fego31
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venerdì 23 luglio 2010
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un film di un'ambiguità ed inutilità senza pari.
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Dal regista che aveva sfornato Donnie Darko, il suo ultimo "The Box" non sembra esserne minimamente all'altezza.
Una sorta di psico-thriller che dal fortunato film del regista americano cerca di trarre, senza alcun successo, le atmosfere cupe ed ansiogene e le situazioni in bilico tra realtà e prodotto della mente.
SI lascia guardare per la prima mezzora dove l'idea di premere un bottone, uccidere qualcuno e diventare milionari puo' far presagire un film interessante, idea che viene radicalmente accantonata nel proseguo del film con il susseguirsi di scene ambigue ed al limite del non-sense che avrebbero come obbiettivo quello di spaesare ed incuriosire lo spettatore ma che riescono soltanto ad annoiarlo mentre la pellicola prosegue il suo corso verso la fine.
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Dal regista che aveva sfornato Donnie Darko, il suo ultimo "The Box" non sembra esserne minimamente all'altezza.
Una sorta di psico-thriller che dal fortunato film del regista americano cerca di trarre, senza alcun successo, le atmosfere cupe ed ansiogene e le situazioni in bilico tra realtà e prodotto della mente.
SI lascia guardare per la prima mezzora dove l'idea di premere un bottone, uccidere qualcuno e diventare milionari puo' far presagire un film interessante, idea che viene radicalmente accantonata nel proseguo del film con il susseguirsi di scene ambigue ed al limite del non-sense che avrebbero come obbiettivo quello di spaesare ed incuriosire lo spettatore ma che riescono soltanto ad annoiarlo mentre la pellicola prosegue il suo corso verso la fine.
Il finale, per'altro molto scontato, ricalca appieno la mediocrità dei minuti precedenti e la parola che piu' lo contraddistingue è inutilità.
DI fatto il film ha dalla sua solamente il soggetto, a tratti accattivante che, una volta esposto, lascia libertà al regista di prodigarsi in un esercizio di stile lontanamente paragonabile a quanto visto in Donnie Darko con il susseguirsi di scene che potrebbero essere il frutto di una mente sotto cure psichiatriche. I temi sono trattati con una banalità difficilmente raggiungibile, tant'è che spesso essi emergono con difficoltà allo spettatore inizialmente colpito dalle scene iniziali, e l'aspetto morale della vicenda viene esposto con una tale superficialità che può benissimo definirsi trascurabile.
Sicuramente un film al di fuori dei canoni classici ma non per questo interessante e godibile.
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sixy89
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sabato 21 agosto 2010
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nè caldo nè freddo...
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Boh, questo film è di una bruttezza quasi unica...l'idea non è male, se non fosse che ricorda molto Ultimatum Alla Terra.
Alieni che vengono sulla terra sottoponendo i terrestri a un test per vedere se sono in grado di proteggere la propria razza e il proprio pianeta, oppure no. Già visto. Già da metà film si capisce come finisce con un minimo di intuito. Molti fatti nel film non sono spiegati. Quei portali fatti d'acqua per esempio...
Al protagnista viene chiesto di scegliere di entrare in uno di essi, e che solo uno porta alla salvezza...Ma alla fine del film si vede che ad ogni coppia che ha premuto il pulsante accade la stessa cosa.
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Boh, questo film è di una bruttezza quasi unica...l'idea non è male, se non fosse che ricorda molto Ultimatum Alla Terra.
Alieni che vengono sulla terra sottoponendo i terrestri a un test per vedere se sono in grado di proteggere la propria razza e il proprio pianeta, oppure no. Già visto. Già da metà film si capisce come finisce con un minimo di intuito. Molti fatti nel film non sono spiegati. Quei portali fatti d'acqua per esempio...
Al protagnista viene chiesto di scegliere di entrare in uno di essi, e che solo uno porta alla salvezza...Ma alla fine del film si vede che ad ogni coppia che ha premuto il pulsante accade la stessa cosa...Ma allora a che serviva la sua scelta??
