zoom e controzoom
|
mercoledì 4 gennaio 2012
|
trailer che crea aspettative
|
|
|
|
Molto atteso per l'amiccante trailer che fa prevedere un film trattato in modo tale per cui la tristezza delle pesanti condizioni sociali di chi le vive, viene raccontata con l'occhio di chi ha superato tutto ciò conoscendone un riscatto e si può permettere di estremizzare il vissuto mettendo in evidenza gli aspetti ridicoli, comici e ironici. Così non è.
In realtà sono solo pochi e sporadici gli episodi con questa peculiarità e soprattutto sono staccati dal resto del racconto in modo tale che il film non ha un'identità compatta, forte; non si percepisce nettamente un filone dell'ironia e non si percepisce realmente il dramma, come non emerge chiaramente l'anima dei personaggi che vagano ognuno in un mondo proprio che ha come collante la volontà del nonno, ma dei personaggi nulla di più di un'esistenza episodica.
[+]
Molto atteso per l'amiccante trailer che fa prevedere un film trattato in modo tale per cui la tristezza delle pesanti condizioni sociali di chi le vive, viene raccontata con l'occhio di chi ha superato tutto ciò conoscendone un riscatto e si può permettere di estremizzare il vissuto mettendo in evidenza gli aspetti ridicoli, comici e ironici. Così non è.
In realtà sono solo pochi e sporadici gli episodi con questa peculiarità e soprattutto sono staccati dal resto del racconto in modo tale che il film non ha un'identità compatta, forte; non si percepisce nettamente un filone dell'ironia e non si percepisce realmente il dramma, come non emerge chiaramente l'anima dei personaggi che vagano ognuno in un mondo proprio che ha come collante la volontà del nonno, ma dei personaggi nulla di più di un'esistenza episodica. I luoghi comuni che creano differenze di costume, sono appunto trattati come i luoghi comuni, quindi già conosciuti e logori a livello di scheck.
I flashback non sono sufficienti ad entrare nei personaggi che danno solo l'impressione di recitare una commedia alla quale non appartengono. L'unico plot che crea lo scatto, facendo procedere la narrazione dandole una frustata che modifica l'atteggiamento lagnoso dei personaggi, è la morte del nonno. Questo evento - purtroppo non sufficientemente utilizzato e sfruttato nella sua fondamentale importanza - crea collante come se l'assenza di chi ordinava, stabiliva, teneva unita la famiglia, come se nel vuoto improvvisamente il gruppo parentale trovasse motivi propri d'orgoglio di appartenenza molto più sentiti, per poter prendere una decisione in modo univoco. In quest'ultima parte - purtoppo proprio nel finale - ci si ritrova in una realtà attendibile, rispettosa delle regole senza momenti forzatamente farseschi.
Tecnicamente accettabile tranne qualche scena volutamente di confusione creativa - che in realtà crea solo difficoltà e non poesia - non necessaria in una storia così poco ben definita nelle sue scelte di critica o di ammiccamento.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zoom e controzoom »
[ - ] lascia un commento a zoom e controzoom »
|
|
d'accordo? |
|
maria f.
|
sabato 31 dicembre 2011
|
evviva i buoni film!
|
|
|
|
Ebbene sì il film mi è piaciuto molto. Dialoghi molto efficaci, frasi molto significative, la storia ben rappresentata.
Ho riso e ho anche pianto. Gli attori hanno dato vita a dei personaggi molto reali. Musica di effetto. Insomma un film riuscito.
Una delle cose che mi ha intenerito e commosso è stata la sensibilità dela regia nel presentarci alla fine tutti i protagonisti con accanto ad ognuno di essi il fanciullo che erono stati e il senso di protezione e di tenerezza che mostravano per quell'essere stati un tempo giovani e vulnerabili. Un'immagine davvero molto poetica. Grazie è stato un magnifico regalo per il pomeriggio del 31.12.2011. Maria.f
|
|
[+] lascia un commento a maria f. »
[ - ] lascia un commento a maria f. »
|
|
d'accordo? |
|
osteriacinematografo
|
martedì 27 dicembre 2011
|
"noi siamo come l’acqua"
|
|
|
|
Almanya è un viaggio cinematografico in doppio senso di marcia lungo la linea d’integrazione che corre fra Germania e Turchia.
