Questo film, forse in Italia neanche distribuito, è la seconda opera di Teresa Villaverde, a suo tempo più o meno venticinquenne, con un senso di forza e determinazione trasmessi nel contesto di Venezia 94.
Purtroppo, nonostante l’interpretazione della De Medeiros –Giustamente premiata- il film trasmette a chi scrive assai poco di provocatorio, come anche i successivi “Os mutantes” e –in parte – “Agua e sal”.
Lo stile, che intervalla un RELATIVO (neo?) realismo con inserti magici, volti presumibilmente a suggerire una desolazione individuale e collettiva, nella Lisbona dei primi anni 90.
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Questo film, forse in Italia neanche distribuito, è la seconda opera di Teresa Villaverde, a suo tempo più o meno venticinquenne, con un senso di forza e determinazione trasmessi nel contesto di Venezia 94.
Purtroppo, nonostante l’interpretazione della De Medeiros –Giustamente premiata- il film trasmette a chi scrive assai poco di provocatorio, come anche i successivi “Os mutantes” e –in parte – “Agua e sal”.
Lo stile, che intervalla un RELATIVO (neo?) realismo con inserti magici, volti presumibilmente a suggerire una desolazione individuale e collettiva, nella Lisbona dei primi anni 90. Tale anti-realismo, tuttavia, è distante dai ritratti dolenti del connazionale Costa, che in “Ossos” mostrerà una comprensione non necessariamente pessimistica ma neanche consolatoria”; e, che, soprattutto, in “No cuarto da Vanda”, ritrae senza patetismi una realtà gia “morta nel non lavoro”, simile ed al contempo distantissima da un Cipri e Maresco o Strausse Huillet.
La protagonista, infatti, vittima (pre)destinata, è una giovane senza vizi e trasgressioni ed apparentemente indifesa, che subisce passivamente la misoginia sul piano familaiare e sociale. Ma, nonostante l’interpretazione della De Medeiros -giustamente premiata-è una figura senza spessore, come anche avviene col padre, col principale, e altri ritratti dei successivi film succitati. Non bastano, in questo senso, la a luce ed i colori sfocati. E tale impressione risulta rafforzata dalla contrapposizione con l’altra ragazza del film –che ha verosimilmente suggerito il “titolo italiano” “Due fratelli emia sorella”. Spagnola –anche nella vita, l’attrice Laura Del sol; A differenza della protagonista, appare disinibita, anche nell’approccio con l’altro sesso, fuma –Quella scena di una sigaretta che le viene accesa da Maria stessa!-, si apre maggiormente con gli altri.
Ma, paradossalmente, questo rafforza l’impressione di un’opera con poche sfumature, incapace di approcci psicologici che oltrepassino la superficie, come anche di un messaggio universale – o persino nazionale, parlando da non portoghesi. Lo stesso finale non cosi imprevidibile- ma anche altri momenti smentiscono che NON si trattasse di un film didascalico, come invece sarebbe potuto sembrare.
Questo film, forse in Italia neanche distribuito, è la seconda opera di Teresa Villaverde, a suo tempo più o meno venticinquenne, con un senso di forza e determinazione trasmessi nel contesto di Venezia 94.
Purtroppo, nonostante l’interpretazione della De Medeiros –Giustamente premiata- il film trasmette a chi scrive assai poco di provocatorio, come anche i successivi “Os mutantes” e –in parte – “Agua e sal”.
Lo stile, che intervalla un RELATIVO (neo?) realismo con inserti magici, volti presumibilmente a suggerire una desolazione individuale e collettiva, nella Lisbona dei primi anni 90. Tale anti-realismo, tuttavia, è distante dai ritratti dolenti del connazionale Costa, che in “Ossos” mostrerà una comprensione non necessariamente pessimistica ma neanche consolatoria”; e, che, soprattutto, in “No cuarto da Vanda”, ritrae senza patetismi una realtà gia “morta nel non lavoro”, simile ed al contempo distantissima da un Cipri e Maresco o Strausse Huillet.
La protagonista, infatti, vittima (pre)destinata, è una giovane senza vizi e trasgressioni ed apparentemente indifesa, che subisce passivamente la misoginia sul piano familaiare e sociale. Ma, nonostante l’interpretazione della De Medeiros -giustamente premiata-è una figura senza spessore, come anche avviene col padre, col principale, e altri ritratti dei successivi film succitati. Non bastano, in questo senso, la a luce ed i colori sfocati. E tale impressione risulta rafforzata dalla contrapposizione con l’altra ragazza del film –che ha verosimilmente suggerito il “titolo italiano” “Due fratelli emia sorella”. Spagnola –anche nella vita, l’attrice Laura Del sol; A differenza della protagonista, appare disinibita, anche nell’approccio con l’altro sesso, fuma –Quella scena di una sigaretta che le viene accesa da Maria stessa!-, si apre maggiormente con gli altri.
Ma, paradossalmente, questo rafforza l’impressione di un’opera con poche sfumature, incapace di approcci psicologici che oltrepassino la superficie, come anche di un messaggio universale – o persino nazionale, parlando da non portoghesi. Lo stesso finale non cosi imprevidibile- ma anche altri momenti smentiscono che NON si trattasse di un film didascalico, come invece sarebbe potuto sembrare.
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