howlingfantod
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sabato 16 agosto 2014
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domande aperte
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Questa volta vado al buio, non so niente di Truman Capote tranne che ha scritto Colazione da Tiffany, non so niente del libro e del film che immagino autobiografico sulla creazione del suo ultimo romanzo completo. Non ho letto alcuna rassegna stampa al tempo in cui è uscito nelle sale qui in Italia e tantomeno negli Stati Uniti, le leggerò dopo quest’articolo, immagino al tempo negli Stati Uniti abbia aperto il solito dibattito insanato ed imperituro sulla pena di morte, magari avendo calcolato al botteghino quanto avrebbe potuto fruttare affrontare il tema dall’ottica delle rievocazione di un grande scrittore, come dicono loro, gli americani, “business as usual”. Qui da noi nella Vecchia umanistica e dotta Europa più verosimilmente si sarà parlato più del ruolo e la funzione sociale dell’arte, in primo luogo della letteratura e ci si domanda spontaneamente cosa avrebbe dovuto fare l’intellettuale e quindi quale è il suo ruolo nella società, nel caso specifico del film, dalla forza del suo pulpito il grande letterato unanimemente riconosciuto e mainstream per i tempi ai quali si riferisce avrebbe dovuto salvare due omicidi? Due vite umane? Se non lo ha fatto perché, anzi lo ha fatto fino a un certo punto, forse per il mero narcisismo artistico, ancora la domanda sull’arte.
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Questa volta vado al buio, non so niente di Truman Capote tranne che ha scritto Colazione da Tiffany, non so niente del libro e del film che immagino autobiografico sulla creazione del suo ultimo romanzo completo. Non ho letto alcuna rassegna stampa al tempo in cui è uscito nelle sale qui in Italia e tantomeno negli Stati Uniti, le leggerò dopo quest’articolo, immagino al tempo negli Stati Uniti abbia aperto il solito dibattito insanato ed imperituro sulla pena di morte, magari avendo calcolato al botteghino quanto avrebbe potuto fruttare affrontare il tema dall’ottica delle rievocazione di un grande scrittore, come dicono loro, gli americani, “business as usual”. Qui da noi nella Vecchia umanistica e dotta Europa più verosimilmente si sarà parlato più del ruolo e la funzione sociale dell’arte, in primo luogo della letteratura e ci si domanda spontaneamente cosa avrebbe dovuto fare l’intellettuale e quindi quale è il suo ruolo nella società, nel caso specifico del film, dalla forza del suo pulpito il grande letterato unanimemente riconosciuto e mainstream per i tempi ai quali si riferisce avrebbe dovuto salvare due omicidi? Due vite umane? Se non lo ha fatto perché, anzi lo ha fatto fino a un certo punto, forse per il mero narcisismo artistico, ancora la domanda sull’arte. Il film non si mostra subito nei suoi significati profondi, parte lentamente, non si snoda, aumenta la sua tensione intrinseca per la profondità dei temi affrontati ad ogni passaggio, strada facendo, con frasi scandite, dialoghi drammatizzati ed intensi che sembrano sempre voler dire l’ultima parola, con una fotografia netta, semplice pulita e a tinte fosche. I temi sono forti, la colpa e la sua condivisione,Truman Capote partecipa all’esecuzione e immagino ed il dialogo stesso lo suggerisce ne sarà partecipe ancora, quindi l’espiazione, il ruolo dell’arte e la dicotomia realtà e finzione, tematiche profonde e pressanti che lasciano come tutto il film, da qualunque parte dell’oceano lo si guardi domande aperte alle nostre coscienze. Quasi dimenticavo, eccezionale l’interpretazione non per niente da Oscar del compianto Philip Seymour Hoffmann.