Un film inquietante ma che alla fine non lascia quasi niente.
L'unica aprte interessante è la prima,premere il pulsante o no, la scelta di uccidere una persona per ottenere in cambio 1 milione di dollari, oppure no.
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hulk1
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mercoledì 11 agosto 2010
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film inutile solo per fan di cameron diax
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Nel momento in cui le idee stanno a zero vai di remake, oppure un tuffo nel passato. Gli angosciosi anni 70, il Wietnam , il Waterghate , il periodo storico nel quale gli USA hanno toccato il fondo quanto a credibilità, come fiaccola della democrazia. Il colpo di stato in Cile etc. Ma vi era anche presente la corsa nello spazio, la tecnologia informatica che stava per essere distribuita a tuttti . In questo pastrocchio, ma non è l'unico esempio R. Scot ed i suoi gangseter anni 70 , si ripropongono stili di regia, illuminazione, movimenti di macchina tematiche anni 70. Anni fecondi , forse la stagione che data la crisi che attanagliava gli USA hanno sfornato : Il maratoneta, I tre giorni del condor, Tutti gli uomini, la cosacrazione dei nuovi registi Scorsese, Coppola , Spilby.
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Nel momento in cui le idee stanno a zero vai di remake, oppure un tuffo nel passato. Gli angosciosi anni 70, il Wietnam , il Waterghate , il periodo storico nel quale gli USA hanno toccato il fondo quanto a credibilità, come fiaccola della democrazia. Il colpo di stato in Cile etc. Ma vi era anche presente la corsa nello spazio, la tecnologia informatica che stava per essere distribuita a tuttti . In questo pastrocchio, ma non è l'unico esempio R. Scot ed i suoi gangseter anni 70 , si ripropongono stili di regia, illuminazione, movimenti di macchina tematiche anni 70. Anni fecondi , forse la stagione che data la crisi che attanagliava gli USA hanno sfornato : Il maratoneta, I tre giorni del condor, Tutti gli uomini, la cosacrazione dei nuovi registi Scorsese, Coppola , Spilby. Così ecco un pasticcio vagamente vintage come the box, forse un avviso su come tutto sommato le cose sarebbero peggiorate con l'arrivo del Cow Boy Ronnie e del suo decerebrato successore Bush, i magnifici anni ottttttanata. Un film inutile, D. Darko è ormai lontano nel tempo, come buona parte del cinema sfornato in questi anni. La macchina deve continuare a produrre, la crisi?? Ma.....certamete non si rischia, ma Hollywood va sempre sul sicuro. Quel che è certo che a parte Cameron Diax, vedere questi prodotti è una perdita di tempo, è inutile sprecare soldi al cinema, per i dvd. Per i fan della Cameron ok
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ilpredicatore
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sabato 31 luglio 2010
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scelte e conseguenze, dilemma firmato kelly.
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Il suo nome è Richard Kelly, giovane e talentuoso regista che all'età di 26 anni ha fatto il botto con Donnie Darko, cult movie generazionale grazie in particolare a un determinante passaparola dopo che l'uscita nelle sale era stata oscurata dalla tragedia dell'11 Settembre. Qualche anno dopo Kelly sforna il visionario Southland Tales, ovvero lo “scult”, il flop che ha rischiato di mettere già fine alla sua breve carriera, un film di cui indubbiamente non si può restare indifferenti, ma che conserva un fascino che molti forse non hanno saputo vedere. Ed eccoci quindi a The Box, tratto da un racconto di Matheson e prodotto dai “famigerati” Weinstein. Kelly lo fa su commissione e si vede: regia più controllata, meno rischio, meno azzardo, a volte si ha l'idea che l'autore di Donnie Darko abbia un po' le mani legate.
