alessandro rega
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lunedì 19 agosto 2013
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a chi hai detto maledetto giapponese ?
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Film del 2001 diretto da Takashi Miike.
Con quest'opera, il regista giapponese conserva uno stile abbastanza diverso dai suoi successivi film (intendo il pulp di Ichi the killer e Sukiyaki Western Django...lì si tratta di estremo intrattenimento...ed è giusto che sia così...in 13 assassini poi la faccenda cambia non poco) perché in questo lungometraggio (lungo sotto tutti i punti di vista visto che dura ben 150 minuti mentre la versione televisiva , che temo esista solo in Giappone, dura la bellezza di 200 minuti !) conta di più la fredda storia di mafia...il film è molto ispirato secondo me al grande Takeshi Kitano e al Padrino di Coppola (sono sicuramente diversi ma in questo film troviamo un po' di Brother e Outrage e un po' del Padrino di Coppola), ovviamente però non manca il forte stile personale di Miike che riesce comunque ad imprimere una sua originalissima e personalissima impronta che contraddistingue i personaggi, la trama e un po' tutto il film.
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Film del 2001 diretto da Takashi Miike.
Con quest'opera, il regista giapponese conserva uno stile abbastanza diverso dai suoi successivi film (intendo il pulp di Ichi the killer e Sukiyaki Western Django...lì si tratta di estremo intrattenimento...ed è giusto che sia così...in 13 assassini poi la faccenda cambia non poco) perché in questo lungometraggio (lungo sotto tutti i punti di vista visto che dura ben 150 minuti mentre la versione televisiva , che temo esista solo in Giappone, dura la bellezza di 200 minuti !) conta di più la fredda storia di mafia...il film è molto ispirato secondo me al grande Takeshi Kitano e al Padrino di Coppola (sono sicuramente diversi ma in questo film troviamo un po' di Brother e Outrage e un po' del Padrino di Coppola), ovviamente però non manca il forte stile personale di Miike che riesce comunque ad imprimere una sua originalissima e personalissima impronta che contraddistingue i personaggi, la trama e un po' tutto il film. Addirittura egli stesso interpreta un personaggio non molto importante (anche se nel film compie azioni brutali), però è usato come un capro espiatorio da cui si sviluppa tutto il film con le successive peripezie...secondo me questo fatto è estremamente significativo.
Questa pellicola è molto selvaggia e brutale, per certi versi ancora più violenta di altre di Miike, troviamo di tutto verso la metà del film : morti uccisi a suon di mazzate, microfoni infilati con forza in chiappe giapponesi (citazione a Visitor Q dello stesso Miike), musi gialli nel bagagliaio e tanto altro ancora...
Principalmente ciò a cui assistiamo è un'agghiacciante storia di guerra tra i clan ai vertici della Yakuza... i clan si combattono tra di loro (il film è tecnicamente ottimo) e vediamo come in molti vogliono prendere il potere e soppiantare i dominatori veri, è l'avidità ha fare da padrone a questi clan che simboleggiano il fatto che oramai la Yakuza non ha più tutti quei principi fondamentali che la contraddistinguevano...ormai si pensa solo al potere ed al Dio denaro. Invece, spicca tra questi il clan Higuchi (che ricorda un po ‘la stirpe dei samurai per certi versi…in quanto hanno dei grandi principi e rappresentano la mafia come una volta… si differenzia da quella moderna che sta avendo il sopravvento) , il cui nome è lo stesso del boss...quest'ultimo è il mio personaggio preferito per la sua storia e la sua grande esperienza e personalità...e la sua grande forza e intelligenza che lo porta a dissociarsi dai penosi Yokomizo. Interpretato da un buon Naoto Takenaka., il personaggio purtroppo morirà ucciso da arma da fuoco usata da un killer di nome Sakuraba, interpretato da Yoshiyuki Daichi, che uccide a pagamento insieme al figlio che era destinato ad intraprendere la strada del padre ma sarà ucciso dal ragazzo dalla giacca aperta, interpretato da Katō Masaya, che insieme al suo grande amico Higuchi (che lui vedeva come un padre) stava facendo uno scambio per guadagnare milioni di soldi e cambiare vita per poter essere felice senza rischiare di morire. Purtroppo Higuchi è morto (abbastanza prevedibilmente però) subito dopo lo scambio e così il ragazzo dalla giacca aperta (che in realtà si chiama Kunihiko Kenzaki) è deciso a vendicarlo (attraversa anche un periodo di difficoltà psicologica dopo la morte del suo amico ma che supera grazie alla bellissima ragazza muta figlia proprio di Higuchi).
