miguel
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mercoledì 19 novembre 2014
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paura intima e profonda
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Un film magistrale diretto da Lorenzo Bianchini, che dopo gli ottimi "Custodes Bestiae" e "Occhi", con "Oltre il guado", realizza la sua opera più completa, capace di trasmettere paura, tensione, ansia in un modo profondamente personale e soggettivo. Proprio il termine soggettivo è il filo conduttore del film. Lo spettatore si immedesima nel personaggio di Marco Contrada, l'etologo che si avventura nelle montagne al confine tra il Friuli e la Slovenia per effettuare delle ricerche e degli studi naturalistici sul comportamento degli animali di quelle zone. Dopo essere riuscito a installare una webcam su di una volpe, per seguirne gli spostamenti da un pc, monitorando il tutto dal suo camper, scopre in un filmato notturno che l'animale si è avvicinato ad un inquietante paesaggio fatto di case abbandonate e da cui provengono sinistri rumori e grida raggelanti.
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Un film magistrale diretto da Lorenzo Bianchini, che dopo gli ottimi "Custodes Bestiae" e "Occhi", con "Oltre il guado", realizza la sua opera più completa, capace di trasmettere paura, tensione, ansia in un modo profondamente personale e soggettivo. Proprio il termine soggettivo è il filo conduttore del film. Lo spettatore si immedesima nel personaggio di Marco Contrada, l'etologo che si avventura nelle montagne al confine tra il Friuli e la Slovenia per effettuare delle ricerche e degli studi naturalistici sul comportamento degli animali di quelle zone. Dopo essere riuscito a installare una webcam su di una volpe, per seguirne gli spostamenti da un pc, monitorando il tutto dal suo camper, scopre in un filmato notturno che l'animale si è avvicinato ad un inquietante paesaggio fatto di case abbandonate e da cui provengono sinistri rumori e grida raggelanti. Decide di recarvisi per scoprire cosa si cela. Il ritmo del film è lento, la tensione sale gradualmente ed in modo sempre più agghiacciante. Attraversato un fiume che conduce a quel paese, il protagonista è come se si recasse in un mondo alternativo, incantato, sospeso nel tempo. Una sorta di favola nera, che miscela per bene tematiche riconducibili alle ghost-story, al soprannaturale con rimandi Lovecraftiani ed echi di film quali "Silent Hill", il paese spettrale, avvolto dalla nebbia in tante occasioni e da una pioggia incessante, "Shining", apparizioni terrificanti e segni premonitori che rievocano le gemelline Kubrickiane. Ma il lavoro di Bianchini prende comunque una via del tutto diversa. L'etologo che si ritroverà bloccato in quel paese fantasma a causa dell'ingrossamento del fiume, impossibile tornare indietro, si troverà solo, impaurito a dover vagare per quelle stradine e per quelle case e ben presto si renderà conto che qualcosa di terribile è presente lì, lo osserva, qualcosa che appartiene al passato e il cui segreto è nascosto in un vecchio filmino Super 8 e in vecchie fotografie trovate nel rudere che un tempo era una scuola. Qui vi sono rimandi anche a "Sinister" e a "Zeder", sempre con un ottica del tutto personale. Grande atmosfera, tra giochi di luci, ombre, il rumore della pioggia che cade e scandisce il tempo, l'alternanza tra giorno e notte che un poco come in "The Blair Witch Project", lascerà poi il posto alle immagini notturne, con le voci misteriose sempre più inquietanti e particolari. L'ultima parte è da brividi. La fotografia è perfetta. Che dire, un prodotto indipendente fatto con tanto impegno che fa un figurone al cospetto di film e blockbuster del genere horror/fantastico più blasonati e conosciuti.
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gianleo67
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giovedì 20 novembre 2014
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orrore e morte...alla postaja topolove
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Etologo scrupoloso e solitario si addentra con il suo camper nella zona collinare tra i boschi al confine tra Friuli e Slovenia, recuperando i dati delle postazioni di registrazione, sostituendo pile e schede di memoria e catturando una volpe cui applica un collare satellitare. Seguendo il canide lungo un tortuoso percorso fluviale , rimane intrappolato al di là del guado di un torrente appena ingrossatosi per la pioggia improvvisa ed è costretto a rifugiarsi in un villaggio abbandonato dove pure la volpe sembra aver trovato riparo e cibo. Ma il luogo, remoto e isolato, sembra abitato da misteriose e oscure presenze che iniziano a tormentarlo e terrorizzarlo.
