simone dato
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venerdì 25 febbraio 2011
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i diversi punti di vista di inarritu
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In questo film asciutto, scevro da sentimentalismi (e forse proprio per questo di un'efficacia dirompente e disarmante) e "strizzate d'occhio" allo spettatore, Inarritu ci racconta una Barcellona ben lontana da quella da cartolina che ci mostrò Woody Allen poco tempo addietro (e che per altro, è quella tipica che un po' ovunque identifica la città catalana) in "Vicky, Cristina e Barcelona".
Il raffronto con il lavoro precedente del regista newyorkese viene spontaneo non solo per l'ambientazione, ma anche perchè lo stesso attore, il bravissimo Javier Bardem, lì interpretava l'istrionico Juan Antonio, circondato e desiderato da 3 donne bellissime (su tutte, la splendida Rebecca Hall, ma questo è un parere del tutto personale), qui assume le vesti dello sfortunato Uxbal, uomo rassegnato tanto alla vita quanto alla morte, che si muove nella parte più degradata della città, sbarcando il lunario con piccoli traffici e gestendo venditori abusivi, e che deve anche far fronte ad una situazione familiare precaria, una moglie con disturbi psichici da cui si sta separando, e due figli abbandonati più o meno a loro stessi.
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In questo film asciutto, scevro da sentimentalismi (e forse proprio per questo di un'efficacia dirompente e disarmante) e "strizzate d'occhio" allo spettatore, Inarritu ci racconta una Barcellona ben lontana da quella da cartolina che ci mostrò Woody Allen poco tempo addietro (e che per altro, è quella tipica che un po' ovunque identifica la città catalana) in "Vicky, Cristina e Barcelona".
Il raffronto con il lavoro precedente del regista newyorkese viene spontaneo non solo per l'ambientazione, ma anche perchè lo stesso attore, il bravissimo Javier Bardem, lì interpretava l'istrionico Juan Antonio, circondato e desiderato da 3 donne bellissime (su tutte, la splendida Rebecca Hall, ma questo è un parere del tutto personale), qui assume le vesti dello sfortunato Uxbal, uomo rassegnato tanto alla vita quanto alla morte, che si muove nella parte più degradata della città, sbarcando il lunario con piccoli traffici e gestendo venditori abusivi, e che deve anche far fronte ad una situazione familiare precaria, una moglie con disturbi psichici da cui si sta separando, e due figli abbandonati più o meno a loro stessi.
Ma la Barcellona di Inarritu, come detto, non è più quella di Gaudì, sel modernismo, dei locali alla moda o dei viali dello shopping, bensì è quella decadente, degradata, popolare senza esserlo.
Mescolando tali e tanti ingredienti, la morte, il degrado, la precarietà, la malattia, l'assenza di futuro, è solitamente molto facile che il risultato finale sia un lavoro incompiuto, in cui il sentimentalismo, la voglia di trascinare lo spettatore dietro a un'idea, siano predominanti: non è questo il caso del film di Inarritu.
Il regista messicano riesce, sfornando per ciò un quasi capolavoro, a darci una fotografia nuda e cruda della realtà, o meglio di una delle tante realtà, pur conferendo, alla narrazione così come a tutti i personaggi, veridicità e senso di sè.
Detto in altre parole, un'anima.
Interessante, poi, vedere questo film in paragone con quello di un grande vecchio di Hollywood come Clint Eastwood, ed il suo recente "Hereafter".
In entrambi viene trattato il tema del fine vita, ed in entrambi si tocca l'argomento della sensorialità (nel film di Eastwood questo è proprio il tema predominante, a differenza di quanto avviene nel film di Inarritu). Ebbene, anche in questo caso "vince", se così si può dire forzando un po', Inarritu, che riesce ad essere al contempo più profondo e meno didascalico.
L'interpretazione di Bardem, poi, è magistrale, e ricorda un po', senza sfigurare di fronte a cotanto riferimento, quella di Sean Penn in "21 Grams".
Molto più a suo agio in un ruolo come questo rispetto a quello del latin lover farfallone di "Vicky, Cristina e Barcelona", l'attore spagnolo dà il meglio di sè, muovendosi con realismo e dignità nei panni di un uomo, nè santo nè eroe, che nel momento in cui capisce che il suo tempo sta per scadere decide, come gli viene suggerito in una scena del film da un'amica sensitiva, di mettere le cose a posto.