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Il suo nome è Richard Kelly, giovane e talentuoso regista che all'età di 26 anni ha fatto il botto con Donnie Darko, cult movie generazionale grazie in particolare a un determinante passaparola dopo che l'uscita nelle sale era stata oscurata dalla tragedia dell'11 Settembre. Qualche anno dopo Kelly sforna il visionario Southland Tales, ovvero lo “scult”, il flop che ha rischiato di mettere già fine alla sua breve carriera, un film di cui indubbiamente non si può restare indifferenti, ma che conserva un fascino che molti forse non hanno saputo vedere. Ed eccoci quindi a The Box, tratto da un racconto di Matheson e prodotto dai “famigerati” Weinstein. Kelly lo fa su commissione e si vede: regia più controllata, meno rischio, meno azzardo, a volte si ha l'idea che l'autore di Donnie Darko abbia un po' le mani legate. Ciò nonostante elementi specifici dei suoi film precedenti sono ben visibili: l'atmosfera densamente apocalittica e a tratti surreale, lunghe scene fatte solo di sguardi e dialoghi lenti e quell'occhio lynchiano e quasi kubrickiano. Diciamolo, oltre che formidabile, Richard Kelly è uno dei migliori autori cinematografici del terzo millennio, quindi uno dei più sottovalutati. La sua telecamera punta su casa Lewis, dove una scatola chiusa viene lasciata alla porta. La scatola contiene un congegno con un bottone. Il giorno dopo si presenta un misterioso e menomato signore, che spiega loro le regole di un gioco apparentemente semplice: premendo quel bottone da qualche parte nel mondo una persona morirà, ma in cambio avranno un milione di dollari. Altrimenti niente compenso. Dopo un'ora buona nella quale la tensione si alza gradualmente sembra che si voglia sfociare nell'horror fantascientifico, tra alcuni momenti inquietanti e conturbanti e qualche sobbalzo sulla sedia, ma non è questo a cui mira Richard Kelly, che col suo personaggio chiave Arlington Steward (un messaggero menomato e risorto come un certo coniglio di nome Frank) conduce noi e i protagonisti verso un risvolto morale ed etico, anche se risaputo, del tutto essenziale, specie per i tempi che corrono oggi. E alla fine il messaggio che manda è chiaro: l'uomo è inevitabilmente un animale egoista. O no? Come nelle sue opere precedenti, Kelly confonde le nostre idee, ci porta in strade che non avremmo immaginato di percorrere, ci stupisce e a volte comprendere è quasi impossibile. Così è stato in Donnie Darko e in Southland Tales, ma qui è diverso. Scene dove tutto viene spiegato dettagliatamente devono essere state imposte dalla produzione. Poco male, su tutto il regista riesce a lasciarci sempre un alone di mistero e di incertezze e ciò che importa è il dilemma che porta fino in fondo. Speriamo solo che continui ancora a lavorare. The Box è una delle opere migliori di questa stagione stanca e troppo avatariana, sia come thriller, horror, fantascienza, sia come dramma suggestivo e ben musicato. Bravo James Marsden, interprete che meriterebbe più attenzione. Cameron Diaz funziona, ma forse non è la scelta più azzeccata. Su tutti un superbo Frank Langella, vera anima di questa pellicola notevole ed esemplare.
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scuolaomero
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giovedì 5 agosto 2010
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pretenzioso ma legittimo
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Dopo le critiche fin troppo lusinghiere di Donny Darko e dopo il flop al botteghino di Southland Tales, Richard Kelly - regista e sceneggiatore statunitense - fa il suo ritorno sul grande schermo con The Box, un altrettanto pretenzioso lungometraggio dai contorni immancabilmente soprannaturali.
Una mattina come tante, sulla porta di casa di Norma (Cameron Diaz) e Arthur Lewis (James Marsden) - giovane coppia di Richmond - appare un pacco contenente una scatola di legno, provvista di un pulsante rosso. Il criptico marchingegno è accompagnato da un biglietto che annuncia la visita pomeridiana di uno sconosciuto, Arlington Steward (Frank Langella).
