, ecco cosa gli spetta d'ora in avanti, con questi mutamenti di costume.
Abbiamo calcato l'onda di protesta per la canzone di Povia a Sanremo come fosse un incendio in cantina: questa per me è una bomba atomica e nessuno ne parla. Qualcuno leggendomi dirà: oh, che palle, questi gay che non accettano più nulla, che nessuno deve più toccare. Per carità, dio mi scampi dal piacere di una satira battente ed allegra, ma qui si parla di famiglia, e la famiglia è una cosa seria, soprattutto se la gente esce dalla sala col messaggio sbagliato: "come possiamo dare in mano un bambino ad un deficiente del genere?"
L'accettazione dell'outing da parte del bimbo nell'ultima frase prima dei titoli che ci rasserena tutti non risolve il dubbio di una forzatura psicologica che non andava proposta.
Il resto del film è divertente ed allegro, recitato come solo noi italiani sappiamo recitare male, ovviamente imparagonabile ad una qualsiasi commedia americana dove anche l'ultima delle comparse di un film inguardabile per noi sarebbe da Leone d'Oro. Ma non siamo mica gli americani, noi ci facciamo anche due risate senza pretese. Peccato: senza il bambino di mezzo - magari una nonna vecchia al posto suo - sarei uscito anche io meno perplesso. Sarà per la prossima.
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donato prencipe
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venerdì 28 novembre 2014
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le difficoltà di una donna in carriera
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Nell'oceano di commedie in cui naviga il cinema italiano in questo periodo, veleggia spedita la coppia Cortellesi/Bova che ritorna a recitare insieme dopo il buon esito di “Nessuno mi può giudicare”. La commedia in questione è quella del regista Riccardo Milani (Benvenuto presidente!), che cerca di dare il giusto peso al lavoro ed al talento di donne/architetto, molto spesso bistrattate o lasciate nell'ombra di personaggi maschili poco inclini a partorire idee geniali e innovative come le donne in questione. Il film è divertente e scorre veloce, senza pause, attivo nel denunciare questo abuso ricorrente e quasi “normale” in Italia, che si discosta da ciò che succede, invece, all'estero, ed in particolar modo a Londra, dove vede la nostra protagonista Serena (Paola Cortellesi) ricoprire un ruolo primario, impartendo anche direttive, come giusto che sia, a uomini di grado e titolo inferiore a lei.
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Nell'oceano di commedie in cui naviga il cinema italiano in questo periodo, veleggia spedita la coppia Cortellesi/Bova che ritorna a recitare insieme dopo il buon esito di “Nessuno mi può giudicare”. La commedia in questione è quella del regista Riccardo Milani (Benvenuto presidente!), che cerca di dare il giusto peso al lavoro ed al talento di donne/architetto, molto spesso bistrattate o lasciate nell'ombra di personaggi maschili poco inclini a partorire idee geniali e innovative come le donne in questione. Il film è divertente e scorre veloce, senza pause, attivo nel denunciare questo abuso ricorrente e quasi “normale” in Italia, che si discosta da ciò che succede, invece, all'estero, ed in particolar modo a Londra, dove vede la nostra protagonista Serena (Paola Cortellesi) ricoprire un ruolo primario, impartendo anche direttive, come giusto che sia, a uomini di grado e titolo inferiore a lei. Purtroppo la nostalgia per l'Italia e forse un pizzico di risentimento e di orgoglio nel voler dimostrare il proprio valore anche nel proprio paese la spingono a tornare. Nonostante Serena sia una donna caparbia e piena di estro, oltre ad avere una laurea con master di ogni tipo e per giunta un'esperienza all'estero di tutto rilievo, è costretta, dopo il suo ritorno a Roma, ad una vita di sacrifici e ruoli di comparsa. Ad affiancarla nella sua lotta all'emarginazione della donna in carriera, c'è Francesco, alias Raoul Bova, un ristoratore omosessuale con un matrimonio alle spalle ed un figlio che non conosce ancora la verità sul padre. Francesco, tra eccentricità e gestione familiare si presterà, sotto la richiesta assidua di Serena, a presentarsi come il fautore del suo progetto, che consiste nella riqualificazione di un complesso di palazzoni nella periferia romana. La figura del datore di lavoro è interpretata da Ennio Fantastichini, che recita la parte del dott. Ripamonti, un uomo molto ricco che non riesce a fare un passo senza l'aiuto dell'instancabile Michela (Lunetta Savino), la quale sfrutta tutte le sue abilità al servizio di un uomo incapace di dirigere un'azienda. Il progetto del “chilometro verde”, menzionato nel film, è un lavoro che esiste realmente ed appartiene a Guendalina Salimei, la quale nel 2008 vinse un concorso di progettazione lanciato dall'Ater di Roma; nel suo palmarès cogliamo una laurea in architettura, la fondazione del T studio ed una cattedra presso la facoltà di architettura della Sapienza di Roma, oltre alla realizzazione di numerosi progetti in Italia e all'estero. La visione del film sul problema è molto cinica ed oserei dire anche abbastanza reale, nonostante il tutto sia condito con il solito humour frizzante e leggero della Cortellesi, ma per certi aspetti l'Italia è un paese molto indietro per quel che concerne la meritocrazia (questa entità misteriosa). Ciononostante credo che la figura della Salimei possa essere vista come un incentivo in più da tutte quelle donne che hanno intrapreso o hanno intenzione di intraprendere il lavoro di architetto, dimostrando che la voglia e la passione che divampano dentro ognuna di loro, unite alla bravura e alla bellezza di un' intelligenza incantevole, possa vederle, un giorno non troppo lontano, sorseggiare dello champagne in cima ad un grattacielo che porta il loro nome.
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