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fabgan
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giovedì 25 aprile 2013
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tutto intorno a noi e triste
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Film carino, sicuramente di gusti difficili, la storia poteva essere sviluppata meglio.
Un film che si incentra sul cupo di questa crisi che sta attraversando il mondo, una crisi economica ma sopratutto una crisi esistenziale.
In questi casi come accade nella triste realtà che stiamo vivendo la gente più disperata che ha perso la propria voglia di vivere mette fine alla propria vita, si suicida.
Non ci si accorge che basta poco per essere felici, ed e su questo che il film si basa facendo satira sul suicido in un mondo dove tutto e cupo un piccolo bambino ed il suo gruppo di amici vedono, sanno ancora apprezzare le piccole cose belle della vita.
A mio parere un film che andava sviluppato meglio, ma che nonostante tutto insegna che se qualcosa non va, perchè non cambiare modo di vivere.
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Film carino, sicuramente di gusti difficili, la storia poteva essere sviluppata meglio.
Un film che si incentra sul cupo di questa crisi che sta attraversando il mondo, una crisi economica ma sopratutto una crisi esistenziale.
In questi casi come accade nella triste realtà che stiamo vivendo la gente più disperata che ha perso la propria voglia di vivere mette fine alla propria vita, si suicida.
Non ci si accorge che basta poco per essere felici, ed e su questo che il film si basa facendo satira sul suicido in un mondo dove tutto e cupo un piccolo bambino ed il suo gruppo di amici vedono, sanno ancora apprezzare le piccole cose belle della vita.
A mio parere un film che andava sviluppato meglio, ma che nonostante tutto insegna che se qualcosa non va, perchè non cambiare modo di vivere...?
Tre stelle non tanto per il film ma per il messaggio di fiducia e speranza che lo stesso vuole trasmettere...
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sisma
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mercoledì 3 aprile 2013
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soggetto interessante, ma realizzato male...
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A volte sembra difficile poter giustificare le idee, le motivazioni e soprattutto i propositi che spingono a produrre un’opera artistica, di qualsiasi genere sia. Si può dire che la bottega dei suicidi avesse un soggetto interessantissimo con il quale si sarebbe potuto girare un buon film, ma in pratica l’idea è stata sviluppata in modo imbarazzante. Personalmente, quando guardo un film ho sempre il desiderio di capire cosa mi voglia dire, che messaggio mi voglia inviare, di cercare elementi che nel caso esso sia poco interessante me lo possano salvare da una valutazione negativa. Purtroppo, pur cercando dei lati positivi che potessero riabilitarmelo, mi sono ritrovato di fronte ad un brutto film, termine che uso rarissimamente, che notavo come non sapesse dove andare a parare, realizzato in modo inconcludente senza giustificare i diversi passaggi, fracassone e spigoloso.
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A volte sembra difficile poter giustificare le idee, le motivazioni e soprattutto i propositi che spingono a produrre un’opera artistica, di qualsiasi genere sia. Si può dire che la bottega dei suicidi avesse un soggetto interessantissimo con il quale si sarebbe potuto girare un buon film, ma in pratica l’idea è stata sviluppata in modo imbarazzante. Personalmente, quando guardo un film ho sempre il desiderio di capire cosa mi voglia dire, che messaggio mi voglia inviare, di cercare elementi che nel caso esso sia poco interessante me lo possano salvare da una valutazione negativa. Purtroppo, pur cercando dei lati positivi che potessero riabilitarmelo, mi sono ritrovato di fronte ad un brutto film, termine che uso rarissimamente, che notavo come non sapesse dove andare a parare, realizzato in modo inconcludente senza giustificare i diversi passaggi, fracassone e spigoloso. Ammetto magari di non averlo compreso io stesso, ma mi sembrava che questo film non seguisse un filo logico, accatastando una congerie di idee senza un costrutto, proprio ammonticchiate alla rinfusa. Non si scorgeva un filo conduttore che trasportasse la morale che il regista si era imposto, ovvero un inno alla vita. Demonizzare la morte, renderla assurda per legittimare la vita. Un obiettivo che a mio onestissimo parere non è stato raggiunto. È come se l’autore, non sapendo come riempire uno spazio di un’oretta e mezza, avesse accatastato spunti senza svolgerli, dandone un’idea parziale, facendo apparire la sua opera come insulsa.
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animasapien
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lunedì 28 gennaio 2013
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chi è stato?
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Io sono il vero animasapien, ed ho da poco scopetro questa recensione a mio nome; volevo solo sapere CHI HA FALSIFICATO IL MIO ACCOUNT SCRIVENDO RECENSIONI A MIO NOME. A me il film è piaciuto e non scriverei mai roba simile (la mia unica recensione è quella di monkeybone, più qualche commento quà e là). Quindi esorto il colpevole a farsi avanti dato che VOGLIO sapere chi è, com'è risalito alla mia password, e perchè ha fatto una cosa simile. Spero che questo commento verrà pubblicato e ringrazio in anticipo chiunque risponderà.