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turkish
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martedì 9 febbraio 2010
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la chiara autobiografia d un personaggio complesso
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Un Film che mischia insieme il genere autobiografico, descrivendo efficacemente la persona che è Truman Capote e la sua vita, con il genere Thriller (l'uccisione di un intera famiglia).Non c'è il prevalere di un genere rispetto all'altro proprio perchè sono complementari tra loro.Il film è chiaramente impostato tutto sulla figura complessa e tormentata di Truman Capote che viene impersonificata da uno splendido P.S.Hoffman.Egli riesce a presentare tutte le sfumature del personaggio senza eccedere o strabordare ma anzi riuscendo a calarsi nella perfezione in un personaggio pubblico qual era Truman Capote all'epoca.La trama non ha niente di articolato, è semplice e immediata tutta giocata sui risvolti che ha su truman Capote e dal suo libro che si accingerà a scrivere.
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Un Film che mischia insieme il genere autobiografico, descrivendo efficacemente la persona che è Truman Capote e la sua vita, con il genere Thriller (l'uccisione di un intera famiglia).Non c'è il prevalere di un genere rispetto all'altro proprio perchè sono complementari tra loro.Il film è chiaramente impostato tutto sulla figura complessa e tormentata di Truman Capote che viene impersonificata da uno splendido P.S.Hoffman.Egli riesce a presentare tutte le sfumature del personaggio senza eccedere o strabordare ma anzi riuscendo a calarsi nella perfezione in un personaggio pubblico qual era Truman Capote all'epoca.La trama non ha niente di articolato, è semplice e immediata tutta giocata sui risvolti che ha su truman Capote e dal suo libro che si accingerà a scrivere.Una sorta di Storia (il film) che finisce in un altrettanta storia (il libro di Truman),ma ciò che è raccontato è la nascita e gli sviluppi del libro di Truman Capote e le ripercussioni (crisi,sconforto,coinvolgimento emotivo) che genera sullo scrittore.Il film sviscera una sorta di parallelismo della vita dell'omicida con quella di Truman facendo capire come spesso uno esce dalla porta principale (Truman) e l'altro dalla porta secondaria.Nota di merito va anche alla fotografia.
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harry manback
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martedì 8 luglio 2014
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affascinante ma pesante
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Mi rattrista non riuscire ad esprimere un giudizio totalmente positivo su questo film di Bennett Miller, prima di tutto per via della magistrale interpretazione regalataci da Philip Seymour Hoffman, un attore che avevo già avuto modo di apprezzare nel suo ruolo, neanche tanto marginale, in "Magnolia", ma che ho amato alla follia in "The Master", sempre dello stesso regista (Paul Thomas Anderson) , dove a mio modestissimo parere raggiunge le più alte vette attoriali di questo secolo.
In secondo luogo, per via del lato tecnico praticamente eccelso del film, una regia che straripa di inquadrature pesanti come macigni, che non possono che rimanere impresse, ed una fotografia praticamente perfetta, che a tratti ricorda quella di "Era mio padre" di Sam Mendes.
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Mi rattrista non riuscire ad esprimere un giudizio totalmente positivo su questo film di Bennett Miller, prima di tutto per via della magistrale interpretazione regalataci da Philip Seymour Hoffman, un attore che avevo già avuto modo di apprezzare nel suo ruolo, neanche tanto marginale, in "Magnolia", ma che ho amato alla follia in "The Master", sempre dello stesso regista (Paul Thomas Anderson) , dove a mio modestissimo parere raggiunge le più alte vette attoriali di questo secolo.
In secondo luogo, per via del lato tecnico praticamente eccelso del film, una regia che straripa di inquadrature pesanti come macigni, che non possono che rimanere impresse, ed una fotografia praticamente perfetta, che a tratti ricorda quella di "Era mio padre" di Sam Mendes.
La sceneggiatura, invece, per quanto anch'essa ottima, è l'unica mia perplessità.
Se nella prima parte del film risulta interessante e ritmata, nella seconda parte , invece , diventa fiacca ed eccessivamente pesante.
Non sono uno di quelli che critica i film per la loro lentezza, perché è ovvio che non sia sinomino di noia, ma in questo caso, ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine del film.
Il rapporto che si instaura tra Truman e Perry è certamente interessante, ma l'assiduità dei loro incontri, spesso inconcludenti e ripetitivi anche a livello di dialoghi, non fanno che incrementare la pesantezza e la lentezza del film.
