kobayashi
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giovedì 17 luglio 2008
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odore di notte, odore di vita
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La magica coppia Mastrandrea-Giallini all'opera in un cupo e sordido film sull'alienazione, la violenza e l'emarginazione di certi borgatari. Mastrandrea è un polizziotto che arrotonda facendo il ladro, in quella che più che una buffa antitesi pare una voglia di ribellione nei confronti di quello Stato che lo paga, ma che per la sua realtà di emarginazione, in fondo in fondo non fa nulla. Chiara la narrazione, semplice la storia, che però passa in secondo piano rispetto ai personaggi, vero fulcro della pellicola. Nel film emerge chiaramente quello che sia il mestiera del ladro, quali i rischi, quali la disperazione che te lo fa intraprendere. Ma non è di questo, secondo me, che parla Caligari.
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La magica coppia Mastrandrea-Giallini all'opera in un cupo e sordido film sull'alienazione, la violenza e l'emarginazione di certi borgatari. Mastrandrea è un polizziotto che arrotonda facendo il ladro, in quella che più che una buffa antitesi pare una voglia di ribellione nei confronti di quello Stato che lo paga, ma che per la sua realtà di emarginazione, in fondo in fondo non fa nulla. Chiara la narrazione, semplice la storia, che però passa in secondo piano rispetto ai personaggi, vero fulcro della pellicola. Nel film emerge chiaramente quello che sia il mestiera del ladro, quali i rischi, quali la disperazione che te lo fa intraprendere. Ma non è di questo, secondo me, che parla Caligari. Il fulcro della pellicola è la violenza, l'asprezza della vita, l'amore per il pericolo e il rischio, la voglia di non piegarsi, nella propria esistenza, a fare un mestiere normale e omologato. Valerio Mastrandrea, Remo Guerra, protagonista indiscusso e fulcro della storia, fa questo lavoro prima per il brivido che per i soldi, per sentirsi meglio della "merda" che si sente addosso vivendo in borgata. Se avete dei cattivi pensieri il film contribuirà a spazzarli via. Se vi sentite soli, emarginati, farete coppia fissa con i protagonisti per tutta la durata. Un'onda di disperazione vi travolgerà, con un tragico epilogo, degno di qualsiasi carriera criminale che si rispetti.
Bella l'ultima inquadratura, dopo i titolo di coda, di Mastrandrea che si gira verso la camera, che non è altro che la notte e apre il fuoco del suo mitragliatore. Per Remo Guerra l'azione coincide con la notte, che, oltre simbolo di oscurità e di "malaffare", in questo film diventa teatro naturale dell'azione di una banda di rapinatori, che campano di nefandezze. L'odore della notte, in questo film, per i protagonisti, è l'odore della loro vita. Bello. Mi ha coinvolto.
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parsifal
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giovedì 30 marzo 2017
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disagio e rabbia
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Secondo film per Claudio Caligari, quindici anni dopo il Cult-Movie " Amore Tossico" . Ispirato al romanzo " Le notti di arancia meccanica" di Dido Sacchettoni ( ispirato a reali vicende di cronaca romana), scritto da entrambi a quattro mani, ripercorre l'iter criminale di un ex tutore dell'ordine, convertitosi al crimine non per necessità ma per pura vocazione, come si evince dalla frase pronunciata da Mastrandrea ( Remo Guerra , il protagonista), all'inizio del film " Per me era diverso, io ero in guerra!" . Imprese criminali compiute da un trio inscindibile ; oltre al già citato Mastrandrea, Giallini nella parte Di Maurizio Leggeri l ladro d'auto con velleità di viveur e tombeur de fammes ed Emanuele Bevilacqua nel ruolo del Rozzo, incisivo diretto e molto convincente,troppo spesso ingiustamente trascurato dalla critica.