Prodotto con pochissimi mezzi e molta buona volontà dal regista indipendente Lorenzo Bianchini (che scrive pure la sceneggiatura insieme alla sorella Michela) è una favola horror girata (in digitale) con lo stile del mockumentary (frequente soggettiva, camera mobilissima, combinazione tra storytelling classico e inserti documentali, oggettivazione del registro narrativo,etc.
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Etologo scrupoloso e solitario si addentra con il suo camper nella zona collinare tra i boschi al confine tra Friuli e Slovenia, recuperando i dati delle postazioni di registrazione, sostituendo pile e schede di memoria e catturando una volpe cui applica un collare satellitare. Seguendo il canide lungo un tortuoso percorso fluviale , rimane intrappolato al di là del guado di un torrente appena ingrossatosi per la pioggia improvvisa ed è costretto a rifugiarsi in un villaggio abbandonato dove pure la volpe sembra aver trovato riparo e cibo. Ma il luogo, remoto e isolato, sembra abitato da misteriose e oscure presenze che iniziano a tormentarlo e terrorizzarlo.
Prodotto con pochissimi mezzi e molta buona volontà dal regista indipendente Lorenzo Bianchini (che scrive pure la sceneggiatura insieme alla sorella Michela) è una favola horror girata (in digitale) con lo stile del mockumentary (frequente soggettiva, camera mobilissima, combinazione tra storytelling classico e inserti documentali, oggettivazione del registro narrativo,etc.) che parte come una sorta di viaggio allegorico tra lo studio razionale della natura ed il prevalere di una dimensione esoterica di misteriose forze antropiche e finisce per scadere nei clichè più òvvi del ghost-horror di derivazione nipponica con tanto di ragazzine capellute dalle inquietanti e sanguinarie pulsioni omicide ('The Grudge' - 2004 Takashi Shimizu). Ben giocato sulle atmosfere di una detection solitaria tra le sperdute montagne al confine tra Friuli e Slovenia (antica stazione di Topolò) e adeguatamente sostenuto dalle musiche a tema di Stefano Sciascia, Bianchini guarda tanto alla tradizione nostrana dell'horror 'padano' alla Pupi Avati ('La casa dalle finestre che ridono' 1976 - con il protagonista Marco Marchese che ricorda il biondo e barbuto Lino Capolicchio; ma sarà sicuramente un caso!) ed i frammenti di una dimensione onirica e fantastica dove la memoria di un luogo incantato sembra avvincere il personaggio principale alle invisibili catene di una angosciosa prigionia, spogliandono di panni e strumenti moderni per vestirlo invece con quelli polverosi e logori di un antico abitante del posto. Quando sembrava che il film prendesse una inusuale piega esistenzialista ('Lo specchio' 1975 - Andreji Tarkovskij), Bianchini vira invece verso le facili soluzioni del cinema di genere, risolvendo il mistero fin qui meticolosamente coltivato, con il ricorso ad un truce immaginario horror-splatter da quattro soldi ed il didascalismo del 'voice over' in un antico dialetto sloveno, dove un 'carampan' del luogo disvela i segreti di una dolorosa vicenda familiare. Film eterogeneo dunque che rivela forse una certa imprecisione di intenti (sta nella scrittura cinematografica) ma anche il coraggio di seguire un originale e difficile percorso autoriale addentrandosi, come il suo sempre più spaesato protagonista, negli scoscesi e ciottolosi percorsi di una silvestre regione di frontiera. Presentato alla 59esima edizione del Taormina FilmFest e vincitore del primo premio al ToHorror Film Festival di Torino.
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oldboy muzza
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sabato 16 aprile 2016
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niente male davvero ...
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Ecco la prova che anche in Italia si riescono a fare film "americani".
La storia, fondamentalmente, non è nulla di troppo originale: un uomo si trova immerso nella natura completamente da solo e tutto va bene fino a quando non iniziano ad accadere strane cose. Rumori, giochi di ombre, visuale notturna quando serve, atteggiamenti del protagonista che da lucidi si fanno deliranti, una spirale di paura che lo assale e si porta dietro lo spettatore. Questo piccolo film raggiunge esattamente l'obiettivo che si deve porre un horror che faccia ricorso alla tensione più che allo splatter, ovvero spaventa, inquieta e incuriosisce. E proprio sulla curiosità inciampa, nel senso che va bene stimolarla in chi guarda ma sarebbe opportuno appagarla.
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Ecco la prova che anche in Italia si riescono a fare film "americani".
