stefano capasso
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lunedì 31 agosto 2015
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le emozioni che uniscono
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Dopo Taxi Teheran ho visto questo altro lavoro di Jafar Panahi. Offside racconta di una partita di calcio che l’Iran gioca e che è decisiva ai fini di una storica qualificazione ai mondiali di calcio del 2006. Ci sono molte tifose e appassionate che vogliono entrare a vedere la partita e dovranno escogitare strategie astute per superare il divieto che il regime di Teheran impone alle donne. Lo stadio è interdetto loro perché luogo inadatto a cause delle grida, delle bestemmie e dell’atmosfera sfrenata che si vive. Molte vengono bloccate e tenute in stato di fermo appena fuori dalle mura, e il film racconta il lungo dissidio che si mette in scena con militari che le tengono prigioniere.
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Dopo Taxi Teheran ho visto questo altro lavoro di Jafar Panahi. Offside racconta di una partita di calcio che l’Iran gioca e che è decisiva ai fini di una storica qualificazione ai mondiali di calcio del 2006. Ci sono molte tifose e appassionate che vogliono entrare a vedere la partita e dovranno escogitare strategie astute per superare il divieto che il regime di Teheran impone alle donne. Lo stadio è interdetto loro perché luogo inadatto a cause delle grida, delle bestemmie e dell’atmosfera sfrenata che si vive. Molte vengono bloccate e tenute in stato di fermo appena fuori dalle mura, e il film racconta il lungo dissidio che si mette in scena con militari che le tengono prigioniere. Quello che emerge è che le leggi restrittive dello stato tutto sommato sembrano non essere realmente comprese nemmeno da chi le dovrebbe far rispettare. E la vittoria della nazionale di calcio, con la feste che ne consegue, diventa motivo per allentare i controlli cosi che un popolo possa gioire unito senza divisioni di sorta. Film interessante, semplice nella struttura ed estremamente realistico e comunicativo, caratterizzato da un rumore di fondo continuo, dato da grida, dialoghi serrati e concitati, che ben rappresenta l’atmosfera dello stadio durante una partita di calcio
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filippo catani
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mercoledì 29 febbraio 2012
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donne allo stadio
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Teheran 2006. La nazionale di casa sta disputando il decisivo spareggio con il Bahrain per accedere al tabellone principale dei mondiali di calcio in Germania. Lo stadio è gremito ma di soli uomini. Le ragazze infatti non possono entrare negli stadi. Il film seguirà le loro storie.
Panahi traccia con questo film un durissimo ritratto della quotidianità iraniana. Lo sport che in teoria dovrebbe essere un qualcosa che unisce quando gioca la propria nazionale, finisce per essere anch'esso elemento di disgregazione. Le donne non possono entrare allo stadio perchè, anche se accompagnate da un parente o da un amico, potrebbero sentire espressioni ingiuriose che non si addicono loro.
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Teheran 2006. La nazionale di casa sta disputando il decisivo spareggio con il Bahrain per accedere al tabellone principale dei mondiali di calcio in Germania. Lo stadio è gremito ma di soli uomini. Le ragazze infatti non possono entrare negli stadi. Il film seguirà le loro storie.
Panahi traccia con questo film un durissimo ritratto della quotidianità iraniana. Lo sport che in teoria dovrebbe essere un qualcosa che unisce quando gioca la propria nazionale, finisce per essere anch'esso elemento di disgregazione. Le donne non possono entrare allo stadio perchè, anche se accompagnate da un parente o da un amico, potrebbero sentire espressioni ingiuriose che non si addicono loro. Questo le porta a cercare di camuffarsi per entrare ma spesso vengono scoperte. Ed è dai dialoghi tra i soldati e queste ragazze che vengono al pettine tutte le difficoltà che il regime ha per giustificare le proprie politiche. E la scena finale quando il pullman che porta le ragazze al commissariato viene fermato dalla folla festante per la qualificazione vuole essere un inno alla speranza perchè qualcosa possa finalmente cambiare.
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andrea
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sabato 29 ottobre 2011
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semplice ma efficace
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un piccolo spaccato di vita di un paese che non si conosce se non per cronache di guerra.
andrea
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laulilla
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lunedì 2 maggio 2011
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un terribile film, che tutti dobbiamo vedere
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Questo film è terribile, perché racconta una storia vera di donne iraniane, che è una storia terribile, fatta di soprusi violenti e di ottusi divieti. Il regista che ha girato questo straziante lungometraggio è stato incarcerato, a seguito di una condanna a sei anni, a cui si aggiunge, in ogni caso, il divieto di dedicarsi alla regia per altri venti. Speriamo che nel frattempo le donne e tutto il popolo iraniano ritrovino la loro libertà. A scanso di equivoci, però, va detto che questo film terribile è anche un bel film: bello e interessante.