Una famiglia di origini turche vive in Germania, e mentre il nonno –il capo famiglia- annuncia ai suoi di aver acquistato una casa in Anatolia per le vacanze, e mentre –subito dopo- la famiglia si muove come un corpo unico verso la terra d’origine, si sviluppa il racconto del viaggio inverso, quello affrontato dal nonno decine di anni prima per giungere in Almanya, per inseguire il sogno di un lavoro, per offrire la possibilità di una vita diversa ai suoi cari.
E’ una storia d’amore per la propria terra, per le proprie origini, è un percorso a tappe mnemoniche, è la vita stessa, è il tempo che passa ma che rimane dentro ogni persona e ne diviene parte, è lo strano ciclo naturale che si perpetua nei modi più svariati.
[+]
Almanya è un viaggio cinematografico in doppio senso di marcia lungo la linea d’integrazione che corre fra Germania e Turchia.
Una famiglia di origini turche vive in Germania, e mentre il nonno –il capo famiglia- annuncia ai suoi di aver acquistato una casa in Anatolia per le vacanze, e mentre –subito dopo- la famiglia si muove come un corpo unico verso la terra d’origine, si sviluppa il racconto del viaggio inverso, quello affrontato dal nonno decine di anni prima per giungere in Almanya, per inseguire il sogno di un lavoro, per offrire la possibilità di una vita diversa ai suoi cari.
E’ una storia d’amore per la propria terra, per le proprie origini, è un percorso a tappe mnemoniche, è la vita stessa, è il tempo che passa ma che rimane dentro ogni persona e ne diviene parte, è lo strano ciclo naturale che si perpetua nei modi più svariati.
“Noi siamo come l’acqua: non importa che forma abbiamo, noi ci siamo sempre.” – dice un padre al figlio.
Quello che siamo, che siamo stati e che saremo è una cosa sola, un unico filo avvolgente e multi sfaccettato di cui non riusciamo a percepire le estremità.
“Una volta un saggio alla domanda “Chi o cosa siamo noi?” rispose così: siamo la somma di tutto quello che è successo prima di noi, di tutto quello che è accaduto davanti ai nostri occhi, di tutto quello che ci è stato fatto, siamo ogni persona, ogni cosa la cui esistenza ci abbia influenzato o con la nostra esistenza abbia influenzato, siamo tutto ciò che accade dopo che non esistiamo più e ciò che non sarebbe accaduto se non fossimo mai esistiti!”
Così recita il film nel finale.
La morte viene interpretata come una forma di continuità, di ereditarietà di sé nelle persone che sono state “sfiorate” o “persuase” da chi apparentemente non c’è più. Nulla si perde, nemmeno una stilla, di quanto è valso a far gorgheggiare l’acqua.
E forse è proprio così.
L’acqua come memoria, l’acqua come elemento di scorrimento unificante.
L’acqua di chi lascia continua a scorrere nell’alveo di chi resta:
perciò, forse (sempre forse), non si muore mai davvero;
per lo stesso motivo, forse, “il nonno è evaporato”.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a osteriacinematografo »
[ - ] lascia un commento a osteriacinematografo »
|
|
d'accordo? |
|
astromelia
|
lunedì 26 dicembre 2011
|
ricco di umanità
|
|
|
|
bello,semplice,ben recitato,ecco come dev'essere un buon film,storia ricca di umanità,di sentimenti,di un vissuto che si ripete anche ai giorni nostri,dove non si parla di razzismo ma si convive sotto lo stesso cielo fatto di speranza,che è sempre l'ultima a morire..
|
|
[+] lascia un commento a astromelia »
[ - ] lascia un commento a astromelia »
|
|
d'accordo? |
|
giovanna
|
domenica 18 dicembre 2011
|
un film che innesca processi virtuosi di ben-esser
|
|
|
|
Giovani intelligenti brave belle… turche: Yasemin e Nesrin Samdereli, ” le sorelle Coen della Turchia” come sono state ribattezzate, dopo il successo del loro film al Festival di Berlino.
Turche ormai di terza generazione, nate a Dortmund-Germania, hanno messo in scena la storia della loro famiglia, che, come migliaia di tante altre, dopo l’accordo del 1961 tra Germania e Turchia, si spostò a lavorare in Almanya in pieno boom economico.