La colonna sonora si addice perfettamente al ritmo del film, in quanto lenta, morbida, delicata, e per questo anche poco incisiva.
Non mi ha entusiasmato, nonostante stimi il compositore Mychael Danna, e ricordi per certi versi lo stile di Thomas Newman.
Un film, quindi, da vedere assolutamente per ammirare l'incredibile bravura di Philip Seymour Hoffman (la cui interpretazione è stata rovinata da un doppiaggio italiano non all'altezza) e la perfezione stilistica di Bennett Miller, ma che purtroppo non offre nient'altro di interessante.
VOTO 7
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greatsteven
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giovedì 21 settembre 2017
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uno scrittore che investiga sull'animo umano.
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TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO (USA, 2005) diretto da BENNETT MILLER. Interpretato da PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, BRUCE GREENWOOD, CHRIS COOPER, CLIFTON COLLINS JR., CATHERINE KEENER, BOB BALABAN, MARK PELLEGRINO
Tratto da una storia vera. Nell’autunno 1959, nel Kansas, l’intera famiglia Clutter viene brutalmente massacrata. Tempo pochi mesi, e nel gennaio 1960 vengono arrestati, grazie all’efficientissimo agente di polizia Alvin Dewey, i responsabili dei quattro omicidi di primo grado: Perry Smith e Richard Hickock.
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TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO (USA, 2005) diretto da BENNETT MILLER. Interpretato da PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, BRUCE GREENWOOD, CHRIS COOPER, CLIFTON COLLINS JR., CATHERINE KEENER, BOB BALABAN, MARK PELLEGRINO
Tratto da una storia vera. Nell’autunno 1959, nel Kansas, l’intera famiglia Clutter viene brutalmente massacrata. Tempo pochi mesi, e nel gennaio 1960 vengono arrestati, grazie all’efficientissimo agente di polizia Alvin Dewey, i responsabili dei quattro omicidi di primo grado: Perry Smith e Richard Hickock. La notizia della famiglia assassinata giunge alle orecchie di Truman Capote, reporter del New Yorker e celebre autore di Colazione da Tiffany, il quale, insieme alla volenterosa collega Harper Lee, si mette ad indagare sulla vicenda. Comincia così per il romanziere americano un continuo andirivieni dal carcere di stato del Kansas per conoscere a fondo le motivazioni che hanno spinto i due uccisori a commettere un atto così violento. Grazie al contatto con un avvocato, Capote riesce a rimandare l’esecuzione capitale dei due colpevoli di qualche tempo, siccome la giuria si era espressa a favore di una condanna a morte per entrambi. Truman riesce a stringere un rapporto speciale di amicizia e complicità soprattutto con Perry, cui regala i propri libri e di cui conosce la sorella e ne scopre le origini di nativo americano. La storia prosegue fino al 1965, finché Smith e Hickock non salgono sul patibolo e vengono impiccati, e quello per Truman, che dal principio dei suoi incontri con la coppia di detenuti, aveva avuto l’idea di fondare un nuovo genere narrativo – quello del romanzo-documento – raccogliendo le testimonianze di ambedue in un romanzo intitolato A sangue freddo, è un giorno nel quale rimane profondamente scosso. Come si evince dai titoli di coda, A sangue freddo renderà Truman Capote lo scrittore statunitense più famoso della sua epoca, ma dopo di quello non scriverà mai più. Morirà nel 1984 per alcolismo. Il film di Bennett si concentra fortemente su un protagonista tanto insolito quanto straordinario: un Seymour Hoffman (con la voce italiana di Roberto Chevalier, magistrale nell’attribuirgli un tono svenevole e languido) in perfetta forma, costantemente sotto le righe salvo le rare ed esilaranti eccezioni delle feste e dei ricevimenti di gala, che conferisce ad un personaggio realmente esistito una personalità dalla caratura umana caritatevole e dal cuore d’oro, impegnato in una lotta civile atta a restituire dignità a due mascalzoni che