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max
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lunedì 12 giugno 2006
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basta con i doppiatori romani
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ci siamo rotti dei doppiatori romani, rovinano i film
[+] è vero
(di motasex)
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michele il critico
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giovedì 12 maggio 2005
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la schivata
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LA SCHIVATA
regia: Abdel Kechiche
In una multietnica periferia parigina un gruppo di adolescenti (eccezionale l'espressività degli interpreti) "cresce" come in una giungla. A scuola la professoressa organizza la messa in scena di uno spettacolo teatrale...
Tra Loach e Rohmer il cinema di Kechiche è etico ed essenziale.
Una bellissima storia in cui il teatro rappresenta la ragione, l'elemento dialettico che può portare al superamento dell'ordine sociale regolato dalla violenza (di chi lo subisce e di chi lo difende).
Il finale, amaro e spiazzante, dà modo di riflettere: il cinema non può modificare la realtà, ma può solo limitarsi ad indicare agli uomini una strada da seguire.
Come è possibile che a Roma "La schivata" sia proiettato in una sola sala con la capienza di 32 posti?
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LA SCHIVATA
regia: Abdel Kechiche
In una multietnica periferia parigina un gruppo di adolescenti (eccezionale l'espressività degli interpreti) "cresce" come in una giungla. A scuola la professoressa organizza la messa in scena di uno spettacolo teatrale...
Tra Loach e Rohmer il cinema di Kechiche è etico ed essenziale.
Una bellissima storia in cui il teatro rappresenta la ragione, l'elemento dialettico che può portare al superamento dell'ordine sociale regolato dalla violenza (di chi lo subisce e di chi lo difende).
Il finale, amaro e spiazzante, dà modo di riflettere: il cinema non può modificare la realtà, ma può solo limitarsi ad indicare agli uomini una strada da seguire.
Come è possibile che a Roma "La schivata" sia proiettato in una sola sala con la capienza di 32 posti?
VOTO ****
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[+] wow il film "la schivata"
(di gosvamj sakeram)
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philippe
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sabato 12 febbraio 2005
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linguaggio, il luogo della violenza
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Nonostante l'urtante schematismo di fondo (il turpiloquio esasperato come certificato di autenticità, il teatro come alternativa alla violenza, la fatalità dei condizionamenti sociali), "La schivata" riesce a conquistare una sua verità e a difenderla coi denti fino alla fine. Abdel Kechiche gira con piglio secco, spigoloso, incisivo, attento a catturare la più piccola sfumatura nella recitazione dei giovani interpreti. L'asprezza stilistica giova alla credibilità della vicenda, ad alto rischio buonismo, ed alla definizione di personaggi che lasciano progressivamente emergere un universo sentimentale tutt'altro che piatto e stereotipato. Stupefacente la cura del sonoro, un impasto indistinto in cui si accavallano rumori e dialoghi.
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Nonostante l'urtante schematismo di fondo (il turpiloquio esasperato come certificato di autenticità, il teatro come alternativa alla violenza, la fatalità dei condizionamenti sociali), "La schivata" riesce a conquistare una sua verità e a difenderla coi denti fino alla fine. Abdel Kechiche gira con piglio secco, spigoloso, incisivo, attento a catturare la più piccola sfumatura nella recitazione dei giovani interpreti. L'asprezza stilistica giova alla credibilità della vicenda, ad alto rischio buonismo, ed alla definizione di personaggi che lasciano progressivamente emergere un universo sentimentale tutt'altro che piatto e stereotipato. Stupefacente la cura del sonoro, un impasto indistinto in cui si accavallano rumori e dialoghi. Il linguaggio diventa un vero e proprio luogo di combattimento, spazio di lotta per la sopravvivenza. Parlare significa affermarsi. Il volume della voce è segno di potere. Tacere significa soccombere. Il silenzio è annichilimento. Inutile sottolineare che un lavoro così stupefacente è irrimediabilmente vanificato da un doppiaggio che sceglie le scorciatoie dello slang americanizzante (del tipo "che te lo dico a fare?"). Superfluo reclamare l'assoluta necessità per un film del genere di essere sottotitolato. E per questo, forse, il film di Abdel Kechiche fa ancora più male.
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