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Secondo film per Claudio Caligari, quindici anni dopo il Cult-Movie " Amore Tossico" . Ispirato al romanzo " Le notti di arancia meccanica" di Dido Sacchettoni ( ispirato a reali vicende di cronaca romana), scritto da entrambi a quattro mani, ripercorre l'iter criminale di un ex tutore dell'ordine, convertitosi al crimine non per necessità ma per pura vocazione, come si evince dalla frase pronunciata da Mastrandrea ( Remo Guerra , il protagonista), all'inizio del film " Per me era diverso, io ero in guerra!" . Imprese criminali compiute da un trio inscindibile ; oltre al già citato Mastrandrea, Giallini nella parte Di Maurizio Leggeri l ladro d'auto con velleità di viveur e tombeur de fammes ed Emanuele Bevilacqua nel ruolo del Rozzo, incisivo diretto e molto convincente,troppo spesso ingiustamente trascurato dalla critica. La notte li avvolge perennemete , nelle l oro scorribande a perdifiato , minuziosamente descritte dalla voce fuori campo del protagonista , che tratteggia anche i lati più nascosti della psiche individuale e collettiva dei protagonisti. Interamente girato a Roma , tra Centocelle,,Alessandrino ed i quartieri alti ( molto interessanti e riprese notturne effettuate al quartiere Coppedè , durante la disfatta del protagonista), è uno spaccato veritiero ed amaro del disagio metropolitano , senza retorica nè sbavature, come era nello stile di Caligari, asciutto e descrittivo , ma niente affato arido. Sino alla difatta finale , accettata con ironia dal protagonista , acuto e amaro come ogni antieroe che si rispetti.
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francesco2
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lunedì 22 novembre 2010
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di notte specialmente
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L'odore è un senso che ci permette di percepire le cose assaporandole, anche se non (Ovviamente) quanto il palato stesso. Per Mastrandrea & c. la notte va prima di tutto "Fiutata", ciò che probabilmente non riuscirà ad un giovane chi cercherà di improvvisarsi loro complice. E'una dimensione in cui bisogna calarsi, anche quando nell'"Ignoto" trovi chi noto lo è già (Little Tony). Pensandoci bene, al personaggio interpretato da Mastrandrea non raramente capita di odorare: nella sua vita marginale vissuta in una città tutt'altro che ai margini (Roma) perde l'amore (Alessia Fugardi: che impressione per chi scrive, che l'aveva vista bambina nel "Grande cocomero"), ma prima ancora il locale, avventura in cui in realtà non voleva neanche imbarcarsi.
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L'odore è un senso che ci permette di percepire le cose assaporandole, anche se non (Ovviamente) quanto il palato stesso. Per Mastrandrea & c. la notte va prima di tutto "Fiutata", ciò che probabilmente non riuscirà ad un giovane chi cercherà di improvvisarsi loro complice. E'una dimensione in cui bisogna calarsi, anche quando nell'"Ignoto" trovi chi noto lo è già (Little Tony). Pensandoci bene, al personaggio interpretato da Mastrandrea non raramente capita di odorare: nella sua vita marginale vissuta in una città tutt'altro che ai margini (Roma) perde l'amore (Alessia Fugardi: che impressione per chi scrive, che l'aveva vista bambina nel "Grande cocomero"), ma prima ancora il locale, avventura in cui in realtà non voleva neanche imbarcarsi. Volendo mettere i puntini sulla "I", lui capace di menare di brutto per un pò di soldi dice poeticamente di amare il mare, ma in fondo anche(?) quello emana un odore.
Perché "L'odore della notte" è questo, un film su degli sbandati mostrati nella loro (Non sempre) mediocrità, che non vengono idealizzati né criminalizzati, ma che Caligari è bravo a mostrare in tutte le loro contraddizioni. Oltre a quella già accennata di Mastrandrea, definito da un'ex più sensibile di altri ma poi bulletto per un pò di soldi, si pensi al "Rozzo": d'accordo che è una macchietta non molto credibile, ma il regista ce lo mostra un pò come innocente (Parole dello stesso Mastrandrea), un pò con la voglia di fregarlo (Almeno questo sospetta il protagonista quando vorrebbe prestargli i soldi). Ma le contraddizioni non si esauriscono certamente qui. Caligari, nel suo raccontarci un decennio di trapasso tra la contestazione ed il boom economico, riesce a mostrarci una realtà borghese ma soprattutto imborghesita, falsa nei suoi rit(ual)i che mergono in quei momenti ditensione, che nell'ultima scena assume sfumature più specificatamente politiche, ma ritratta quasi sempre come un corpo sociale già "Estinto", per quanto ancora esistente (Ammesso oggi sia scomparso). Dei flashback quasi in bianco e nero, i "Cadaveri e compari"(Ma solo di loro stessi), che riescono a far apparire meno antipatica gente che ti piglia a testate e che parla dei libri come fossero vestiti da stirare.