volevano uccidere per soldi, ma hanno fallito nel loro scopo perché male informati: vuole insomma riabilitarli agli occhi dell’intera nazione per recuperare quei brandelli di umanità e fratellanza che credono d’aver perduto, ma che in realtà posseggono ancora. Il suo tentativo di trarre un prodotto artistico dal calvario giudiziario di una cronaca che prosegue per oltre un quinquennio e coinvolge perfino la corte suprema del Kansas è un altro merito notevole che aggiunge onore ad una pellicola che attinge a piene mani tanto dal giallo quanto dal cinema drammatico, fondendo le due cifre narrative in una mistura infallibile che permette di adorare il suo memorabile personaggio principale, e non solo per i suoi modi fuori dal comune e le sue abitudini stravaganti. Unica nota leggermente stonata: la traversata in Spagna sulla Costa Brava, che consente sì un efficace confronto tra scrittori, ma si poteva benissimo evitare perché non in linea col tono conformemente triste, laconico e prezioso dell’intero film. Tra gli altri personaggi, come non dimenticare la bravissima Keener nei panni di Harper Lee, con le sue deliziose conversazioni con Truman e il suo carattere ardito e implacabile? Clifton Collins jr. brilla senza il minimo dubbio di luce propria nella parte di Perry Smith, assassino non per necessità e neanche per vocazione, ma per una ragione oscura e profondamente nascosta che tenta di scoprire durante i lunghi e significativi colloqui con Capote. Bene anche C. Cooper nelle vesti del poliziotto Dewey, essenziale e didattico. Una delle sequenze meglio riuscite riguarda il discorso che Truman tiene davanti ad un folto pubblico leggendo alcune frasi tratte da A sangue freddo, in fase di lavorazione e non ancora ultimato. A proposito di tale libro, è considerevole come l’opera metta in mostra la fatica, il dolore e il patimento che impegnano Truman nell’atto di comporlo, in un parto maieutico davvero complicato e denso di difficoltà conturbanti. In generale, un ottimo gioco di squadra fra gli attori e dei contributi tecnici, specie il montaggio e la scenografia, che ritraggono i bigi e freddi paesaggi degli Stati Uniti centrali con la maestria della sobrietà e il piglio infallibile della veridicità. Difficile trovargli una collocazione se si dovesse discutere di generi cinematografici, per cui è preferibile asserire che si tratta di una trama serena ma avvincente che ridà speranza ai disperati e investiga fin nelle profondità remote delle decisioni che ogni uomo deve prendere nei momenti cruciali della propria esistenza. Golden Globe e Oscar a Hoffman come attore protagonista, ma l’Academy Award, sebbene già candidata, l’avrebbe meritato anche la stupenda sceneggiatura non originale: capace di alternare i momenti poetici alle riflessioni ponderate sul senso della vita e ai cavilli psicologici che si annidano attorno all’emozionante ma complesso mestiere dello scrittore. Soprattutto se i libri circolano attorno a fatti di cronaca che più reali e agghiaccianti di così non si potrebbe.
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francesco "cerry" cerulli
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giovedì 17 agosto 2006
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lo scrittore che non c'è
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Film complesso...lo definirei.Ho appena terminato di vederlo e a freddo ho pensato di esprimere le mie opinioni,al momento abbastanza confuse,direi.Sulla qualità tecnica della pellicola esprimo un parere favorevole perchè indubbiamente la fotografia,le musiche e soprattutto la recitazione di Hoffman quanto quella di Catherine Keener sono di alto livello.Ma ciò che cattura la mia attenzione è una analisi del protagonista assoluto:un Truman solo ,visibilmente pieno di contraddizioni..definirlo cinico ed egocentrico significherebbe sminuirlo perchè dal profondo rapporto con l'assassino Perry Smith (autore di 4 omicidi) traspare un peronaggio sensibile e incompreso con un sofferente passato alle spalle.
