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felicity
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giovedì 6 marzo 2025
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magniloquente e laconico
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Turner è un film imbevuto e intessuto di luce, quella piena del sole in tutte le ore della giornata con ovvia predilezione per albe e tramonti, che segnano, fin dal prologo olandese, i momenti di passaggio dell'opera e il trascorrere del tempo.
Un'opera che utilizza il digitale non per annullare la distanza fra spettatore e schermo, ma al contrario per enfatizzarla. Come il prisma scompone la luce solare, così la 'grana' del digitale evidenzia l'asperità delle superfici, la porosità dei materiali e degli arredi, mentre lo schermo si affolla di forme cangianti e policrome, dispiegate senza alcuna 'necessità' che non sia quella dettata dal piacere della composizione.
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Turner è un film imbevuto e intessuto di luce, quella piena del sole in tutte le ore della giornata con ovvia predilezione per albe e tramonti, che segnano, fin dal prologo olandese, i momenti di passaggio dell'opera e il trascorrere del tempo.
Un'opera che utilizza il digitale non per annullare la distanza fra spettatore e schermo, ma al contrario per enfatizzarla. Come il prisma scompone la luce solare, così la 'grana' del digitale evidenzia l'asperità delle superfici, la porosità dei materiali e degli arredi, mentre lo schermo si affolla di forme cangianti e policrome, dispiegate senza alcuna 'necessità' che non sia quella dettata dal piacere della composizione.
In questa inesausta ricerca, davvero pittorica, risiede il fascino duro e ostile di un film orgogliosamente 'vecchio stile', magniloquente e laconico, grezzo e angoloso, dominato dalla musica del silenzio e dei colori. Un'opera smisurata, almeno quanto il suo interprete principale.
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aizram
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lunedì 4 marzo 2024
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che sonno
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A chi è riuscito a superare i primi 30 min senza abbioccarsi di brutto, tutti i miei complimenti. Il film è estremamente rifinito in ogni sua parte, ma non riesce a raccogliere l’interesse e la partecipazione dello spettatore. Una noia davvero senza confini.
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francesco2
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mercoledì 1 gennaio 2020
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personaggi mostruosi
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Noi dotti, o presunti tali, scioriniamo l etimologia latina del termine Monstrum ogni qualvolta se ne presenti la possibilita> La connotazione di tale etimologia. Essa, piuttosto che l animale spaventoso dell Italiano, indica qualcuno che sfugga alle convenzioni ed alla cosiddetta normalita.
I personaggi di Leigh , allora, sono frequentemente dei Monstrum, richiamando in certa misura lo stesso
regista inglese , omone robustoe -si dice- dall arrabbiatura non difficile sul lavoro.
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Noi dotti, o presunti tali, scioriniamo l etimologia latina del termine Monstrum ogni qualvolta se ne presenti la possibilita> La connotazione di tale etimologia. Essa, piuttosto che l animale spaventoso dell Italiano, indica qualcuno che sfugga alle convenzioni ed alla cosiddetta normalita.
I personaggi di Leigh , allora, sono frequentemente dei Monstrum, richiamando in certa misura lo stesso
regista inglese , omone robustoe -si dice- dall arrabbiatura non difficile sul lavoro. Si pensi agli esordi di Tutto
o niente, il cui titolo italiano improntato al massimalismo anticipa la -non- sintassi sghemba in una storia
assente. Ancora prima che in Segreti e bugie, con Spall, omone ancora piu massiccio del regista, ed una
madre distante dalla cinquantenne ivoriana>.Ma mostruosa appare anche Vera Drake, una madre di famiglia
dall apparenza grezza se non addirittura sfatta, distante persino dalla Philomena di Frears, connazionale di
Leigh. Chi eta allora, Turner/ Un Monstrum nel senso Italiano, o in quello Latino?