Attingendo a piene mani ad una ricca anedottica familiare, che già aveva divertito amici e conoscenti, con il lusso della leggerezza, le Samdereli si lanciano in una spericolata incursione nei più vieti reciproci pregiudizi razziali e ne mettono a nudo l’inconsistenza.
[+]
Giovani intelligenti brave belle… turche: Yasemin e Nesrin Samdereli, ” le sorelle Coen della Turchia” come sono state ribattezzate, dopo il successo del loro film al Festival di Berlino.
Turche ormai di terza generazione, nate a Dortmund-Germania, hanno messo in scena la storia della loro famiglia, che, come migliaia di tante altre, dopo l’accordo del 1961 tra Germania e Turchia, si spostò a lavorare in Almanya in pieno boom economico.
Attingendo a piene mani ad una ricca anedottica familiare, che già aveva divertito amici e conoscenti, con il lusso della leggerezza, le Samdereli si lanciano in una spericolata incursione nei più vieti reciproci pregiudizi razziali e ne mettono a nudo l’inconsistenza.
Il film è un invito a sbullonare il cervello dalle remore concettuali che ostacolano un sano relativismo culturale.
da
www.criticipercaso.it
A tratti divertente a tratti commovente, mai sopra le righe, anche quando tratta problemi religiosi legati all’inquietante immagine del Cristo crocifisso.
Attraverso gli occhi del piccolo Cek, il film ci racconta, con l’ inincessante uso del flashback, il lungo processo di integrazione di Hüseyin, dal suo arrivo in Germania come milionesimoeuno emigrante in Germania sino all’invito della Merkel in persona per celebrare l’anniversario dell’evento.
L’ottenimento del passaporto non cancella l’ineludibile nostalgia per il proprio Paese del capofamiglia, nè tantomeno risolve i dubbi sulla propria identità del nipotino Cek, scartato nella partita di pallone dai tedeschi perchè turco e dai turchi perchè tedesco.
In apertura e chiusura del film, frammenti del documentario con la dichiarazione di Franz Bruno Frisch: ” Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. a non far perdere di vista lo spessore del problema di ieri e di oggi.
Insomma proprio una bella occasione quest’ opera prima delle sorelle Samdereli per innescare processi virtuosi di ben-essere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giovanna »
[ - ] lascia un commento a giovanna »
|
|
d'accordo? |
|
renato volpone
|
venerdì 16 dicembre 2011
|
dal riso al pianto
|
|
|
|
Quanta emozione in questo racconto di una famiglia di origine turca che vive in Germania. Il film è raccontato dai diversi protagonisti, tutti, nessuno più importante di un altro, ognuno con la sua storia da raccontare, storie che si intrecciano, che si sovrappongono, che scompongono e ricompongono il tessuto di questa famiglia fatta di valori veri, antichi, ma fortemente radicati, a cominciare da quello dell'amore e del reciproco sostegno. Il nonno è emigrato in germania portandosi poi appresso la famiglia, il contrasto è quello della vita in una Turchia agricola con quello della Germania industrializzata, sempre con un tocco di ilarità in più che solleva il morale e fa divertire, ma poi, quando il racconto diventa più intimo, le lacrime si affacciano agli occhi.
[+]
Quanta emozione in questo racconto di una famiglia di origine turca che vive in Germania. Il film è raccontato dai diversi protagonisti, tutti, nessuno più importante di un altro, ognuno con la sua storia da raccontare, storie che si intrecciano, che si sovrappongono, che scompongono e ricompongono il tessuto di questa famiglia fatta di valori veri, antichi, ma fortemente radicati, a cominciare da quello dell'amore e del reciproco sostegno. Il nonno è emigrato in germania portandosi poi appresso la famiglia, il contrasto è quello della vita in una Turchia agricola con quello della Germania industrializzata, sempre con un tocco di ilarità in più che solleva il morale e fa divertire, ma poi, quando il racconto diventa più intimo, le lacrime si affacciano agli occhi. Un quadro, come quello animato in cui cadono le foglie a presagio di un triste autunno, un quadro di vita e di buoni sentimenti. Forse troppo edulcorato rispetto alla vita dell'emigrante, ma invita al rispetto e alla tolleranza perchè chi si allontana dalla propria terra non lo fa a cuor leggero, ma spesso e quasi sempre per sopravvivenza. E' un film che educa, ottimo da proporre nelle scuole.
