crismovie
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domenica 24 ottobre 2010
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una piccola perla senza data di scadenza
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Non scontato, emoziona e rende omaggio senza retorica. La musicalità e il ritmo trasudano dalla gente e dalla cità e il film ne dà semplicemente atto e con umiltà.
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enzo70
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giovedì 18 novembre 2010
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una sola parola: passione.
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Ci sono film e film; ci sono film di azione, film di avventura e film di amore. Ci sono film di fantascienza, film storici, Kolossal e film d'autore. Ci sono film allegri e film tristi. Ci sono film musicali e film muti. Passione non è un film. Va oltre, molto oltre. Torturro entra nelle viscere di Napoli, nella sua cultura, nel suo amore e nella sua sofferenza. Esplora come un vero viaggiatore le contraddizioni di una città; non cerca di capirle, di trovare un filo conduttore. Non ha una bussola e non la vuole. Lascia Napoli libera di cantare, di parlare con i suoi suoni, con le sue musiche. Che sono un mezzo, non il fine. Altrimenti parleremmo di un film musicale. E Passione non lo è. Erano anni, decenni, dallo splendido "Scugnizzi" di Loy, con l'incantevole colonna sonora di Mattone, che ne ha fatto un musical natalizio, che Napoli è solo uno strumento per starnazzare banalità e violenza.
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Ci sono film e film; ci sono film di azione, film di avventura e film di amore. Ci sono film di fantascienza, film storici, Kolossal e film d'autore. Ci sono film allegri e film tristi. Ci sono film musicali e film muti. Passione non è un film. Va oltre, molto oltre. Torturro entra nelle viscere di Napoli, nella sua cultura, nel suo amore e nella sua sofferenza. Esplora come un vero viaggiatore le contraddizioni di una città; non cerca di capirle, di trovare un filo conduttore. Non ha una bussola e non la vuole. Lascia Napoli libera di cantare, di parlare con i suoi suoni, con le sue musiche. Che sono un mezzo, non il fine. Altrimenti parleremmo di un film musicale. E Passione non lo è. Erano anni, decenni, dallo splendido "Scugnizzi" di Loy, con l'incantevole colonna sonora di Mattone, che ne ha fatto un musical natalizio, che Napoli è solo uno strumento per starnazzare banalità e violenza. Perchè nel circo mediatico Napoli è munnezza e camorra. Piace così. Piace senza la sua storia, la sua cultura, la sua passione. Ed allora arriva un Newyorkese e dice basta. E lo fa con un sogno lungo novanta minuti. Sconvolgente la mancata promozione di questo capolavoro che torna a dare dignità a Napoli.
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algernon
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sabato 23 ottobre 2010
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un americano a napoli
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Viaggio con John Turturro nella musicalità napoletana. un po' documentario didattico, che spiega ai non-Napoletani, magari anche agli Americani come Turturro, la nascita e l'evoluzione delle canzoni, e il loro rapporto con i Napoletani. Un po', anzi molto, spettacolo, bellissime interpretazioni delle migliori voci, da Angela Luce a Peppe Barra a Pino Daniele a tanti altri. Un po' bella visione, dei visi delle persone del popolo, dei vicoli di Napoli, delle architetture, con bei colori sovrasaturi e con grande regia. Il regista è presente in scena e si muove anche lui al ritmo della mausica. Applauso finale, questa volta meritato.
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lizard_king
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venerdì 17 dicembre 2010
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"tu vuò fà il napoletano"
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Molto spesso capita di uscire dalla sala di un cinema chiedendosi :" ma cos'ho visto?" oppure " mi è piaciuto?".
Poi, dopo aver fatto due passi, le emozioni provate nel gran "salotto buio" svaniscono.Per far cinema non basta raccontare una storia.. a volte anche la storia più grande finisce con l'annoiare.
Passione è uno di quei film il cui ricordo continua a passarti per la testa, le cui canzoni continuano a scorrere nelle tue vene ed a far vibrare le tue corde.. forse perchè la canzone italiana è figlia di Napoli (senza nulla togliere alle altre città) e forse perchè ogni qual volta si cerca di far baldoria, la canzone napoletana sale sul palco e per alcuni minuti cancella i confini italiani.
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Molto spesso capita di uscire dalla sala di un cinema chiedendosi :" ma cos'ho visto?" oppure " mi è piaciuto?".
