cinephilo
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lunedì 10 giugno 2024
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un film minore (anche nella riuscita) di audiard
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Il film risulta uno dei più deboli all'interno della filmografia del bravo regista francese. Un film che riesce comunque a dire quello che vuole dire ma resta privo di spunti veramente interessanti, sia a livello registico-visivo, sia a livello di scrittura. Dopo 20 minuti di film abbiamo già capito dove questo andrà a parare e non c'è niente che riesca a sorprenderci nella messa in scena. Brutto l'utilizzo delle musiche.
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lunedì 3 settembre 2018
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quanta tenerezza
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La povera Marion stavolta è nei panni di un'addestratrice di orche assassine che ha la sua solita crisi nervosa solo dopo che una di queste adorabili bestie le mangia le gambe durante un incidente nello show. Alì è il tunisino coi tratti più caucasici che conosca: tratta tutti male, tranne suo figlio e lei, Marion, concedendosi qualche scopata nel frattempo, che la Nostra mal sopporta e gli fa notare, con conseguente arrapamento di lui. Come potrà mai finire questo film? Fate vobis. In sostanza, il film è girato bene, la regia è attenta ed efficace, molte inquadrature sono ben fatte e cercano di porre lo spettatore su un piano differente rispetto al solito: ma da questo piano, che ci tocca vedere? Una storia scialbetta in cui l'handicappata non sopporta che glielo si faccia notare e che gode a essere trattata male, ma non troppo.
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La povera Marion stavolta è nei panni di un'addestratrice di orche assassine che ha la sua solita crisi nervosa solo dopo che una di queste adorabili bestie le mangia le gambe durante un incidente nello show. Alì è il tunisino coi tratti più caucasici che conosca: tratta tutti male, tranne suo figlio e lei, Marion, concedendosi qualche scopata nel frattempo, che la Nostra mal sopporta e gli fa notare, con conseguente arrapamento di lui. Come potrà mai finire questo film? Fate vobis. In sostanza, il film è girato bene, la regia è attenta ed efficace, molte inquadrature sono ben fatte e cercano di porre lo spettatore su un piano differente rispetto al solito: ma da questo piano, che ci tocca vedere? Una storia scialbetta in cui l'handicappata non sopporta che glielo si faccia notare e che gode a essere trattata male, ma non troppo. Alla fine anche il nostro eroe, rude e senza sentimenti apparenti, avrà la sua redenzione affianco alla sempremenostabilementalmente Marion. Mi ricorda un altro film francese, vediamo se indovinate quale (facile, dai). Consigliato a chi vuole saperne di più sul mondo delle lotte clandestine a pugni nudi nelle banlieue.
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stefano capasso
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lunedì 4 luglio 2016
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le ferite del corpo e dell'anima
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Ali va a stabilirsi dalla sorella, nel nord della Francia, con suo figlio di 5 anni. E’ un giovane uomo che fa della forza fisica la sua ragione di vita. In un locale dove lavora come addetto alla sicurezza conosce Stephane, istruttrice di animali marini, una donna che ama mostrare la sua bellezza. Una serie di eventi drammatici porta i due a riconsiderare le loro vite.
Film intenso questo di Jacques Audiard, in cui temi molto forti vengono descritti con rigore, con un linguaggio essenziale che non cade nella retorica. Il corpo con le sue ferite e le sue capacità espressive è sempre in primo piano con la sua necessità di integrarsi con i bisogni dell’anima.
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Ali va a stabilirsi dalla sorella, nel nord della Francia, con suo figlio di 5 anni. E’ un giovane uomo che fa della forza fisica la sua ragione di vita. In un locale dove lavora come addetto alla sicurezza conosce Stephane, istruttrice di animali marini, una donna che ama mostrare la sua bellezza. Una serie di eventi drammatici porta i due a riconsiderare le loro vite.
Film intenso questo di Jacques Audiard, in cui temi molto forti vengono descritti con rigore, con un linguaggio essenziale che non cade nella retorica. Il corpo con le sue ferite e le sue capacità espressive è sempre in primo piano con la sua necessità di integrarsi con i bisogni dell’anima. I due protagonisti, combattente lui, insegnante lei, riusciranno nell’intento quando saranno chiamati ad usare le loro peculiarità per riuscire nella cosa più importante della loro vita: salvare se stessi. Un film molto bello, imprevedibile che mi ha coinvolto sempre più durante il suo sviluppo.
