blue rose
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sabato 20 ottobre 2007
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avventura medieval fantasy
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Un’ora e 40 minuti (più o meno) di tensione, emozione e divertimento.
"Il 13° Guerriero" è stato definito un medieval-fantasy, un film d’avventura, thriller, un pizzico horror: è sicuramente tutto questo e anche qualche cosa di più.
Ora, il film è ben fatto e davvero godibile e avvincente, il mistero, la magia e la mitologia si fondono rendendolo originale. Scivola via coinvolgendo in modo appassionante, la tensione non viene mai meno. Direi che è persino epico nella sua solida semplicità di film d’avventure.
Il film ha la piacevolezza di un fantasy, ci sono suggestivi effetti speciali, ma la parte storica è davvero curata in tutti i dettagli in maniera meticolosa e corretta, più di tanti filmoni o polpettoni che hanno spacciato per ottimi film.
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Un’ora e 40 minuti (più o meno) di tensione, emozione e divertimento.
"Il 13° Guerriero" è stato definito un medieval-fantasy, un film d’avventura, thriller, un pizzico horror: è sicuramente tutto questo e anche qualche cosa di più.
Ora, il film è ben fatto e davvero godibile e avvincente, il mistero, la magia e la mitologia si fondono rendendolo originale. Scivola via coinvolgendo in modo appassionante, la tensione non viene mai meno. Direi che è persino epico nella sua solida semplicità di film d’avventure.
Il film ha la piacevolezza di un fantasy, ci sono suggestivi effetti speciali, ma la parte storica è davvero curata in tutti i dettagli in maniera meticolosa e corretta, più di tanti filmoni o polpettoni che hanno spacciato per ottimi film.
L’atmosfera è cupa, notturna, surreale e “nebbiosa”, esattamente come è nelle lande nordiche e il periodo storico è descritto perfettamente, anche nei suoi lati più sgradevoli (la mancanza d’igiene, l’estrema semplicità perfino nella casa del Re delle terre minacciate, che è poco più d’una capanna, e infatti all’epoca le abitazioni in muratura erano molto rare persino fra i nobili d’alto rango), e pure nei costumi, nelle usanze rappresentate e storicamente confermate, persino negli attori, sconosciuti (a parte Banderas e Sharif), ma efficaci sia nel caratterizzare fortemente i singoli personaggi, sia per rappresentare i normanni o vichinghi come dovevano essere: capelli lunghi, barbe incolte, visi rudi, sguardi di ghiaccio, di poche ma efficaci parole.
Degno di nota perfino il pezzetto dedicato al viaggio per il mare del Nord sul Drakkar (l’imbarcazione) dei vichinghi, in mezzo a onde alte decine di metri: l’arabo, non abituato al mare grosso, chiede come mai non si navighi vicino alle coste, un vichingo gli risponde “questo non è mare per navigare vicino alle coste!”. E infatti nella realtà storica, nel mediterraneo le navi navigavano rasente alle coste e solo i vichinghi erano esperti nel solcare il mare aperto.
Il film è pieno d’ironia, i guerrieri vichinghi saranno pure dei tipi rozzi, ma non mancano né di saggezza né di spirito, infatti il film è anche pieno di battute che tuttavia non nuocciono all’aspetto thriller.
La popolazione misteriosa e terrificante, gli Wendol.
Il loro simbolo, nel film, è un amuleto che indossano, identico alla Venere di Willendorf : le creature terrificanti che mangiano i morti adorano la Grande Madre.
Storicamente, c'è stato davvero uno scontro fra le civiltà matriarcali (la fenicia, l’assiro-babilonese, la celtica…) e quelle patriarcali che vennero progressivamente a sostituirle, circa 5500 anni fa (erano le civiltà del ferro che s'avvicendavano alle civiltà del bronzo).
Fu con l’avvento delle stirpi indoeuropee, provenienti dall’ Asia Centrale e aventi lo stesso ceppo genetico, culturale e linguistico che ha generato sia gli abitanti della Scandinavia che quelli di Bagdad : la cosiddetta razza Ariana, che condivide identico dna in Germania come in Afghanistan (sono solo esempi); l’arabo, il greco, il latino, l’inglese, il tedesco hanno lo stesso ceppo (sono tutte lingue indoeuropee) .
La religione musulmana appartiene a una società patriarcale come lo è anche la società dei vichinghi, dalla religione “animista” o “pagana”. Per questo nel film simbolicamente combattono insieme quello che è definito nei dialoghi “un terrore antico” : gli ultimi residui focolai delle antiche società matriarcali, che ancora resistevano realmente intorno all’anno 1000 nelle regioni più selvagge del mondo allora conosciuto.
E davvero questi focolai di società matriarcali residue si identificavano nell’orso e vivevano nelle caverne, come quelli del film e del romanzo, perché la caverna per loro rappresentava il ventre della madre terra.
In area Mediterranea le società matriarcali erano state "debellate" molto tempo prima.
Dunque questo avventuroso film che sembra un fantasy, mi ha impressionata per la documentazione minuziosa riguardante i particolari storici e simbolici.
Una volta appurato che gli Wendol non sono creature sovrannaturali come la superstizione degli abitanti del luogo vorrebbe, scoperto il modo di colpirli nonostante la loro superiorità numerica, inizia la parte epica e spettacolare del racconto.
Le battaglie sono aspre, precedute da agghiaccianti silenzi, la violenza c’è ma non è ostentata, non manca la spettacolare abilità nell’uso delle armi bianche. E’ un manipolo di pochi che combattono contro molti, coraggiosamente rassegnati a morire, ma consapevoli che sarà un grande onore.
