toro sgualcito
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mercoledì 9 febbraio 2011
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la passione di uxbal
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Difficile esprimersi su questo film le forze in gioco sono soverchianti. Il cinema di Inàrritu è stato sempre molto drammatico e il tema della morte ha attraversato o meglio trafitto tutti i suoi film, Biutiful incluso. Questa volta la durezza e l’angoscia forse sovrastano il soggetto della sceneggiatura e la storia si scoglie in uno sfondo costante sul quale si staglia la granitica interpretazione del grande Bardem. Probabilmente questo film deve molto anche alla bella fotografia spesso fatta di forti saturazioni cromatiche ben accompagnata dalle musiche del solito e bravo Gustavo Santaolalla. Qui Bardem è Uxbal, un uomo che vive a Barcellona e si guadagna da vivere trafficando mano d’opera cinese illegale e saltuariamente usando le sue capacità di sensitivo per comunicare ai vivi i pensieri del loro cari appena defunti.
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Difficile esprimersi su questo film le forze in gioco sono soverchianti. Il cinema di Inàrritu è stato sempre molto drammatico e il tema della morte ha attraversato o meglio trafitto tutti i suoi film, Biutiful incluso. Questa volta la durezza e l’angoscia forse sovrastano il soggetto della sceneggiatura e la storia si scoglie in uno sfondo costante sul quale si staglia la granitica interpretazione del grande Bardem. Probabilmente questo film deve molto anche alla bella fotografia spesso fatta di forti saturazioni cromatiche ben accompagnata dalle musiche del solito e bravo Gustavo Santaolalla. Qui Bardem è Uxbal, un uomo che vive a Barcellona e si guadagna da vivere trafficando mano d’opera cinese illegale e saltuariamente usando le sue capacità di sensitivo per comunicare ai vivi i pensieri del loro cari appena defunti. Uxbal non è affatto un santo ma nella miseria e violenza del mondo dell’immigrazione clandestina riesce anche ad avere uno slancio di generosità. Le sue battaglie però non hanno tregua e gli attacchi gli vengono da vicino, da fuori e da dentro. Uxbal sembra un Cristo con l’anima di Giuda. Lotta con tutte le sue forze contro il male sapendo di essere il male. E’ un epica della disperazione vitale. Biutiful è un film intensissimo ma non credo che sia un film per tutti, c’è da affrontare molta angoscia anche se mai gratuita. Forse c’è una centratura eccessiva su Bardem ma la sua interpretazione è notevole. Personalmente non condivido questo uso del primo piano così frequente, perché in questo modo vengono annullati i movimenti di macchina: il cinema non è la tv. D’altra parte però oggi il primo piano flagella molti film. Insomma Biutiful è uno strano film sembra più un trip che cinema. La storia è piuttosto semplice ma non sembra togliere nulla a quella forza che afferra saldamente lo spettatore per due ore abbondanti.
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gianluca bazzon
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mercoledì 15 giugno 2011
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l'eroe tragico di inarritu
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Nella Barcellona del 2000 vive emarginato Uxbal (un Javier Bardem da brividi), intermediario tra la polizia e gruppi clandestini cinesi e africani. Gli viene diagnosticato un cancro con metastasi e gli rimangono due mesi di vita per pensare al futuro dei suoi due bambini. La situazione drammatica è complicata dalle condizioni dell'ex moglie con cui intrattiene un rapporto conflittuale e che soffre di un grave disturbo bipolare.
L’ultimo di Inarritu, che questa volta firma anche la sceneggiatura, esce dallo schema narrativo che lo aveva reso noto nelle precedenti collaborazioni con Arriaga (Babel, 21 grammi) e dimostra, con una storia lineare e priva di grossi giochi di montaggio, di saper mantenere ugualmente alti il ritmo e l’intensità, nonostante i 138 minuti di pellicola.
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Nella Barcellona del 2000 vive emarginato Uxbal (un Javier Bardem da brividi), intermediario tra la polizia e gruppi clandestini cinesi e africani. Gli viene diagnosticato un cancro con metastasi e gli rimangono due mesi di vita per pensare al futuro dei suoi due bambini. La situazione drammatica è complicata dalle condizioni dell'ex moglie con cui intrattiene un rapporto conflittuale e che soffre di un grave disturbo bipolare.