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Questo film è terribile, perché racconta una storia vera di donne iraniane, che è una storia terribile, fatta di soprusi violenti e di ottusi divieti. Il regista che ha girato questo straziante lungometraggio è stato incarcerato, a seguito di una condanna a sei anni, a cui si aggiunge, in ogni caso, il divieto di dedicarsi alla regia per altri venti. Speriamo che nel frattempo le donne e tutto il popolo iraniano ritrovino la loro libertà. A scanso di equivoci, però, va detto che questo film terribile è anche un bel film: bello e interessante. E’ un film che ci racconta l’ostinazione di alcune ragazze, che vivono o studiano a Teheran, e che vogliono, a rischio della loro libertà, entrare nello stadio in cui si gioca una partita di calcio che impegna la nazionale iraniana. Il loro tentativo si infrange quasi subito, com’era prevedibile, perché, anche se si sono ben camuffate per nascondere i caratteri femminili del volto, la sorveglianza stretta del regime, che vieta alle donne di assistere alle partite, finirà per incastrarle e per separarle dagli altri tifosi, confinandole in un settore dello stadio, in cui grottescamente vengono rigidamente sorvegliate dai soldati di leva armati che il regime ha inviato lì per questo scopo. Di lì non potranno muoversi, neppure se devono recarsi in bagno, perché non esistono negli stadi bagni per le donne. Molto interessante è però il fatto che le fanciulle cerchino di parlare con i soldati per esporre le loro buone ragioni e per far capire a loro l’assurdità della situazione. Le risposte che ottengono ci parlano di una mentalità arcaica e piena di pregiudizi, intollerabile ai nostri occhi: le donne sono deboli e hanno bisogno di essere protette dai loro uomini, padri, mariti, fratelli che a questo si devono dedicare, oltre che al lavoro. L’Islam, integralisticamente interpretato, probabilmente non è unico responsabile di questo modo di pensare: i soldati provengono da zone lontanissime dalla capitale, che è una sterminata metropoli in cui il comportamento degli individui, per quanto rigidamente controllato, finisce per sfuggire alla sorveglianza della polizia: la scuola e l’Università forniscono, per forza di cose, a generazioni di giovani e di ragazze gli strumenti critici al cui vaglio non possono che rimanere impigliati i vecchi stereotipi che per millenni, invece, hanno tenuto a freno le aspirazioni alla libertà e al riconoscimento dei diritti individuali di uomini e donne. Dalle campagne e dalle montagne di quel paese, popolate da un’umanità legata alla produzione agricola in terre avare, all’allevamento, in difficili condizioni, di animali da cui ricavare ciò che serve all’alimentazione, deriva anche, probabilmente, la xenofobia che è diffusa fra questi soldati e che li porta a sostenere che i giapponesi possono frequentare con le loro donne gli stadi iraniani, per seguire da tifosi la loro squadra, perché i giapponesi sono diversi, sono di un’altra razza…
Andiamo a vedere questo film, dunque, perché è interessante, ben raccontato, per capire ciò che sta succedendo, ma che potrebbe cambiare (il finale del film, sotto quest’aspetto, ci apre il cuore alla speranza), soprattutto, per dare la nostra solidarietà alle donne, agli uomini, a questo coraggioso regista, a tutti quelli che soffocano per mancanza di libertà.
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sam74
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mercoledì 27 aprile 2011
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offside: quando il sorriso è una denuncia sociale
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Invitato da alcune amiche, la scorsa sera sono andato a vedere Offside, senza saperne praticamente nulla. Già mi immaginavo un film drammatico, forse retorico.
Nulla di più sbagliato. Offside (Fuorigioco) è un film che per tutta la sua durata mantiene un carattere leggero, supportato da un sincero umorismo. Ed è attraverso questa modalità che il regista ci racconta l’assurdità delle regole imposte nella Repubblica islamica iraniana, che si svela tutta in questo semplice scambio di battute:
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Perché le donne non possono assistere ad una partita allo stadio?
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Perché i maschi in caso di sconfitta potrebbero dire parolacce.
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Invitato da alcune amiche, la scorsa sera sono andato a vedere Offside, senza saperne praticamente nulla. Già mi immaginavo un film drammatico, forse retorico.
Nulla di più sbagliato. Offside (Fuorigioco) è un film che per tutta la sua durata mantiene un carattere leggero, supportato da un sincero umorismo. Ed è attraverso questa modalità che il regista ci racconta l’assurdità delle regole imposte nella Repubblica islamica iraniana, che si svela tutta in questo semplice scambio di battute:
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Perché le donne non possono assistere ad una partita allo stadio?
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Perché i maschi in caso di sconfitta potrebbero dire parolacce.