Bellissima la scena in cui, prima dello scontro finale, l'Arabo dice la sua preghiera ad Allah e i cavalieri normanni dicono la loro, corale, rivolta agli dèi del Vahlallah. Bellissimi i combattimenti.
Un’ultima osservazione: il film gioca molto su ciò che si vede e ciò che realmente è. Per insegnare all’Arabo inesperto questo concetto uno dei suoi 12 compagni, di corporatura normale, si batte in duello, a scopo “di esempio”, con uno scagnozzo del figlio traditore del Re, un uomo gigantesco: sulle prime finge di avere la peggio, poi con enorme facilità e abilità mozza la testa al gigante. Poi dice all’arabo: “Qualsiasi sciocco sa calcolare la forza: bisogna tener conto di ciò che non si vede, e temere quello che non si conosce”.
Che poi è il succo dell’intera vicenda: la lotta inquietante contro l’ignoto e l’invisibile.
Direi che il regista si auto-cita, essendo lo stesso regista del film Predator, altro horror, con una inquietante presenza invisibile e letale.
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valeriano
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lunedì 6 agosto 2007
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l'ambientazione è straordinaria
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film bellissimo vengono riprese quelle foreste e quei paesaggi che sono stupendi ,la trama è molto avvincente anche se un po' strana .dato che si vede un ambasciatore arabo nelle terre dell'estremo nord ritrovarsi insieme a dei guerrieri normanni a combattere contro dei leggendari cannibali dal volto mascherato comandati da una specie di strega che raccoglieva dentro le reti della sua grotta le teste dei nemici uccisi.questo è un film misto fra horror fantasy e storico .io trovo molto calato nella vicenda antonio banderas anche se altre persone ho letto non l'hanno gradito.certo intendiamoci non è paragonabile a bravehearth o il gladiatore che sono dei film epici ,ma è sempre un bellissimo film e il finale lo rende ancora piu coinvolgente
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dav95strength'nhonor
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sabato 20 novembre 2010
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avventura originale e avvincente
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Un film molto curioso, dalla trama originale ma avvincente, non certo all'altezza di capolavori come Braveheart e il Gladiatore ma che vale la pena di vedere.
L'ambientazione è tutt'altro che banale: siamo nel X secolo e Amhed Ibn Falhad è un ambasciatore arabo, raffinato , tutt'altro che avvezzo alla guerra ma non mancante di intelligenza, inviato presso il barbarico popolo dei Normanni. Quasi per caso viene coinvolto in una spedizione di tredici guerrieri norreni, il cui capo , Bulwyf , ha per una predilezione che si rivelerà un desiderio di far trascrivere le sue gesta perché vengano ricordate. I vichinghi sono stati chiamati da Hrotgar, un re del lontano nord, per difendere il suo regno da un'oscura e terrificante minaccia.
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Un film molto curioso, dalla trama originale ma avvincente, non certo all'altezza di capolavori come Braveheart e il Gladiatore ma che vale la pena di vedere.
L'ambientazione è tutt'altro che banale: siamo nel X secolo e Amhed Ibn Falhad è un ambasciatore arabo, raffinato , tutt'altro che avvezzo alla guerra ma non mancante di intelligenza, inviato presso il barbarico popolo dei Normanni. Quasi per caso viene coinvolto in una spedizione di tredici guerrieri norreni, il cui capo , Bulwyf , ha per una predilezione che si rivelerà un desiderio di far trascrivere le sue gesta perché vengano ricordate. I vichinghi sono stati chiamati da Hrotgar, un re del lontano nord, per difendere il suo regno da un'oscura e terrificante minaccia. La prima impressione terrorizza Amhed: la città vichinga è minacciata da una tribù di creature notturne , cannibali simili a belva semi-umane che ogni qual volta cali la bruma, assalgono il villaggio compiendo indicibili orrori. Inizia così una lotta all'ultimo sangue nella quale il protagonista arabo dovrà fare appello al guerriero che è in lui, e imparerà un importante lezione su come combattere un nemico che non si conosce.
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fabian t.
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lunedì 20 agosto 2012
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avventura epica avvincente e originale
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Difficile realizzare film interessanti con la giusta dose di avventura, mistero, epicità e suggestione in perfetto equilibrio. McTiernan qui ci è riuscito benissimo e ogni particolare è lodevolmente curato, dall'eroica colonna sonora ai bravissimi interpreti, dall'efficace sceneggiatura alla sapiente - ma mai tracotante - spettacolarizzazione, dalle scenografie ai costumi. Il bel romanzo "Mangiatori di morte" di Michael Crichton, da cui è tratto il film (pubblicato in Italia nel 1977) è dunque riadattato magistralmente, ben cogliendo lo stesso spirito con cui l'autore l'aveva scritto. Tutto funziona a meraviglia, coinvolgendo ed entusiasmando in una storia affascinante che la brillante regia di McTiernan ha saputo al meglio mettere in scena.
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Difficile realizzare film interessanti con la giusta dose di avventura, mistero, epicità e suggestione in perfetto equilibrio. McTiernan qui ci è riuscito benissimo e ogni particolare è lodevolmente curato, dall'eroica colonna sonora ai bravissimi interpreti, dall'efficace sceneggiatura alla sapiente - ma mai tracotante - spettacolarizzazione, dalle scenografie ai costumi. Il bel romanzo "Mangiatori di morte" di Michael Crichton, da cui è tratto il film (pubblicato in Italia nel 1977) è dunque riadattato magistralmente, ben cogliendo lo stesso spirito con cui l'autore l'aveva scritto. Tutto funziona a meraviglia, coinvolgendo ed entusiasmando in una storia affascinante che la brillante regia di McTiernan ha saputo al meglio mettere in scena. Da vedere senza dubbio!
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