lucio
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lunedì 21 aprile 2025
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una cagata pazzesca
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Paolo Villaggio distingueva fra cagata, gran cagata, cagata pazzesca. Fate voi.
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maria cristina wysocki
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mercoledì 5 giugno 2024
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pessimo
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Mi chiedo a cosa serva fare film del genere, che non comunicano nulla e fanno perdere solo tempo a chi li vede (e soldi a chi li produce, che potrebbero essere gestiti per finalità molto più utili). Una noia letale, in attesa che qualcosa giustifichi la perdita di tempo...invece IL NULLA
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maria cristina wysocki
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mercoledì 5 giugno 2024
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pessimo
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Mi chiedo a cosa serva fate film del genere, che non comunicano nulla e fanno perdere solo tempo a chi li vede (e soldi a chi li produce, che potrebbero essere gestiti per finalità molto più utili). Una noia letale, in attesa che qualcosa giustifichi la perdita di tempo...invece IL NULLA
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paolp78
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sabato 6 novembre 2021
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la tecnica registica non basta. indefinito
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Il talentuoso Terrence Malick con questa pellicola ripropone lo stesso stile del premiato “The tree of life” esasperandolo ulteriormente e portandolo all’eccesso (un ulteriore passo nella stessa disastrosa direzione verrà compiuto col successivo “Song to song”, davvero pessimo).
Con quest’opera, quello di Malick si conferma un cinema che non si sforza di farsi comprendere dallo spettatore, del quale dà l’idea fastidiosa di non avere particolare cura, ma viceversa pretende da chi guarda uno sforzo di comprensione, di attenzione e di ricerca. A ben vedere si tratta di un’operazione molto comoda, ammantata di un valore intellettuale tutto da provare, e che viceversa può anche essere maliziosamente ritenuto quasi un furbo espediente attraverso il quale l’autore si deresponsabilizza e non si accolla il compito indispensabile di mettere in scena una narrazione strutturata della storia.
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Il talentuoso Terrence Malick con questa pellicola ripropone lo stesso stile del premiato “The tree of life” esasperandolo ulteriormente e portandolo all’eccesso (un ulteriore passo nella stessa disastrosa direzione verrà compiuto col successivo “Song to song”, davvero pessimo).
Con quest’opera, quello di Malick si conferma un cinema che non si sforza di farsi comprendere dallo spettatore, del quale dà l’idea fastidiosa di non avere particolare cura, ma viceversa pretende da chi guarda uno sforzo di comprensione, di attenzione e di ricerca. A ben vedere si tratta di un’operazione molto comoda, ammantata di un valore intellettuale tutto da provare, e che viceversa può anche essere maliziosamente ritenuto quasi un furbo espediente attraverso il quale l’autore si deresponsabilizza e non si accolla il compito indispensabile di mettere in scena una narrazione strutturata della storia. Questo obiettivo, che dovrebbe essere centrale in un’opera cinematografica, passa invece in secondo piano nel cinema di Malick, che non vuole intrattenere, ma vuole veicolare un messaggio ideologico-morale.
In definitiva, si ha quasi l’impressione di assistere ad un’opera incompiuta, dove non sono state trovate le giuste forme espressive, o ci si è arresi a delle forme poco definite perché altre non avrebbero avuto la stessa capacità di veicolare il messaggio morale della pellicola.
Il cast annovera attori ed attrici di grosso nome e richiamo quali Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams e Javier Bardem, ma resta molto difficile giudicarne le performance in quanto restano fortemente limitate dalle modalità di filmare adoperate da Malick.
Si segnala la partecipazione, in una piccola parte, dell’attrice italiana Romina Mondello che parla nella nostra lingua anche nella versione originale del film in cui, senza particolari motivi, Malick effettua l’eccentrica scelta di utilizzare quattro lingue: l’inglese ovviamente, il francese parlato dalla protagonista femminile e dalla figlioletta, lo spagnolo del prete interpretato da Bardem e l’italiano di cui si è detto.
Le riprese di valore assoluto confermano lo straordinario talento di Malick dietro la macchina da presa, ma questa apprezzabile capacità registica è messa al servizio di un’opera troppo poco definita, sulla quale il giudizio globale fortemente negativo è impossibile da riscattare.
Ottime musiche, tra cui si segnala “Parsifal: Prelude to Act 1” di Wagner.
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maxbcram
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domenica 30 maggio 2021
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pregevolissima recensione
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Complimenti. La tua recensione è illuminante, analizza con chiarezza e profondità il film e lo stile di Malick. La tua capacità di scrittura e la cultura sottesa al tuo commento sono non comuni. Grazie.