Che altro dire, la sequenza finale è fantastica..secondo me questo è un film molto sottovalutato...mi ha colpito molto positivamente...è un mix di scene molto forte che ti prende dentro e ti coinvolge tantissimo ! Grande film !
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raffaele palazzo
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martedì 8 gennaio 2008
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agitator
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Uno dei migliori Miike. Adrenalinico ma non come è prassi nei suoi film direi con una certa marcia in più. Fuori da ogni contesto e visivamente impeccabile. Questo film visionato nella rassegna su miike è veramente furibondo nella descrizione di un mondo in cui i rapporti tra famiglie di yakuza sono disegnate sempre con più accanimento e rassegnazione con un incontrollabile desiderio di vendetta che scatena reazioni a catena e porta ad esagerazioni che comunque nel caso del regista giapponese funzionano sempre perché necessarie alla sua forma di racconto.
Il protagonista è stilosissimo e con una rabbia tale da renderlo l’Agitator della situazione. La sceneggiatura è sviluppata in maniera non-ordinaria, classica del regista ma in questo caso diversa dalla sua maniera comune di concepire uno yakuza-movie.
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Uno dei migliori Miike. Adrenalinico ma non come è prassi nei suoi film direi con una certa marcia in più. Fuori da ogni contesto e visivamente impeccabile. Questo film visionato nella rassegna su miike è veramente furibondo nella descrizione di un mondo in cui i rapporti tra famiglie di yakuza sono disegnate sempre con più accanimento e rassegnazione con un incontrollabile desiderio di vendetta che scatena reazioni a catena e porta ad esagerazioni che comunque nel caso del regista giapponese funzionano sempre perché necessarie alla sua forma di racconto.
Il protagonista è stilosissimo e con una rabbia tale da renderlo l’Agitator della situazione. La sceneggiatura è sviluppata in maniera non-ordinaria, classica del regista ma in questo caso diversa dalla sua maniera comune di concepire uno yakuza-movie. In questo caso abbiamo uno schema diverso del protagonista che cerca di essere simbiosi col suo boss ma al suo assassinio diventerà una bestia che non accetta nessun discorso da nessuno e richiama altri compagni nella spirale di vendetta e violenza mostrata sempre in maniera spietata che esplode frenetica e colpisce per immediatezza delle scene il più delle volte.
Visionato per fortuna in una copia integrale di quasi 200’ , ne esistono svariate ma una delle più valide è quella da 150’ rimane uno dei miei preferiti del regista. Formidabile come sempre la contaminazione che seppur lo cataloga come yakuza riesce sempre a dare più punti di riferimento per altri generi e in molte scene l’atmosfera si trasforma da noir secco ad azione pura come nell’ultimo atto in cui si apre la vendetta di Kunihiko pazzo e sfrenato risolutore nonché don juan dal passato travagliato.
Il cast comprende nel ruolo di Kunihiko Masaya Kato, altri volti noti del cinema di Takashi come Mickey Curtis, Kenichi End, Renji Ishibashi, Masato Ibu, Ryosuke Miki,Hakuryu Taisaku, AkinoHideki, SoneHitoshi, OzawaMasahiro Sudo, Harumi Sone.
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