I piccoli maestri |
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Un film di Daniele Luchetti.
Con Stefano Accorsi, Stefania Montorsi, Marco Paolini, Giorgio Pasotti, Diego Gianesini.
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Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 116 min.
- Italia 1998.
- C.G.D - Cecchi Gori Distribuzione
uscita giovedì 10 settembre 1998.
MYMONETRO
I piccoli maestri
valutazione media:
2,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Irene Bignardi
La Repubblica
È vero: in questi tempi strani e smemorati, revisionisti quando non negazionisti, si sentiva il bisogno di un film che ci parlasse di quella cosa che si è chiamata Resistenza. Ma purtroppo non come fa il film che Daniele Luchetti ha tratto da uno dei più bei libri italiani di questo dopoguerra, I piccoli maestri, di Luigi Meneghello, rivisitazione nella memoria, a vent'anni di distanza, dei venti mesi in cui un gruppo di studenti, dopo l'8 settembre 1943, si ritrovò sulle montagne per sfuggire ai tedeschi e ai fascisti e per combattere una guerra che ancora non aveva nome e che sarebbe diventata la "Resistenza". Certi grandi libri bisognerebbe lasciarli dove sono. Non certo perché siano intoccabili, ma per amor del cinema, che crede di potersene nutrire e si trova invece di fronte a materiali che non può assorbire e metabolizzare. Ed era evidente che un libro soprattutto di scrittura come I piccoli maestri, con il suo andamento colloquiale e ironico, con il suo gusto per l'understatement si prestava poco a un film che inevitabilmente, nel dare concretezza a un discorso personale, al filtro selettivo della memoria, a un "idioletto", rischiava di trasformare in una visione riduttiva una storia ben altrimenti importante. È quello che è successo. Nella messa in scena di Daniele Luchetti (ma la sceneggiatura è firmata anche da Rulli, Petraglia, Starnone), l'autocritica per l'ingenuità e la confusione di quei mesi volge al grottesco e l'ironia, lo humour che Meneghello rivolge verso se stesso e i "piccoli maestri" - questi ragazzi sbattuti per venti mesi eccitanti, confusi e cruenti sulle montagne a inventare un modo di combattere, di discutere, di definirsi, di esistere politicamente, di non lasciare che l'Italia fosse solo territorio dei fascisti e dei tedeschi - ha la pesantezza di un macigno, e i "banditi" che per lo scrittore sono l'unica cosa "decente" che l'Italia avesse da offrire allora, più che sprovveduti sembrano un po' scemi. Un vero peccato, per l'occasione mancata e perché Luchetti, in questa produzione multimiliardaria, gira e impagina con bravura, e il film, fotografato benissimo da Peppe Lanci, ha dei bei momenti d'azione. Ma è difficile perdonare la goffaggine di certe conversazioni letterarie o la faciloneria di quella masturbazione a due nei campi, che sembra, assurdamente, uno spot pubblicitario. Per non dire della musica, a una nota dal plagio di C'era una volta il West, e dei problemi di una recitazione troppo ruspante o troppo effettata: le facce dei ragazzi (Stefano Accorsi nel ruolo di Gigi, e cioè di Meneghello, Giorgio Pasotti in quello dell'amico Enrico) sono più interessanti delle loro voci e della loro interpretazione e Stefania Montorsi è molto carina, ma come si fa a esprimere la civetteria in quel modo, addentando una mela, come nella peggiore iconografia dei romanzi rosa? E a proposito delle facce: possibile che questi giovani partigiani sembrino sempre appena usciti dal barbiere?
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