L’ultimo di Inarritu, che questa volta firma anche la sceneggiatura, esce dallo schema narrativo che lo aveva reso noto nelle precedenti collaborazioni con Arriaga (Babel, 21 grammi) e dimostra, con una storia lineare e priva di grossi giochi di montaggio, di saper mantenere ugualmente alti il ritmo e l’intensità, nonostante i 138 minuti di pellicola.
Qui la cinepresa segue Uxbal dall’inizio alla fine non creando equivochi sul punto di vista. Ne condividiamo dolore fisico, angoscia e colpa. Non è nuova l’empatia che sorge nello spettatore di fronte ai personaggi del regista messicano, ma qui l’identificazione è alta a tal punto che non vediamo la sua morte, ma la viviamo con lui, in una scena finale onirica che si riallaccia a quella iniziale.
Il potere che Uxbal possiede, quello di saper ascoltare le persone morte, contribuisce, come se non bastasse, a conferirgli un’aurea da dannato. Se Clint Eastwood in Hereafter aveva preso sul serio e anche mostrato il potere e le visioni che assalivano il medium (Matt Damon), qui non è in alcun modo indagata la fenomenologia di quest’esperienza. Non possiamo affermare con certezza il suo reale potere ma allo stesso tempo non c’è un giudizio etico. Possiamo credere che Uxbal viva in questo modo per scelta o perché vi era stato costretto o ancora leggere nel suo carattere e nella sua malattia mortale un destino karmico. A me ricorda la vicenda di un eroe tragico, la rappresentazione del quale ci porta ad un movimento catartico delle nostre passioni più profonde.
Storia umana troppo umana, che non si compiace nel calcare la mano sulla malattia o sul dolore, comunque presenti, e che ci conduce nella dignità di un uomo e nel suo istinto di sopravvivenza e di amore verso i figli, proprio quell’uomo che non aveva mai visto il proprio padre.
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elisil
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giovedì 10 febbraio 2011
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oserei dire una tragedia dei nostri tempi
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Non c'e niente di biutiful in questo film.. E' un fim drammatico che mette in luce una realtà che si vuole nascondere nelle periferie..
Anche Barcellona sembra un' altra citta' cupa e grigia, molto lontana dai colori di gaudi' e dalle ramble pulsanti di vita!!
Un film che fa riflettere e fa soffrire... L' unica cosa biutiful e' il rapporto tra il padre e i due figli..un padre che vorrebbe essere padre anche oltre la morte!
Magistrale l'interpretazione di javier bardem e la regia di Inarritu che ci offre ancora una volta un film di spessore..
Non ha bisogno questa volta di trame intrecciate per appassionarci al film..il dramma di Uxbal ci tiene incollati al personaggio per 2 ore.. E poi quanta voglia dii piangere.
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Non c'e niente di biutiful in questo film.. E' un fim drammatico che mette in luce una realtà che si vuole nascondere nelle periferie..
Anche Barcellona sembra un' altra citta' cupa e grigia, molto lontana dai colori di gaudi' e dalle ramble pulsanti di vita!!
Un film che fa riflettere e fa soffrire... L' unica cosa biutiful e' il rapporto tra il padre e i due figli..un padre che vorrebbe essere padre anche oltre la morte!
Magistrale l'interpretazione di javier bardem e la regia di Inarritu che ci offre ancora una volta un film di spessore..
Non ha bisogno questa volta di trame intrecciate per appassionarci al film..il dramma di Uxbal ci tiene incollati al personaggio per 2 ore.. E poi quanta voglia dii piangere..
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club dei cuori solitari
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domenica 6 febbraio 2011
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bellissimo
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Biutiful è grezzo, sporco e viscerale. Inizia dalla fine, da qualcosa che non riusciamo a capire, poi la cinepresa si attacca ad Uxbal e non lo lascia più. La camera a mano, mossa e irrequieta, lo segue nelle sue visite mediche (è molto malato), nel suo "lavoro" (è invischiato in loschi affari con i venditori abusivi africani e i lavoratori sottopagati cinesi), nelle sue dinamiche famigliari (dopo aver divorziato da sua moglie, affetta da bipolarismo, deve crescere i suoi due bambini da solo) e last but non least nell'esercizio del suo dono (è in grado di interagire con le anime dei defunti).