La storia, fondamentalmente, non è nulla di troppo originale: un uomo si trova immerso nella natura completamente da solo e tutto va bene fino a quando non iniziano ad accadere strane cose. Rumori, giochi di ombre, visuale notturna quando serve, atteggiamenti del protagonista che da lucidi si fanno deliranti, una spirale di paura che lo assale e si porta dietro lo spettatore. Questo piccolo film raggiunge esattamente l'obiettivo che si deve porre un horror che faccia ricorso alla tensione più che allo splatter, ovvero spaventa, inquieta e incuriosisce. E proprio sulla curiosità inciampa, nel senso che va bene stimolarla in chi guarda ma sarebbe opportuno appagarla. Il rischio, in film come questo, è del resto quello di svelare troppo, il regista se ne tiene deliberatamente alla larga finendo però per svelare troppo poco. La scelta di non inserire sottotitoli quando parla il vecchio che tutto sembra sapere, sentire e conoscere forse non è azzeccatissima. Ad ogni modo, un bel prodotto, segno che il cinema italiano sarà pure in crisi cronica (innegabile) ma qualcosa per uscire lo sta facendo, come aprirsi nuove strade attraverso percorsi diversi dal solito. Un applauso, dunque, per il film, e mezza stella in più per l'idea di tentare la sorte con qualcosa di differente da quello cui la nostra cultura ci ha abituati.
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savross85
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giovedì 24 settembre 2015
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lo sguardo dei boschi
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Lorenzo Bianchini è un regista che sicuramente meriterebbe maggiore spazio nel panorama cinematografico italiano. Questo across the river risulta un lavoro accurato, maturo, silenzioso, dalla foografia elegante e i silenzi mai fini a sè stessi. Il riferimento a la casa dalle finestre che ridono è evidente, ma Bianchini crea più una sorta di leggenda gotica rurale trasportata ai giorni nostri, in cui la natura dei boschi finisce per essere la vera protagonista del tutto. Il protagonista, Marco Contrada, è veramente bravo, ed il fatto che gli altri due coprotagonisti parlino sloveno, una lingua slava ma che finisce per essere sconosciuta allo spettatore italiano, finiscono per rendere ancora più inquietante la storia.
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Lorenzo Bianchini è un regista che sicuramente meriterebbe maggiore spazio nel panorama cinematografico italiano. Questo across the river risulta un lavoro accurato, maturo, silenzioso, dalla foografia elegante e i silenzi mai fini a sè stessi. Il riferimento a la casa dalle finestre che ridono è evidente, ma Bianchini crea più una sorta di leggenda gotica rurale trasportata ai giorni nostri, in cui la natura dei boschi finisce per essere la vera protagonista del tutto. Il protagonista, Marco Contrada, è veramente bravo, ed il fatto che gli altri due coprotagonisti parlino sloveno, una lingua slava ma che finisce per essere sconosciuta allo spettatore italiano, finiscono per rendere ancora più inquietante la storia.
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biso93
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venerdì 5 maggio 2017
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la forza delle idee
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Across the River, oltre il guado, e' un film del 2013 scritto e diretto da Luca Bianchini. New horror italiano! Across the River ha ricevuto numerosi premi nei festival a cui ha partecipato e oggi guardandolo ho scoperto il motivo. Parliamo di un film che manifesta tutta la sua amatorialita quanto la forza della sua messa in scena, dimostrando che la base di un buon film, starà sempre nella forza della sua idea, e della passione che ci si mette nel realizzarlo. Con non più di 5000 euro, e secondo me non esagero più di tanto, Bianchini realizza un film intelligente, potente, semplice e capace di emergere tra le tante monnezze che circolano nel genere horror. Dialoghi ridotti all'osso, angoscia costante.
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Across the River, oltre il guado, e' un film del 2013 scritto e diretto da Luca Bianchini. New horror italiano! Across the River ha ricevuto numerosi premi nei festival a cui ha partecipato e oggi guardandolo ho scoperto il motivo. Parliamo di un film che manifesta tutta la sua amatorialita quanto la forza della sua messa in scena, dimostrando che la base di un buon film, starà sempre nella forza della sua idea, e della passione che ci si mette nel realizzarlo. Con non più di 5000 euro, e secondo me non esagero più di tanto, Bianchini realizza un film intelligente, potente, semplice e capace di emergere tra le tante monnezze che circolano nel genere horror. Dialoghi ridotti all'osso, angoscia costante. Si perché le atmosfere del film, le location la fotografia e i rumori del bosco, creano da soli tutta l'ansia necessaria. Il nostro protagonista a causa del maltempo, rimarrà bloccato in un villaggio abbandonato. In cui nessuno vorrebbe rimanere da solo. Bello, semplice e povero, ma forte di una semplice e solida idea di cinema che ricorda quanto le nostre paure siano sempre generate dalle cose più sciocche e antiche! Da vedere assolutamente!