Poi, dopo aver fatto due passi, le emozioni provate nel gran "salotto buio" svaniscono.Per far cinema non basta raccontare una storia.. a volte anche la storia più grande finisce con l'annoiare.
Passione è uno di quei film il cui ricordo continua a passarti per la testa, le cui canzoni continuano a scorrere nelle tue vene ed a far vibrare le tue corde.. forse perchè la canzone italiana è figlia di Napoli (senza nulla togliere alle altre città) e forse perchè ogni qual volta si cerca di far baldoria, la canzone napoletana sale sul palco e per alcuni minuti cancella i confini italiani. Nessun Nord, nessun Sud. Solo Italia e voglia di far parte di questo "Paese".
Film Documentario che per 90 minuti ci fa da guida tra le caratteristiche strade del centro storico portandoci alla scoperta del sound napoletano e celebrando i pilastri della musica partenopea. Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Lina Sastri, di James Senese, Peppe Barra e Massimo Ranieri.
Interpretazioni magnifiche, fotografia eccellente ed una Napoli felice, commovente, distrutta dalla guerra e "violata" dai carri armati, caotica con i suoi mercati e colorata dai numerosi turisti.
In cabina di regia un John Turturro che come un vero “Surdato ‘nnammurato” o meglio, “regista ‘nnammurato” dedica alla città cuore, anima, musica e tutta la sua arte e che si concede addirittura un momento di pura “pazzia” in una fumante solfatara e con una alquanto divertente “Caravan Petrolio” interpretata da un grande Fiorello.
Alla fine ci si lascia trasportare dalla voce inconfondibile di Pino Daniele e la sua "Napul’è" mentre la telecamera ci saluta con una Napoli dai vicoli stretti, tetti pieni zeppi di parabole ed i panni appena stesi che odoran di bucato.
Telegramma finale : “ Finchè c’è Musica c’è speranza”.
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maria cristina nascosi sandri
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domenica 19 giugno 2011
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passione e...ri-passione
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Presentato lo scorso anno nella sezione Fuori Concorso al 67° Festival di Venezia, riappare, seppur brevemente, nelle sale, PASSIONE, il film di John Turturro, protagonisti, oltre a lui stesso, gli Spakka-Neapolis 55, gli Avion Travel, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Peppe Barra.
Co-prodotto da Italia e U.S.A., è distribuito in Italia da Cinecittà Luce.
Passione è un viaggio a 360° nella napoletanità più vera, autentica.
Di origine italiana, ancorché siciliana, l’ottimo attore che da qualche anno sta provando anche l’altra…...faccia della m.d.p. – e ci riesce molto bene, si può tranquillamente dire – con questo film omaggia le sue origini e non per la prima volta: ben riconosciuto è il suo amore per il teatro di Eduardo, da lui recentemente molto ben interpretato grazie ad un’apprezzata versione americana di “Questi fantasmi”, un classico della drammaturgia di De Filippo, da lui ribattezzato Souls of Naples che ha meritato una nomination al Drama Desk Award.
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Presentato lo scorso anno nella sezione Fuori Concorso al 67° Festival di Venezia, riappare, seppur brevemente, nelle sale, PASSIONE, il film di John Turturro, protagonisti, oltre a lui stesso, gli Spakka-Neapolis 55, gli Avion Travel, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Peppe Barra.
Co-prodotto da Italia e U.S.A., è distribuito in Italia da Cinecittà Luce.
Passione è un viaggio a 360° nella napoletanità più vera, autentica.
Di origine italiana, ancorché siciliana, l’ottimo attore che da qualche anno sta provando anche l’altra…...faccia della m.d.p. – e ci riesce molto bene, si può tranquillamente dire – con questo film omaggia le sue origini e non per la prima volta: ben riconosciuto è il suo amore per il teatro di Eduardo, da lui recentemente molto ben interpretato grazie ad un’apprezzata versione americana di “Questi fantasmi”, un classico della drammaturgia di De Filippo, da lui ribattezzato Souls of Naples che ha meritato una nomination al Drama Desk Award.
In questa sua ultima prova, Turturro propone Napoli come patria fondante della canzone anzi delle canzoni, una vera leggenda.