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Biutiful è grezzo, sporco e viscerale. Inizia dalla fine, da qualcosa che non riusciamo a capire, poi la cinepresa si attacca ad Uxbal e non lo lascia più. La camera a mano, mossa e irrequieta, lo segue nelle sue visite mediche (è molto malato), nel suo "lavoro" (è invischiato in loschi affari con i venditori abusivi africani e i lavoratori sottopagati cinesi), nelle sue dinamiche famigliari (dopo aver divorziato da sua moglie, affetta da bipolarismo, deve crescere i suoi due bambini da solo) e last but non least nell'esercizio del suo dono (è in grado di interagire con le anime dei defunti). Ma niente paura, il pregio più grande di questo film è quello di non trovarsi mai compresso, soffocato dai suoi troppi aspetti. Di carne al fuoco ce n'è molta, ma il regista riesce a non arrivare mai con il fiato corto, si prende il suo tempo, racconta tutto ma trova anche lo spazio di fermarsi a (farci) pensare. Si riflette in questo film, durante la visione.
Il secondo pregio è senza ombra di dubbio Javier Bardem, nell'ennesimo ruolo memorabile della sua carriera. Ingrigito e imbruttito regge la pellicola sulle sue spalle, subendo il peso, immane, di questa vita che si trova a vivere. Il suo corpo, bersagliato dal destino, si muove in una Barcellona segreta e profonda, lontana dai turisti e dai palazzi da cartolina, che rimangono sullo sfondo, in lontananza, nelle silenziose panoramiche. Ma lui in fondo, fra quelli che vediamo in questa realtà di emarginati, disperati e poveracci, non è neanche quello messo peggio. In verità né nel malfamato contesto di criminalità e corruzione, né nella drammatica parte del protagonista c'è niente di nuovo. Un qualsiasi buon servizio giornalistico sul degrado delle città, e un qualsiasi film noir riportano le stesse tematiche, ma ancora una volta la differenza sta nel modo in cui le cose vengono trattate.
Alejandro Gonzàlez Inarritu trova la sua personale strada nel caos dell'Europa multietnica, nel dramma delle famiglie distrutte di oggi, in questo mondo disastrato. I suoi primi tre film: Amores Perros, 21 grammi, e Babel, scritti da Guillermo Arriaga, sono stati definiti "trilogia della morte" poiché trattano tutti in qualche modo quel tema. Questa è la riprova che qualsiasi etichetta affibbiata ad un autore, senza che l'abbia deciso lui, è del tutto sbagliata, perché Biutiful non è nient'altro che la sua più grossa e ambiziosa riflessione sulla morte, e su tutto ciò che ne deriva. Uxbal, uomo comune e peccatore, tutt'altro che eroe, non vuole morire, non vuole essere dimenticato, come tutti. Non vuole lasciare i suoi figli in questa società malata come e più di lui, le cui metastasi si allargano smisuratamente anche sui suoi cari. Deve proteggerli, deve essere un padre per loro, ciò che lui non ha mai avuto, tanto da averne ancora un forte desiderio. E nel finale, quando il suo dono gli permette di parlare a sé stesso, e di veder cominciare il suo viaggio, in quel momento altissimo e puro, potrebbe esserci finalmente qualcosa di bello.
Liberatosi dall'intreccio corale che caratterizzava ogni sceneggiatura di Arriaga, Inarritu ha realizzato qui il suo film più sentito e sincero, tanto da averlo dedicato al padre. Invece dei giochi narrativi e di montaggio ha preferito pedinare il suo protagonista, come in una sorta di neo neorealismo, proponendoci con crudezza e immediatezza ogni suo lato, ogni sua faccia. Questa dedizione porta in taluni momenti a scene strazianti, meravigliose manifestazioni d'amore, che fioriscono nella marcia dolente di Uxbal, sottolineata sempre in modo diverso dalle stupende musiche di Santaolalla.
Come se Inarritu e i suoi sceneggiatori fossero stati in qualche modo contagiati da Arriaga però, ritornano alcuni elementi dei vecchi film. C'è un abbozzo di storie parallele, anche se ridotte all'osso e intrinsecamente legate alla principale, nonché la tendenza a ricucire tutti i fili della trama in un disegno finale preciso e calcolato. È abbastanza fuori luogo e inutilmente morboso l'approfondimento della sottotrama dei cinesi, così com'è esagerata e gratuitamente efferata la scena dell'inseguimento ai clandestini. Ma forse tutto serve a contribuire al ritratto di questa vita dove persino la parola bellezza è storpiata, dove nemmeno con la morte arriva la pace. Rimane però sotto la pelle, indelebile, una dolce sensazione di speranza, dopo quel finale. Credo in un'evoluzione del suo cinema, o almeno, se non nella chiusura di una fase passata, nel folgorante diamante della sua carriera, come fu Il Lungo Addio per Altman. Dopo la visione posso dire che la poetica di Inarritu non è cambiata, il suo stile nemmeno, ma è maturato, è giunto alla sua massima espressione. È chiaro che da qui in poi tutto sarà diverso, e dipenderà dai suoi prossimi film stabilire se il paragone altmaniano era giusto o meno. Per ora mi limito a dire che Biutiful... è bellissimo.