[-]
[+] pienamente d'accordo con renato volpone
(di nicocily)
[ - ] pienamente d'accordo con renato volpone
[+] l'unità e i valori della famiglia:
(di cerbiato)
[ - ] l'unità e i valori della famiglia:
|
|
[+] lascia un commento a renato volpone »
[ - ] lascia un commento a renato volpone »
|
|
d'accordo? |
|
g_andrini
|
giovedì 15 dicembre 2011
|
da vedere, a mio parere.
|
|
|
|
Complimenti alla regista, si vede nel film un evidente tocco di sensibilità femminile. E' una buona pellicola, ironica, quasi istrionica, che racconta però una storia anche piuttosto verosimile.
|
|
[+] lascia un commento a g_andrini »
[ - ] lascia un commento a g_andrini »
|
|
d'accordo? |
|
murat bay
|
mercoledì 14 dicembre 2011
|
/parte 2
|
|
|
|
E questa realtà in certi tratti rivendica il suo spazio, e tenta di forzare la gabbia di stereotipi “occidentalisti”, che sono l’omologazione e il lasciapassare per questa pellicola pur sempre costruita ad uso e consumo del pubblico europeo. Emerge quando il nonno sfoggia una tolleranza inattesa dalla sua stessa nipote incinta, un nonno carismatico, di un’intelligenza cristallina, tanto da accorgersi lui stesso, e solo lui, della gravidanza della ragazza, a dimostrazione di una profonda conoscenza e complicità con l’universo femminile. Emerge quando appaiono nella scena le due "donne della spazzatura", categoria che nella moderna Almanya i due cugini non avevano mai visto.
[+]
E questa realtà in certi tratti rivendica il suo spazio, e tenta di forzare la gabbia di stereotipi “occidentalisti”, che sono l’omologazione e il lasciapassare per questa pellicola pur sempre costruita ad uso e consumo del pubblico europeo. Emerge quando il nonno sfoggia una tolleranza inattesa dalla sua stessa nipote incinta, un nonno carismatico, di un’intelligenza cristallina, tanto da accorgersi lui stesso, e solo lui, della gravidanza della ragazza, a dimostrazione di una profonda conoscenza e complicità con l’universo femminile. Emerge quando appaiono nella scena le due "donne della spazzatura", categoria che nella moderna Almanya i due cugini non avevano mai visto. Compare quando il bambino venditore di “simit” (le ciambelle al sesamo) dialoga col bambino tedesco di sangue turco, in tedesco, mostrando, pur nella sua condizione di povertà materiale, una cultura e una versatilità mentale superiore a quella del piccolo educando mitteleuropeo, che non parlava la lingua paterna. Compare in tutta la sequenza finale, dalla morte del nonno, che è tutta una rappresentazione, in punta di piedi e senza clamori, della cultura e dei sentimenti di un popolo come quello turco, che deve sgomitare e scalare montagne di pregiudizi per farsi riconoscere alla pari dall’elite dei grandi europei. E anche questa pellicola deve pagare pegno per essere accettata dal grande palcoscenico europeo. Ne deve subire il giudizio, l’occhio vigile, il filtro, e infine, l'approvazione.
In tutto questo va riconosciuto agli autori il merito di esser riusciti comunque a confezionare un prodotto accettabile, capace di non soffocare nella ragnatela della peggiore propaganda occidentalista, pur in agguato, ma mai invadente e fastidiosa. Aggirata da una ricorrente (e prevedibile) ironia.