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Dopo le critiche fin troppo lusinghiere di Donny Darko e dopo il flop al botteghino di Southland Tales, Richard Kelly - regista e sceneggiatore statunitense - fa il suo ritorno sul grande schermo con The Box, un altrettanto pretenzioso lungometraggio dai contorni immancabilmente soprannaturali.
Una mattina come tante, sulla porta di casa di Norma (Cameron Diaz) e Arthur Lewis (James Marsden) - giovane coppia di Richmond - appare un pacco contenente una scatola di legno, provvista di un pulsante rosso. Il criptico marchingegno è accompagnato da un biglietto che annuncia la visita pomeridiana di uno sconosciuto, Arlington Steward (Frank Langella). Il misterioso ambasciatore, distinto e ben vestito ma con una guancia deturpata da una profonda ustione, li metterà di fronte a un dilemma: premere o non premere quel pulsante. Dalla loro scelta scaturiranno effetti irreversibili. Se Norma e Arthur decreteranno di pigiare il bottone, accadranno due cose: qualcuno che non conoscono in qualche parte del mondo morirà. E, in secondo luogo, riceveranno un pagamento immediato di un milione di dollari. Hanno a disposizione ventiquattro ore di tempo per riflettere, dopodiché il congegno sarà riprogrammato e consegnato ad altre persone, sottoposte al medesimo quesito.
Il rapporto dei Lewis è solido e la loro vita borghese scorre più o meno tranquilla, lui ingegnere alla NASA, lei un'insegnante. Man a mano trapelano, però, i disagi che li rendono inquieti: ad Arthur viene negato l'incarico tanto agognato di astronauta, Norma è costretta a zoppicare per via di un piede menomato a seguito di un vecchio incidente e sta subendo, per questo motivo, torture psicologiche da parte di uno studente mentalmente instabile. Inoltre, non ottenendo entrambi le promozioni lavorative che si aspettavano, non potranno far frequentare al figlio Walter la scuola più rinomata. E Norma non potrà affrontare l'operazione al piede che la priverebbe del suo handicap. Ma sono forse questi motivi validi per uccidere? Perché di questo si tratta: uccidere qualcuno in cambio di denaro.
Kelly si ispira ad un racconto di Richard Matheson, Button, button, del 1970, già adattato negli anni '80 per un episodio della serie Ai confini della realtà. La novella termina con il messaggero che esce di scena con la scatola dopo che i personaggi hanno deliberato di premere il famigerato pulsante. Il regista, invece, intende andare oltre, immaginando un'evoluzione del finale di Metheson. "Sono rimasto subito affascinato da questo racconto e volevo saperne di più: da dove viene la scatola? - confessa Kelly - Cosa significa? Coloro che decidessero di premere quel pulsante potrebbero mai pensare di redimersi? E come?". In realtà, questo desiderio di dilatare una struttura già ben compiuta, con eccessivi deliri e suggestioni, dà vita ad un risultato confuso e che rende poca giustizia allo spunto originale.
La scelta di ambientare la storia nel 1976 è giustificata dal proposito del regista di associarla all'atterraggio effettuato dalla NASA su Marte tramite l'unità robotica Vicking. Una fotografia patinata e minuziosa rispecchia egregiamente sia gli interni che gli esterni dell'epoca.
Il messaggero Arlington Steward si svelerà essere morto e poi resuscitato da entità superiori che governano i fulmini e, scappato dalla base NASA dove lavorava, ha costruito la scatola per porre una sorta di test all'umanità. Test da cui soprattutto la figura della donna risulterà svalutata. È, infatti, la donna che, come la progenitrice Eva, con un gesto superficiale - che qui consiste nel premere il bottone senza pensarci su troppo - mette a rischio l'intero genere umano, nonostante i "maschietti" cerchino, invano, di salvarlo. Che la corruzione possa investire chiunque, anche una famiglia apparentemente per bene, non è una deduzione particolarmente originale così come non lo è la soluzione del libero arbitrio che adotta Kelly. Ma, se la prima parte del film mantiene a stento elevata la tensione, soprattutto grazie ad una suggestiva colonna sonora, la seconda si perde in improbabili scene che vorrebbero omaggiare Lynch ma che sfociano nel grottesco e nel noioso più che nel simbolismo onirico.