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E allora perché nella partita Iran – Giappone, le donne giapponesi hanno potuto seguire la partita all’interno dello stadio con i loro uomini?
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Le donne giapponesi mica capiscono la nostra lingua!
Con queste parole il giovane soldato – che tutto vorrebbe, tranne che stare a fare il soldato – risponde ad una ragazza fermata per aver tentato di entrare di nascosto allo stadio, e nelle sue parole si riassume la summa di regole assurde e anacronistiche che nessun giovane in Iran parrebbe capirne ancora il senso.
Il regista usa l’arma della sobrietà, della leggerezza, della freschezza della giovinezza per rispondere al regime del pupazzo Ahmadinejad e dei maledetti pupari Ayatollah.
Una critica che colpisce a fondo, proprio perché non gridata, ma detta col sorriso sulle labbra, guardando con ammirazione e fiducia ad una generazione - quella dei giovani - che potrebbe rovesciare (come sta accadendo altrove dalla Tunisia all'Egitto alla Siria) il regime autoritario presente in Iran.
Una critica che i maledetti mullah iraniani hanno mal sopportato: il regista, già autore de “Il cerchio” (Leone d’oro a Venezia), già arrestato nella primavera dell’anno scorso ma poi rilasciato, è stato quindi condannato a sei anni di reclusione e venti di inattività.
Non possiamo fare molto per lui, ma qualcosa sì: andare a vedere il suo film, promuoverlo sui blog e siti che gestite, tenere alta l'attenzione su di lui, magari firmare la petizione promossa dall’associazione Nessuno tocchi Caino.
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goldy
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sabato 16 aprile 2011
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la bellezza dell'essenzialità
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Il film mostra che quando si ha una realtà vera da comunicare, bastano pochi mezzi per rappresentarla. Il regista ci ha comunicato (per l'ennesima volta) la realtà immutata del suo paese che niente e nessuno riesce a far evolvere. Un'idea esilissima che ci comunica del paese ben più di un convegno dei grandi della terra.
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adelio
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sabato 16 aprile 2011
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la fantasia intelligente delle giovani donne irani
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Ottimo esempio di un neorealismo di cui si sente la mancanza. Forte il contrasto generazionale che mette in mostra le questioni ancora irrisolte tra uomini e donne, anche nel mondo giovanile.Un bellissimo riscatto dell'intelligenza femminile che supera per apertura mentale, solidarietà, cultura e fantasia la povertà umana di un mondo maschile in declino.C'è molto simbolismo ben assestato dal regista che aiuta a comprendere con efficacia la condizione iraniana.Alcuni primi piani e soluzioni filmiche rasentano la poesia e sole valgono il prezzo del biglietto.Interessante l'uso delle sbarre verticali, del recinto, della linea orizzontale, sul muro che fa da sfondo alle riprese delle giovani donne "in ostaggio", di demarcazione tra la colorazione rossa e quella bianca (passionalità e spirito).
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Ottimo esempio di un neorealismo di cui si sente la mancanza. Forte il contrasto generazionale che mette in mostra le questioni ancora irrisolte tra uomini e donne, anche nel mondo giovanile.Un bellissimo riscatto dell'intelligenza femminile che supera per apertura mentale, solidarietà, cultura e fantasia la povertà umana di un mondo maschile in declino.C'è molto simbolismo ben assestato dal regista che aiuta a comprendere con efficacia la condizione iraniana.Alcuni primi piani e soluzioni filmiche rasentano la poesia e sole valgono il prezzo del biglietto.Interessante l'uso delle sbarre verticali, del recinto, della linea orizzontale, sul muro che fa da sfondo alle riprese delle giovani donne "in ostaggio", di demarcazione tra la colorazione rossa e quella bianca (passionalità e spirito). Deve far pensare la completa mancanza della generazione "adulta" (persa ormai.. solo i vecchi sono ammessi al dialogo con i giovani). La speranza del Paese sono solo loro! I giovani! Nel film questo spiraglio è espresso dalle ragazze, da un ragazzino e dai brillantini luminescenti che la protagonista accende e porta in mezzo alla folla festante, dopo la partita di calcio, in una notte ripiombiata sulla vita di persone vive, intelligenti e vere, costrette da un regime oscurantista a subire l'ignoranza integralista e regole sociali che neanche si possono spiegare, proprio come il buio che ci toglie la vista. ALtri spunti meriterebbero pià spazio per un commento. Bel film!
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reservoir dogs
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martedì 12 aprile 2011
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una cella più ampia
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Un padre ferma un pullman di tifosi alla ricerca della figlia nascostasi nel tentativo di entrare illegalmente alla partita (le donne non hanno accesso allo stadio perché luogo di imprecazioni e oscenità), un ragazzo in un pullman verso lo stadio dove si terrà la partita Iran contro Bahrain si tiene in disparte mentre gli altri tifosi esultano per la qualifica già annunciata.