Se l atteggiamento tenuto nei confronti della famiglia suscita enormi dubbi piu che giustificati, urner e anche
prodigo di una solidarieta tutt altro che comune, ad esempio nei confronti del debitore. In piu, il suo amore
per l Arte lo spinge a sfidare la natura fino a fronteggiarla, come a sottolineare un amore per il lavoro che va
oltre il desiderio di denaro e notorieta. Piuttosto, senza offesa, I suoi connutati corpolenti denotano fattezze
quasi animalesche, che Leagh accentua tramite I primi piani con I quali lo ritrae, affiacandolo spesso ad altre figure con cui costruisce dialoghi basati parzialmente sul non detto, specie ove siano di natura professionale.
Ma, come ha notato piu di una persona, si tratta di un limite del fill, > I l ritratto del protagonista, troppo
spesso, assume tinte piu grottesche che non ironiche. Il ritratto di Turner, contornato da figure di sfondo non
sempre convincenti, rischia di non suscitare simpatianon solo in base alle proporie reazioni imprevedibili, ma
in quanto il contesto appare involontariamente caricaturale, parzialmente incapace di scavare
autenticamente nelle contraddizioni di una figura e di un epoca tanto complesse>.Di ben altra effiicacia, in
questo senso, si rivela il Neruda di Larrain, regista forse ben piu inesperto di Leigh.
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great steven
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giovedì 2 giugno 2016
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un quadro audiovisivo di pregevole fattura.
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TURNER (UK, 2014) diretto da MIKE LEIGH. Interpretato da TIMOTHY SPALL, DOROTHY ATKINSON, MARION BAILEY, PAUL JESSON, LESLEY MANVILLE, MARTIN SAVAGE, RUTH SHEEN, SANDY FOSTER, KARL JOHNSON, AMY DOWSON
Gli ultimi venticinque anni della vita del pittore britannico Joseph Mallord William Turner (1775-1851). Artista largamente incompreso, dal carattere eccentrico, dalla personalità burbera ma generosa, disposto a qualunque sacrificio pur di dipingere capolavori, infelicemente sposato e divorziato con due figlie femmine a carico della moglie, accasato con una governante che lo ama senza esserne ricambiata e che lui sfrutta esclusivamente per sfogare gli appetiti sessuali, figlio di un simpatico barbiere in pensione, amico-nemico di colleghi che in parte lo ammirano e in parte lo contestano aspramente.
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TURNER (UK, 2014) diretto da MIKE LEIGH. Interpretato da TIMOTHY SPALL, DOROTHY ATKINSON, MARION BAILEY, PAUL JESSON, LESLEY MANVILLE, MARTIN SAVAGE, RUTH SHEEN, SANDY FOSTER, KARL JOHNSON, AMY DOWSON
Gli ultimi venticinque anni della vita del pittore britannico Joseph Mallord William Turner (1775-1851). Artista largamente incompreso, dal carattere eccentrico, dalla personalità burbera ma generosa, disposto a qualunque sacrificio pur di dipingere capolavori, infelicemente sposato e divorziato con due figlie femmine a carico della moglie, accasato con una governante che lo ama senza esserne ricambiata e che lui sfrutta esclusivamente per sfogare gli appetiti sessuali, figlio di un simpatico barbiere in pensione, amico-nemico di colleghi che in parte lo ammirano e in parte lo contestano aspramente. Fece numerosi viaggi oltreoceano, amò molte donne, utilizzò strumenti bizzarri (fra cui saliva e alimenti) allo scopo di ritrarre soggetti più intensi e realistici, tenne conferenze alle accademie inglesi sull’impiego dei colori, fu creditore nei confronti di altri pittori e morì stroncato da un disturbo cardiaco. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2014, valse a Spall il Prix d’interprétation masculine. Riconoscimento oltremodo meritato: la sua performance è ricca di sfumature, non perde un colpo nella descrizione psicologica di un uomo che, dal punto di vista canonico dell’arte, non tradì nessuno stereotipo, ma fu contemporaneamente anche un sanguigno e sincero amante della vita, dedicandole il suo lavoro, sacrificandovi la salute e vivendola fin nel più profondo dettaglio. Decorato da una meravigliosa fotografia (Dick Pope) e montato (Jon Gregory) con una perizia encomiabile (per usare uno degli aggettivi che nei dialoghi spesso ricorre), è anche un affresco storico-sociale dell’Europa prerisorgimentale che analizza le contraddizioni di un continente attraverso le azioni e i pensieri della gente comune, alla quale tutto sommato lo stesso Turner apparteneva e dalla quale ha ereditato le scontrosità, i grattacapi, le magnificenze e le furberie. Un merito va anche al fatto di aver evitato le letture psicanalitiche nel rapporto complesso ma positivo col padre: William Turner Sr. incoraggiò il figlio ad inseguire il suo sogno artistico, lo comprese fino alla fine e gli insegnò ad apprezzare il libertinaggio, la spudoratezza e l’estroversione. Altri personaggi molto azzeccati sono: la governante Sophia Booth, innamorata del suo padrone, il quale fraintende e trascura i suoi sinceri sentimenti, pronta ad accudirlo, a procurargli calore e a non fargli mancare quantomeno il necessario per vivere; la portinaia dell’albergo nella città del versante occidentale britannico, con cui Turner allaccia una fugace relazione amorosa; lo sventurato e indebitato Benjamin Robert Haydon, artista talentuoso da tutti ritenuto un pittore della domenica, tormentato quanto dalle ristrettezze economiche quanto da dubbi esistenziali angosciosi; John Ruskin, il giovanotto pretenzioso e arrogante che si vanta d’essere un insuperabile esperto d’arte; Mary Somerville, la petulante e indisponente moglie di Turner, che lo rimprovera per la sua indifferenza alla notizia della morte della figlia; e tutto il gruppo dei pittori della Royal Academy, il quale rivela la bravura degli attori nella scena magistrale delle stanze superbamente decorate coi loro quadri appesi alle pareti. Numerosi momenti di poesia, nessuna significativa caduta di ritmo, qualche pesantezza nel linguaggio troppo forbito e ricercato della sceneggiatura, contributi tecnici di primissima qualità, messaggio anti-moralistico che fin dal principio si mostra a favore dell’arte, intesa non come fine a sé stessa ma nel suo scopo di allevare uomini genuini ed elevarli a saggi osservatori di tutti gli ambienti rappresentabili del mondo. L’ultima (ma solo in ordine di elenco) felicitazione va alla regia: Leigh ha fra le mani una materia narrativa consistente, ma non ne perde mai la direzione e l’indirizzo, rivelandosi un autore maturo che, quando si tratta di dirigere biografie cinematografiche, schiva abilmente l’agiografia e tira invece fuori ritratti meravigliosi di individui indimenticabili proprio perché umani, e dunque assolutamente capaci di sbagliare, sognare, creare, amare, faticare e soffrire. Un bio-pic tecnicamente lodevole che non si fa comprimere dai limiti del genere e che riscontra alcune imperfezioni probabilmente nelle frequenti scivolate in un becero comportamentale fastidioso e nella piattezza parziale delle emozioni dei personaggi. Ma è comunque un film da non perdere, o perlomeno da gustare nella sala di un buon cinema d’essai. Costato 8,4 milioni di sterline e distribuito in patria a partire da fine ottobre 2014, ne ha incassate più di 9 al botteghino. Distribuisce BiM.
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jacopo b98
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giovedì 2 luglio 2015
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un trionfo!
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Il racconto degli ultimi 25 anni di vita del pittore paesaggista William Turner (Spall): i rapporti con le donne, con gli amici, con i famigliari, ma soprattutto con l’arte, il colore e la luce. Scritto e diretto da Leigh (a detta di chi scrive uno dei più grandi registi inglesi, e non solo, viventi) è un insolito film biografico: la motivazione di questo aggettivo, insolito, è il fatto che pur essendo sostanzialmente una biografia, Turner non vuole essere e non è una biografia, non nel senso stretto del termine almeno. Infatti a Leigh poco importa della vita di Turner, peraltro caratterizzato da un’esistenza alquanto singolare, bensì i rapporti di quest’uomo con tutto ciò che lo circonda e con l’oggetto stesso della sua esistenza: l’arte.