Canzoni e cantanti, musicisti e poeti, personaggi reali e leggendari sono i protagonisti di un film che attraversa ‘amorosamente’ ed artisticamente una delle 'megalopoli' più belle, famose e, sicuramente, discusse del mondo.
Maria Cristina Nascosi Sandri
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olgadik
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mercoledì 17 novembre 2010
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cartoline appassionate
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Eccolo il cerimoniere cortese in abiti borghesi che con il suo atteggiamento, colto e popolare insieme, dà il via nella prima scena “perché la festa cominci”. Infatti assisteremo insieme con lui alla festa per un incontro d’amore tra il regista e la musica napoletana. Siamo tutti invitati a partecipare, mentre gli esterni (che tale è lo sfondo) di una città ferita ma non domata, si snodano sotto i nostri occhi. Una cascata di suoni investe le orecchie e la mente in questo percorso musicale dove incontriamo di tutto: la villanella del 1200, la melodia classica dell’800, la tamurriata, il rap, i videoclip, il jazz, il neomelodico. E intanto i fondali mutano intersecandosi con le canzoni o la loro sceneggiatura; facciate nobili, le case dei Rioni Spagnoli, il tardo rococò delle chiese, gli androni scenografici restaurati o no, la ripida scalinata di Castel dell’Ovo, la costiera, le pendici aride del Vesuvio.
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Eccolo il cerimoniere cortese in abiti borghesi che con il suo atteggiamento, colto e popolare insieme, dà il via nella prima scena “perché la festa cominci”. Infatti assisteremo insieme con lui alla festa per un incontro d’amore tra il regista e la musica napoletana. Siamo tutti invitati a partecipare, mentre gli esterni (che tale è lo sfondo) di una città ferita ma non domata, si snodano sotto i nostri occhi. Una cascata di suoni investe le orecchie e la mente in questo percorso musicale dove incontriamo di tutto: la villanella del 1200, la melodia classica dell’800, la tamurriata, il rap, i videoclip, il jazz, il neomelodico. E intanto i fondali mutano intersecandosi con le canzoni o la loro sceneggiatura; facciate nobili, le case dei Rioni Spagnoli, il tardo rococò delle chiese, gli androni scenografici restaurati o no, la ripida scalinata di Castel dell’Ovo, la costiera, le pendici aride del Vesuvio. Ogni piano si mischia, al di fuori di ordini e regole cronologiche, tutto è vibrante: corpi sensualissimi di donne, immagini di oggi e di ieri, spezzoni inediti da film luce, occhi di bimbi curiosi e popolane che non sanno resistere al ritmo ballando coi corpi sfatti e gli occhi usurati ma non spenti. La gioia per la vita la vince nonostante tutto. Nel ballo e nel canto i napoletani dimenticano e riprendono fiato. Un vecchio spezzone brevissimo con un Ranieri scugnizzo riempie per un breve istante con le note di “O sole mio” lo schermo, mentre l’inno dell’emigrato italiano esplode da una voce cristallina e da un muso di adolescente intenso. Qua e là il cerimoniere si fa vivo con collaudato garbo e commenta l’inedito omaggio a una città della quale dice: “Ci sono posti in cui vai una volta sola. E poi c’è Napoli”. La Napoli che ha inglobato tutte le culture più diverse, rimanendo se stessa nei fondamentali: vizi o virtù che siano. Ma se parliamo di musica si tratta soprattutto del positivo, perché questa si estende con le sue melodie sui luoghi più miseri e dimenticati e a tutto comunica energia, dolore, amore e ritmo. Questa faccia della realtà napoletana Turturro ha voluto ricordarla con sincera gioia, senza vezzi snobistici, avvicinandosi ad essa con divertimento e serietà. Inutile citare qui la folla di autori e interpreti famosi presenti in questa cavalcata (c’è anche il cammello!) o i testi di canzoni vecchie, nuove, sperimentali, arrangiate, rappate, sceneggiate, ecc. Ognuno viaggerà nell’universo, su cui il nostro cerimoniere ha alzato il sipario ,con il proprio cuore, la sua capacità di vibrare all’unisono con i sentimenti delle canzoni, con la irresistibile voglia di alzarsi dalla poltrona e trasferirsi nello schermo per ballare tra i vicoli di Napoli. Dicono che per l’occasione Turturro abbia fatto sgombrare la spazzatura dalle strade e che ci sia riuscito… suonando il piffero.
