Drammatico,
durata 96 min.
- Gran Bretagna, Irlanda 2008.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 27aprile 2012.
MYMONETROHunger
valutazione media:
4,25
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Hunger è il primo film del videoartista Steve McQueen, girato nel 2008 ma arrivato in italia solo nel 2012 sulla scia del successo di Shame. La storia è abbastanza impegnativa, biografia di Bobby Sands attivista nordirlandese morto in carcere dopo uno sciopero della fame, ma essa sembra solo un pretesto per fare della video arte, si passa infatti da un montaggio frenetico a un lungo piano sequenza di 20 minuti in cui McQueen esalta le qualita attoriali di Michael Fassbender e Michael Cunninghum, posto più o meno a metà film per fare da spartiacque tra la prima parte e il finale. Hunger è un film molto silenzioso, dove il linguaggio non verbale prevarica su quello verbale, dove il mostrare è più forte del far sentire e dove le azioni dei protagonisti si caricano di enfasi ed il corpo ha un valore fondamentale.
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Hunger è il primo film del videoartista Steve McQueen, girato nel 2008 ma arrivato in italia solo nel 2012 sulla scia del successo di Shame. La storia è abbastanza impegnativa, biografia di Bobby Sands attivista nordirlandese morto in carcere dopo uno sciopero della fame, ma essa sembra solo un pretesto per fare della video arte, si passa infatti da un montaggio frenetico a un lungo piano sequenza di 20 minuti in cui McQueen esalta le qualita attoriali di Michael Fassbender e Michael Cunninghum, posto più o meno a metà film per fare da spartiacque tra la prima parte e il finale. Hunger è un film molto silenzioso, dove il linguaggio non verbale prevarica su quello verbale, dove il mostrare è più forte del far sentire e dove le azioni dei protagonisti si caricano di enfasi ed il corpo ha un valore fondamentale. Ottimo esordio per Seve McQueen prima di Shame dove dirige ancora Fassbender e lo sempre in maniera straordinaria
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Film d'esordio del regista di videoclip Steve McQueen (omonimo dell'attore scomparso nel 1980). Basato quasi essenzialmente sul Corpo e le sue ferite, il film narra l'odissea di Bobby Sands (un ottimo Fassbender), Cristo moderno che va intrepido incontro ad una morte terribile e dolorosa. Un film quasi "biologico" più che politico nella sua osservazione delle ferite del corpo, immagine e metafora delle ferite dell'anima. Film sulla Libertà, qua e là irritante e volutamente sgradevole, descrive accanitamente il corpo del protagonista, il suo disfacimento, le sue secrezioni (piscio, escrementi, pustole) con immagini che qua e là strizzano l'occhio all'arte contemporanea (graffitismo astratto, body-art).
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Film d'esordio del regista di videoclip Steve McQueen (omonimo dell'attore scomparso nel 1980). Basato quasi essenzialmente sul Corpo e le sue ferite, il film narra l'odissea di Bobby Sands (un ottimo Fassbender), Cristo moderno che va intrepido incontro ad una morte terribile e dolorosa. Un film quasi "biologico" più che politico nella sua osservazione delle ferite del corpo, immagine e metafora delle ferite dell'anima. Film sulla Libertà, qua e là irritante e volutamente sgradevole, descrive accanitamente il corpo del protagonista, il suo disfacimento, le sue secrezioni (piscio, escrementi, pustole) con immagini che qua e là strizzano l'occhio all'arte contemporanea (graffitismo astratto, body-art). Pesante da sostenere, talvolta inguardabile, resta un'opera di sicuro interesse, un film teso, serrato, morboso, nevrotico. E bello [-]
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Film in cui viene racontata la reale rivolta portata avanti in carcere da un gruppo di alcuni esponenti dell' Ira al fine di venire riconosciuti dal Governo Britannico come prigionieri politici. Una lotta inutile perchè a loro non verrà mai concesso quanto richiesto e pertanto la loro ostinazione a contrarre lo sciopero della fame li porterà dritti alla morte. Pellicola estremamente cruda, realistica e molto efficace nella rappresentazione degli squallidi ambienti carcerari e del deperimento sempre più evidente e raccapricciante del corpo denutrito del protagonista ottimamente interpretato da Michael Fassbender. Da rimarcare la scena del dialogo tra lui ed il pastore anglicano dove allo spettatore vengono enunciati i due punti di vista opposti.