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Il racconto degli ultimi 25 anni di vita del pittore paesaggista William Turner (Spall): i rapporti con le donne, con gli amici, con i famigliari, ma soprattutto con l’arte, il colore e la luce. Scritto e diretto da Leigh (a detta di chi scrive uno dei più grandi registi inglesi, e non solo, viventi) è un insolito film biografico: la motivazione di questo aggettivo, insolito, è il fatto che pur essendo sostanzialmente una biografia, Turner non vuole essere e non è una biografia, non nel senso stretto del termine almeno. Infatti a Leigh poco importa della vita di Turner, peraltro caratterizzato da un’esistenza alquanto singolare, bensì i rapporti di quest’uomo con tutto ciò che lo circonda e con l’oggetto stesso della sua esistenza: l’arte. Turner non era un artista comune: bensì un visionario, molto avanti per la propria epoca, ma soprattutto era un uomo pronto davvero a sacrificare tutto in nome dei propri convincimenti artistici: questo è ben espresso dall’ultima parte del film in cui gli eccessivi sperimentalismi (siamo vicini all’astrattismo) dell’opera turneriana fanno sì che il pittore non venga più apprezzato come prima e venga quasi dimenticato. Tutto questo, il non voler fermarsi a una biografia superficiale, giustifica la scelta (inusuale e abbastanza geniale) di non cominciare il racconto dagli albori della fama di Turner, bensì dal momento culminante della sua fama. Interessante il rapporto descritto da Leigh tra il pittore e le donne: egli le tratta come oggetti, eppure non le trascura, solo, le giudica inferiori, incapaci di assecondare davvero il suo genio. Genio che è l’effettivo protagonista del film. Turner è un film sul genio di un genio. Non è propriamente un film su Turner, bensì sull’interiorità dell’individuo che sta dietro a innumerevoli capolavori. E se nel film di capolavori se ne vedono tanti non si può negare che anche il film di Leigh debba rientrare in questa definizione: capolavoro. E non parliamo solo di un capolavoro a livello filmico, ma Turner è uno dei film più belli da vedere che mai siano stati fatti. E non alludiamo alla bellezza (sublime, peraltro) del film, ma alla bellezza delle immagini che lo compongono. Leigh a ogni inquadratura dipinge un quadro: l’uso della luce, delle inquadrature, il sapiente utilizzo dello spazio filmico, fanno di Turner l’achievement più grandioso di Mike Leigh, quello in cui meglio è riuscito ad esprimere il suo talento di regista puro. Memorabile dunque la fotografia di Dick Pope (a cui gli Oscar hanno preferito il Chivo Lubezki di Birdman: non giocavano nemmeno nella stessa categoria! Sbaglio imperdonabile!), ma anche le scenografie di Suzie Davis, i costumi di J. Durran e le musiche minimaliste di Gary Yershon. Spall nella parte del pittore è mastodontico (e, anche qui, la negazione anche solo della semplice nomination dice molto sui criteri di assegnazione dell’Oscar da parte dell’Academy). Un trionfo!
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maggie69
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martedì 16 giugno 2015
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o non l'ho capito o....
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La vita é quella di un uomo qualsiasi, senza alti o bassi. Piatta. Attore bravo. Film inesistente. Quadri stupendi. Mah...
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andrea alesci
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giovedì 21 maggio 2015
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l'inafferrabile rivelazione della luce
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Il principio sta nella sua fine, in quelle ultime parole strillate nella semioscurità mentre l’amata signora Booth (Marion Bailey) gli stringe la mano: “Il sole è Dio”. Quel sole che benedice la vita del pittore Joseph Mallord William Turner, mostratoci da Mike Leigh nei suoi ultimi venticinque anni di vita, seguendone i fuggevoli movimenti dentro il quotidiano; scavando nel privato di uno dei più grandi paesaggisti di sempre grazie alla corpulenta silhouette di Timothy Spall, in grado di dare spessore alla singolare malinconia di un uomo vocato a dipingere l’evanescenza dello sguardo umano attraverso l’unica cosa che possa condurlo a riflettere: la luce.