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pepito1948
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martedì 16 novembre 2010
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passione di un italomeridionale
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Confesso che, come amante del musical moderno (quello meno frivolo e vacuo del vecchio schema musica-amore-danza-lieto anni '40-’50), sono pregiudizialmente sbilanciato a favore di questo tipo di cinematografia, di cui abbiamo avuto magnifici esempi soprattutto dall’America.
“Passione” è diverso, è un atto d’amore verso Napoli di un cineasta americano come Turturro, figlio di madre siciliana e cantante di jazz, quindi di sangue italico meridionale e di conseguenza passionale per definizione e musicofilo. Il suo modo di vivere e comunicare una realtà complessa e multiforme come Napoli, forse una delle città più stereotipate nelle rappresentazioni iconografiche nazionali ed estere, denota una naturalezza ed una originalità che sono difficili da riscontrare anche in casa nostra a Nord della Campania.
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Confesso che, come amante del musical moderno (quello meno frivolo e vacuo del vecchio schema musica-amore-danza-lieto anni '40-’50), sono pregiudizialmente sbilanciato a favore di questo tipo di cinematografia, di cui abbiamo avuto magnifici esempi soprattutto dall’America.
“Passione” è diverso, è un atto d’amore verso Napoli di un cineasta americano come Turturro, figlio di madre siciliana e cantante di jazz, quindi di sangue italico meridionale e di conseguenza passionale per definizione e musicofilo. Il suo modo di vivere e comunicare una realtà complessa e multiforme come Napoli, forse una delle città più stereotipate nelle rappresentazioni iconografiche nazionali ed estere, denota una naturalezza ed una originalità che sono difficili da riscontrare anche in casa nostra a Nord della Campania.
Turturro ha il merito di descrivere Napoli dal basso, nei vicoli e nelle strade dove primeggiano scritte e graffiti neri o sgargianti, muri scrostati, incuria, palazzi che sembrano toccarsi disordinatamente, visi rugosi di anziani magari appesantiti dagli anni ma sempre pronti a mettersi in gioco, a partecipare a quella sarabanda di colori, suoni, sensualità che caratterizzano la città. E’ la Napoli delle tradizioni popolari, dove non c’è posto per i negozi di lusso, i caffè ed i monumenti del centro, le strade larghe e le palazzine dei quartieri ricchi. Le immagini del passato, dell’allegra baldoria della gente comune al passare dei salvatori americani, dimentica per un momento degli enormi problemi della ricostruzione, dei bambini poveri ma festanti, tracciano una linea di continuità con la realtà di oggi, più evoluta ma sostanzialmente rimasta ancorata alle contraddizioni di sempre. Non si vede sporcizia, non compaiono i cumuli di immondizia, non c’è “Bertolaso” che controlla la situazione, ma ne possiamo avvertire la presenza dietro il degrado che qua e là fa capolino.
Il Vesuvio è presente, ma non ha il solito bonario pennacchio filiforme e rassicurante, ma fa da ombroso sfondo ad un caotico susseguirsi di tetti ed antenne, o mostra tutta la sua violenza terrificante come nell’ultima eruzione del ’44, o emerge vago ed anonimo tra la nebbia durante lo sbarco dei marines. Anche il Vesuvio è povero, spoglio e potenzialmente iroso come la moltitudine di coloro che lo guardano da sotto tutti i giorni.
Ma è la musica, la loro musica, la vera protagonista del film; non una semplice colonna sonora, ma il “veicolo emotivo”, che lega e compatta centinaia di migliaia di vite variegate e dalle più diverse storie. La musica come energia unificante e vivificante, che fa vibrare giovani e vecchi, sui ritmi di tradizioni culturali plurigenerazionali aggiornate ma sempre attuali, inframmezzata da interviste, pensieri in libertà o recite improvvisate espressi in un dialetto (o una lingua, come qualcuno dice) che è anch’essa musica.
Non manca qualche pecca, ma il tutto è confezionato in modo da coinvolgere ed appassionare, lontano dai luoghi comuni, e quindi Turturro ha centrato l’obiettivo.