Ciò non toglie che il film nella seconda parte perda nerbo e vivacità, rischi di apparire una narrazione noiosa, per quanto ben punteggiata però da musiche lievi e mai invadenti, come questo film: duro, certo, ma più dolce di fondo rispetto all'apparenza. Che però sceglie un finale didascalico: un cancello che si chiude, la stessa cosa che accadeva a una fase della vita del protagonista. Una concessione ad un cinema pseudo-trasgressivo che Calipari ogni tanto omaggia, anche se a volte in maniera simpatica, come quando viene chiesto a Little Tony di cvantare "Cuore matto": Un altra prova dei sentimenti presenti in certi duri, ed assenti in certe signore impellicciate.
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jackiechan90
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martedì 14 luglio 2015
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tra "cuore matto" e citazionismo
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Denso di citazioni (soprattutto da "Taxi driver" di Scorsese) questo film rappresenta la summa e il canto del cigno del filone "poliziottesco " italiano, almeno per quanto riguarda il versante sociologico del termine. L'edonismo e il senso d'alienazione dei giovani degli anni 70 che già erano stati motivo d'indagine da parte di questo filone traspare, infatti, nella figura di Remo Guerra (nomen omen da cui traspre tutta la rabbia trasgressiva del personaggio) un ex poliziotto che si reinventa come rapinatore di ricchi facoltosi per colmare il senso di vuoto e di noia di cui è fatta la sua vita. In fondo è l'equivalente del Travis Bikle scorsesiano ma sul versante opposto.
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Denso di citazioni (soprattutto da "Taxi driver" di Scorsese) questo film rappresenta la summa e il canto del cigno del filone "poliziottesco " italiano, almeno per quanto riguarda il versante sociologico del termine. L'edonismo e il senso d'alienazione dei giovani degli anni 70 che già erano stati motivo d'indagine da parte di questo filone traspare, infatti, nella figura di Remo Guerra (nomen omen da cui traspre tutta la rabbia trasgressiva del personaggio) un ex poliziotto che si reinventa come rapinatore di ricchi facoltosi per colmare il senso di vuoto e di noia di cui è fatta la sua vita. In fondo è l'equivalente del Travis Bikle scorsesiano ma sul versante opposto. In compagnia dei suoi compari (gli ottimi Marco Giallini ed Emanuele Bevilacqua) si divertono d entrare nelle case dei ricchi facoltosi e a ripulirli fino al finale velato dalla malinconia di un destino (forse) già segnato da tempo. una sorta di "Romanzo criminale" in tono minore, quasi decadente dove la narrazione è intervallata dai monologhi/confessioni del protagonista (un Valerio Mastandrea in stato di grazia). In generale il prodotto è ben confezionato: le scene d'azione sono ben girate con inquadrature veloci e frenetiche dove serve senza però scendere mai nel pulp più becero (errore tipico di molte pellicole dell'epoca) ma mantenendo un tono quasi freddo, scostante, che ben riflette il carattere della voce narrante. Da ricordare poi la scena più famosa del film: quella della rapina a casa di Little Tony con Marco Giallini che incita la sua vittima a cantare "Cuore matto" (leitmotiv di tutto il film) minacciandolo con la pistola, la scena più tarantiniana di tutto il film. Il duo di registi, Marco Risi e Maurizio Tedesco, confezionano un buon prodotto, godibile e al tempo stesso colto. Una piccola perla per la produzione poliziesca italiana dell'epoca, fatta da film certamente non leggendari e facilmente dimenticabili.
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luanaa
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mercoledì 16 settembre 2015
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un buon film d'azione
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Il regista tratta il tema della furia..che sia la droga come sostanza o qualsiasi cosa funga da tale. In questo film sono le notti violente di rapine. Nessun psicologismo.Una furia per compensare il vuoto della vita.Non si tratta di avere quanto di essere; di sentirsi un eroe. Il film scorre veloce;prende..corre come la furia del protagonista.Notazioni interessanti..insomma per essere italiano un buon film.
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jonnylogan
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sabato 12 aprile 2025
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il freddo della notte
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Molti anni prima del Romanzo Criminale dell’ex magistrato Giancarlo De Cataldo, che fra le mani di Michele Placido e di Stefano Sollima si trasformò in un fenomeno di costume sotto forma sia di pellicola (Romanzo criminale; 2005) sia di una serie di grande successo e dal taglio internazionale (Romanzo criminale – La serie; 2008-2010), si pose in luce questo film tratto da un altra serie di eventi che affondavano le proprie radici nel panorama dell’Italia degli anni di piombo, seppur slegati dalla lotta politica di quegli anni.