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iattadrug
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domenica 13 febbraio 2011
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il ritratto di una società ingiusta
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Quando esci dal cinema dopo aver visto questo film sei stranito, straziato e, soprattutto, ti senti in colpa con te stesso. Inarritu ci offre un ritratto lucido ma crudele della periferia di una delle città più grandi, allegre e festose città d'Europa. E' mai possibile che la faccia della medaglia nascosta ed oscurata sia così terribile ? E' mai possibile che la società accetti un tale dislivello ? Queste sono le domande che accomunano gli spettatori dopo aver ammirato questo quarto film di uno dei registi più in forma del terzo millennio. Bardem sarebbe nuovamente da Oscar, ma battere un Colin Firth in stato di grazia sarà dura anche per lui.
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Quando esci dal cinema dopo aver visto questo film sei stranito, straziato e, soprattutto, ti senti in colpa con te stesso. Inarritu ci offre un ritratto lucido ma crudele della periferia di una delle città più grandi, allegre e festose città d'Europa. E' mai possibile che la faccia della medaglia nascosta ed oscurata sia così terribile ? E' mai possibile che la società accetti un tale dislivello ? Queste sono le domande che accomunano gli spettatori dopo aver ammirato questo quarto film di uno dei registi più in forma del terzo millennio. Bardem sarebbe nuovamente da Oscar, ma battere un Colin Firth in stato di grazia sarà dura anche per lui. Un film bello esteticamente (prime e ultime due scene fantastiche e scena della discoteca che ti stordisce da quanto risulta perfetta) e dai contenuti forti che ti posson solo far riflettere .
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reservoir dogs
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sabato 12 febbraio 2011
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l'onere genitoriale
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In una plumbea Barcellona, un uomo vaga per la strada; é Uxbal (Bardem) che vive grazie allo sfruttamento/aiuto dei clandestini perché "l'Universo non paga l'affitto" e tutti, immigrati e non, hanno necessità di denaro in una situazione di generale precariato esistenziale.
Uxbal è malato di cancro alla prostata e la conoscenza approssimativa della sua dipartita gli impone di "riordinare le carte" prima di andarsene.
E' necessario quindi dare una maggior tranquillità ai due figli Ana (Bouchaib) e Mateo (Estrella) che nel "nucleo" familiare vedono nel padre Uxbal l'unica figura presente: una madre disturbata ed adultera (Álvarez) che bussa saltuariamente alla porta in cerca di quella famiglia che ormai ha perso ed uno zio debosciato ed opportunista (Fernández) certo non aiutano nel progetto di Uxbal.
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In una plumbea Barcellona, un uomo vaga per la strada; é Uxbal (Bardem) che vive grazie allo sfruttamento/aiuto dei clandestini perché "l'Universo non paga l'affitto" e tutti, immigrati e non, hanno necessità di denaro in una situazione di generale precariato esistenziale.
Uxbal è malato di cancro alla prostata e la conoscenza approssimativa della sua dipartita gli impone di "riordinare le carte" prima di andarsene.
E' necessario quindi dare una maggior tranquillità ai due figli Ana (Bouchaib) e Mateo (Estrella) che nel "nucleo" familiare vedono nel padre Uxbal l'unica figura presente: una madre disturbata ed adultera (Álvarez) che bussa saltuariamente alla porta in cerca di quella famiglia che ormai ha perso ed uno zio debosciato ed opportunista (Fernández) certo non aiutano nel progetto di Uxbal.
La ripresa del progressivo deperimento di un padre che tenta di redimere l'anima (visto che il corpo è ormai spacciato); un figlio diventato padre senza però aver ricevuto alcun insegnamento dal proprio genitore perché perduto poco dopo la sua nascita.
L'onere genitoriale viene passato di padre in figlio così come un anello prima di un ultimo sogno in una foresta innevata vicino al mare.
Una Barcellona riconoscibile solo per alcune inquadrature della Sagrada Famiglia, popolata da una fauna multietnica che arranca per sopravvivere, deteriorata da un cancro così come il protagonista.