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max steel
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lunedì 17 novembre 2014
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con "oltre il guado" si riscatta l'horror nostrano
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L’ etologo Marco Contrada (Marchese) lavora con passione e dedizione nei territori dei boschi del friulano a ridosso del confine sloveno, posizionando delle videocamere in punti strategici o fissandole direttamente su alcuni animali catturati in modo da poter osservare il loro comportamento a distanza.
Immerso in questa natura, si ritroverà a dover fare i conti con la sua integrità mentale (e fisica) quando le registrazioni lo condurranno a visitare un sinistro villaggio, luogo di un’antica leggenda, in cui rimarrà intrappolato a causa della forte pioggia che alza il livello del fiume e inonda l’unica via praticabile…In un periodo in cui il genere horror sembra quasi scomparso del tutto all’orizzonte del cinema italiano e in cui tutto sà di già visto.
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L’ etologo Marco Contrada (Marchese) lavora con passione e dedizione nei territori dei boschi del friulano a ridosso del confine sloveno, posizionando delle videocamere in punti strategici o fissandole direttamente su alcuni animali catturati in modo da poter osservare il loro comportamento a distanza.
Immerso in questa natura, si ritroverà a dover fare i conti con la sua integrità mentale (e fisica) quando le registrazioni lo condurranno a visitare un sinistro villaggio, luogo di un’antica leggenda, in cui rimarrà intrappolato a causa della forte pioggia che alza il livello del fiume e inonda l’unica via praticabile…In un periodo in cui il genere horror sembra quasi scomparso del tutto all’orizzonte del cinema italiano e in cui tutto sà di già visto.., ecco che un regista di origine friulane Lorenzo Bianchini, poco conosciuto in Italia e autore in passato di medio e cortometraggi ad ambito locale, confeziona invece un horror con un piccolo budget ma potente e di pregevole qualità, portando sullo schermo una favola oscura in grado di far rabbrividire anche lo spettatore più indulgente e disincantato.
Il giovane Bianchini, considerato regista scomodo, indipendente e dal personale stile minimale, ci presenta un horror atipico, fuori dai canoni e dagli schemi convenzionali degli ultimi anni, utilizzando solo un pugno di attori semisconosciuti, con un copione di pochi dialoghi in italiano e girando sapientemente luoghi e paesaggi suggestivi per lo spettatore: cio sembra un lavoro quasi artigianale dal punto di vista tecnico, tuttavia mai grossolano o banale nel suo sviluppo.
Il regista da vità così a una storia di fantasmi con un tratto e una regia più matura del consueto, unita sia al mistery, sia a un quasi genere “documentary” .
Difatti per quasi metà della visione viene illustrata scrupolosamente l’attività dell’etologo Marco (su cui come vedremo ruota praticamente tutta la trama).
Ad arricchire il lungometraggio vi sono la splendida e suggestiva fotografia, molto cupa e sinistra in alcuni punti, e le musiche, piacevolmente originali (e disturbanti), che creano un’atmosfera ansiogena e rarefatta capace di calarci psicologicamente, insieme allo stesso protagonista, nelle profondità più sinistre dei villaggi semi-abbandonati del Friuli e nella dimensione più onirica e irreale della vicenda.
Altro buon lavoro é stato fatto con i suoni (freddi e angoscianti) che prevalgono per la maggior parte della pellicola.
Una piccola nota di demerito potrebbe andare sui dialoghi (davvero pochi) in dialetto friulano/sloveno, a volte un pò fastidiosi per il pubblico meno abituato e per la comprensione della trama prima dell’epilogo, ma evidentemente voluti dal regista per mantenere più originali le voci degli attori e l’atmosfera folkloristica-contadina. Stessa cosa per quanto riguarda alcune inquadrature d’intermezzo non sempre lineari tra di loro, ma che non rovinano o spezzano in alcun modo la tensione generale trasmessaci all’inizio dal regista e permeata in tutta la pellicola.