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Molti anni prima del Romanzo Criminale dell’ex magistrato Giancarlo De Cataldo, che fra le mani di Michele Placido e di Stefano Sollima si trasformò in un fenomeno di costume sotto forma sia di pellicola (Romanzo criminale; 2005) sia di una serie di grande successo e dal taglio internazionale (Romanzo criminale – La serie; 2008-2010), si pose in luce questo film tratto da un altra serie di eventi che affondavano le proprie radici nel panorama dell’Italia degli anni di piombo, seppur slegati dalla lotta politica di quegli anni.
La seconda prova del regista aronese Claudio Caligari, ritornato alla ribalta dopo ben 15 anni da Amore Tossico (id.; 1983) – in seguito tornerà dietro la macchina da presa per la sua terza e ultima pellicola: Non essere cattivo (id; 2015) - rappresenta un perfetto spaccato dell’Italia di fine anni ‘70, primi anni ‘80, descritta attraverso gli occhi di chi sbancava il lunario vivendo alla giornata, in abitazioni fatiscenti e ciondolando nei bar di quartiere ove era più facile trovare una microcriminalità ben radicata.
Il film, liberamente ispirato dal romanzo del giornalista Dido Sacchettoni, prende il via nell’inverno del 1979, con una presentazione in prima persona, su fondale rigorosamente scuro, di ogni singolo componente della “banda dell’arancia meccanica”, così denominata per via della violenza impiegata durante le rapine. Unico a non presentarsi Remo Guerra, un Valerio Mastandrea che accantonati i panni del ragazzo della porta accanto, non rinuncia comunque alla sua marcata Romanità. Facendo da voce narrante della pellicola e da spugna delle impressioni di chi come lui; poliziotto allergico alla vita militare, si ritiene portavoce di una lotta di classe contro chi ha avuto una vita più facile, rispetto a chi proviene dalla borgata. Le riprese che accompagnano la voce di Mastandrea rivelano, in toni chiaroscuri, la notte come luogo ove rifugiare le proprie paure e alimentare le proprie vendette. Gli angoli e i vicoli di periferia vengono paragonati alle abitazioni rapinate, con riprese che vogliono far risaltare la bruttura della vita ai margini della società e lontano dai centri di potere. Tutti gli attori riescono a calarsi efficacemente nei rispettivi ruoli a iniziare da Giorgio Tirabassi, nei panni di un padre di famiglia con una grande voglia di ‘svoltare’ gestendo un bar acquistato con le refurtive delle rapine. Marco Giallini, esperto di auto e pilota mancato a causa delle modeste origini. Per finire con Emanuel Bevilacqua, al suo esordio da protagonista e ingaggiato dal regista in maniera quasi casuale, detto “il Rozzo” per via dei modi rudi e violenti.
La riuscita del film è di buon livello; la pellicola fu presentata a Venezia e Mastandrea venne candidato ai nastri d’argento 1999 come attore protagonista, ma al tempo stesso solo parzialmente riuscì a centrare il proprio intento, causa una sceneggiatura solo in apparenza didascalica, che non riuscì a fornire conclusioni utili per quanto riguarda l’introspezione umana dei protagonisti, trattata in maniera eccessivamente superficiale; prediligendo invece scene d’azione più concitate, che fecero perdere al film quell’aura socialmente utile che aveva accompagnato gli intenti di uno dei registi più sottovalutati del nostro cinema.
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jd
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lunedì 26 maggio 2008
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un "romanzo criminale"minore,ma sempre godibile
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Caligari,due film in 15 anni,ha mestiere nel narrare una storia "dal basso",quasi una lotta fra borgatari e ricchi,con i primi non auspicano a cambiamenti sociali o vite migliori.Funziona lo stile secco e brutale(senza troppe impennate violente)e anche il cast è in parte.Peccato solo per quella voce over,come se il regista volesse a tutti i costi dare un appiglio allo spettatore.Divertente cammeo di Little Tony.Piccola curiosità:in una scena in tv si vede"Assalto al treno",uno dei primissimi western della storia(1903).Sebbene tratto dal romanzo "Le notti di Arancia Meccanica"di Dido Sacchettoni,nel film la banda non ha nessun soprannome al riguardo.
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