Massimo Bianchini
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ritacirrincione
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martedì 30 ottobre 2018
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to the wonder, ovvero della banalità dell’amore
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In “To the wonder” di Terrence Malick, l’amore è proclamato, rivelato, invocato. Ma quale amore? Quello che vede Marina, la protagonista, alle prese con giravolte, nascondini e incantamenti o imbronciata e depressa? Quello di Neil il quale, più che “agirlo”, si lascia solo prendere dall’amore di Marina e poi di Jane? Quello di Padre Quintana, oppresso e smarrito più di coloro i quali, afflitti da ogni genere di sofferenze, si rivolgono a lui e alla sua fede che più che salvare tormenta? In una natura che sembra possa essere solo o patinata e incontaminata o usurata e desolata come in un day after; in un ambiente urbano che sembra possa essere o monumentale o senza storia, le vicende d’amore hanno un andamento circolare e stagnante.
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In “To the wonder” di Terrence Malick, l’amore è proclamato, rivelato, invocato. Ma quale amore? Quello che vede Marina, la protagonista, alle prese con giravolte, nascondini e incantamenti o imbronciata e depressa? Quello di Neil il quale, più che “agirlo”, si lascia solo prendere dall’amore di Marina e poi di Jane? Quello di Padre Quintana, oppresso e smarrito più di coloro i quali, afflitti da ogni genere di sofferenze, si rivolgono a lui e alla sua fede che più che salvare tormenta? In una natura che sembra possa essere solo o patinata e incontaminata o usurata e desolata come in un day after; in un ambiente urbano che sembra possa essere o monumentale o senza storia, le vicende d’amore hanno un andamento circolare e stagnante. Alla fine, l’amore sembra solo un gioco infantile e de-erotizzato senza lo spessore e l’intensità che il film nelle sue pretese lascerebbe sperare. E, comunque, non è uno stato che dà la Grazia. Interessante l’idea del dialogo interiore che i diversi personaggi fanno ciascuno nella propria lingua – persino in quella dei segni - come in una babele di flussi di coscienza. A volte, tuttavia, i contenuti, risultano di una banalità irritante.
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stefano capasso
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sabato 12 dicembre 2015
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il conflitto della vita
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Una storia d’amore tra un uomo americano ed una donna francese che inizia a Parigi e si sposta negli Stati Uniti tra i magici momenti degli inizi e le inevitabili delusioni. Col suo stile narrativo che disorienta, Terrence Malick descrive la ricerca dell’amore degli uomini, che siano in coppia, o che siano sacerdoti, come il terzo protagonista che cerca un segno della presenza di Dio, tra le difficoltà, i momenti di gioia e i conflitti che inevitabilmente devono affrontare. I flashback che si fondono ossessivamente al tempo presente e la macchina che gira sempre intorno ai protagonisti rafforzano quella necessità di ricerca e la difficoltà che questa comporta.
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Una storia d’amore tra un uomo americano ed una donna francese che inizia a Parigi e si sposta negli Stati Uniti tra i magici momenti degli inizi e le inevitabili delusioni. Col suo stile narrativo che disorienta, Terrence Malick descrive la ricerca dell’amore degli uomini, che siano in coppia, o che siano sacerdoti, come il terzo protagonista che cerca un segno della presenza di Dio, tra le difficoltà, i momenti di gioia e i conflitti che inevitabilmente devono affrontare. I flashback che si fondono ossessivamente al tempo presente e la macchina che gira sempre intorno ai protagonisti rafforzano quella necessità di ricerca e la difficoltà che questa comporta. Un conflitto doloroso al quale nessun essere umano può sottrarsi se desidera dare un senso profondo alla propria esistenza.
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vaalee
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martedì 3 febbraio 2015
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malik dedicati ai documentari
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Fotografia meravigliosa. Come in The Three of Life. E poi? Nulla, se non tanta lentezza e inconsistenza. Questo è il secondo film di Malik che guardo e penso di nuovo la stessa cosa: qual'è il senso di girare un film dove la trama e la sceneggiatura sono quasi praticamente inesistenti? La Kurylenko che balla, saltella, nei prati, sul letto, a piedi nudi, con la figlia. Ben Affleck senza spina dorsale, senza una costruzione del personaggio. La McAdams inutile e mi è dispiaciuto. Bardem, lo amo, ma il suo ruolo nel film non ha praticamente senso. Tutto troppo lento. Tutto troppo noioso. Un film non può essere bello solo perchè ha una bella fotografia, altrimenti diventa un documentario sulle praterie dell'Oklahoma.