Al suo primo film senza lo sceneggiatore Arriaga, il regista Iñárritu abbandona quella funzione fondamentale che attribuiva al montaggio parallelo per concentrarsi su un unico personaggio; un ottimo Javier Bardem divorato da un cancro fisico e morale, sintomo di un male più grande; l'essere umano che contagia il suo habitat quasi per osmosi.
La fotografia quasi "anemica" contribuisce a filmare questa patologia sociale.
Un costrizione per il fruitore che partecipa al dolore oltre che assistervi.
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davide belloni
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giovedì 24 febbraio 2011
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l'artista inarritu e l'evoluzione del suo stile
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I grandi artisti, nell'accezione di 'cretaori di opere che provocano una reazione emotiva nel fruitore', raramente si sono cristallizzati su di un unico filone stilistico, ma hanno intrapeso vari percorsi, mutazioni e trasformazioni che hanno forgiato la loro ricerca all'insegna dell'evoluzione continua, e di conseguenza, della sorpresa. Io considero Inarritu un' artista della macchina da presa, che in Biutiful ha varcato la soglia della sua prima trasformazione (ricordiamo che questo è solo il suo quarto film). In ogni suo film precedente la storia era stata smembrata e riproposta allo spettatore in sequenze cronologiche totalmente non consequenziali, provocando effetti di sorpresa continua, dimostrando grande abilità tecnica ed una mano sartoriale nel cucire finali rivelatori e pregnanti di emozioni.
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I grandi artisti, nell'accezione di 'cretaori di opere che provocano una reazione emotiva nel fruitore', raramente si sono cristallizzati su di un unico filone stilistico, ma hanno intrapeso vari percorsi, mutazioni e trasformazioni che hanno forgiato la loro ricerca all'insegna dell'evoluzione continua, e di conseguenza, della sorpresa. Io considero Inarritu un' artista della macchina da presa, che in Biutiful ha varcato la soglia della sua prima trasformazione (ricordiamo che questo è solo il suo quarto film). In ogni suo film precedente la storia era stata smembrata e riproposta allo spettatore in sequenze cronologiche totalmente non consequenziali, provocando effetti di sorpresa continua, dimostrando grande abilità tecnica ed una mano sartoriale nel cucire finali rivelatori e pregnanti di emozioni. Nonostante i sentimenti molto spesso violenti, corrosivi, estremi che saturavano l'atmosfera dei suoi film, credo che quella tecnica cinematografica andasse a discapito proprio di una rappresentazione puntuale degli stati d'animo. Ora che con Biutiful la storia si fa più cronologicamente lineare, possiamo assaporare tutto il gusto acre del degrado civile e morale che regna tra le vie della Barcellona dimenticata dai tour operators, in cui un Javier Bardem (che apparentemente ha risorse infinite, riuscendo sempre ad aggiungere prove notevoli ad interpretazioni memorabili) cresce due figli gestendo una rete di venditori ambulanti e lavoro nero con 'imprenditori' cinesi, mentre lotta contro un cancro che lo divora dall'esterno, così come il cancro del degrado lo divora dall'esterno. Il rapporto con la moglie disturbata mentalmente e con il fratello sono affrontati con tatto ma allo stesso tempo ci viene presentata ogni serie di particolari scabrosi e degradanti. L'apnea che deriva da questo film toglie il fiato anche per molto tempo dopo l'immersione e ci lascia in eredità un regista che speriamo abbia ancora nuove 'sorprese evolutive' da offrirci, ed un Bardem oggettivamente da Oscar.
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basketkk
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giovedì 17 febbraio 2011
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ottimo film
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Film dramatico, comovente e toccante, un lancio di messaggi degli affari sporchi che rovinano l'anima della gente.
Film forte che si propone questo obiettivo, lanciando un forte appelo al Umanità sempre messa in disparte!!
Ottima interpretazione di un attore a 5 stelle.
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giorgio47
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venerdì 11 febbraio 2011
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angosciante e stupendo
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Un film angosciante ma stupendo nello stesso tempo. Uno di quei film di cui la nostra cinematografia una volta era maestra ed ora è mancante. I temi che affronta sono molteplici ma il tema portante della pellicola è la disgregazione di una società all’apparenza opulenta ma che nel suo profondo nasconde situazioni da bolgia infernale. Barcellona una città dalle mille bellezze è vista nei suoi quartieri più degradati dove i monumenti, meta dei turisti, si intravedono solo sullo sfondo. Il sottoproletario, la mano d’opera in nero, gli immigrati clandestini e le loro vite da sfruttati sono alla base del film. Nessuno sembra colpevole, tutti hanno le loro giustificazioni, persino il poliziotto corrotto, tutti sembrano avere una “coscienza” , eppure è proprio questa parvenza di giustificazione che rende ancora più spietata la condanna.