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animasapien
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giovedì 24 gennaio 2013
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lo squallore
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Decisamente brutto come film immagine tetre che potrebbereo sconvolgere un bambino non approvo assolutamente la scelta di volerlo fare come cartone animato.
Per poi non parlare di come è stato fatto imaggine poco nitida(in un cartone animato come anno fatto bho) scritte non leggibili o immensamente grandi ecc......
in questo film perartro la depressione te manda già dai disegni ,frasi che sono molto pesanti "il veleno fà tendenza " ,in fin dei conti fa schifo
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paolob1977
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domenica 13 gennaio 2013
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film di animazione assolutamente scadente
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La cosa che più ricorderò di questo film sono gli 85 minuti di vita sprecati guardando un'opera che è stata una deluzione dall'inizio alla fine, sia dal punto di vista della trama, sia da quello tecnico.
Partendo dal secondo punto, vanno evidenziate le traduzioni delle canzoni (bastava lasciarle in francese con sottotitoli, è facile, davvero!). Grafica molto curata, ma sul lungo tempo appesantisce troppo la visione e l'effetto diventa di disturbo.
Ma purtroppo è sul primoppunto che il film delude grandemente. Le varie scene sono troppo scorrelate, senza approfondimento sul carattere dei personaggi Alan è felice, gli altri della sua famiglia no.
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La cosa che più ricorderò di questo film sono gli 85 minuti di vita sprecati guardando un'opera che è stata una deluzione dall'inizio alla fine, sia dal punto di vista della trama, sia da quello tecnico.
Partendo dal secondo punto, vanno evidenziate le traduzioni delle canzoni (bastava lasciarle in francese con sottotitoli, è facile, davvero!). Grafica molto curata, ma sul lungo tempo appesantisce troppo la visione e l'effetto diventa di disturbo.
Ma purtroppo è sul primoppunto che il film delude grandemente. Le varie scene sono troppo scorrelate, senza approfondimento sul carattere dei personaggi Alan è felice, gli altri della sua famiglia no. Come mai? dopo 10-15 anni in una famiglia così rimane felice e spensierato, anche se ogni giorno ha accanto a lui gente che si uccide? non si poteva trovare un'idea più intelligente, o almeno giustificare meglio il contrasto?
Un menzione speciale richiede il metodo ridicolo trovato da Alain e amici per far cambiare le cose in famiglia (ma a quel punto del film, osservando le facce degli altri spettatori, direi che noia e sconforto avevano ormai avuto il sopravvento in sala).
La morale del film è nobile e assolutamente condivisibile (non lasciamoci andare, puntiamo su amore e su sentimenti positivi anche quando le difficoltà sono tante e sembrano insormontabili), ma, a ben guardare, viene presentata trascurando qualunque "morale sociale": una famiglia che da sempre aiuta gente sofferente a morire, da un giorno all'altro cambia vita, diventa felice e apre spensierata una créperie? Credo che ci fossero trame migliori per portare lo stesso messaggio.
Non è un film per bambini, visto il tema, ma nemmeno per adulti, visto come il tema è stato trattato. Insomma, è facile che lasci scontenti.
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marioventura
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venerdì 11 gennaio 2013
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decisamente no
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Film decisamente vuoto. Canzoni terribili, probabilmente nella traduzione in italiano diventate pessime. Film vuoto. MI aspettavo molto di piu dal titolo. Un cartone per adulti! il risultato finale un cartone ne' per adulti ne' per bambini.
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luca salvetti
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sabato 5 gennaio 2013
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una bottega da dimenticare in fretta
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Ieri sera Leconte ed i suoi produttori hanno letteralmente "scippato" a me ed ai miei tre compagni di sventura - che mi pare concordano con la mia seguente stroncatura totale - la speranza di vedere un film d'animazione quantomeno decente. Purtroppo non è stato così: il film delude pesantemente su tutti i fronti. A partire dalla trattazione del soggetto che, in linea teorica, potrebbe essere anche spunto di interessanti trovate narrative. Trovate che nell'ultima opera di Leconte mancano totalmente restituendoci una narrazione confusa, contraddittoria, senza capo ne coda. A gravare pesantemente sullo sfortunato spettatore arrivano anche i testi ed il doppiaggio in italiano.
