Truman Capote: a sangue freddo |
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Un film di Bennett Miller.
Con Philip Seymour Hoffman, Catherine Keener, Clifton Collins Jr., Chris Cooper, Bruce Greenwood.
continua»
Titolo originale Capote.
Biografico,
durata 98 min.
- USA 2005.
uscita venerdì 17 febbraio 2006.
MYMONETRO
Truman Capote: a sangue freddo
valutazione media:
3,34
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Uno scrittore che investiga sull'animo umano.di GreatStevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di GreatSteven |
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giovedì 21 settembre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO (USA, 2005) diretto da BENNETT MILLER. Interpretato da PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, BRUCE GREENWOOD, CHRIS COOPER, CLIFTON COLLINS JR., CATHERINE KEENER, BOB BALABAN, MARK PELLEGRINO Tratto da una storia vera. Nell’autunno 1959, nel Kansas, l’intera famiglia Clutter viene brutalmente massacrata. Tempo pochi mesi, e nel gennaio 1960 vengono arrestati, grazie all’efficientissimo agente di polizia Alvin Dewey, i responsabili dei quattro omicidi di primo grado: Perry Smith e Richard Hickock. La notizia della famiglia assassinata giunge alle orecchie di Truman Capote, reporter del New Yorker e celebre autore di Colazione da Tiffany, il quale, insieme alla volenterosa collega Harper Lee, si mette ad indagare sulla vicenda. Comincia così per il romanziere americano un continuo andirivieni dal carcere di stato del Kansas per conoscere a fondo le motivazioni che hanno spinto i due uccisori a commettere un atto così violento. Grazie al contatto con un avvocato, Capote riesce a rimandare l’esecuzione capitale dei due colpevoli di qualche tempo, siccome la giuria si era espressa a favore di una condanna a morte per entrambi. Truman riesce a stringere un rapporto speciale di amicizia e complicità soprattutto con Perry, cui regala i propri libri e di cui conosce la sorella e ne scopre le origini di nativo americano. La storia prosegue fino al 1965, finché Smith e Hickock non salgono sul patibolo e vengono impiccati, e quello per Truman, che dal principio dei suoi incontri con la coppia di detenuti, aveva avuto l’idea di fondare un nuovo genere narrativo – quello del romanzo-documento – raccogliendo le testimonianze di ambedue in un romanzo intitolato A sangue freddo, è un giorno nel quale rimane profondamente scosso. Come si evince dai titoli di coda, A sangue freddo renderà Truman Capote lo scrittore statunitense più famoso della sua epoca, ma dopo di quello non scriverà mai più. Morirà nel 1984 per alcolismo. Il film di Bennett si concentra fortemente su un protagonista tanto insolito quanto straordinario: un Seymour Hoffman (con la voce italiana di Roberto Chevalier, magistrale nell’attribuirgli un tono svenevole e languido) in perfetta forma, costantemente sotto le righe salvo le rare ed esilaranti eccezioni delle feste e dei ricevimenti di gala, che conferisce ad un personaggio realmente esistito una personalità dalla caratura umana caritatevole e dal cuore d’oro, impegnato in una lotta civile atta a restituire dignità a due mascalzoni che volevano uccidere per soldi, ma hanno fallito nel loro scopo perché male informati: vuole insomma riabilitarli agli occhi dell’intera nazione per recuperare quei brandelli di umanità e fratellanza che credono d’aver perduto, ma che in realtà posseggono ancora. Il suo tentativo di trarre un prodotto artistico dal calvario giudiziario di una cronaca che prosegue per oltre un quinquennio e coinvolge perfino la corte suprema del Kansas è un altro merito notevole che aggiunge onore ad una pellicola che attinge a piene mani tanto dal giallo quanto dal cinema drammatico, fondendo le due cifre narrative in una mistura infallibile che permette di adorare il suo memorabile personaggio principale, e non solo per i suoi modi fuori dal comune e le sue abitudini stravaganti. Unica nota leggermente stonata: la traversata in Spagna sulla Costa Brava, che consente sì un efficace confronto tra scrittori, ma si poteva benissimo evitare perché non in linea col tono conformemente triste, laconico e prezioso dell’intero film. Tra gli altri personaggi, come non dimenticare la bravissima Keener nei panni di Harper Lee, con le sue deliziose conversazioni con Truman e il suo carattere ardito e implacabile? Clifton Collins jr. brilla senza il minimo dubbio di luce propria nella parte di Perry Smith, assassino non per necessità e neanche per vocazione, ma per una ragione oscura e profondamente nascosta che tenta di scoprire durante i lunghi e significativi colloqui con Capote. Bene anche C. Cooper nelle vesti del poliziotto Dewey, essenziale e didattico. Una delle sequenze meglio riuscite riguarda il discorso che Truman tiene davanti ad un folto pubblico leggendo alcune frasi tratte da A sangue freddo, in fase di lavorazione e non ancora ultimato. A proposito di tale libro, è considerevole come l’opera metta in mostra la fatica, il dolore e il patimento che impegnano Truman nell’atto di comporlo, in un parto maieutico davvero complicato e denso di difficoltà conturbanti. In generale, un ottimo gioco di squadra fra gli attori e dei contributi tecnici, specie il montaggio e la scenografia, che ritraggono i bigi e freddi paesaggi degli Stati Uniti centrali con la maestria della sobrietà e il piglio infallibile della veridicità. Difficile trovargli una collocazione se si dovesse discutere di generi cinematografici, per cui è preferibile asserire che si tratta di una trama serena ma avvincente che ridà speranza ai disperati e investiga fin nelle profondità remote delle decisioni che ogni uomo deve prendere nei momenti cruciali della propria esistenza. Golden Globe e Oscar a Hoffman come attore protagonista, ma l’Academy Award, sebbene già candidata, l’avrebbe meritato anche la stupenda sceneggiatura non originale: capace di alternare i momenti poetici alle riflessioni ponderate sul senso della vita e ai cavilli psicologici che si annidano attorno all’emozionante ma complesso mestiere dello scrittore. Soprattutto se i libri circolano attorno a fatti di cronaca che più reali e agghiaccianti di così non si potrebbe.
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