ilsettimosamurai
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domenica 21 agosto 2016
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il cattivo kitano
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L'innovazione principale del cinema di Kitano è Kitano stesso. Nell'insieme dei suoi film si è costruito un personaggio che lo rappresenta, pezzo per pezzo. Non importa che prima facesse il presentatore e il comico (non ho mai visto un suo spettacolo); l'esposizone è sincera. Kitano ce lo mostra con i suoi tic, le sue tenerezze, i suoi odi. Così come avevano fatto Allen e Moretti, ognuno a suo modo, ognuno con i suoi temi. Questo rende Violent Cop un film diverso, un picolo gioello. Non è che prima non esistessero poliziotti sporchi, ma Kitano affonda il colpo con ferocia. Più che costruire una storia intorno ad un personaggio, costruisce una storia intorno ad un personaggio.
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L'innovazione principale del cinema di Kitano è Kitano stesso. Nell'insieme dei suoi film si è costruito un personaggio che lo rappresenta, pezzo per pezzo. Non importa che prima facesse il presentatore e il comico (non ho mai visto un suo spettacolo); l'esposizone è sincera. Kitano ce lo mostra con i suoi tic, le sue tenerezze, i suoi odi. Così come avevano fatto Allen e Moretti, ognuno a suo modo, ognuno con i suoi temi. Questo rende Violent Cop un film diverso, un picolo gioello. Non è che prima non esistessero poliziotti sporchi, ma Kitano affonda il colpo con ferocia. Più che costruire una storia intorno ad un personaggio, costruisce una storia intorno ad un personaggio. Metteteci un gusto scenico, un senso dell'onore e dei movimenti tutto nipponico e ... non delude, l'innovazione c'è. Il cattivo tenente Kitano è uno spettacolo.
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luca scialò
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domenica 18 luglio 2010
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violenza e sani principi, il mix di kitano
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Azuma è in poliziotto che pratica principalmente in un quartiere difficile e malfamato. Per i suoi modi "indipendenti" di agire, viene trasferito e affiancato da un giovane collega ancora acerbo e inesperto. I suoi modi di lavorare però non mutano, anzi, quando viene a sapere che un suo collega è immischiato in un traffico di droga, diventa ancora più spietato. Finale amaro.
Primo film alla regia per Takeshi Kitano, e a differenza di altri successivi, racconta la Yakuza nei panni del poliziotto. Bravo a mescolare violenza a sani principi. Finale amaro.
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paola di giuseppe
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martedì 29 giugno 2010
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la descensio ad inferos del commissario azuma
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“Una violenza dolorosa, improvvisa e spaventosa che non fa venire voglia di imitarla, ma di fuggirne” dice Kitano di quella che intride i suoi film, questo in particolare, dalla prima all’ultima sequenza.
Violenza mai fine a sé stessa. Quello che rimane, mentre scorrono i titoli di coda, è la sensazione di aver assistito ad una tragedia, e la catarsi è identica.
L’eroe protagonista non fa sconti, i suoi ingressi in scena sono sempre risolutori, schiaffi e calci, coltelli e pistole, macchina lanciata contro il malvivente in fuga.
Il commissario Azuma non conosce l’arte della persuasione che non passi per questi mezzi, si tratti di teppistelli di buona famiglia che riducono in fin di vita un barbone o di un magnaccia che maltratta la sua donna, di yakuza al soldo di boss malavitosi con coperture importanti o di vigliacchi approfittatori della sorella tossicomane.
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“Una violenza dolorosa, improvvisa e spaventosa che non fa venire voglia di imitarla, ma di fuggirne” dice Kitano di quella che intride i suoi film, questo in particolare, dalla prima all’ultima sequenza.
Violenza mai fine a sé stessa. Quello che rimane, mentre scorrono i titoli di coda, è la sensazione di aver assistito ad una tragedia, e la catarsi è identica.
L’eroe protagonista non fa sconti, i suoi ingressi in scena sono sempre risolutori, schiaffi e calci, coltelli e pistole, macchina lanciata contro il malvivente in fuga.
Il commissario Azuma non conosce l’arte della persuasione che non passi per questi mezzi, si tratti di teppistelli di buona famiglia che riducono in fin di vita un barbone o di un magnaccia che maltratta la sua donna, di yakuza al soldo di boss malavitosi con coperture importanti o di vigliacchi approfittatori della sorella tossicomane.
Silenzioso e sardonico, sempre al verde, battute, poche, ma micidiali (“Commissario, ma si dice che una volta ha colpito un bambino…” “Per forza, gli avevo puntato contro!”) si aggira per una Tokio ripresa con angolature di perfezione geometrica, con quel passo dinoccolato, un po’ traballante, ritmato da Daisaku Kume che riscrive Satie, scelta spiazzante e coerente di un musicista che sembra il fratello di latte di Kitano (come dimenticare l’anatema del grande, stravagante francese contro i “malfattori che speculano sulla corruzione umana”?) e ci viene incontro su quel ponte in una ripresa frontale dal basso, che lo fa crescere man mano che avanza tra bambini in fuga nella direzione opposta perchè hanno gettato lattine vuote dal ponte sul battello che passava.
Non c’è scampo in questi bassifondi metropolitani di Kitano, di fronte ai quali quelli di Gorkij e Kurosawa appaiono mondi romantici.
Prodotto di una svolta epocale di portata enorme, incontrollabile, è un mondo non più rappresentabile secondo gli stilemi canonici del poliziesco tradizionale o d’avanguardia,Violent cop è un film fuori da tutte le regole.
Kitano fa sempre a modo suo, anticonformista e ribelle, grottesco e umoristico, variegato, mai spettacolare, intriso di passione e capace di infinita dolcezza, riesce a disorientarci con l’eccesso e, un attimo dopo, a farci pensare che in fondo è proprio così che vanno le cose.
E allora può anche succedere che il violento Azuma passi del tempo a scorrere una galleria di dipinti di Chagall, o si fermi di fronte al mare, in silenzio.
Attento ai minimi particolari, si sente il suo controllo su tutta la costruzione del film, primo della carriera registica e già pienamente capace di essere stile, linguaggio, allegoria.
Lunghe carrellate o inquadrature fisse, scazzottate al ralenti, inseguimenti à bout de souffle, spietate sparatorie, i temi cari al regista, l'amicizia, il tradimento, la malattia, c’è già tutto per i prossimi capolavori.
La descensio ad inferos di Azuma si chiude con un finale nichilista, la preparazione alla morte, tema preponderante nel cinema di Kitano, trova qui il suo prologo.
Seguiranno gli episodi, gli stasimi e, da ultimo, l’esodo, per questo grande tragediografo della contemporaneità.
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nick distefano
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martedì 28 ottobre 2008
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un bel film!
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Takeshi Kitano con il suo esordio, rileggie il genere classico del poliziesco giapponese, dandogli un tocco occidentale, ma con la violenza che ha sempre caratterizzato il cinema asiatico. Begli effetti speciali, qualche scena splatter in più avrebbe fatto piacere a fan dell'exploitation. Comunquè le tre stelle sono d'ordine. Kitano ha modificato pesantemente la sceneggiatura in pre-produzione, ma non è stato accreditato.
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jd
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giovedì 16 agosto 2007
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folgorante esordio di un maestro
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Esordio come regista dell'attore comico KItano.Summa dei suoi futuri temi principali(pessimismo,violenza e umorismo parossistici e surreali,riflessione su morte e violenza come qualcosa di ineluttabile)nonchè rinvigorimento al genere poliziesco.Un John Woo più personale,si potrebbe dire per la catarsi.Solo per chi ama il genere comunque.
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