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zico76
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sabato 5 febbraio 2011
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inquietante
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triste , angosciante , maledettamente attuale a tratti malinconico . la vita a volte e' davvero drammatica e lo si puo' vedere in tutto quello che ci circonda , questa e' la bravura di gonzalez , ha reso ogni cosa nel film tetra , dagli ambienti ai personaggi alle circostanze . tutto e' cosi' costantemente inquietante da diventare un peso , che rende la lunga visione ( 138 minuti ) quasi faticosa , fatica che solo la morte di uxbal nel finale affievolisce . ma le cose non cambiano , nessuna prospettiva migliore , nessun buon proposito , nessun lieto fine . un film forte che ti prova , ti lascia il segno , ti appesantisce , e' un film che ti tocca nel profondo .
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triste , angosciante , maledettamente attuale a tratti malinconico . la vita a volte e' davvero drammatica e lo si puo' vedere in tutto quello che ci circonda , questa e' la bravura di gonzalez , ha reso ogni cosa nel film tetra , dagli ambienti ai personaggi alle circostanze . tutto e' cosi' costantemente inquietante da diventare un peso , che rende la lunga visione ( 138 minuti ) quasi faticosa , fatica che solo la morte di uxbal nel finale affievolisce . ma le cose non cambiano , nessuna prospettiva migliore , nessun buon proposito , nessun lieto fine . un film forte che ti prova , ti lascia il segno , ti appesantisce , e' un film che ti tocca nel profondo . tre stelle anche per me
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lombi89
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domenica 13 marzo 2011
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quando il troppo soffoca.
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Incredibile! Geniale! Rivoluzionario!
Sono solo alcune delle parole con le quali è stato descritto l'ultimo prodotto di Alejandro Gonzales Inarritu: Biutiful. Io credo che l'aggettivo più adatto sia un altro: eccessivo.
Il film racconta la storia di Uxbal (Javier Bardem), un uomo con due figli e un tormentato e altalenante rapporto con la moglie bipolare. Un uomo che sopravvive gestendo il lavoro di immigrati illegali cinesi e africani e vive nella consapevolezza della morte imminente a causa di un tumore alla prostata.
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Incredibile! Geniale! Rivoluzionario!
Sono solo alcune delle parole con le quali è stato descritto l'ultimo prodotto di Alejandro Gonzales Inarritu: Biutiful. Io credo che l'aggettivo più adatto sia un altro: eccessivo.
Il film racconta la storia di Uxbal (Javier Bardem), un uomo con due figli e un tormentato e altalenante rapporto con la moglie bipolare. Un uomo che sopravvive gestendo il lavoro di immigrati illegali cinesi e africani e vive nella consapevolezza della morte imminente a causa di un tumore alla prostata. Un uomo che pur in mezzo a tutto ciò non rinuncia al suo personale tentativo di migliorare il mondo che gli sta accanto. Il tutto in una Barcellona degradata e oscura, lontana dallo sfavillio delle copertine patinate.
Gli elementi per realizzare l'opera c'erano tutti ma Inarritu, sceneggiatore oltre che regista, aggiunge ulteriori elementi e pennellate al quadro finendo con il soffocare l'idea di base. Allo spettatore il film pare scorrere senza un chiaro filo conduttore, in un coacervo di momenti e immagini. Era proprio necessario aggiungere la scena della coppia omosessuale cinese, la poco chiara capacità di Uxbal di comunicare con i defunti e il segmento in discoteca?
Di eccezionale qualità rimane l'interpretazione offerta da Javier Bardem, che riesce davvero a far trasparire le emozioni e le sensazioni vissute in ogni momento dal protagonista.
Geniale è la scena che apre e chiude il film: il dialogo impossibile tra Uxbal e suo padre in un innevato bosco di betulle, visto dal punto di vista di entrambi i personaggi.
Complessivamente ci troviamo di fronte ad un'opera che pur avendo una buona storia di fondo, un protagonista ed un regista di altissimo livello, finisce per disperdere il proprio potenziale. E lascia l'amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere e non è stato.
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nox86
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martedì 30 agosto 2011
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un viaggio nelle viscere del dolore
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La storia è di quelle che stordiscono: un uomo morente, separato e padre di due bambini piccoli, vive di espedienti nelle viscere della Barcellona degli immigrati e di chi ha fame, aspettando la morte nel silenzio di chi sa che il rispetto non è di questo mondo ma vive preservato da poche anime senza maschera. E bisogna lottare non solo per ottenerlo dagli altri ma in primo luogo per capirlo e farlo proprio.