Il cinema turco tuttavia è ben altra cosa, così come la società turca, la sua cultura, le sue virtù, debolezze, emozioni, valori, sogni e incubi, sono ben altra cosa. Il film turco è fatto in turchia, dai turchi, e in turco, ma per ora resta relegato a pochi spazi di nicchia, oppure oltre i confini europei, e italiani in particolare, e solo pochi fortunati, che come me, hanno avuto l’opportunità di conoscere da dentro questo magnifico popolo, la sua lingua, la sua storia, la sua cultura, possono godere della straordinaria bellezza e unicità di quelle pellicole. Mi rammarica il timore che questi film non verranno mai portati dalla grande distribuzione dinanzi ai nostri occhi, e tradotti nelle nostre lingue, italiana men che mai. Forse però, pellicole come quella in oggetto, pur con i loro limiti, potrebbe spianare la strada verso questo reale e auspicabile incontro fra due culture, che si considerano, da secoli, così diverse, senza però conoscersi veramente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a murat bay »
[ - ] lascia un commento a murat bay »
|
|
d'accordo? |
|
murat bay
|
mercoledì 14 dicembre 2011
|
apprezzabile tentativo ma è dura abbattere i muri.
|
|
|
|
Commedia leggera e amichevole facile da seguire. Gli ingredienti ideali per accontentare il palato del pubblico di massa italiano e mitteleuropeo, che in questa pellicola trova esattamente quel che vuol vedere, senza uscire mai, se non per qualche avventuroso momento che è solo in apparenza rivoluzionario, dal sicuro percorso ben scavato dentro il proprio background culturale. Anche in questa occasione si ha infatti l’impressione, anzi ben più, il messaggio, che i migliori conoscitori della turchia e del popolo turco siano quei paesi del vecchio continente che ne hanno “accolto” i figli che la “terra delle madri”, Anadolu appunto, non riusciva a sfamare, materialmente, moralmente e culturalmente.
[+]
Commedia leggera e amichevole facile da seguire. Gli ingredienti ideali per accontentare il palato del pubblico di massa italiano e mitteleuropeo, che in questa pellicola trova esattamente quel che vuol vedere, senza uscire mai, se non per qualche avventuroso momento che è solo in apparenza rivoluzionario, dal sicuro percorso ben scavato dentro il proprio background culturale. Anche in questa occasione si ha infatti l’impressione, anzi ben più, il messaggio, che i migliori conoscitori della turchia e del popolo turco siano quei paesi del vecchio continente che ne hanno “accolto” i figli che la “terra delle madri”, Anadolu appunto, non riusciva a sfamare, materialmente, moralmente e culturalmente. E così diviene merito della colta Europa, e in particolare della sua locomotiva economica, quello di aver elevato, o meglio, assimilato, al rango di cittadini occidentali, queste povere masse oppresse da troppi divieti e timori così arcaici da apparirci addirittura simpatici. In questo contesto si incastrano alla perfezione i soliti luoghi comuni della cultura eurocentrica verso il mondo musulmano in generale, che per il solo fatto di avere un culto religioso assume i connotati di uno stereotipo incancellabile, rendendoci incapaci di andare a cogliere quelle peculiarità che contraddistinguono nettamente dei popoli accomunati solo da uno stesso dio da pregare. Banali errori di geografia scaturiscono da una visione eurocentrica del mondo, che vuole Istanbul in europa (forse perché l’antica Costantinopoli?), mentre l’anatolia viene ridotta alla sola porzione più orientale della turchia, quando invece la penisola anatolica è tutto ciò che sta a destra del bosforo, Istanbul compresa per metà quindi. Il povero paesino sperduto fra inospitali montagne, dove si vive in baracche e si allevano polli e capre, così diverso dalle prosperose città tedesche che guidano il progresso, diventa la patria di quella famiglia con la tara delle proprie radici, pur se elevata dall’incontro pluridecennale con la raffinata cultura mitteleuropea. Il maschilismo estremizzato, che vuole la donna alla stregua di una schiava che obbedisce incondizionatamente all’uomo, tanto che il vecchio nonno (di cui ho letto definizioni del tipo “patriarca”) si rivolge alla sua consorte, compagna di una vita, chiamandola “donna”, malcelando così un naturale assoggettamento al "maschio". Forse una distorsione legata al doppiaggio italiano, così voglio credere, ma che mi fa sorridere, conoscendo molto bene, da dentro, la società turca che abbraccia persone dagli 80 agli 0 anni. L’amore che hanno per la famiglia, per tutti i suoi componenti, anche quelli “acquisiti”, e il rispetto di cui gode soprattutto la donna al suo interno, sono valori così puri e indiscutibili che forse le nostre società disgregate e infette da troppo consumismo (e sradicate ormai dal proprio passato) non sono neanche più in grado di comprendere. Impensabile per un marito turco (di media educazione) rivolgersi alla propria moglie con l'appellativo "donna".