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biso 93
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venerdì 1 aprile 2016
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melo' di valore
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Un sapore di ruggine e ossa e' una pellicola drammatica di jacques Audiard, un film francese e molto europeo nello stile che affascina e stordisce allo stesso tempo. Un film sulle debolezze, sulle difficolta' della vita e sulla costante ricerca di compagnia degli altri. I due protagonisti(Schoenarts e la Cotillard) ci offrono due ottime interpretazioni,in un film ruvida diretto con notevole maestria. I protagonisti delle vicende cercano di venire fuori dai problemi in ogni modo possibile, scorretto o corretto che sia, cercando di trovare sempre la forza dentro di se per riuscirci, scoprendo poi che si ha bisogno di amore per raggiungere determinati risultati. Forse il film pecca di troppa durezza e di eccessiva drammati ita', rendendo i toni monotoni e il film non e' troppo fluido.
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Un sapore di ruggine e ossa e' una pellicola drammatica di jacques Audiard, un film francese e molto europeo nello stile che affascina e stordisce allo stesso tempo. Un film sulle debolezze, sulle difficolta' della vita e sulla costante ricerca di compagnia degli altri. I due protagonisti(Schoenarts e la Cotillard) ci offrono due ottime interpretazioni,in un film ruvida diretto con notevole maestria. I protagonisti delle vicende cercano di venire fuori dai problemi in ogni modo possibile, scorretto o corretto che sia, cercando di trovare sempre la forza dentro di se per riuscirci, scoprendo poi che si ha bisogno di amore per raggiungere determinati risultati. Forse il film pecca di troppa durezza e di eccessiva drammati ita', rendendo i toni monotoni e il film non e' troppo fluido. Manca un po' di ironia, un po di humor che alleggerisce il tutto. Buon film comunque.
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maria antonietta tomassetti
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domenica 25 ottobre 2015
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anche quando tutto sembra perduto...
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è possibile ritornare a sentire e quindi a vivere con pienezza la propria vita: è questo secondo me il messaggio del film, messaggio che ci viene dato senza cadere nel melodramma e nello scontato. Due vite a confronto, segnate profondamente dagli eventi, che riescono a trarre forza l'uno dall'altra e a vincere le menomazioni che portano nel corpo e nell'anima riuscendo infine ad amarsi. Toccante il personaggio di Alì che nel suo essere apparentemente rude tratta Stephanie come fosse perfettamente "normale" rispondendo così a quello che è il suo reale bisogno, altrettanto quello di Stephanie che riesce a conquistare la piena fiducia di Alì: due anime affini che si incontrano e riescono a soddisfare i reciproci bisogni così da consentire loro di ritornare alla vita con una maggiore consapevolezza di sè.
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kategunzinger
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domenica 25 ottobre 2015
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il capolavoro? nel titolo
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Ruggine e ossa. Due vocaboli ostili, impossibili da associare l'uno all'altro. Tanto aspri e non decodificabili d'impatto, da riuscire ad incuriosire. E'nel titolo il capolavoro di questo film insolito disseminato però da parecchie furbizie. Il percorso narrativo non racconta niente di nuovo nell'essenza: due persone danneggiate fortemente dalla vita s'incontrano e si aiutano, pur tra inciampi e tragedie sfiorate. Genialità espressive, da parte del regista, non se ne rilevano. I dialoghi, pochi e lenti, languono nella loro prevedibilità. Avrebbero dovuto essere incisivi e intelligenti così da avallare le ambizioni intellettuali del prodotto. Consola il finale dal pianto ininterrotto. Bravi i due interpreti, non supportati da una fotografia che imprima un sigillo distintivo al film.
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Ruggine e ossa. Due vocaboli ostili, impossibili da associare l'uno all'altro. Tanto aspri e non decodificabili d'impatto, da riuscire ad incuriosire. E'nel titolo il capolavoro di questo film insolito disseminato però da parecchie furbizie. Il percorso narrativo non racconta niente di nuovo nell'essenza: due persone danneggiate fortemente dalla vita s'incontrano e si aiutano, pur tra inciampi e tragedie sfiorate. Genialità espressive, da parte del regista, non se ne rilevano. I dialoghi, pochi e lenti, languono nella loro prevedibilità. Avrebbero dovuto essere incisivi e intelligenti così da avallare le ambizioni intellettuali del prodotto. Consola il finale dal pianto ininterrotto. Bravi i due interpreti, non supportati da una fotografia che imprima un sigillo distintivo al film.
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alexy
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giovedì 22 ottobre 2015
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è bellissimo
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regia e attori bravissimi
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diana j.
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giovedì 29 maggio 2014
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quando la più spessa ruggine diventa ossa.