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Un film angosciante ma stupendo nello stesso tempo. Uno di quei film di cui la nostra cinematografia una volta era maestra ed ora è mancante. I temi che affronta sono molteplici ma il tema portante della pellicola è la disgregazione di una società all’apparenza opulenta ma che nel suo profondo nasconde situazioni da bolgia infernale. Barcellona una città dalle mille bellezze è vista nei suoi quartieri più degradati dove i monumenti, meta dei turisti, si intravedono solo sullo sfondo. Il sottoproletario, la mano d’opera in nero, gli immigrati clandestini e le loro vite da sfruttati sono alla base del film. Nessuno sembra colpevole, tutti hanno le loro giustificazioni, persino il poliziotto corrotto, tutti sembrano avere una “coscienza” , eppure è proprio questa parvenza di giustificazione che rende ancora più spietata la condanna. In effetti queste persone non vengono visti dalla società, sono invisibili e quindi non esistendo non sono un problema, questa è la verità che esiste non solo in Spagna ma anche da noi e forse in buona parte del mondo. Se il problema non esiste non ha bisogno di soluzioni o rimedi!
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protus74
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mercoledì 23 febbraio 2011
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l'europa dei clandestini (messicani compresi)
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Esco da un cinema nord americano, nel freddo della sera, impressioni a caldo del film di Inarritu. Il cinema d'evasione di qualità non esiste più, il film di denuncia sottende una responsabilità sociale che oggi appare sempre più delegata ad un social system lontano dalla vita di tutti i giorni. Inarritu evidentemene non la pensa così e confeziona un film dai toni disperati e visionari dove morte, emarginazione, patologia e muffa si mescolano violentemente con un tentativo di spiritualità e misticismo propri della metropoli multiculturale.
Inarritu ha la facoltà di non narrare, ma mostrare i cupi scenari in cui ambienta le sue vicende. In una Barcellona che rimane sullo sfondo, viscerale e scrostata da come appare nelle sequenze lucide e registicamente abili del suo film.
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Esco da un cinema nord americano, nel freddo della sera, impressioni a caldo del film di Inarritu. Il cinema d'evasione di qualità non esiste più, il film di denuncia sottende una responsabilità sociale che oggi appare sempre più delegata ad un social system lontano dalla vita di tutti i giorni. Inarritu evidentemene non la pensa così e confeziona un film dai toni disperati e visionari dove morte, emarginazione, patologia e muffa si mescolano violentemente con un tentativo di spiritualità e misticismo propri della metropoli multiculturale.
Inarritu ha la facoltà di non narrare, ma mostrare i cupi scenari in cui ambienta le sue vicende. In una Barcellona che rimane sullo sfondo, viscerale e scrostata da come appare nelle sequenze lucide e registicamente abili del suo film. Fa freddo a Barcellona e non è solo un freddo metereologico, ma un feddo di senso, di vita, dimagma di umanità informe dove la responsabilità dell'accollarsi il "prossimo" diventa peso, massa, impotenza, morte. C'è un anelito alla verità, come sembra suggerire il dialogo allusivo dell'inizio, una distinzione tra quello che si dice e quello che si crede, sottile, identitaria. Il dipanarsi della vicenda non assolve, ma problematizza questa frattura tra il dire ed il credere, gettando luci ed ombre intense e spesso putrescenti su percorsi labili e tesi alla possibilità più che alla certezza. Ed in questo dramma di proporzioni globali, sembra quasi irreale la gioia di un compleanno o la serenità effimera di una carezza,di un gesto. Uxbal, Javier Bardem, si inabissa nel tentativo di gestire la vita del mondo clandestino e della sua famiglia amata in un bipolarismo tra superficie e tenebra, sconfinando nel territorio dei morti ed aggrappandosi alla vita, come può, come sa fare un uomo senza padre.
ed è al proprio padre che Inarritu, forse nel film più lacerante, proprio perchè intimo, dedica questa pellicola, che lo riconferma regista della sofferenza ed ineffabile cercatore dell'indicibile.
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