donni romani
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martedì 30 ottobre 2012
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sacerdoti di frontiera, esempi di coraggio
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Raccontare il degrado di una bidonville può essere impresa ardua al cinema, si rischia di scadere nel pietistico, o di edulcorare una realtà che fa - e deve fare - orrore. La pellicola di Pablo Trapero - dedicata ed ispirata da Padre Mugica, ucciso in circostanze misteriose a Buenos Aires negli Anni Settanta - scansa abilmente le facili trappole rimanendo lucido e distaccato quanto basta, riuscendo allo stesso tempo a farci partecipi di un dolore reale, tangibile, e di una dedizione assoluta, pura e sincera come solo chi ha conosciuto un'inferno simile può avere. Il film si apre su una strage in Amazzonia a cui Nicolas, un giovane europeo, scampa per miracolo. Poco dopo lo ritroviamo a Buenos Aires, dove l'amico Julien - il grande Ricardo Darin di "Cosa piove dal cielo" e "Il segreto dei tuoi occhi" - lo accompagna a conoscere quello che è chiamato l'Elefante bianco, e cioè il più grande ospedale del Sud America, mai terminato, e ora una fatiscente bidonville dove si rifugiano sbandati, drogati, ragazzi senza famiglia, e dove prosperano i narcotrafficanti, in guerra fra loro e contro la polizia.
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Raccontare il degrado di una bidonville può essere impresa ardua al cinema, si rischia di scadere nel pietistico, o di edulcorare una realtà che fa - e deve fare - orrore. La pellicola di Pablo Trapero - dedicata ed ispirata da Padre Mugica, ucciso in circostanze misteriose a Buenos Aires negli Anni Settanta - scansa abilmente le facili trappole rimanendo lucido e distaccato quanto basta, riuscendo allo stesso tempo a farci partecipi di un dolore reale, tangibile, e di una dedizione assoluta, pura e sincera come solo chi ha conosciuto un'inferno simile può avere. Il film si apre su una strage in Amazzonia a cui Nicolas, un giovane europeo, scampa per miracolo. Poco dopo lo ritroviamo a Buenos Aires, dove l'amico Julien - il grande Ricardo Darin di "Cosa piove dal cielo" e "Il segreto dei tuoi occhi" - lo accompagna a conoscere quello che è chiamato l'Elefante bianco, e cioè il più grande ospedale del Sud America, mai terminato, e ora una fatiscente bidonville dove si rifugiano sbandati, drogati, ragazzi senza famiglia, e dove prosperano i narcotrafficanti, in guerra fra loro e contro la polizia. E' solo a questo punto che scopriamo che Julien e Nicolas sono due sacerdoti, che tenteranno con fermezza ma anche con la necessaria comprensione per realtà che non si possono unicamente giudicare e condannare se si vuole riuscire a cambiare qualcosa, tenteranno dicevamo di aiutare chi ha bisogno, di contrastare l'uso di droga e di combattere contro la burocrazia per riuscire a dare dignità e alloggi a chi vuole uscire da quel girone dantesco dove non c'è futuro e non c'è giustizia. Li affianca Luciana, volontaria in bilico fra idealismo e delusione, fra speranza e rassegnazione. C'è un nucleo centrale duro nel film di Trapero, una realtà crudele e probabilmente ineliminabile, ma c'è soprattutto la tenacia, la volontà, la abnegazione di chi quella realtà vuole combatterla e se non sconfiggerla almeno modificarla. Non si ergono mai a giudici o a moralisti questi preti di frontiera, non si nascondono mai dietro ideologie e paletti religiosi, perchè ciò che li anima non è un precetto ma un sincero spirito umanitario, e l'approccio non è mai dogmatico con ragazzi che ignorano anche il più elementare senso morale perchè non è erigendo muri di legalità o facendo applicare rigidamente i dogmi della Chiesa che potranno ottenere qualche risultato, e loro lo sanno. La stanchezza sui loro volti è fatta di frustrazione e rabbia, l'abbandono fra Nicolas e Luciana è frutto del bisogno di un puro contatto umano più che desiderio di sesso, e la solidarietà che si crea fra tutti gli operatori, sacerdoti, volontari, medici e chiunque scelga di avventurarsi in un mondo simile, ha un che di magico, e di immensamente nobile. Finale amaro, ma del resto non avrebbe avuto la stessa potenza - e la stessa verità - un finale consolatorio e falso. Magnifico esempio di cinema verità attraversato da una vena di poesia e di coraggio, quel coraggio che solo chi ha un sogno nascosto in fondo al cuore può mettere in campo.
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harrychinaski
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martedì 19 febbraio 2013
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vite sospese nella periferia dei perche.
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L’elefante bianco e’ l’ospedale alla periferia di Buenos Aires cominciato negli anni 50 e mai terminato. L’elefante bianco e’ la scenografia del film dell’argentino Paolo Trapero dove due preti, Julian e Nicolas,di ritorano da una missione in Amazzonia, si adoperano per terminare cio’ che la societa civile non ha mai terminato. E che forse mai terminerà.
L’elefante bianco e’ dunque la vita dei due uomini, prima che di due preti, continuamente in bilico tra fallimento e divenire, sospesa tra quello che dovrebbe essere e che quello che si vorrebbe che fosse. Perche’ l’elefante bianco serve a dare un senso ad una citta, a un quartiere, a una bidonville, ai disperati che ci vivono, ai narcotrafficanti che pullulano le artiere di fango ai suoi lati.
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L’elefante bianco e’ l’ospedale alla periferia di Buenos Aires cominciato negli anni 50 e mai terminato. L’elefante bianco e’ la scenografia del film dell’argentino Paolo Trapero dove due preti, Julian e Nicolas,di ritorano da una missione in Amazzonia, si adoperano per terminare cio’ che la societa civile non ha mai terminato. E che forse mai terminerà.
L’elefante bianco e’ dunque la vita dei due uomini, prima che di due preti, continuamente in bilico tra fallimento e divenire, sospesa tra quello che dovrebbe essere e che quello che si vorrebbe che fosse. Perche’ l’elefante bianco serve a dare un senso ad una citta, a un quartiere, a una bidonville, ai disperati che ci vivono, ai narcotrafficanti che pullulano le artiere di fango ai suoi lati. E forse soprattutto a Julian e Nicolas, alle loro vite sospese eppur talmente focalizzate sugli obiettivi da ragguingere da dimenticare il perche lo stiano facendo.
E cosi’ l’elefante bianco diventa metafora non solo della loro vita ma anche della nostra, di un’immensa struttura in costruzione ai limiti dell’abuso edilizio dove i perche si perdono dietro scelte impossibili da decifrare, dentro l’ossessione personale di una coerenza di percorso che forse non andrebbe nemmeno cercata. Trapero firma cosi un film convinto e convincente,che non cerca di spiegare i perche’ di uomini che dovrebbero trovare risposte e che invece non fanno che porsi domande. Che non vuole per forza essere rappresentativo di buenos aires e delle sue bidonville, della vita da missionaria da strada, della coerenza o della sofferenza. Ne nasce dunque un resoconto, silenzioso come il personaggio di Nicolas, sulla difficolta di seguire un percorso di vita, qualunque esso sia, e renderne conto a se stessi prima che agli altri.
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