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Film in cui viene racontata la reale rivolta portata avanti in carcere da un gruppo di alcuni esponenti dell' Ira al fine di venire riconosciuti dal Governo Britannico come prigionieri politici. Una lotta inutile perchè a loro non verrà mai concesso quanto richiesto e pertanto la loro ostinazione a contrarre lo sciopero della fame li porterà dritti alla morte. Pellicola estremamente cruda, realistica e molto efficace nella rappresentazione degli squallidi ambienti carcerari e del deperimento sempre più evidente e raccapricciante del corpo denutrito del protagonista ottimamente interpretato da Michael Fassbender. Da rimarcare la scena del dialogo tra lui ed il pastore anglicano dove allo spettatore vengono enunciati i due punti di vista opposti. Come nella sua posteriore pellicola "Shame" anche qui il britannico Steve Mc Queen presenta sempre il corpo umano come simbolo di potere personale attraverso cui manifestare le proprie rimostranze (quii politiche ed idealistiche in "Shame" come ossessione sessuale). Un'ottima e di non facile approccio opera prima.
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Irlanda del Nord 1981. Per protestare contro il governo inglese che si rifiutava di riconoscere loro lo status di prigionieri politici, i detenuti affiliati all'IRA decidono di mettere in atto varie forme di protesta da quella di indossare l'uniforme a quella dello sporco. Visto il fallimento di questi tentativi, Bobby Sands deciderà di attuare la protesta più estrema: lo sciopero della fame.
Un film crudo che non risparmia allo spettatore scene forti e provocatorie e anzi basa tutta la sua potenza sulle immagini visto che di parole se ne dicono davvero poche eccezion fatta per il colloquio tra Sands e il prete del carcere. Muri imbrattati di escrementi, piscio gettato nei corridoi, rifiuto di lavarsi e tagliarsi i capellli erano alcune delle proteste mosse dai prigionieri dell'IRA.
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Irlanda del Nord 1981. Per protestare contro il governo inglese che si rifiutava di riconoscere loro lo status di prigionieri politici, i detenuti affiliati all'IRA decidono di mettere in atto varie forme di protesta da quella di indossare l'uniforme a quella dello sporco. Visto il fallimento di questi tentativi, Bobby Sands deciderà di attuare la protesta più estrema: lo sciopero della fame.
Un film crudo che non risparmia allo spettatore scene forti e provocatorie e anzi basa tutta la sua potenza sulle immagini visto che di parole se ne dicono davvero poche eccezion fatta per il colloquio tra Sands e il prete del carcere. Muri imbrattati di escrementi, piscio gettato nei corridoi, rifiuto di lavarsi e tagliarsi i capellli erano alcune delle proteste mosse dai prigionieri dell'IRA. La Lady di Ferro eprò non si lasciò certo ammansire da queste proteste e nemmeno dalle morti a causa dello sciopero della fame anche se vi fu poi un certo cambiamento. Film d'esordio di McQueen e arrivato colpevolmente in ritardo in Italia sulla scia dell'uscita dello scandaloso Shame, quest'opera prima (giustamente premiata come tale a Cannes) mette in risalto quanto queste persone fossero disposte a combattere per la loro causa. Gran parte del film si regge sul fisico dell'ottimo Fassbender e fisico è la parola giusta infatti sarà proprio il lento deperimento con tutte le ossa in bella mostra che guideranno lo spettatore fino al tragico epilogo. Insomma un film tosto come nello stile di McQueen che si iscrive nel filone dei grandi film che hanno cercato di raccontare sotto diversi punti di vista il dramma dell'Irlanda del Nord e della guerra civile che l'ha sconvolta. [-]
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Opera d’esordio del regista Steve McQueen, che mette il suo talento iconografico al servizio di una storia “vera” e di grande spessore (a differenza della sua seconda opera “Shame”, che avevo trovato invece un po’ scollata e fine a sé stessa), ne esce un film bellissimo e potentissimo (e mi rendo conto che aveevo utilizzato questo aggettivo per descrivere il cinema di questo regista anche per il suo secondo film)!!!