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Film complesso...lo definirei.Ho appena terminato di vederlo e a freddo ho pensato di esprimere le mie opinioni,al momento abbastanza confuse,direi.Sulla qualità tecnica della pellicola esprimo un parere favorevole perchè indubbiamente la fotografia,le musiche e soprattutto la recitazione di Hoffman quanto quella di Catherine Keener sono di alto livello.Ma ciò che cattura la mia attenzione è una analisi del protagonista assoluto:un Truman solo ,visibilmente pieno di contraddizioni..definirlo cinico ed egocentrico significherebbe sminuirlo perchè dal profondo rapporto con l'assassino Perry Smith (autore di 4 omicidi) traspare un peronaggio sensibile e incompreso con un sofferente passato alle spalle.Avrebbero dovuto appassionarmi i due volti di Truman e il loro continuo "duellare" durante tutto il film....Ma ciò non è stato.La verità e' che odio profondamente il carattere del protagonista e quanto al Truman "buono"...beh, è pura plastica.E' ciò che di complesso non è perchè semplicemente non esiste.In questo preciso momento mi è chiaro il perchè questo film svanira' nei miei pensieri come un continente obliato : Perry è il male e la pazzia ma anche dolcezza e paura di morire ed seduto nella sua prigione e si confida...ma si confida con un libro, non con un uomo.Ecco ciò che spezza l'incantesimo.Le tue lacrime,Truman, scompaiono ancor prima di toccare terra.. come fa la neve al sole.
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dodo
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martedì 21 marzo 2006
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problemi di regia..
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Truman Capote narra le vicende realmente accadute di due omosessuali che furono protagonisti dello sterminio di una famiglia del midwest, composta da quattro persone. Il caso attirò subito l’attenzione dell’ambiguo scrittore Truman Capote, il quale accompagnato da una sua assistente, si recò in Kansas per fare luce sulla questione. La svolta avviene allorché vengono arrestati i due colpevoli, qui Truman Capote lega particolarmente con uno dei due killer, e contemporaneamente inizia la stesura di un romanzo dal titolo “A sangue freddo”. Il libro descrive proprio le vicende che hanno portato al massacro della famiglia e si concentra sul profilo degli imputati ed in particolare sulla figura di Perry Smith, di cui Capote sembrava innamorato e col quale si identificava per i comuni trascorsi di vita.
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Truman Capote narra le vicende realmente accadute di due omosessuali che furono protagonisti dello sterminio di una famiglia del midwest, composta da quattro persone. Il caso attirò subito l’attenzione dell’ambiguo scrittore Truman Capote, il quale accompagnato da una sua assistente, si recò in Kansas per fare luce sulla questione. La svolta avviene allorché vengono arrestati i due colpevoli, qui Truman Capote lega particolarmente con uno dei due killer, e contemporaneamente inizia la stesura di un romanzo dal titolo “A sangue freddo”. Il libro descrive proprio le vicende che hanno portato al massacro della famiglia e si concentra sul profilo degli imputati ed in particolare sulla figura di Perry Smith, di cui Capote sembrava innamorato e col quale si identificava per i comuni trascorsi di vita. Truman Capote però mantiene un atteggiamento confuso nel suo rapporto con Smith, sfruttandolo ai fini del suo romanzo ed addirittura abbandonandolo nelle fasi finali, disinteressandosi di aiutarlo al fine di evitare la pena capitale.
Difatti la verità che emerge dal film è che la pena capitale sarebbe stata funzionale al fine di un’adeguata conclusione del romanzo.
Questa storia accadde realmente nel 1960, nel 1966 uscì il libro di Truman Capote dopo la morte dei due assassini e l’anno dopo il film diretto da Brooks, che si dice sia molto riuscito.
Se il film diretto da Brooks fosse molto riuscito lo stesso non si può dire per questo film, candidato comunque a cinque oscar, tra i quali : miglior film, regia, attori protagonisti e non protagonisti.