Inoltre “Oltre il guado” é stato candidato nell’ultimo anno a diversi festival ed ha vinto vari concorsi e premi fra cui: il Trento FilmFestival, Ravenna Nightmare e Fantasia FilmFestival
In conclusione:
Un lungometraggio ben congeniato, quasi del tutto riuscito nell'intento, se vogliamo, di far riscattare il cinema horror italiano e indipendente sopratutto nei confronti di chi abitualmente associa i film a basso costo (low budget) a prodotti facilmente scartabili e dimenticabili nel panorama cinematografico, e che dimostra degnamente e artisticamente che il vero cinema non "appartiene" in modo esclusivo a chi ha disponibilità e risorse finanziarie, ma anche a chi ha idee, talento e una buona cultura radicata nel proprio territorio.
Ottimo lavoro per il nostro Bianchini..!
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lore64
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mercoledì 17 giugno 2015
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il meglio e il peggio
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"Oltre il fiume" ha una bellissima fotografia, una sceneggiatura impeccabile (tanto più se si pensa che è stata realizzata con mezzi assolutamente artigianali) e anche buoni riferimenti simbolici. Si pensi ad es. al tema classico del fiume - il Lete, Caronte, il rogo dei capi vichinghi sul loro drakkar - come elemento divisivo fra regno dei vivi e dei morti. Il villaggio abbandonato è reso benissimo e risulta in immagini indimenticabili avvolte fra nebbia, gelo, solitudine e un senso di minaccia incombente.
Eccellente l'idea delle telecamere come medium tramite cui il protagonista coglie le avvisaglie di una presenza minacciosa. Molto valido il lavoro della cinepresa che segue da presso il protagonista negando allo spettatore la possibilità di vedere cosa c'è attorno e quindi moltiplicando il senso di minaccia.
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"Oltre il fiume" ha una bellissima fotografia, una sceneggiatura impeccabile (tanto più se si pensa che è stata realizzata con mezzi assolutamente artigianali) e anche buoni riferimenti simbolici. Si pensi ad es. al tema classico del fiume - il Lete, Caronte, il rogo dei capi vichinghi sul loro drakkar - come elemento divisivo fra regno dei vivi e dei morti. Il villaggio abbandonato è reso benissimo e risulta in immagini indimenticabili avvolte fra nebbia, gelo, solitudine e un senso di minaccia incombente.
Eccellente l'idea delle telecamere come medium tramite cui il protagonista coglie le avvisaglie di una presenza minacciosa. Molto valido il lavoro della cinepresa che segue da presso il protagonista negando allo spettatore la possibilità di vedere cosa c'è attorno e quindi moltiplicando il senso di minaccia. I primi 45 minuti lasciano presagire un film di grande valore.
Allora cosa è andato storto? Due cose strettamente collegate. Nel film non succede quasi nulla. Le esplorazioni del protagonista si ripetono invariate nei minimi dettagli, come anche negli edifici visitati, per 50+ minuti. Alla fine la cosa annoia. Come in altre sue produzioni, Bianchini non taglia abbastanza e il film diventa ripetitivo. Tanto più che trattandosi di film indipendenti le locations sono pochissime e si ripetono all'infinito.
Il secondo problema è che non c'è sviluppo dell'azione né del personaggio. Il protagonista continua le esplorazioni senza che emergano elementi nuovi e senza che la sua situazione psicologica cambi significativamente. Se anche una notte ha paura e si barrica in casa, la mattina dopo tutto riprende come prima (cosa anche poco realistica). Sarebbe stato molto più interessante se ad es. il protagonista avesse progressivamente perso il proprio sangue freddo, e le esplorazioni dei primi giorni si fossero progressivamente trasformate in fughe da rumori misteriosi o ombre appena intraviste. La cosa avrebbe costruito trama e suspence, ed aggiunto un elemento di approfondimento psicologico che poi avrebbe magari giustificato una conclusione aperta (meno scemotta di quella propinataci).
Manca infine qualsiasi spiegazione, anche vaga, sull'origine della minaccia sovrannaturale.
Guardabile da chiunque non si fermi alle porcate statunitensi, ma raccomandato solo a chi abbia tanta pazienza o apprezzi un horror completamente "denaturato" stile L'Anticristo di Lars von Trier o Don`t look now di Roeg.
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kronos
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martedì 25 ottobre 2016
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inquietante con parsimonia
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Lorenzo Bianchini ha avuto un ruolo importante, per certi versi fondativo, per la new wave italica horror (rigorosamente indipendente) degli ultimi lustri: ha mostrato che anche a zero budget si potevano realizzare thriller/horror di grande effetto.