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Può il ferro, divenuto ruggine con l'influsso degli agenti atmosferici, ritornare com'era prima? Sebbene ciò sia chimicamente impossibile, umanamente non lo è. Alì, ragazzo padre diviso tra il lavoro di buttafuori e i combattimenti di box clandestini, "si trascina dietro" la sua vita con rabbia e rancore. Divenuto oramai impermeabile ad ogni forma di sentimento umano, trascura e maltratta il figlio unicamente bisognoso dell'affetto del suo papà, usa le donne come rapido ed efficace rimedio ai suoi pruriti sessuali e sogna una carriera da pugile che riscatti la sua vita spesa ad odiare e fantasticare. Un giorno conosce Stephanie, istruttrice di animali acquatici e preda irraggiungibile, dalla vita apparentemente piena e felice.
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Può il ferro, divenuto ruggine con l'influsso degli agenti atmosferici, ritornare com'era prima? Sebbene ciò sia chimicamente impossibile, umanamente non lo è. Alì, ragazzo padre diviso tra il lavoro di buttafuori e i combattimenti di box clandestini, "si trascina dietro" la sua vita con rabbia e rancore. Divenuto oramai impermeabile ad ogni forma di sentimento umano, trascura e maltratta il figlio unicamente bisognoso dell'affetto del suo papà, usa le donne come rapido ed efficace rimedio ai suoi pruriti sessuali e sogna una carriera da pugile che riscatti la sua vita spesa ad odiare e fantasticare. Un giorno conosce Stephanie, istruttrice di animali acquatici e preda irraggiungibile, dalla vita apparentemente piena e felice. Durante uno spettacolo acquatico la donna viene aggredita da un'orca impazzita e perde le gambe, insieme alla voglia di vivere. Dopo vari tentativi di suicidio falliti, Stephanie rintraccia Alì e i due, martiri dei loro stessi peccati, intrecciano un'amicizia atipica, scandita da nuotate al mare e sesso "in automatico", rapporto senza pretese e senza amore. Un film misuratamente cupo, che tratta l'esperienza dolorosa di Stephanie con il giusto tono drammatico, senza perdersi nei classici cliché melodrammatici eccessivamente attenti al pathos. La Cotillard e Schoenaerts recitano con naturalezza e fluidità, lasciando trasparire la drammaticità delle vite dei loro personaggi senza pianti o gemiti di disperazione. Se da un lato Stephanie accetta umilmente il suo destino, Alì diventa aggressivo e violento, ripetutamente pronto a sfuggire dai problemi di cui è vittima. Nonostante l'indole cinica e burbera del protagonista maschile egli è immune da ogni forma di pregiudizio verso la menomazione di Stephanie, toccandola e penetrandola senza disgusto, come se l'amasse, celando però accuratamente il suo sentimento dietro ai suoi modi bruschi e "animaleschi". Solo giunto al culmine dell'esasperazione, egli getterà via la sua corazza di diffidenza e dolore per ricominciare a vivere veramente con l'artefice della sua redenzione.
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ultimoboyscout
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martedì 18 febbraio 2014
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vite sospese.
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Fragili, rocciosi, perdenti ma mai vinti, quasi senza luce ma pieni di luce: questi sono i protagonisti di "Un sapore di ruggine e ossa", tratto dai racconti potenti e disturbanti del canadese Craig Davidson, una storia di amicizia e amore tra due persone mai dome, le cui vite si scontreranno fondendosi. Jacques Audiard fa abbondante uso di effetti digitali per mozzare le gambe alla Cotillard, riesce ad essere poetico nella brutalità e violento nelo melò, spinge verso l'eccesso con grazia senza aver paura di esagerare, rendendo più che umana la prosa disumana di Davidson. Audiard ama i corpi mozzati e sfregiati ai quali danno vita due attori straordinari, lei sempre più brava senza gambe ne trucco ma con una grande anima, lui, autentica sorpresa, che prende a pugni la vita restituendo colpo su colpo.
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Fragili, rocciosi, perdenti ma mai vinti, quasi senza luce ma pieni di luce: questi sono i protagonisti di "Un sapore di ruggine e ossa", tratto dai racconti potenti e disturbanti del canadese Craig Davidson, una storia di amicizia e amore tra due persone mai dome, le cui vite si scontreranno fondendosi. Jacques Audiard fa abbondante uso di effetti digitali per mozzare le gambe alla Cotillard, riesce ad essere poetico nella brutalità e violento nelo melò, spinge verso l'eccesso con grazia senza aver paura di esagerare, rendendo più che umana la prosa disumana di Davidson. Audiard ama i corpi mozzati e sfregiati ai quali danno vita due attori straordinari, lei sempre più brava senza gambe ne trucco ma con una grande anima, lui, autentica sorpresa, che prende a pugni la vita restituendo colpo su colpo. Film ben fatto anche se lento e pesante, durissimo da digerire che mostra tre grandi, attori e regista, che osserva senza filtri o ricatti emotivi il rapporto tra due freak di oggi, rifiutati dal mondo ma anche da se stessi, che vivono però l'uno grazie all'altra. E Audiard è mostruosamente bravo nel mostrare quella strana luce, fiacca e accecante al tempo stesso, che si annida nella miseria umana. Regia e interpretazioni, come detto, sono di pregio ma manca qualcosa, a tratti il regista non trova la misura ma è ridicolo che agli Oscar sia stato del tutto ignorato. Ma se avesse vinto, Ali e Stephanie, i due protagonisti, sarebbero stati dei vincenti, evadendo dalla loro naturale condizione.