Qualcuno si è chiesto perché c’è tanta Montecorvino (chi era costei?) e nessun Murolo. La risposta è semplice: la prima rappresenta anche fisicamente, con quel volto scavato che sembra nascondere sofferenza e con la sensualità semplice e ruspante di un corpo che non vuole appassire, l’anima più popolare di Napoli; Murolo la tradizione dotta, la musica elegante, aulica che nel film non trova posto.
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luca scial�
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lunedì 13 maggio 2013
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napoli, tra dramma e gioia
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John Turturro propone un film su Napoli, raccontandola attraverso le canzoni della tradizione popolare, che fanno da colonna sonora a immagini di una città che da sempre balla tra due caratteri contrastanti: il dramma, la povertà, i problemi da un lato, la gioia, il canto, l'allegria dall'altro. Una città e le sue mille sfaccettature, la sua felicità nonostante tutto e la sua malinconia nonostante le tante cose belle che ha.
Si spiega anche il significato delle canzoni, tramite la testimonianza di artisti di ieri e di oggi. A chiudere l'omaggio Napul'è di Pino Daniele, canzone che forse più di tutte ha saputo descrivere la città partenopea. Che è una carta sporca, e nisciun se ne 'mporta.
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fabio1957
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mercoledì 8 luglio 2015
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belllo ma incompleto
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Non vi nascondo che ho visto questo film di Turturro tante volte,qualcuno ha detto musica per gli occhi ed è vero,le immagini della nostra bella ma sfortunata città e dei suoi piccoli eroi, fanno da contrappunto a straordinarie musiche e grandi interpretazioni canore,ma..il punto è che un documentario musicale su Napoli, quale è Passione non può dimenticare per strada artisti come Nino D'angelo,Gigi D'alessio,Mario Merola,Aurelio Fierro,Bruno Venturini,Miranda Martino e tanti altri.Naturalmente è vero che tutti non si potevano prendere in considerazione, altrimenti il film sarebbe durato 7 ore,però una citazione breve l'avrebbero senz'altro meritata.
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Non vi nascondo che ho visto questo film di Turturro tante volte,qualcuno ha detto musica per gli occhi ed è vero,le immagini della nostra bella ma sfortunata città e dei suoi piccoli eroi, fanno da contrappunto a straordinarie musiche e grandi interpretazioni canore,ma..il punto è che un documentario musicale su Napoli, quale è Passione non può dimenticare per strada artisti come Nino D'angelo,Gigi D'alessio,Mario Merola,Aurelio Fierro,Bruno Venturini,Miranda Martino e tanti altri.Naturalmente è vero che tutti non si potevano prendere in considerazione, altrimenti il film sarebbe durato 7 ore,però una citazione breve l'avrebbero senz'altro meritata.La storia musicale di questa città passa anche attraverso questi personaggi.Detto ciò,il film è piacevole,Fiorello straordinario nel pezzo di Carosone girato alla Solfatara,Turturro non è napoletano ovviamente,neanche parla l'italiano, forse non lo capisce,eppure ha centrato alcuni aspetti e alcune contraddizioni del nostro territorio.Grande acume,grande intuito
bello ma incompleto
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giorpost
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mercoledì 26 luglio 2017
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un autentico gioiello del grande john turturro
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Napoli, 2010. John, smilzo ed occhialuto cinquantenne americano di origini siculo-pugliesi, passeggia per le strade del Centro Storico più antico e grande al mondo, tra stradine strette, piazze e monumenti. Si gira verso la telecamera e pronuncia il seguente pensiero: “ci sono luoghi dove ci vai una volta e ti basta. E poi c'è Napoli”. Ben presto, John, invitandoci a seguirlo, realizza che ad ogni singolo scorcio, angolo o mattone antico di questo luogo, corrisponde una storia raccontata, musicata e interpretata da qualcuno, per qualcuno.