Quella di Bobby Sands e degli altri 9 che con lui morirono nel secondo sciopero della fame ad oltranza, della battaglia per l’ottenimento dello status di prigioniero politico, delle proteste delle coperte e dello sporco, delle sevizie a cui erano sottoposti i detenuti negli H-Blocks di Long Kesh/Maze… sono tutte storie che mi hanno sempre appassionato tantissimo; questo sicuramente condizionerà la mia recensione, però credo davvero che Hunger sia un film eccellente.
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Opera d’esordio del regista Steve McQueen, che mette il suo talento iconografico al servizio di una storia “vera” e di grande spessore (a differenza della sua seconda opera “Shame”, che avevo trovato invece un po’ scollata e fine a sé stessa), ne esce un film bellissimo e potentissimo (e mi rendo conto che aveevo utilizzato questo aggettivo per descrivere il cinema di questo regista anche per il suo secondo film)!!!
Quella di Bobby Sands e degli altri 9 che con lui morirono nel secondo sciopero della fame ad oltranza, della battaglia per l’ottenimento dello status di prigioniero politico, delle proteste delle coperte e dello sporco, delle sevizie a cui erano sottoposti i detenuti negli H-Blocks di Long Kesh/Maze… sono tutte storie che mi hanno sempre appassionato tantissimo; questo sicuramente condizionerà la mia recensione, però credo davvero che Hunger sia un film eccellente. Perché queste storie le racconta in modo non didascalico, ma rappresentandole con immagini bellissime che stridono fortemente con la durezza degli eventi raccontati.
Lunghi piani sequenza, primissimi piani, silenzi (rotti soltanto dallo splendido colloquio -fatto anche questo di tre soli piani sequenza- tra Bobby Sands ed il parroco che cerca inutilmente di convincerlo a desistere dall’intenzione di intraprendere lo sciopero della fame), scene stupende, bellissime trovate (come quella delle mani escoriate del carceriere), un Fassbender davvero eccezionale che però entra in scena dopo soli 25 minuti dall’inizio del film (ché questa non è la storia di un martire… ma di un popolo martoriato!)… ecco perché credo che Hunger sia un film che meriti di essere visto da quante più persone possibile!
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Ero a Firenze, mi dissero: tu ami il cinema mi hanno detto che oggi proiettano Hunger, ma attento è difficile e molto forte. Andai subito, era ancora sottotitolato perchè conoscevo McQueen e Fassbender perchè ero stato a Venezia ed avevo visto Shame. Sono rimasto completamente rapito e la domanda dentro di me è stata: per far arrivare questo film fatto 3 anni prima McQueen ha dovuto scandalizzare Venezia con Shame altrimenti questo suo primo film "meraviglioso" nemmeno lo facevano vedere. Altra assurdità delle produzioni e del cinema in Italia. Ma questo lo abbiamo detto mille volte e ormai lamentarsi vale poco. Resta il fatto che quando esistono film così è inspiegabile come non ci si fiondi a vederlo e a diffonderlo.