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Fotografia meravigliosa. Come in The Three of Life. E poi? Nulla, se non tanta lentezza e inconsistenza. Questo è il secondo film di Malik che guardo e penso di nuovo la stessa cosa: qual'è il senso di girare un film dove la trama e la sceneggiatura sono quasi praticamente inesistenti? La Kurylenko che balla, saltella, nei prati, sul letto, a piedi nudi, con la figlia. Ben Affleck senza spina dorsale, senza una costruzione del personaggio. La McAdams inutile e mi è dispiaciuto. Bardem, lo amo, ma il suo ruolo nel film non ha praticamente senso. Tutto troppo lento. Tutto troppo noioso. Un film non può essere bello solo perchè ha una bella fotografia, altrimenti diventa un documentario sulle praterie dell'Oklahoma. Mi chiedo anch'io, cosa è piaciuto e cosa c'era da cogliere in questo film che a me e come vedo a molti altri è sfuggito?
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pcologo
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sabato 24 gennaio 2015
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malick è troppe cose
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Chi va a vedere To the Wonder, come altri film di Malick, non deve aspettarsi una storia, una trama ben definita. Il film di Malick è un ibrido tra cinema, poesia, filosofia, fotografia, paesaggio. E' uno spettacolo globale, ma può deludere e annoiare, se non lo si osserva con uno spirito differente. Bisogna andarci come si andrebbe ad una fiera per osservare personaggi, bancarelle, di tutto un pò. Bisogna osservare le immagini, riflettere sulle parole, apprezzare il movimento delle riprese di Malick che insegue i suoi personaggi, che li fa muovere come se ballassero. Non va capito, va guardato. Se non si cerca questo, è inutile andarlo a vedere, perchè i film di Malick non sono cinema come rappresentazioni della realtà in senso stretto, sono immagini catturate nel succedersi degli eventi, e commentate da un poeta.
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Chi va a vedere To the Wonder, come altri film di Malick, non deve aspettarsi una storia, una trama ben definita. Il film di Malick è un ibrido tra cinema, poesia, filosofia, fotografia, paesaggio. E' uno spettacolo globale, ma può deludere e annoiare, se non lo si osserva con uno spirito differente. Bisogna andarci come si andrebbe ad una fiera per osservare personaggi, bancarelle, di tutto un pò. Bisogna osservare le immagini, riflettere sulle parole, apprezzare il movimento delle riprese di Malick che insegue i suoi personaggi, che li fa muovere come se ballassero. Non va capito, va guardato. Se non si cerca questo, è inutile andarlo a vedere, perchè i film di Malick non sono cinema come rappresentazioni della realtà in senso stretto, sono immagini catturate nel succedersi degli eventi, e commentate da un poeta. Questo genere di rappresentazione può piacere o non piacere, di certo richiede per essere apprezzato una sensibilità non comune. Malick è troppe cose insieme, e per me questo modo di fare cinema, pur apprezzando la grande creatività nello scegliere luoghi, inquadrature, musiche, alla lunga risulta inevitabilmente ripetitivo.
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emyliu^
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lunedì 20 ottobre 2014
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mentre lo vedi pensi ai fatti tuoi
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TO THE WONDER - Il pregio di questo film e' che ti fa pensare ai fatti tuoi mentre lo vedi, ma e' anche il peggior difetto. Immagini d'autore fluide, riprese come da una videocamera a mano, con effetto mal di mare. Quando esci ti rimane la bellezza di Ben Affleck e della protagonista con un nome impronunciabile, Olga Kurylenko. Javier Bardem e' un prete missionario, che sembra passare da li' per caso, con la solita faccia da Bardem incorniciata dalla bella voce del doppiatore. Passa di sfuggita davanti alla macchina da presa anche una giovane attrice italiana di cui mi sfugge il nome, come tutto il resto.
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TO THE WONDER - Il pregio di questo film e' che ti fa pensare ai fatti tuoi mentre lo vedi, ma e' anche il peggior difetto. Immagini d'autore fluide, riprese come da una videocamera a mano, con effetto mal di mare. Quando esci ti rimane la bellezza di Ben Affleck e della protagonista con un nome impronunciabile, Olga Kurylenko. Javier Bardem e' un prete missionario, che sembra passare da li' per caso, con la solita faccia da Bardem incorniciata dalla bella voce del doppiatore. Passa di sfuggita davanti alla macchina da presa anche una giovane attrice italiana di cui mi sfugge il nome, come tutto il resto. Da vedere mentre si fa qualcos'altro.
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