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Napoli, 2010. John, smilzo ed occhialuto cinquantenne americano di origini siculo-pugliesi, passeggia per le strade del Centro Storico più antico e grande al mondo, tra stradine strette, piazze e monumenti. Si gira verso la telecamera e pronuncia il seguente pensiero: “ci sono luoghi dove ci vai una volta e ti basta. E poi c'è Napoli”. Ben presto, John, invitandoci a seguirlo, realizza che ad ogni singolo scorcio, angolo o mattone antico di questo luogo, corrisponde una storia raccontata, musicata e interpretata da qualcuno, per qualcuno. Questo è l'immenso patrimonio musicale della Canzone Napoletana e John, quell'uomo longilineo -e dall'accento marcatamente newyorkese- altri non è che il grande attore e regista John Michael Turturro. Tali canzoni e poesie, pensa John, non hanno avuto (ed hanno) il solo scopo di raccontare un aneddoto o un cuore infranto, ma quello -ancor più nobile- di promulgare una realtà sociale mutabile nel tempo, fatta di culture diverse che si fondono dando vita ad uno straordinario meltin pot interculturale e socio politico: Napoli, appunto. In fondo, la città delle 500 chiese, la metropoli bagnata dal Golfo più luminoso del pianeta, il capoluogo dominato dal celeberrimo Vesuvio ha ancora molto da raccontare. E come dargli torto...
Passione (USA, Italia, 2010) è il titolo non tradotto di questo documentario musicale ideato e realizzato dalla mente creativa dell'interprete, tra gli altri, di Barton Fink e Fa la cosa giusta. E Turturro, in effetti, fa davvero centro, andando a pescare nel vastissimo archivio partenopeo alcune delle poesie musicate più belle della melodia classica napoletana, in un film che ha come obiettivo primario quello di far capire, a chi ancora gira lo sguardo (e l'orecchio) altrove, che Napoli è una città-mondo, speciale ed unica, avvolta da misteri millenari e problemi secolari, senza tuttavia aver mai smarrito la rotta nell'agitato mare della vita. E ad occupare quel ruolo di bussola ci ha pensato sempre la musica, strepitoso viatico di idee e pensieri che, mescolati ad arte, narrano di gioie, dolori e semplici fatti di vita vissuta. Fantastica, ad esempio, la sessione di Beppe Barra che, ottimamente coadiuvato dal prezioso caratterista americano Max Casella e dalla sobria e fascinosa tunisina M'Barka Ben Taleb, re-interpreta la Tamurriata Nera, pezzo storico che racconta dei figli neri della Grande Guerra in un missaggio sorprendente nel quale figura anche Pistol Packin' Mama di Al Dexter; molto bella, altresì, l'incursione nelle tempestose relazioni coniugali della Malafemmena del grande Totò, qui magistralmente interpretata da Ranieri e Sastri; senza parlare, poi, della divertente Caravan Petrol (di Reanato Carosone) che ci insinua dubbi sull'esistenza del petrolio in quel di Napoli, tra ritmi arabi e balli magrebini (a sancire quel mix di cui sopra). E il buon John, tra una perla e l'altra, ci presenta filmati storici di una Partenope dimenticata e melanconica ma mai del tutto sopita, tra interessanti interviste a storici della musica e ritratti più o meno compiaciuti di artisti universalmente conosciuti come James Senese (che è a tutti gli effetti un figlio della Guerra) o Enzo Avitabile. Quest'ultimo, omaggiato in uno splendido lavoro anche da un certo Jonathan Demme, ci racconta il dietro le quinte di Faccia Gialla, vera e propria pretesa in musica di un popolo intero che non chiede, bensì esige, il miracolo di San Gennaro, la cui statua -nel tempo- si è irrimediabilmente ingiallita. E tra un magico e sensuale Canto delle lavandaie del Vomero (un urlo disperato, ma pacato, risalente al 1400) e capolavori di Di Giacomo, Tagliaferri, Valenti e Nicolardi, arriviamo al finale di Napule è di Pino Daniele, sigillo e lascito di una sceneggiatura in divenire che, per citare lo stesso interprete americano, ci fa riscoprire “una città dipinta di suoni, dove la musica è un elemento essenziale”.
Un'opera di bellezza autentica, colorata e ritmata, nemmeno per un attimo banale. Gli unici momenti “lenti” li dobbiamo all'intervista ad un eccentrico trio di anziani storici che dibattono su chi fosse stato più grande tra Caruso e De Lucia, ben compensati dalla grinta di Pietra Montecorvino e Raiz. Il peccato (perdonabile), invece, si paesa nell'assenza di Bennato e Murolo.
Se dev'essere un americano a farci riscoprire il patrimonio che abbiamo sotto i piedi (e dentro le solite orecchie), allora thanks, John. Grazie, Giuà.
Voto: 9
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