Una citazione di Sartre presente nel film riassume la morale che Kelly vuole a tutti i costi trasmettere: "Ci sono due modi per affrontare l'ultimo viaggio: liberi o in catene". E il finale apocalittico è legittimato dal calcolo del "coefficiente altruistico" dell'uomo che, se non è in grado di sacrificare se stesso per gli altri, non merita di vivere.
(Recensione di Francesca Trapè su "O" la rivista di Omero)
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storyteller
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venerdì 23 luglio 2010
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il problema è la scelta
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Un film imperfetto che però ha il grande pregio di avvincere e meravigliare.
Speculazioni metafisiche, scientifiche e filosofiche si fondono in un tutt'uno disomogeneo eppure ordinato, rimandando in parte alle tematiche di Donnie Darko ma perdendo un po' del carattere personale che contraddistingueva l'opera prima del regista.
Tuttavia, secondo me il grande pregio di Kelly sta nel saper rappresentare situazioni "ai confini della realtà" rendendole credibili; sfruttando una materia narrativa così "fredda" per cavarne emotività, riflessioni etiche e morali.
Vero che il finale non fa esattamente gridare al miracolo, ma a fronte dell'insieme glielo si può scusare.
Come al solito, suggestivo l'accompagnamento musicale.
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taniamarina
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giovedì 21 aprile 2011
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"usare" matheson con cautela
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Un inizio da manuale, una ricostruzione bellissima di ieri e dialoghi che rispettano nel profondo il Matheson pensiero. Ma è proprio questo il limite del film, ossia il film stesso. Portare sullo schermo gli schizzi di genialità di uno dei più grandi scrittori triller mai esistiti, significa affidarsi ad un breve film oppure ad un regista straordinario. Spielberg con Duel è stato uno dei pochi all'altezza della missione, ma in questo caso si respira fin troppo la saccenza di un giovane regista bravissimo, ma ancora inesperto per sceneggiature di tale spessore. Troppa carne a cuocere, troppa fantasia aggiunta.
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greg2
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sabato 7 agosto 2010
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ben fatto
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The box non passa inosservato perchè è volutamente enigmatico con un finale che lascia a mille interpretazioni.
Ho apprezzato l'originalità e il messaggio del film, l'inquitudine che traspare e la buona recitazione degli attori; è un film che lascia piuttosto basiti, perchè nonostante la trama non sia lineare e abbia ambigue interpretazioni, alcune scene sono davvero forti ed evidenziano il messaggio del regista: la rinuncia al proprio egoismo per salvare la specie umana. Ben fatto, nel grigiore del cinema estivo the box rappresenta una piacevole sorpresa.
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filippo catani
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giovedì 10 novembre 2011
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dilemma etico
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Una giovane coppia americana è alle prese con la quotidiana quadratura dei conti. Un giorno improvvisamente si presentano alla loro porta un misterioso pacco con all'interno un pulsante e un vecchio sfigurato. Il vecchio spiega alla coppia che qualora decidessero di spingere il bottone riceverebbero immediatamente la somma di un milione di dollari ma non potranno mai sapere che cosa succederà spingendo il bottone. A loro la scelta.
Buon film di fantascienza che alterna a una trama lineare veri e propri momenti a dir poco onirici. Soprattutto il film (come il racconto da cui è tratto) vuol farci riflettere sull'importanza delle scelte e su quelle dalle quali è difficile tornare indietro.
