bob
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giovedì 11 ottobre 2007
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il solito tenace ken loach
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Con "in questo mondo libero..." il tenace regista Ken Loach ritorna a trattare problematiche sociali della Londra contemporanea (lavoro nero, precariato, immigrazione), temi che il regista e il suo sceneggiatore Paul Laverty conoscono bene e da vicino. La storia e' quella di Angie, una spregiudicata ragazza madre, che licenziata dall'Agenzia di reclutamento per la quale lavorava (colpevole di non aver ceduto all'ennesima "palpatina" del viscido capo di turno), decide di mettersi in proprio: con l'aiuto dell'amica Rose, riesce ad aprire una societa' (ovviamente in nero) specializzata nel trovare lavoro ad immigrati. Meglio se clandestini, cosi' lavorono di piu', al minimo sindacale(diciamo cosi') e sono talmente disperati che non possono neanche rischiare di fiatare.
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Con "in questo mondo libero..." il tenace regista Ken Loach ritorna a trattare problematiche sociali della Londra contemporanea (lavoro nero, precariato, immigrazione), temi che il regista e il suo sceneggiatore Paul Laverty conoscono bene e da vicino. La storia e' quella di Angie, una spregiudicata ragazza madre, che licenziata dall'Agenzia di reclutamento per la quale lavorava (colpevole di non aver ceduto all'ennesima "palpatina" del viscido capo di turno), decide di mettersi in proprio: con l'aiuto dell'amica Rose, riesce ad aprire una societa' (ovviamente in nero) specializzata nel trovare lavoro ad immigrati. Meglio se clandestini, cosi' lavorono di piu', al minimo sindacale(diciamo cosi') e sono talmente disperati che non possono neanche rischiare di fiatare. Cosa puo' volere di piu' la bella Angie, divenuta in breve piu' stronza e senza scrupoli che mai? Perche' "in questo mondo libero" basta un attimo e da sfruttati, si diventa sfruttatori. Il cinema amaro di Ken Loach dimostra dunque ancora una volta di essere capace di far riflettere, di provocare dubbi. Siamo sicuri che la strada che abbiamo imboccato da qualche anno, quella del lavoro non piu' "fisso", sempre piu' flessibile, interinale, sia quella "giusta"? E' un mondo che produce speranza per le future generazioni che vogliono farsi una famiglia? O forse le soffoca? Mi sa tanto che non siamo messi molto bene. E in effetti il "mondo libero" descritto dal regista inglese e' tristemente squallido. A vedere le scene in cui gli immigrati sono costretti ad elemosinare un lavoro, non sembra siano passati cosi' tanti anni dalla "Grande Depressione". Bisognerebbe far vedere qualche immagine del film anche a Michael Moore: scoprirebbe che anche in Inghilterra non e' che poi si stia sempre cosi' bene... Il film pero' nel suo insieme, nonostante l'indubbia forza della tematica, non convince fino in fondo. Procede a strappi, alternando momenti veri, pieni di energia, ad altri poco credibili. "In questo mondo libero..." non possiede la lucidita' e la sincerita' dei film migliori (cioe' quelli dei primi anni '90) del regista inglese. Il soggetto ha piu' di un cedimento (su tutti il momento in cui viene "improvvisamente" aiutata la famiglia clandestina iraniana). Le iniezioni di ironia (il barista "mascotte") non vanno a segno e sono poco funzionali al racconto. La stessa regia di Loach e' troppo piatta, quasi televisiva. Non e' vibrante e nervosa come avrebbe dovuto essere. Sicuramente notevole per contro la protagonista Kierston Wareing. La sua prova, vera e sofferta, e' senza dubbio la parte migliore del film. (Voto:6,5)
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renato m.
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mercoledì 10 ottobre 2007
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ken loach, un messaggio fecondo.
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Ken loach ritorna a parlare del sociale, delle sottili e profonde dinamiche dell' aggregazione umana. Ritorna, anche in quest'ultima opera, il messaggio di fondo del regista: non c'è mai riscatto sociale attraverso la violenza, il sopruso, la corruzione morale; si rimane, piuttosto, sempre in una dimensione di squallore in cui la vittima, a ben guardare, si mescola con il carnefice in una condivisione infinita di miserie umane. Che gli uomini debbano condividere le proprie miserie in fondo è una realtà ma il riscatto, quello vero, va cercato nella direzione giusta se si vuole cambiare un pò questo mondo.
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spillare
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lunedì 8 ottobre 2007
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finchè sarai felice conterai molti amici
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Probabilmente Valeria Marini avrebbe recitato il ruolo da protagonista con più stile.
La trama è prevedibile, certo confesso che mi sarei aspettato che alla fine la protagonista "gestisse" delle prostitute, forse ciò avrebbe dato un tocco ancora più realista ad un film che tratta argomenti forti ed attuali ma in modo troppo superficiale. Ancor peggio ne tratta troppi.
Una bionda, rifatta, se la spassa con un ragazzo polacco che vive in un campo di roulotte abusivo; sicuramente il miglior attore.