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Ero a Firenze, mi dissero: tu ami il cinema mi hanno detto che oggi proiettano Hunger, ma attento è difficile e molto forte. Andai subito, era ancora sottotitolato perchè conoscevo McQueen e Fassbender perchè ero stato a Venezia ed avevo visto Shame. Sono rimasto completamente rapito e la domanda dentro di me è stata: per far arrivare questo film fatto 3 anni prima McQueen ha dovuto scandalizzare Venezia con Shame altrimenti questo suo primo film "meraviglioso" nemmeno lo facevano vedere. Altra assurdità delle produzioni e del cinema in Italia. Ma questo lo abbiamo detto mille volte e ormai lamentarsi vale poco. Resta il fatto che quando esistono film così è inspiegabile come non ci si fiondi a vederlo e a diffonderlo. Fassbender ha superato se stesso e dopo averne visti due suoi penso che ne risentiremo parlare. Il brutto dei film biopic è che se non conosci la storia vai a leggerla subito per vedere se la realtà è rispettata, se la conosci la confronti immediatamente ed il giudizio del film è influenzato. Qui non succede, perchè è talmente cruda una realtà e talmente emozionante la recitazione che almeno io non ci ho pensato. Il film si snoda quasi fisicamente nella narrazione e nelle scene. La crudeltà sembra esagerata, ma non lo è. Fino ad arrivare ai 20 minuti del dialogo tra Sands e padre Dominic che per me entrano di diritto nella storia del cinema. Sarò esagerato ma per me 20 minuti di assoluto valore morale, etico, cinematografico, politico, estetico, cattolico e laico. Il regista con quei 20 minuti spiega tutto quello che Sands voleva fare e dire e far capire e Padre Dominic recita in modo meravigliosamente intenso la parte del prete, amico, cittadino ed opinionista, lasciando dopo libero arbitrio. Dopo e prima del dialogo Mc Queen non cerca dallo spettatore un giudizio, non lo chiede; lascia a quel dialogo tutte le domande possibili. Io mi ci sono quasi sciupato 3 giorni successivi a farmi domande sul giusto o sbagliato. Quando mi succede così vuol dire che il messaggio è arrivato. [-]
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Difficile fare una valutazione di un film difficile, insolito, molto troppo realistico. Qualcuno ha detto un pugno nello stomaco e mi sembra la definizione più calzante. Cruento, violento, brutale e chi più ne ha più ne metta. Il dialogo tra vittima e sacerdote che è forse l'essenza del film è asciutto, essenziale senza che la telecamera si sposti e senza che i protagonisti cambino postura o espressioni. La maschera tragica e il corpo malridotto del protagonista sono la fotografia a tinte fosche di questo film, che per quanto sia a suo modo riuscito, risulta comunque angosciante scioccante e repellente.
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Film di corpi in lotta ed esistenze grame, di giorni miserabili vissuti per lavoro (la guardia carceraria) o per appartenenza politica (i detenuti indipendentisti). “Hunger” prende atto di tutto ma non giudica nulla, evita ammiccamenti in sostegno alla causa irlandese, tipici di tanta filmografia a tema, ma mostra anche, senza renitenze, la violenza degli aguzzini. Poche parole, grida e uno sparo nella prima parte. Un dialogo fitto, drammatico, teatrale e magistralmente interpretato nella seconda, dedicata alle ragioni, ai dubbi, alle provocazioni. Nella terza stagna un silenzio terribile, rotto solo da due genitori che, ad aggressiva richiesta, dichiarano i loro nomi. McQueen prima inchioda l’attenzione descrivendo il contesto disumano, creato da autorità e prigionieri, del carcere Maze.