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Ieri sera Leconte ed i suoi produttori hanno letteralmente "scippato" a me ed ai miei tre compagni di sventura - che mi pare concordano con la mia seguente stroncatura totale - la speranza di vedere un film d'animazione quantomeno decente. Purtroppo non è stato così: il film delude pesantemente su tutti i fronti. A partire dalla trattazione del soggetto che, in linea teorica, potrebbe essere anche spunto di interessanti trovate narrative. Trovate che nell'ultima opera di Leconte mancano totalmente restituendoci una narrazione confusa, contraddittoria, senza capo ne coda. A gravare pesantemente sullo sfortunato spettatore arrivano anche i testi ed il doppiaggio in italiano. Mi domando se non si sarebbe potuta mantenere la lingua originale con relativi sottotitoli almeno nelle molte - haimè melodicamente fastidiose e trasandate - parti cantate! Infine si deve sottolineare la completa assenza di una qualsivoglia minima caratterizzazione psicologica dei personaggi, emotivamente molto piatti. Psicologia che in un film come questo, dove ci si propone di trattare la tematica così scivolosa dei suicidi al tempo della crisi economica, dovrebbe essere oggetto di attenta elaborazione. A cinque minuti dall'inizio del film l'arrivo del bebè, immotivatamente felice e sorridente a prescindire, decreta la fine di qualsiasi possibilità di sviluppi interessanti per la pellicola che procede in una noiosa parata di disperati alla ricerca del modo migliore per farla finita. Si salva solo per brevi tratti - si veda la scoperta della gioia di vivire e della propria corporeità da parte della sorella del citato protagonista bambino - la grafica d'animazione. Che dire: film fortemente sconsigliato, che cercherò di dimenticare quantoprima. Magari con un film "vero", del tipo "L'uomo del treno"...Caro Patrice te lo ricodi ancora quel film splendido?
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pressa catozzo
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giovedì 3 gennaio 2013
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w la vita o m la morte?
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Un bel cartone animato con giudizi troppo severi,vuoi dalla critica, vuoi dal pubblico. Quando si è in salute nessuno vuole morire, quando uno sta male altrettanto. Aimè nessuno è eterno e se morire ci rende tristi una nascita ci riaccende il piacere della vita. Si muore di vecchiai, si muore di malattia, si muore per un incidente o ci si ........ BUONA VISIONE credo che tra un po di tempo non mancherò di rivederlo.
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kiumbo
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mercoledì 2 gennaio 2013
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meglio la corazzata potemkin in ginocchio sui ceci
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Premetto che ho voluto vedere questo film fin dal primo trailer, e che adoro i film d'animazione.
Il primo impatto con "la Bottega dei suicidi" è ottima, i disegni sono belli, l'atmosfera della metropoli in cui domina tristezza e grigio è azzeccata, e le automobili ipertrofiche conferiscono quel tocco futuristico/retrò che adoro.
5 minuti dopo, però, già partono con le canzoni, che accompagneranno tutto il film, in continuazione, terribili canzoncine senza capo ne coda, intervallate da dialoghi insulsi e infantili, nonostante l'argomento non sia per nulla adatto ai bambini.
Dopo mezz'ora di tormento sto valutando seriamente di andarmene, cosa che, arrivato ai 60 minuti di permanenza nel cinema porto a conclusione, mettendo nell'archivio mentale personale "la bottega dei suicidi" alla voce "schifezze colossali", categoria che, nonostante nella mia vita abbia visto migliaia di film, conta solo due pellicole catalogate: questo, ed il mortale "Titus" (gli unici due film della mia vita che mi han fatto uscire dal cinema prima dei titoli di coda).
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Premetto che ho voluto vedere questo film fin dal primo trailer, e che adoro i film d'animazione.
Il primo impatto con "la Bottega dei suicidi" è ottima, i disegni sono belli, l'atmosfera della metropoli in cui domina tristezza e grigio è azzeccata, e le automobili ipertrofiche conferiscono quel tocco futuristico/retrò che adoro.
5 minuti dopo, però, già partono con le canzoni, che accompagneranno tutto il film, in continuazione, terribili canzoncine senza capo ne coda, intervallate da dialoghi insulsi e infantili, nonostante l'argomento non sia per nulla adatto ai bambini.
Dopo mezz'ora di tormento sto valutando seriamente di andarmene, cosa che, arrivato ai 60 minuti di permanenza nel cinema porto a conclusione, mettendo nell'archivio mentale personale "la bottega dei suicidi" alla voce "schifezze colossali", categoria che, nonostante nella mia vita abbia visto migliaia di film, conta solo due pellicole catalogate: questo, ed il mortale "Titus" (gli unici due film della mia vita che mi han fatto uscire dal cinema prima dei titoli di coda).
Insomma, se, come me, sperate di vedere un capolavoro alla "apuntamento a Belleville", risparmiate i soldi per la prossima occasione, questo qui è semplicemente patetico.