Ben presto il ragazzo verrà identificato come donna e messo "Offside" insieme ad altre trasgreditrici come lei.
Non è certo la partita che interessa a Jafar Panahi (vista o raccontata sempre indirettamente), ma la fotografia di un Iran che esercita una pressione costante sulla propria donna; tutto si riassume nell'affermazione di una delle guardie: "Gli uomini e le donne non sono uguali" ma su questa "summa" poggiano i pilastri del maschilismo iraniano.
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Un padre ferma un pullman di tifosi alla ricerca della figlia nascostasi nel tentativo di entrare illegalmente alla partita (le donne non hanno accesso allo stadio perché luogo di imprecazioni e oscenità), un ragazzo in un pullman verso lo stadio dove si terrà la partita Iran contro Bahrain si tiene in disparte mentre gli altri tifosi esultano per la qualifica già annunciata.
Ben presto il ragazzo verrà identificato come donna e messo "Offside" insieme ad altre trasgreditrici come lei.
Non è certo la partita che interessa a Jafar Panahi (vista o raccontata sempre indirettamente), ma la fotografia di un Iran che esercita una pressione costante sulla propria donna; tutto si riassume nell'affermazione di una delle guardie: "Gli uomini e le donne non sono uguali" ma su questa "summa" poggiano i pilastri del maschilismo iraniano.
Le sbarre che dividono lo stadio dalla zona fuori così quelle delle transenne diventano così elemento fisico di un dettame a cui le donne sono sottoposte e gli uomini sono (incomprensibilmente) costretti ad eseguire.
Le stesse sbarre con cui le donne entrano in contatto sono quelle che spettano ingiustamente ed inspiegabilmente ad un regista che parla del suo popolo; SEI anni di carcere e VENTI di divieto d'esercizio della professione, lo stesso Panahi ha affermato descrivendo la sua situazione: "Quando a un regista viene negata la possibilità di fare film è come se la sua mente fosse già in prigione. Anche se è libero e non rinchiuso in una piccola cella, si ritrova perso a vagare in una cella più ampia".
L'esulatazione per la vittoria calcistica assume quindi la valenza di speranza per una vittoria "altra" che ci auguriamo molto vicina.
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ics
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martedì 26 dicembre 2006
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film pagato da bush
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Avete stufato con questi filmetti girati per mostrare come sia cattivone il governo iraniano e per giustificare l'inizio di una nuova guerra anche là. I danni fatti dagli occidentali in medioriente non sono ancora sufficienti. Oggi da più parti viene detto a chiare lettere che la popolazione irakena stava meglio "viva" sotto Saddam che morta nella fintodemocrazia importata a forza di bombe dal signor Bush e da tutti i lecchini occidentali che lo sostengono. Gli iraniani hanno diritto di fare in casa loro quello che vogliono e gli occidentali se non gradiscono possono stare a casa loro. La storia poi delle discriminazione alle donne è la cosa più assurda che sento dire. In tre quarti della crosta terreste, e sono ottimista, la donna è sottomessa all'uomo.
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Avete stufato con questi filmetti girati per mostrare come sia cattivone il governo iraniano e per giustificare l'inizio di una nuova guerra anche là. I danni fatti dagli occidentali in medioriente non sono ancora sufficienti. Oggi da più parti viene detto a chiare lettere che la popolazione irakena stava meglio "viva" sotto Saddam che morta nella fintodemocrazia importata a forza di bombe dal signor Bush e da tutti i lecchini occidentali che lo sostengono. Gli iraniani hanno diritto di fare in casa loro quello che vogliono e gli occidentali se non gradiscono possono stare a casa loro. La storia poi delle discriminazione alle donne è la cosa più assurda che sento dire. In tre quarti della crosta terreste, e sono ottimista, la donna è sottomessa all'uomo. Ma stranamente la discriminazione contro la donna appare un'oscenità solo in zone petrolifere. Siete RIDICOLI. In Africa il coglione Bush che tanto ci tiene ai diritti umani ha lasciato nella completa indifferenza che fossero trucidate un milione di persone a colpi di macete con fiume di sangue e pezzi gallegianti annessi, altro che veli islamici e "l'uomo cattivone non mi fa vedere la partitina di calcettino". Tutto nella completa immobilità occidentale di quegli strenui difensori dei diritti civili e della civiltà. Li d'altra parte non c'era il petrolio e quindi i diritti civili e umani di quelle persone, già fiaccate dallo schiavismo americano, non sono considerati. Siete RIDICOLI.
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[+] ma cosa dici?
(di bibi)
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(di pablo)
[ - ] roba da pazzi
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(di farmarock)
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