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Film di corpi in lotta ed esistenze grame, di giorni miserabili vissuti per lavoro (la guardia carceraria) o per appartenenza politica (i detenuti indipendentisti). “Hunger” prende atto di tutto ma non giudica nulla, evita ammiccamenti in sostegno alla causa irlandese, tipici di tanta filmografia a tema, ma mostra anche, senza renitenze, la violenza degli aguzzini. Poche parole, grida e uno sparo nella prima parte. Un dialogo fitto, drammatico, teatrale e magistralmente interpretato nella seconda, dedicata alle ragioni, ai dubbi, alle provocazioni. Nella terza stagna un silenzio terribile, rotto solo da due genitori che, ad aggressiva richiesta, dichiarano i loro nomi. McQueen prima inchioda l’attenzione descrivendo il contesto disumano, creato da autorità e prigionieri, del carcere Maze. Poi seduce con la personalità forte, brillante, implacabile di Bobby Sands. Infine paralizza con lo strazio di un fisico allo stremo, la cui sofferenza sembra essere capita solo da uno dei carcerieri, sguardo compassionevole e isolato, pura inesprimibile pietas. Visto “Hunger”, oltre che sull’Ulster ci si scopre a riflettere sul libero arbitrio, sui limiti della volontà, sul significato e sulle conseguenze di concetti come sacrificio, guerra, determinazione, obbedienza, rispetto, fedeltà, coerenza, odio, amore, violenza. E il silenzio del finale contagia lo spettatore, che si rialza ammutolito. Da vedere. [-]
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Ottimo film: più che prendere posizione sulle lotte (o sulle bombe) dell’IRA, dell’Ulster Defense Association o dei Soldati della Libertà, più che dare giudizi sui loro attentati, ovviamente definiti “crimini spaventosi” dalla Thatcher, si sofferma per una buona metà sul decorso dello sciopero della fame di Bobby Sands, che dopo 66 giorni lo portò alla morte, le trasformazioni nel suo corpo, le visioni nel delirio che gli ripresentano attimi della sua vita.
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Ottimo film: più che prendere posizione sulle lotte (o sulle bombe) dell’IRA, dell’Ulster Defense Association o dei Soldati della Libertà, più che dare giudizi sui loro attentati, ovviamente definiti “crimini spaventosi” dalla Thatcher, si sofferma per una buona metà sul decorso dello sciopero della fame di Bobby Sands, che dopo 66 giorni lo portò alla morte, le trasformazioni nel suo corpo, le visioni nel delirio che gli ripresentano attimi della sua vita. Insieme a lui altri 9 prigionieri nel carcere di Long Kesh, “The Maze”, il labirinto, come lo conoscono a Belfast, si lasciarono morire di fame e 18 agenti rimasero uccisi dagli attentati del movimento; uno, l’agente penitenziario molto cauto e accorto, colui col quale si apre il film, quello dalle nocche sempre ferite per i pugni che si incarica di somministrare ai prigionieri, viene ucciso mentre è in visita a sua madre in una casa di riposo.
Bobby Sands - al cappellano suo amico che lo va a trovare in carcere – dà una motivazione appassionata della decisione di iniziare lo sciopero della fame a oltranza (until death). Dice che è proprio l’amore per la vita che lo ha condotto a quel punto, il gusto della libertà, contro un governo inflessibile che non li volle considerare “prigionieri politici” e ne piegò la resistenza, con pestaggi regolari e metodici in prigione soprattutto a seguito dei loro scioperi delle coperte e dello sporco: nel primo caso non volevano indossare le divise fornite dalla prigione ma delle coperte e nel secondo trasformarono le celle in putride latrine. A uno di questi pestaggi un agente giovane non prende parte, è colto da panico, trema e piange, non deve sapersi spiegare il perché di tanta violenza.
Spiega Sands (eccellente, superlativa l’interpretazione di Michael Fassbender) al prete che quella “non vita” e il desiderio di finirla era come agire piuttosto che restare immobili, lo riportava a quando, adolescente, aiutò a morire un puledro, annegandolo nel torrente dove era rimasto intrappolato con le zampe fratturate. La vocazione ad essere Soldato della Libertà risalirebbe ad allora, quando per una gara di fondo in Irlanda (da questo sport gli derivava tanta volontà e resistenza), lo fecero sentire straniero nella sua terra.