Un Javier Bardem a metà tra lo zingaro e l'asceta si fa carico della sofferenza di tutti e rifugge la propria, e il film si costruisce sul viaggio di questa persona sola alla ricerca di un futuro accettabile per i propri figli, tra mille difficoltà legate al cinismo e all'egoismo del mondo che ci circonda e ci avvelena.
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La storia è di quelle che stordiscono: un uomo morente, separato e padre di due bambini piccoli, vive di espedienti nelle viscere della Barcellona degli immigrati e di chi ha fame, aspettando la morte nel silenzio di chi sa che il rispetto non è di questo mondo ma vive preservato da poche anime senza maschera. E bisogna lottare non solo per ottenerlo dagli altri ma in primo luogo per capirlo e farlo proprio.
Un Javier Bardem a metà tra lo zingaro e l'asceta si fa carico della sofferenza di tutti e rifugge la propria, e il film si costruisce sul viaggio di questa persona sola alla ricerca di un futuro accettabile per i propri figli, tra mille difficoltà legate al cinismo e all'egoismo del mondo che ci circonda e ci avvelena.
Colpisce come una lacrima persistente, ma lascia infine trasparire una via di fuga e di speranza.
Una regia sapiente, fatta di sequenze concise e mai fini a sé stesse, ritmata e poetica con alcune rimandi alla sensibilità giapponese che si concede anche una piccola fuga dalla realtà che illumina il tutto di una gentile e trasparente aura favolesca.
Un gran bel film in conclusione, sicuramente appassionato e toccante come le sue musiche, che abbraccia lo spettatore in uno sguardo d'amore e di dolore sul mondo.
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theconformist
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lunedì 7 febbraio 2011
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degrado e poesia
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Al suo quarto film - dopo l'esordio folgorante di "Amoresperros", e i due film di produzione americana "21 grammi" e "Babel" - il messicano Alejandro Gonzalez Inarritu si separa dallo sceneggiatore "a incastro" Guillermo Arriaga e sbarca in Spagna.
Esplorando una Barcellona meticcia, fatta di vicoli bui e disagio sociale, il regista ci immerge nel mondo di Uxbal: due figli a carico, un'ex moglie bipolare e la misteriosa capacità di parlare con i defunti. Per vivere corrompe la polizia e sfrutta la manodopera cinese e africana, ma tenta di dare un'educazione diversa a propri figli, e li redarguisce se mangiano con le mani.
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Al suo quarto film - dopo l'esordio folgorante di "Amoresperros", e i due film di produzione americana "21 grammi" e "Babel" - il messicano Alejandro Gonzalez Inarritu si separa dallo sceneggiatore "a incastro" Guillermo Arriaga e sbarca in Spagna.
Esplorando una Barcellona meticcia, fatta di vicoli bui e disagio sociale, il regista ci immerge nel mondo di Uxbal: due figli a carico, un'ex moglie bipolare e la misteriosa capacità di parlare con i defunti. Per vivere corrompe la polizia e sfrutta la manodopera cinese e africana, ma tenta di dare un'educazione diversa a propri figli, e li redarguisce se mangiano con le mani. Quando scopre che un cancro lo sta divorando inizia il proprio cammino di redenzione, perseguitato da presagi morte (gufi, falene e stormi d'uccelli) e morti bianche.
La fotografia scura e contrastata di Prieto disegna una Barcellona corrosa, allo stremo delle forze, intossicata dai fumi delle ciminiere, in cui una morale corrotta e individualista non lascia speranze in un futuro migliore. Biutiful è un film controverso come il suo protagonista, che rischia spesso di sprofondare a causa della molteplicità dei temi trattati, e di perdersi nell'oscurità di un dramma senza uscita. Lo sorreggono uno strepitoso Bardem - intenso e struggente - ed una regia d'autore, che usa in maniera appropriata la spesso abusata camera a mano per distorcere la percezione dello spettatore e distillare momenti di laica religiosità. Qualcuno dirà che Inarritu è un regista che si compiace del dolore inferto ai suoi personaggi: non è così, anche se alcuni degli eccessi presenti nel film potrebbero portare a pensarlo.
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dado1987
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sabato 16 aprile 2011
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javier meglio di colin!
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Biutiful è un film drammatico e tragico, è la storia di un padre di due figli che vive a Barcellona, dove fa dei lavori loschi pur di sfamare i due bambini. Purtroppo però ad un certo punto inizia a sentirsi male e scopre di avere un cancro alla prostata che se lo porterà via nel giro di due mesi, per questo motivo cerca di rimediare agli errori ed alle cattiverie che ha commesso negli ultimi tempi, ma combina più danni di prima. Resosi conto che ormai gli manca poco, cerca una persona affidabile a cui poter lasciare i suoi figli, perchè suo fratello è un cocainomane della peggior specie e la moglie è una pazza, bipolare ed alcolizzata.