[-]
|
|
[+] lascia un commento a murat bay »
[ - ] lascia un commento a murat bay »
|
|
d'accordo? |
|
murat bay
|
mercoledì 14 dicembre 2011
|
apprezzabile tentativo, ma è dura abbattere i muri
|
|
|
|
Commedia leggera e amichevole facile da seguire. Gli ingredienti ideali per accontentare il palato del pubblico di massa italiano e mitteleuropeo, che in questa pellicola trova esattamente quel che vuol vedere, senza uscire mai, se non per qualche avventuroso momento che è solo in apparenza rivoluzionario, dal sicuro percorso ben scavato dentro il proprio background culturale. Anche in questa occasione si ha infatti l’impressione, anzi ben più, il messaggio, che i migliori conoscitori della turchia e del popolo turco siano quei paesi del vecchio continente che ne hanno “accolto” i figli che la “terra delle madri”, Anadolu appunto, non riusciva a sfamare, materialmente, moralmente e culturalmente.
[+]
Commedia leggera e amichevole facile da seguire. Gli ingredienti ideali per accontentare il palato del pubblico di massa italiano e mitteleuropeo, che in questa pellicola trova esattamente quel che vuol vedere, senza uscire mai, se non per qualche avventuroso momento che è solo in apparenza rivoluzionario, dal sicuro percorso ben scavato dentro il proprio background culturale. Anche in questa occasione si ha infatti l’impressione, anzi ben più, il messaggio, che i migliori conoscitori della turchia e del popolo turco siano quei paesi del vecchio continente che ne hanno “accolto” i figli che la “terra delle madri”, Anadolu appunto, non riusciva a sfamare, materialmente, moralmente e culturalmente. E così diviene merito della colta Europa, e in particolare della sua locomotiva economica, quello di aver elevato, o meglio, assimilato, al rango di cittadini occidentali, queste povere masse oppresse da troppi divieti e timori così arcaici da apparirci addirittura simpatici. In questo contesto si incastrano alla perfezione i soliti luoghi comuni della cultura eurocentrica verso il mondo musulmano in generale, che per il solo fatto di avere un culto religioso assume i connotati di uno stereotipo incancellabile, rendendoci incapaci di andare a cogliere quelle peculiarità che contraddistinguono nettamente dei popoli accomunati solo da uno stesso dio da pregare. Banali errori di geografia scaturiscono da una visione eurocentrica del mondo, che vuole Istanbul in europa (forse perché l’antica Costantinopoli?), mentre l’anatolia viene ridotta alla sola porzione più orientale della turchia, quando invece la penisola anatolica è tutto ciò che sta a destra del bosforo, Istanbul compresa per metà quindi. Il povero paesino sperduto fra inospitali montagne, dove si vive in baracche e si allevano polli e capre, così diverso dalle prosperose città tedesche che guidano il progresso, diventa la patria di quella famiglia con la tara delle proprie radici, pur se elevata dall’incontro pluridecennale con la raffinata cultura mitteleuropea. Il maschilismo estremizzato, che vuole la donna alla stregua di una schiava che obbedisce incondizionatamente all’uomo, tanto che il vecchio nonno (di cui ho letto definizioni del tipo “patriarca”) si rivolge alla sua consorte, compagna di una vita, chiamandola “donna”, malcelando così un naturale assoggettamento al "maschio". Forse una distorsione legata al doppiaggio italiano, così voglio credere, ma che mi fa sorridere, conoscendo molto bene, da dentro, la società turca che abbraccia persone dagli 80 agli 0 anni. L’amore che hanno per la famiglia, per tutti i suoi componenti, anche quelli “acquisiti”, e il rispetto di cui gode soprattutto la donna al suo interno, sono valori così puri e indiscutibili che forse le nostre società disgregate e infette da troppo consumismo (e sradicate ormai dal proprio passato) non sono neanche più in grado di comprendere. Impensabile per un marito turco (di media educazione) rivolgersi alla propria moglie con l'appellativo "donna".
[-]
[+] film positivo!
(di francesca50)
[ - ] film positivo!
|
|
[+] lascia un commento a murat bay »
[ - ] lascia un commento a murat bay »
|
|
d'accordo? |
|
|