Uno dei cinque oscar (quello meritato) è stato messo in saccoccia dal protagonista interprete di Truman Capote ovvero : Philip Seymour Hoffman. Il quale è dovuto dimagrire di molti kg, ma soprattutto ha dovuto emulare la lamentosa ed esile voce dello scrittore, le sue pose, il suo atteggiamento molto ambiguo ed originale. Per il resto, una storia sicuramente interessante, che tra l’altro ebbe grande impatto nell’America di qegli anni, è sminuita dall’ottusità di un regista improvvisato, il quale fino a poco tempo fa era fortunatamente impegnato a girare solo documentari e spot pubblicitari. Infatti l’effetto a volte troppo documentaristico nuoce ad un film, che tra l’altro risulta troppo lungo : due ore e mezza circa. L’eccessiva lunghezza, il continuo spezzettamento del film, composto da troppo scene inutili e noiose, destabilizzano lo spettatore, che corre il rischio di addormentarsi in sala e di risvegliarsi, forse, alla fine della proiezione. A nostro parere un formato più ridotto, ma soprattutto una maggiore attenzione ad alcune scene e la soppressione di tante altre inutili e superficiali avrebbe aiutato molto. Se probabilmente il protagonista scrittore è reso molto bene e in modo fedele da un punto di vista comportamentale, nulla sappiamo del suo conflitto interiore, del disagio che lo porta a solidarizzare, seppur in modo confuso, con un protagonista del massacro, ed anche quest’ultimo rimane celato in un ombra, in un vuoto narrativo causato dalla superficialità del regista. Sconcerta la superficialità dei dialoghi, i quali non colgono mai quel pathos necessario ai fini di una sana comprensione della dimensione emotiva interiore dei protagonisti. L’idea che rimane è quella di un film compiuto a metà, che fatica a farsi seguire, e che lascia l’amaro in bocca per un potenziale non interamente trasformatosi in atto.
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nicola
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sabato 25 febbraio 2006
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il cinismo paga...e si paga
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Un essere umano può essere perverso, feroce, criminale e tagliagole: ma resta pur sempre un essere umano. Un bravo scrittore, colto e talentuoso merita certo successo e ammirazione, ma non può calpestare un altro essere umano, anche se questo -e senza possibilità di appello- si è macchiato di sangue innocente.
Truman Capote, scrittore di talento con molti problemi personali irrisolti, è alla ricerca dell'"idea vincente", destinata ad assicurargli fama mondiale. Un efferato delitto commesso nel Kansas sembra l'occasione giusta. Capote investe denaro ed energie per realizzare il suo "romanzo-verità", basato, fra l'altro, sulla testimonianza diretta dei due assassini. Chi è causa del suo mal pianga se stesso: uno dei due criminali, gentile, intelligente e amante dela cultura, riesce a far innamorare di sé il cinico scrittore.
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Un essere umano può essere perverso, feroce, criminale e tagliagole: ma resta pur sempre un essere umano. Un bravo scrittore, colto e talentuoso merita certo successo e ammirazione, ma non può calpestare un altro essere umano, anche se questo -e senza possibilità di appello- si è macchiato di sangue innocente.
Truman Capote, scrittore di talento con molti problemi personali irrisolti, è alla ricerca dell'"idea vincente", destinata ad assicurargli fama mondiale. Un efferato delitto commesso nel Kansas sembra l'occasione giusta. Capote investe denaro ed energie per realizzare il suo "romanzo-verità", basato, fra l'altro, sulla testimonianza diretta dei due assassini. Chi è causa del suo mal pianga se stesso: uno dei due criminali, gentile, intelligente e amante dela cultura, riesce a far innamorare di sé il cinico scrittore. Il quale non farà un bel nulla per salvarlo, anzi arriverà a desiderare la sua morte..per finire il libro.
Un film crudele, feroce, probabilmente realistico. Ma se questa è la dura cronaca, si desidererebbe qualcosa di diverso. Bella la fotografia, impeccabile la cura dei dettagli, ottima l'interpretazione di Hoffman...ma il film lascia l'amaro in bocca. Perché il giudizio morale è lasciato allo spettatore...e mi spiace, questo è troppo facile.
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[+] ma quale morale. è un film
(di massimo)
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