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Biutiful è un film drammatico e tragico, è la storia di un padre di due figli che vive a Barcellona, dove fa dei lavori loschi pur di sfamare i due bambini. Purtroppo però ad un certo punto inizia a sentirsi male e scopre di avere un cancro alla prostata che se lo porterà via nel giro di due mesi, per questo motivo cerca di rimediare agli errori ed alle cattiverie che ha commesso negli ultimi tempi, ma combina più danni di prima. Resosi conto che ormai gli manca poco, cerca una persona affidabile a cui poter lasciare i suoi figli, perchè suo fratello è un cocainomane della peggior specie e la moglie è una pazza, bipolare ed alcolizzata. Per fortuna l'aiuto arriva da dove meno ci si aspetta. Biutiful è un film triste, ma recitato magnificamente da Bardem, che meritava tranquillamente l'Oscar come miglior attore protagonista 2010, molto di più di Colin Firth!
Per la prima volta Inarritu fa un film dedicandosi ad un solo personaggio, senza fare pulp o storie parallele.
Voto 8 1/2
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brucewayne
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martedì 26 aprile 2011
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profondo e maestoso
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Partendo da un javier bardem formidabile è un film che da tutta l'impressione di essere vero,quasi un documentario di un vita reale.Il tutto contornato da riprese stupende e silenzi perfetti all'interno di uno scenario lugubre e veramente irriconoscibile per chi è stato a Barcellona.Bellissima la rappresentazione dell'aldila nel bosco innevato....
In 2 parole profondo e maestoso
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filippo catani
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giovedì 9 giugno 2011
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una barcellona cupissima
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Quartieri malfamati di Barcellona. Il "gestore" di un traffico di immigrati e di altri piccoli "affari" scopre di essere gravemente malato e di aver ormai pochissimo tempo da vivere. Cercherà allora di "sistemare" i suoi affari e soprattutto cercherà di recuperare il rapporto con i figli e con la problematica compagna.
Un film duro come un terribile pugno allo stomaco. Barcellona non ci viene quì mostrata in tutta la sua bellezza e le sue bellezze urbanistiche e architettoniche ma ci viene mostrato il lato B. Un lato che è popolato da piccoli e grandi criminali, prostitute, immigrati clandestini e chi più ne ha più ne metta.
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Quartieri malfamati di Barcellona. Il "gestore" di un traffico di immigrati e di altri piccoli "affari" scopre di essere gravemente malato e di aver ormai pochissimo tempo da vivere. Cercherà allora di "sistemare" i suoi affari e soprattutto cercherà di recuperare il rapporto con i figli e con la problematica compagna.
Un film duro come un terribile pugno allo stomaco. Barcellona non ci viene quì mostrata in tutta la sua bellezza e le sue bellezze urbanistiche e architettoniche ma ci viene mostrato il lato B. Un lato che è popolato da piccoli e grandi criminali, prostitute, immigrati clandestini e chi più ne ha più ne metta. In questo scenario si trova a muoversi il disperato protagonista della vicenda che altro non è se non un ingranaggio della macchina criminosa della città che sfrutta la connivenza e la corruzione anche di alcuni agenti della polizia. Anche negli ultimi giorni della sua vita il protagonista non potrà essere mai nulla di diverso da quello che è stato finora anche se, ovviamente a modo suo, cercherà di redimersi. Giustissimo il premio a Cannes per un Bardem ispirato e che si presta benissimo alla parte sofferente e borderline del suo personaggio.
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molenga
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sabato 9 luglio 2011
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inarritu e bardem, una garanzia
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Se un inarritu orfano di arriaga poteva lasciare dubbi, prima ancora di vedere questo film mi sono passati vedendo il nome del protagonista: bardem è uno dei migliori attori del cinema contemporaneo perché, imarino i troppo celebrati(in patria) attori italiani, sa parlare bene, muoversi, è versatile e ha vinto un oscar meritandone tre. Qui lo troviamo padre ferito dalla malattia, in una barcellona chunga, priva di ramblas e studenti dell'erasmus- e per questo ringrazio vivamente inàrritu, scritto senza tilde e con l'accento sbagliato a causa della tastiera- , dai rapporti logori con una miriade di zecche che gli girano intorno, piscia sangue e va a dritto, padre e figlio fino alla morte e oltre.