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Una giovane coppia americana è alle prese con la quotidiana quadratura dei conti. Un giorno improvvisamente si presentano alla loro porta un misterioso pacco con all'interno un pulsante e un vecchio sfigurato. Il vecchio spiega alla coppia che qualora decidessero di spingere il bottone riceverebbero immediatamente la somma di un milione di dollari ma non potranno mai sapere che cosa succederà spingendo il bottone. A loro la scelta.
Buon film di fantascienza che alterna a una trama lineare veri e propri momenti a dir poco onirici. Soprattutto il film (come il racconto da cui è tratto) vuol farci riflettere sull'importanza delle scelte e su quelle dalle quali è difficile tornare indietro. Saremmo capaci di spingere un bottone che potrebbe lanciare per esempio un missile uccidendo varie persone ma rendendo noi ricchi? Il dilemma etico tiene compagnia per l'intera durata del film. Bene la Diaz in un ruolo drammatico.
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elgatoloco
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domenica 17 luglio 2016
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film troppo lungo, da una short story
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Questo "The Box"del 2009 scritto per lo schermo e diretto da Richard Kelly(dalla short story di quasi quaranta anni prima"Button, button"di Richard Matheson")ha il difetto di voler risolvere quanto indicato in modo polisemico ed"enigmatico"dallo scrittore in un quadro di soluzioni a loro volto quanto meno"aperte"e"problematiche"(come l'accenno, che è ben più di ciò, all'esistenzialismo sartriano e al tema-chiave della libertà nell'affermazione"L'enfer c'est les autres", posta già all'inizio)pur se Kelly ha l'intenzione decisa di voler"sciogliere"i problemi posti dal racconto.
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Questo "The Box"del 2009 scritto per lo schermo e diretto da Richard Kelly(dalla short story di quasi quaranta anni prima"Button, button"di Richard Matheson")ha il difetto di voler risolvere quanto indicato in modo polisemico ed"enigmatico"dallo scrittore in un quadro di soluzioni a loro volto quanto meno"aperte"e"problematiche"(come l'accenno, che è ben più di ciò, all'esistenzialismo sartriano e al tema-chiave della libertà nell'affermazione"L'enfer c'est les autres", posta già all'inizio)pur se Kelly ha l'intenzione decisa di voler"sciogliere"i problemi posti dal racconto. Riassumendo, potremmo dire che rimane la questione di dover dare un racconto breve in un lungometraggio, dunque ampliando, "gonfiando"il film, dando soluzioni, che però poi(pena la totale negazione di quanto si trova in Matheson, che comunque si muove nell'ambito del fantastico, che comunque è per sua natura aperta, come ha dimostrato, tra gli altri, Todorov nel suo testo fondamentale sulla letteratura fantastica, appunto)rimangono a fortiori aperte o meglio dove soluzioni diverse e in parte contrastanti si accavallano. C'è poi l'ambientazione natalizia, "confezionata"forse per"piazzare"e"vendere"meglio il film. QUalcosa di tardivo, di"appiccicaticcio", di ridondante e pletorico, ma anche di assolutamente fuori luogo rispetto al tema.Il tema del"new born", della"new genesis", adombrato nel tema del "Natale-Christmas-Noe"l"non si capisce come si rapporti alla questione"de bono et malo" che sembra essere(ed è, sostanzialmente)il fulcro di quanto discusso in"The Box". Sarebbe stato sciocco voler introdurre altri elementi magari quasi tuttti in esterni e "d'azione", ma "The Box"in parte lo fa, pur rimanendo nell'ambito di un film più che decoroso senza essere geniale. Decisamente meglio, comunque, il tv-movie-episodio di Peter Medak del 1986/marzo)in"The Twilight Zone", breve che quindi non aveva il problema di ampliare il tutto...Bene, in complesso, Cameron Diaz, James Marsden, ma anche Frank Langella, nel ruolo del misterioso latore della"Box"...anche se a tratti si ha l'impressione che siano là, sul set, quasi in una condizione di"alterità"e"spaesamento"diverso dal senso del racconto e del film. El Gato
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