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Il principio sta nella sua fine, in quelle ultime parole strillate nella semioscurità mentre l’amata signora Booth (Marion Bailey) gli stringe la mano: “Il sole è Dio”. Quel sole che benedice la vita del pittore Joseph Mallord William Turner, mostratoci da Mike Leigh nei suoi ultimi venticinque anni di vita, seguendone i fuggevoli movimenti dentro il quotidiano; scavando nel privato di uno dei più grandi paesaggisti di sempre grazie alla corpulenta silhouette di Timothy Spall, in grado di dare spessore alla singolare malinconia di un uomo vocato a dipingere l’evanescenza dello sguardo umano attraverso l’unica cosa che possa condurlo a riflettere: la luce.
Quegli spiragli di luce che Turner non trova nella vita coniugale, incapace di legarsi affettivamente alla moglie e alle due figlie, corpi estranei nel suo quadro terreno. Spiragli che baluginano appena nei furtivi amplessi con la sua governante ed esplodono invece in fulgidi raggi nell’unico rapporto che lo renda gioioso: quello con il padre William (Paul Jesson), rinomato barbiere, benevolo custode della sua arte, quindi suo mentore nella dolorosa assenza del trapasso.
Un Turner inafferrabile come la velocità di un baleno, la cui profondità spirituale è celata dai sordi borborigmi con cui smozzica le frasi, dal suo severo cipiglio, dal goffo ondeggiare del corpo con cui Timothy Spall lo scorrazza magistralmente in giro per l’Europa, in quelle peregrinazioni che gli servono per capire come la luce cambi il modo di vedere del mondo.
Fulminei schizzi sul taccuino prima di fissare sulla tela il sublime e il contraddittorio del colore, che si sparge con la sapienza del suo occhio da sperimentatore, curioso egli di ogni cosa umana, che sia lo struggente “Lamento di Didone” suonato da una signorina in una lussuosa reggia di campagna o lo spettacolo del magnetismo messo in scena da Mary Somerville (Leslie Manville) nella sua casa londinese.
Il Turner di Mike Leigh è come un prisma del quale la gente può cogliere soltanto una faccia, così come accade alla Royal Academy of Arts, dove espone da sempre ma presso la quale rimane l’eccentrico Mr. Turner, capace di scioccare tutti con un improvvisato segno rosso sul proprio dipinto (in sfregio al collega rivale Constable), salvo poi trasformarlo con pochi abili gesti in una salvifica boa sull’ondosa superficie di una marina.
Turner è come quel mare che invade gran parte dei suoi lavori: in moto perenne, ciascuno sbuffo mai isolato dal resto, parte di un paesaggio che si fa strumento per trasmettere nobili sentimenti, come aveva intuito il giovane John Ruskin, pur qui dipinto nella sua ridondante quasi fanatica devozione al maestro Turner.
Una figura che Ruskin celebrerà come pioniere di un modo di vedere (ispiratore degli impressionisti?), capace di fare del paesaggio la strada per le emozioni, di portare il paziente occhio dello spettatore a cogliere il senso e il significato delle pennellate, dentro una visione che distorce la normale prospettiva pittorica avvicinandola ai canoni percettivi dell’occhio umano. Uno stile fatto di atmosfera, nella quale la luce del sole dissolve la solidità dei corpi e degli oggetti, trascendendo ogni cosa. Anche l’avvenire di quella fotografia che lo minaccia di “essere finito”.
Indomito come la Valorosa Temeraire che dipinge nel 1838, Joseph Mallord William Turner non finirà, anzi sfreccerà fino al cuore del XX secolo e oltre come il treno del suo Pioggia, vapore e velocità: impetuoso e illuminato dalla luce.