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bia27
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mercoledì 2 gennaio 2013
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il nerissimo rimedio anticrisi di patrice leconte
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Patrice Leconte ha abituato il pubblico alla stravaganza delle sue pellicole, sempre caratterizzate da un tocco estroso, certamente unico, d'altra parte è stato "l'uomo dietro la macchina da presa" di film come "Il marito della parrucchiera" e l'indimenticabile "La ragazza sul ponte", l'esordio nell'animazione non poteva dunque essere da meno. "La bottega dei suicidi" si presenta quindi con le carte giuste: una trama originale, una grafica accattivante, dei personaggi costruiti con stile e perfino degli inserti canterini. La storia è quella di una cittadina cupa e fumosa, dove dominano i toni del grigio e del nero, tanto fra le facciate dei palazzi, quanto fra i cuori abbattuti degli abitanti, per le cui anime afflitte il negozio più in voga è la bottega di Monsieur Touvache e consorte, un pittoresco e coloratissimo negozietto dove la stramba coppia vende assieme ai due pargoli "materiale per suicidi": cordame per cappi, veleni, pallottole, katane, gas, benzina e quanto la creatività umana in fatto di trapassi abbia potuto partorire.
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Patrice Leconte ha abituato il pubblico alla stravaganza delle sue pellicole, sempre caratterizzate da un tocco estroso, certamente unico, d'altra parte è stato "l'uomo dietro la macchina da presa" di film come "Il marito della parrucchiera" e l'indimenticabile "La ragazza sul ponte", l'esordio nell'animazione non poteva dunque essere da meno. "La bottega dei suicidi" si presenta quindi con le carte giuste: una trama originale, una grafica accattivante, dei personaggi costruiti con stile e perfino degli inserti canterini. La storia è quella di una cittadina cupa e fumosa, dove dominano i toni del grigio e del nero, tanto fra le facciate dei palazzi, quanto fra i cuori abbattuti degli abitanti, per le cui anime afflitte il negozio più in voga è la bottega di Monsieur Touvache e consorte, un pittoresco e coloratissimo negozietto dove la stramba coppia vende assieme ai due pargoli "materiale per suicidi": cordame per cappi, veleni, pallottole, katane, gas, benzina e quanto la creatività umana in fatto di trapassi abbia potuto partorire. Gli affari vanno a gonfie vele e gli aspiranti moribondi non tornano indietro a lamentarsi, ma ecco l'imprevisto che scombina tutto, Madame Touvache mette al mondo il terzo erede, il tenero e sorridente Alain, un bimbo che a dispetto di fratelli e genitori, ha un amore sincero per la vita e crescendo, arriva perfino a sabotare con un gruppo d'amichetti l'intero assunto sul quale si regge l'avviata attività famigliare: l'elogio della morte. Bella l'animazione con un tocco che ricorda la mano di Sylvain Chomet (“Appuntamento a Belleville”, “L'illusionista”) ma con innesti di timburtiana memoria, ben scritti anche i personaggi con una Madame Touvache che sembra un ibrido fra l'armadio de La Bella e la Bestia, Fantasy di Pagemaster e Katy Bates, moglie perfetta del cinico Mishima, stranamente rassomigliante a Gomez Addams, forse anche troppo, senza contare che uno dei primissimi caratteri in scena: il vecchino che indirizza un aspirante suicida nell'accogliente botteguccia, pare il clone di Tonino Guerra (un caso?)... L'ottimismo è il profumo della vita... ah, caro caro Tonino. Cosa c'è dunque che non va in questo piccolo film francese? Sorvolando sulla polemica che ha inalberato il buon Patrice alla notizia del divieto ai minori di 18 anni in Italia per la sua favola nera, (anche un bambino di 6 anni ne avrebbe colto il messaggio positivo), ci resta un po' d'amaro in bocca per un racconto che tutto sommato poteva darci qualcosina in più. Saranno state certe forzature e lungaggini (ma ci servivano tutti gli inserti da musical?) Sarà stato il buonismo esageratamente mieloso che strappa giusto un sorrisetto tirato con la genialata della crepe al cianuro, sarà stato il finale rivisto dal romanzo di Jean Teulè che pure si è lasciato "tradire" forse in cambio della veste di produttore, o forse solo la banalità che qui e lì ha un po' offuscato la leggera ironia, fatto sta che "Le magasin de suicides" accolto caldamente in anteprima a Cannes, non ci convince, non del tutto almeno. Tre stellette "sanza infamia e sanza lode" come avrebbe detto il mitico Manfredi, mentre in testa rimane ormai scolpito il jingle di benvenuto della maison Touvache: "contro questa crisi infinita e il caro vitaaa, scegli la dolce dipartitaaa...
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