Inevitabilmente sacrificati nella confezione, ma comunque capaci di regalare grandi emozioni.
A distanza di anni da quei singolari esordi, può darsi che Bianchini abbia sparato le cartucce migliori: pur funzionando discretamente, "Oltre il guado" non eguaglia in complessità narrativa e pathos emotivo i lavori precedenti, in particolare il notevole "Custodes Bestiae".
Anche se l'impatto tecnico e visivo è migliorato, di livello ormai semi-professionale, manca qualcosa in termini di scrittura e quindi di coinvolgimento.
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Lorenzo Bianchini ha avuto un ruolo importante, per certi versi fondativo, per la new wave italica horror (rigorosamente indipendente) degli ultimi lustri: ha mostrato che anche a zero budget si potevano realizzare thriller/horror di grande effetto.
Inevitabilmente sacrificati nella confezione, ma comunque capaci di regalare grandi emozioni.
A distanza di anni da quei singolari esordi, può darsi che Bianchini abbia sparato le cartucce migliori: pur funzionando discretamente, "Oltre il guado" non eguaglia in complessità narrativa e pathos emotivo i lavori precedenti, in particolare il notevole "Custodes Bestiae".
Anche se l'impatto tecnico e visivo è migliorato, di livello ormai semi-professionale, manca qualcosa in termini di scrittura e quindi di coinvolgimento.
L'impressione è che in "Across the river" la sceneggiatura fatichi a reggere la durata del lungometraggio, costringendo il regista a diluire in eccesso la vicenda.
In particolare sono troppi e troppo simili i vagabondaggi notturni del protagonista nelle topaie del villaggio fantasma, per convincere e coinvolgere appieno.
Qualche idea in più in fase di scrittura o, in alternativa, qualche minuto in meno nel final cut, avrebbero giovato non poco.
Resta comunque un film godibile per gli appassionati del genere: buona atmosfera, discreta tensione emotiva, finale in crescendo e, perchè no, qualche idea inedita.
VOTO FINALE: due stelline e mezzo
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gufetta76
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sabato 29 aprile 2017
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il villaggio maledetto
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La storia è lenta e noiosa. La regina non è male ma non esistono dialoghi , è molto noioso perché non accade nulla, non c'è molto senso logico e il finale è sbrigativo. Tempo perso a guardarlo
[+] perche????
(di valentina allavevena)
[ - ] perche????
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sam briacatu
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domenica 18 gennaio 2015
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poteva essere molto meglio
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nonostante il mio personale scetticismo verso il cinema italiano che esuli dalla commedia e sebbene la trama di questo non fosse poi così originale, alla fine l'ho visto e tutto sommato non è stato poi malaccio... voglio dire, non certo peggio della media degli horror in circolazione... tuttavia risulta "pesante" nel senso che per capirci qualcosa bisogna stare più attenti di quanto si confaccia al relax di un film a fine giornata... ed anche non distraendosi mai molti punti restano comunque in dubbio... il primo che mi sovviene è: perché il protagonista continua a ficcarsi in quella situazione per giorni finché non sparisce il camper? E soprattutto perché non usa il cellulare per chiedere aiuto?
Questi e molti altri interrogativi troverebbero certamente risposte sensate, se solo durante
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nonostante il mio personale scetticismo verso il cinema italiano che esuli dalla commedia e sebbene la trama di questo non fosse poi così originale, alla fine l'ho visto e tutto sommato non è stato poi malaccio... voglio dire, non certo peggio della media degli horror in circolazione... tuttavia risulta "pesante" nel senso che per capirci qualcosa bisogna stare più attenti di quanto si confaccia al relax di un film a fine giornata... ed anche non distraendosi mai molti punti restano comunque in dubbio... il primo che mi sovviene è: perché il protagonista continua a ficcarsi in quella situazione per giorni finché non sparisce il camper? E soprattutto perché non usa il cellulare per chiedere aiuto?
Questi e molti altri interrogativi troverebbero certamente risposte sensate, se solo durante il film qualcuno parlasse; ma tranne le 2 battute del naturalista ("chi c'è" e "il camper") l'unica voce parlante è quella di un anziano che parla solo sloveno, e non ci sono neppure sottotitoli a supporto
naturalmente mi risparmio il commento alla banalità della malriuscita conclusione, poichè giunge quando ormai al fuoco già spento si è sostituita la noia della pioggia battente
insomma un piatto molto stuzzicante che lascia però con l'amaro in bocca già dal secondo boccone
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