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Se un inarritu orfano di arriaga poteva lasciare dubbi, prima ancora di vedere questo film mi sono passati vedendo il nome del protagonista: bardem è uno dei migliori attori del cinema contemporaneo perché, imarino i troppo celebrati(in patria) attori italiani, sa parlare bene, muoversi, è versatile e ha vinto un oscar meritandone tre. Qui lo troviamo padre ferito dalla malattia, in una barcellona chunga, priva di ramblas e studenti dell'erasmus- e per questo ringrazio vivamente inàrritu, scritto senza tilde e con l'accento sbagliato a causa della tastiera- , dai rapporti logori con una miriade di zecche che gli girano intorno, piscia sangue e va a dritto, padre e figlio fino alla morte e oltre.
E si è capito- guardando the burning plain e biutiful- che il montaggio a flashback e flashforward era con tutta probabilità un'idea di arriaga.
film capolavoro
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eugenio
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giovedì 1 settembre 2011
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barcellona...
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Barcellona: la mitica terra di Gaudì, lo splendore artistico gotico, la maestosità dei palazzi, il regno della moda e del divertimento sfrenato.
Barcellona: i vicoli dei tossicodipendenti, il sottosuolo mai scavato di esistenze disperate, il microcosmo di individui emarginati condannati a piccoli furti per sopravvivere. Barcellona…
In questa paradigmatica città dalle poche luci e molte ombre, dove la speranza è sempre distante e quasi irraggiungibile, si muove Uxbal (Javier Bardem), padre di famiglia, malato terminale di tumore alla prostata, in perenne lotta con sé stesso e con gli altri.
Uxbal ama la moglie Malambra, psicotica sofferente di sindrome bipolare in stato avanzato, ha un fratello fintamente interessato alle sue condizioni ma rapace approfittatore.
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Barcellona: la mitica terra di Gaudì, lo splendore artistico gotico, la maestosità dei palazzi, il regno della moda e del divertimento sfrenato.
Barcellona: i vicoli dei tossicodipendenti, il sottosuolo mai scavato di esistenze disperate, il microcosmo di individui emarginati condannati a piccoli furti per sopravvivere. Barcellona…
In questa paradigmatica città dalle poche luci e molte ombre, dove la speranza è sempre distante e quasi irraggiungibile, si muove Uxbal (Javier Bardem), padre di famiglia, malato terminale di tumore alla prostata, in perenne lotta con sé stesso e con gli altri.
Uxbal ama la moglie Malambra, psicotica sofferente di sindrome bipolare in stato avanzato, ha un fratello fintamente interessato alle sue condizioni ma rapace approfittatore.
Uxbal sa di aver poco da vivere ma non gli importa: vuole assicurare un futuro dignitoso ai due figli e per questo è disposto anche a sfruttare manodopera cinese/africana e a muoversi senza sosta allo scopo di guadagnare quanto più denaro possibile, conscio che quella paga di Giuda lo porterà celermente alla tomba.
Inarritu, dopo Babel e 21 grammi, torna a confrontarsi con l’ineluttabile destino dell’uomo impotente dinanzi al dolore e alla morte, confezionando una storia fosca dalle tinte drammatiche. Nella pellicola non sembra esistere né riscatto salvifico o redenzione: la vita è dura,inaccettabile ma va vissuta in condivisione con il dolore, sentimento quasi cosmico e universale che colpisce ripetutamente,alla stregua di affilati coltelli, il cuore dello spettatore durante le due ore abbondanti di spettacolo. Forse troppo, e,forse, con una punta di masochistica e compiaciuta complicità che richiede un patto indotto: il pietismo.
C’è infatti quasi da rabbrividire dinanzi al volto emaciato e consumato dal tumore di un big del cinema come Javier Bardem; in noi non può che nascere commiserazione, tristezza ma anche ammirazione per le sue tragiche vicissitudini, per la forza di volontà di un uomo che fino all’ultimo gioca a scacchi tenacemente con la morte.
D’altra parte l’eccessiva lentezza e la cornice sociale risultano controproducenti: troppa carne al fuoco, troppo dramma,troppo melò e il finale “circolare” che simbolicamente si ricollega all’inizio, non aiuta lo spettatore.
Qui sta il patto: accettare, capire, lasciarsi avvolgere da una pellicola forse triste,forse difficile e “dura da digerire” ma di forte impatto emotivo, dove esistenze dannate e clandestine sono destinate a cadere tra l’indifferenza del consumismo occidentale: anche loro sole,anche loro senza futuro.
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