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robert eroica
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mercoledì 15 aprile 2015
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dietro la tela
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Più facile definire cosa non è “Turner” di Mike Leigh, presentato lo scorso anno in concorso al Festival di Cannes, con giusto premio al suo interprete principale. Non un film sulla pittura, o meglio non un film che riproduce l’opera d’arte. I mulini a vento di Anversa o le scogliere al tramonto, soggetto di diversi dipinti dell’artista inglese, non hanno l’ambizione di essere ripresentati come trasfigurazione filmica. Non è intenzione di Leigh quella di catturare la luce, spiegare il mistero di come da un impasto primitivo possano nascere dei capolavori. Il rischio di rifare quindi “Brama di vivere” come Minnelli fece per Van Gogh, è praticamente scongiurato. Piuttosto , “Turner” si avvicina di più al biopic, alla narrazione storiografica della vita di un individuo, genio si, ma con limiti e difetti ben precisi, che si inserisce nel flusso degli eventi di un Paese, l’Inghilterra, sconvolto dagli eventi della Storia.
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Più facile definire cosa non è “Turner” di Mike Leigh, presentato lo scorso anno in concorso al Festival di Cannes, con giusto premio al suo interprete principale. Non un film sulla pittura, o meglio non un film che riproduce l’opera d’arte. I mulini a vento di Anversa o le scogliere al tramonto, soggetto di diversi dipinti dell’artista inglese, non hanno l’ambizione di essere ripresentati come trasfigurazione filmica. Non è intenzione di Leigh quella di catturare la luce, spiegare il mistero di come da un impasto primitivo possano nascere dei capolavori. Il rischio di rifare quindi “Brama di vivere” come Minnelli fece per Van Gogh, è praticamente scongiurato. Piuttosto , “Turner” si avvicina di più al biopic, alla narrazione storiografica della vita di un individuo, genio si, ma con limiti e difetti ben precisi, che si inserisce nel flusso degli eventi di un Paese, l’Inghilterra, sconvolto dagli eventi della Storia. Michael Platt restituisce la riottosa inadeguatezza di un corpo repulsivo, tradito da brevi atti di sublime, come quando intona un’aria sulle note di Purcell. E lascia che il suo sguardo rimanga enigma sul mondo, non rivelando l’assimilazione dell’immagine attraverso una mano gentile, che mescola acqua, terra e vento, per produrre una sintesi impressionistica magistrale. “Turner” sa parlare più alla testa che agli occhi e come tutte le vite che non sono la nostra può risultare mediamente interessante, perché non tutti i giorni nasce un “Barry Lindon”.
Robert Eroica
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miguel angel tarditti
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venerdì 27 marzo 2015
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es un film imperdible para los amantes del arte
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“TURNER” de Mike Leigh
Es un film imperdible para los amantes del arte, de la pintura, de las buenas actuaciones, de la teatralidad.
Es algo asi como un grito de alegria de los colores de una paleta de pintor!
Explosiòn de colores, no solo porque narra la vida del gran paisajista britannico, William Turner, sino porque el regista del film Mike Leigh, plasma, impone, genera una simbiosis entre la pintura y el cine, entre Turner y èl, Leigh, que ademàs de asombrar, deleitar por la estetica, por las formas plasticas inspiradas en esa pintura.
Es notable el estilo filmico de Leigh, que maneja la càmara demoràndose en sus encudraturas, muchas veces, hasta el limite del tolerable, pero logrando hacerla igualmente vivas e interesantes.
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“TURNER” de Mike Leigh
Es un film imperdible para los amantes del arte, de la pintura, de las buenas actuaciones, de la teatralidad.
Es algo asi como un grito de alegria de los colores de una paleta de pintor!
Explosiòn de colores, no solo porque narra la vida del gran paisajista britannico, William Turner, sino porque el regista del film Mike Leigh, plasma, impone, genera una simbiosis entre la pintura y el cine, entre Turner y èl, Leigh, que ademàs de asombrar, deleitar por la estetica, por las formas plasticas inspiradas en esa pintura.