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fg
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lunedì 8 ottobre 2007
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in questo "cosidetto" mondo libero
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Ken Loach si conferma guardiano delle brutte intenzioni e tendenze del cosidetto "mondo libero"occidentale.La sua critica sociale è importante per far comprendere a chi non vive certe esperienze che le nostre democrazie sono ancora pervase da molte ingiustizie.E se per l'Inghilterra del film il discorso vale per i lavoratori immigrati, in Italia esso vale per i lavoratori italiani dei call-center o similari.Dunque è lungo il cammino per un vero"mondo libero" ma, grazie anche a film come questo, forse, qualche "scorciatoia"per la libertà di tutti si potrà prendere....
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olga
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mercoledì 3 ottobre 2007
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libero che libero non è
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Che ovviamente libero non è affatto per tanti di noi; figurarsi poi se si tratta di immigrati sottoposti a vari livelli di sfruttamento fino ad arrivare a situazioni estreme di quasi schiavitù. L’altra faccia di questo problema è costituita dalla mancanza di sicurezza o perlomeno dalla sensazione che essa sia meno avvertita da molti cittadini dei paesi oggetto d’immigrazione, i quali spesso vivono a contatto con gruppi di violenti o fiancheggiatori di situazioni terroristiche. Sono questi ultimi, anche se minoranza, a determinare diffusi atteggiamenti di paura e rifiuto. Ma a Ken Loach interessano come al solito i più deboli della società, anche se in questa ultima opera il taglio sembra maggiormente articolato e chiaroscurato del solito, a cominciare da Angie, la protagonista (Kierston Wareing), una bella e complessa figura femminile.
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Che ovviamente libero non è affatto per tanti di noi; figurarsi poi se si tratta di immigrati sottoposti a vari livelli di sfruttamento fino ad arrivare a situazioni estreme di quasi schiavitù. L’altra faccia di questo problema è costituita dalla mancanza di sicurezza o perlomeno dalla sensazione che essa sia meno avvertita da molti cittadini dei paesi oggetto d’immigrazione, i quali spesso vivono a contatto con gruppi di violenti o fiancheggiatori di situazioni terroristiche. Sono questi ultimi, anche se minoranza, a determinare diffusi atteggiamenti di paura e rifiuto. Ma a Ken Loach interessano come al solito i più deboli della società, anche se in questa ultima opera il taglio sembra maggiormente articolato e chiaroscurato del solito, a cominciare da Angie, la protagonista (Kierston Wareing), una bella e complessa figura femminile. La giovane vive molte contraddizioni: lavora come impiegata in un’agenzia che procura occupazione agli immigrati, ma viene licenziata, come già le è accaduto, perché si nega alle attenzioni sessuali del capo; così da sfruttata diventa sfruttatrice, perché decide di mettersi in società con l’amica Rosie (Jiuliet Ellis) per aprire una propria agenzia. Come madre, farebbe di tutto ed è disposta anche all’illegalità per dare al figlio, che vive con i nonni, agi e sicurezza, ma nella realtà lo trascura, presa dal miraggio dell’arricchimento, mentre il bambino si chiude e si incattivisce. Come figlia, si scontra con la madre che la colpevolizza perché non ha mai concluso niente di buono, ed ha un dialogo “difficile” con il padre. Questi è un vecchio operaio laburista, che non condivide i suoi metodi poco ortodossi, ma che le vuole molto bene. Come donna, è dura nell’esercitare questa nuova forma di caporalato, che esiste un po’ ovunque nell’occidente ricco e capitalista, ma s’intenerisce davanti alla ingenua e semplice etica di un giovane polacco, con il quale inizia una frettolosa ma non ininfluente relazione. Un personaggio insomma sfaccettato e vero, che da solo fa dimenticare alcune pecche del film del vecchio leone marxista. Loach sa indubbiamente raccontare in modo asciutto e quasi documentaristico, ma a volte cede alla tentazione del pistolotto didattico o della soluzione moralistica, come accade anche qui verso la fine della narrazione (vedi rapimento del figlio di Angie, colloquio con i rapitori e successivo evolversi dei fatti). Alla fine ritroviamo la protagonista a Kiev, in Ucraina, dove si trova per arruolare gli immigrati più disponibili allo sfruttamento, quelli che pagano anticipatamente per una qualsiasi occupazione che poi non trovano.
Per chiudere, una riflessione: non si sa se augurarsi che l’anziano maestro ci regali la prossima volta un film tutto diverso dagli altri o se chiedergli di non smettere mai di schierarsi dalla parte di chi sta peggio. Ognuno risponderà a suo modo.
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federico
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sabato 29 settembre 2007
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ottimo film
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Un'altra prova degna di lode per Ken Loach che diverte, appassiona, coinvolge e soprattutto fa riflettere sul mondo del lavoro oggi...
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erasmus
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venerdì 28 settembre 2007
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ok!!! ;-)
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subcomandante
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mercoledì 26 settembre 2007
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ken loach, un regista sempre più 'necessario
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Non ho ancora visto il film, ma sono molto fiducioso nel grande Ken. mi piace e concordo non solo con l'articolo ma anche ocn il fattoche un regista così è sempre più necessario. al cinema entrando per vedere un'altro film, ho visto il poster del film, non sapevo fosse di loach e solo a vedere il poster e il titolo mi sono emozionato per la potenza dell'imagine. come diceva niel young: keep on rockin' in the free world..
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