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theophilus
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lunedì 10 febbraio 2014
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dal corpo l'anima
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DE ROUILLE ET D’OS
Jacques Audiard va a cercarsi guai. Va ad intrappolarsi nel labirinto oscuro del male col forte rischio di cadere nel buco nero opposto del sentimentalismo, quello che con ‘ismo’ differente viene oggi più spesso chiamato ‘buonismo’.
Non sapremmo dire se sia reazionario o no guardare con almeno un po’ di circospezione a fenomeni – prevalentemente collegati al mondo dello sport – quali le paraolimpiadi, il calcio giocato dai ciechi, il basket sulla sedia a rotelle o, in altro campo, il tentativo di spiegare la pittura ai ciechi dalla nascita. Si pretende di far credere che le barriere non esistano o, se ci sono, che si possano superare, basta volerlo.
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DE ROUILLE ET D’OS
Jacques Audiard va a cercarsi guai. Va ad intrappolarsi nel labirinto oscuro del male col forte rischio di cadere nel buco nero opposto del sentimentalismo, quello che con ‘ismo’ differente viene oggi più spesso chiamato ‘buonismo’.
Non sapremmo dire se sia reazionario o no guardare con almeno un po’ di circospezione a fenomeni – prevalentemente collegati al mondo dello sport – quali le paraolimpiadi, il calcio giocato dai ciechi, il basket sulla sedia a rotelle o, in altro campo, il tentativo di spiegare la pittura ai ciechi dalla nascita. Si pretende di far credere che le barriere non esistano o, se ci sono, che si possano superare, basta volerlo.
In De rouille et d’os Audiard ti sbatte in faccia con una crudezza forse senza precedenti il mondo dell’handicap fisico. La sua è una provocazione che merita attenzione e rispetto, ti butta addosso il suo sguardo e ti sfida a chi per primo volgerà gli occhi da un’altra parte. Ma non si tratta solo di esasperazione visiva. Il film è percorso da una rispondenza sociale implacabile, da uno sporco guardonismo che ti spia mentre lavori, al fine di cercare pretesti per buttarti fuori dal mondo del lavoro. Nel film ci sono uomini dimezzati, a cui rimane solo la forza della violenza per superare ilsapore di ruggine e ossa che invade la loro esistenza.
Stéphanie, a causa di un incidente occorsole durante uno spettacolo con le orche marine, viene a trovarsi senza le gambe, con due mozziconi che terminano poco sotto le ginocchia. Trova il sostegno di Ali, rude e schietto extracomunitario che la tira fuori dal suo ghetto prima ancora che Stéphanie corra il rischio di cascarci dentro. Il linguaggio è spiccio, le immagini ancora di più. Non c’è spazio per le allusioni, per la retorica del non detto, non attecchisce la disperazione, messa subito a tacere. Nulla viene schermato e l’ipocrisia dell’implicito viene smascherata con un’improntitudine così sferzante da apparire naturale. Non c’è spazio per il sentimento, per la pietà. Stéphanie, ridotta a raccapricciante brandello umano, ha nell’uomo una sponda che le fa mettere in gioco il proprio fantasma fisico. Non è compassione, non è sentimentalismo. Questi sarebbero inevitabili deterrenti della sessualità. Proprio l’indifferente forza animalesca rende Ali sessualmente ‘operativo’ – opé, come viene spesso detto e scritto nel film con altro evidente contrappasso col mondo del lavoro – e consente a Stéphanie di sentirsi ancora donna, ancora un essere umano. Sarà addirittura lei ad avere il coltello dalla parte del manico, quando Ali si fratturerà una mano per liberare il figlio intrappolato nel ghiaccio. Colla spada di Damocle di un dolore sempre in agguato che gl’impedirebbe di continuare a svolgere la sua attività prima nell’ambito delle scommesse clandestine sugli incontri illegali di lotta, poi nel mondo pugilistico, Ali finisce con lo specchiarsi nella donna e se ne innamora.
Belle le prove di Marion Cotillard e di Mathias Schoenaerts. Ripensando alle immagini, restiamo tuttora increduli e incapaci di accettare la spiegazione della protagonista che, durante le riprese, ha indossato calze verdi poi eliminate in postproduzione.
Enzo Vignoli
9 ottobre 2012
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