Es notable el estilo filmico de Leigh, que maneja la càmara demoràndose en sus encudraturas, muchas veces, hasta el limite del tolerable, pero logrando hacerla igualmente vivas e interesantes.
Es un deleite de composiciòn, de reproducciòn de una època, de buen gusto. Tal vez hubiera debido resignar algunos segundos en algunas secuencias para evitar una excesiva extensiòn del film.
Esto no invalida el magnifico trabajo realizado. Un capolavoro imperdible!
Y que decir del trabjo del protagonista, el actor Timothy Spalle, ese gruñon, borbotante, y de appariencia no muy agradable, William Turner, con esa particolar dinamica expresiva de su cara, y de su cuerpo un poco torpe, que asombra y magnetiza.
Su trabajo fuè premiado con el primer premio en Cannes, y curiosamente, no obstante sea su trabajo excepcional, no resulta entre los candidatos como mejor actor en los proximos Oscars. El film tiene 4 o 5 nominations, creo. Me preguntaba porque? Porque un trabajo asi inobjetable podìa no estar en una terna de esos premios, y me contestè, que una razòn podria ser una certa linearidad del personale. Un Turner que no tiene grandes transformaciones desde el punto de vista de su historia real, lo que injustamente quitaria meritos al maravilloso Timothy Spalle, que en realidad, realizza una composiciòn admirable. No se si estoy en lo cierto, pero si creo que es curioso.
Deliciosas las actuaciones del padre, del fotografo, la gobernanta. De la señora Booth!...magnificos!
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giuliog02
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sabato 7 marzo 2015
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un mirabile ossimoro
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Un ossimoro, perché Timothy Spall porta in scena un personaggio visibilmente egoista, ombroso, rozzo, quasi incapace di comunicare nella vita normale, ma che dimostra una finissima sensibilità artistica nella percezione del colore e dell'armonia della natura. Un personaggio, che ha bruschi rapporti con le persone, ma che dimostra una certa loquacità e partecipazione quando si trova nell'ambiente accademico e/o dei suoi pari. Il suo mondo emozionale emerge quando chiede alla musicista di suonare un brano di Purcell e Turner si abbandona al canto. Quindi, un personaggio interiormente delicato nella sua rozzezza esteriore. Una persona intrinsecamente onesta, non avida (rifiuta una favolosa offerta di 100.
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Un ossimoro, perché Timothy Spall porta in scena un personaggio visibilmente egoista, ombroso, rozzo, quasi incapace di comunicare nella vita normale, ma che dimostra una finissima sensibilità artistica nella percezione del colore e dell'armonia della natura. Un personaggio, che ha bruschi rapporti con le persone, ma che dimostra una certa loquacità e partecipazione quando si trova nell'ambiente accademico e/o dei suoi pari. Il suo mondo emozionale emerge quando chiede alla musicista di suonare un brano di Purcell e Turner si abbandona al canto. Quindi, un personaggio interiormente delicato nella sua rozzezza esteriore. Una persona intrinsecamente onesta, non avida (rifiuta una favolosa offerta di 100.000 sterline - all'epoca una somma gigantesca - per la sua intera collezione e annuncia di lasciarla in eredità alla nazione britannica ).
Mi è abbastanza piaciuta l'opera di Leigh, un poco lenta,per una scenografia che riprende i temi e i paesaggi dipinti da questo grande paesaggista ( Ho avuto, infatti, il piacere di vedere le sue opere da giovane, a Londra, e questo film ne è una buona riproposizione, sia in chiave scenografica che nelle singole tele riprese ).
Deliziosi certi interni, i quadretti che riprendono singoli momenti di ispirazione, così come vedute di specifici aspetti urbanistici o edilizi dell'epoca. Un buon quadro della società ottocentesca, inclusi i dialoghi. Il tutto con una regia accorta, che - di scena in scena - delinea il personaggio nella sua complessità psicologica,nell'ambiente e nei luoghi in cui è vissuto.
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