Hunger è anche un film storico, aiuta a rivedere il conflitto nord-irlandese tra i ’70 e gli ’80: la morte di Sands avvenne proprio come oggi, il 5 maggio 1981. Eventi che solo marginalmente vengono toccati da “The iron lady” (dove forse c’era un filmato della Bloody Sunday), film incentrato più sui drammi personali della Thatcher anziana. Vi sono interessanti inserti originali con la voce della irremovibile primo ministro.
Una delle visioni, molto suggestiva, è quella che ha il prigioniero ormai allo stremo nel letto dell’infermeria, si rivede ragazzo in una corsa nel bosco, si ferma ad aspettare gli altri un momento ma poi decide di andare avanti fino in fondo, da solo. Sembra come considerare un momento la possibilità di desistere dal suo proposito, per infine proseguire. Struggenti anche le riprese che il regista inserisce del figlio di Sands, costretto a farsi precocemente una ragione della decisione del papà.
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Un film coraggioso ma non, come si potrebbe pensare, per la scelta del tema di per sé: sparare a zero sul governo Thatcher è fin troppo facile per esser degno di nota.
Hunger è coraggioso per come sceglie di porre la sua storia, nella maniera più difficile e complessa possibile ma riuscendo a soddisfare a pieno ogni aspettativa laddove non superandola. Non c'è nessun facile rifugio nello schieramento politico; sì, si inneggia alla lotta per la libertà, ma la contesa tra cattolici e protestanti non viene sfruttata per infiammare facilmente gli animi. Allo stesso modo si evita di disegnare come mostri i carcerieri, mostrandone sì il lato duro ma anche la fragilità, o la capacità di provare una certa dose di compassione.
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Un film coraggioso ma non, come si potrebbe pensare, per la scelta del tema di per sé: sparare a zero sul governo Thatcher è fin troppo facile per esser degno di nota.
Hunger è coraggioso per come sceglie di porre la sua storia, nella maniera più difficile e complessa possibile ma riuscendo a soddisfare a pieno ogni aspettativa laddove non superandola. Non c'è nessun facile rifugio nello schieramento politico; sì, si inneggia alla lotta per la libertà, ma la contesa tra cattolici e protestanti non viene sfruttata per infiammare facilmente gli animi. Allo stesso modo si evita di disegnare come mostri i carcerieri, mostrandone sì il lato duro ma anche la fragilità, o la capacità di provare una certa dose di compassione. Il giudizio politico ovviamente è presente: la storia è fortemente contestualizzata, e affrontare il film completamente a digiuno di storia contemporanea non è indicato. Ma la storia si concentra su una dimensione più intima, sul valore di un uomo disposto a immolarsi per la forza della propria convinzione. Particolarmente significativo il dialogo, l'unico che si possa definire tale, tra il protagonista e Liam Cunningham: il film non racconta di un martire, di un visionario che va incontro alla morte per un ideale. Sands, almeno il Sands del film, affronta la sua privazione per sé stesso oltre che per gli altri, per rivendicare la potenza della propria vita nella ricerca della libertà.
Regia eccellente, un film lento ma che non si concede una lunghezza eccessiva. Che non insiste in platealità ma che viene costruito un dettagliio per volta, come un piccolo ma prezioso puzzle. Fotografia impressionante pur nel suo minimalismo, inizialmente fatta di piccoli frammenti di personaggi pennellati con cura che finiscono per mettersi al servizio di un Fassbender assolutamente perfetto; il film che probabilmente lo consacra come uno dei migliori attori della sua generazione, forse in assoluto il migliore. Le modifiche imposte al fisico passano anche in secondo piano rispetto a quel che riesce a rendere con la sola espressione, senza bisogno di ricorrere a scene madri o a forti espedienti a ogni costo.
Un film sicuramente non per tutti, anche forte nella sua brutalità ma mai in maniera gratuita, sempre assolutamente in funzione della storia che vuole raccontare, e del messaggio che lascia liberi di cogliere.
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