orcinus orca
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sabato 4 aprile 2009
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avere vent'anni, un film carico di significati
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Sono del 1988, quindi teoricamente molto lontana dall'epoca d'oro dei film italiani di questo genere, che deridavano audacemente la società di quei tempo. Ho per caso trovato in un negozio la versione in dvd di tale film: il cofanetto conteneva due versioni: l'originale (quella che è stata fatta girare in pubblico) e la rimontata, cioè il nastro nella sua fisionomia vera, così come fu proiettato nelle sale la prima volta."Avere vent'anni" non è propriamente una commedia sexy, come si potrebbe pensare vedendo le due protagoniste (la Carati e la Guida furono famosissime in questo tipo di pellicole), è più che altro una tragicommedia sui generis, nonchè un affresco di un'epoca in decadenza (gli anni '70 e le utopie di sinistra) che faceva lentamente spazio alle politiche e le sottoculture che saranno tipiche del decennio successivo: il rampantismo, il punk, l'avvento dell'elettronica, il panorama italiano segnato dal socialismo craxiano e un tipo di gioventù completamente diversa dai "figli dei fiori": ai ragazzi utopisti post- sessantottini (che così bene vivono nel panorama dei testi gucciniani) si sostiutiranno di lì a poco i paninari, simbolo invece dei giovani borghesi per eccellenza, dediti al consumismo e all'esasperazione del "carpe diem".
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Sono del 1988, quindi teoricamente molto lontana dall'epoca d'oro dei film italiani di questo genere, che deridavano audacemente la società di quei tempo. Ho per caso trovato in un negozio la versione in dvd di tale film: il cofanetto conteneva due versioni: l'originale (quella che è stata fatta girare in pubblico) e la rimontata, cioè il nastro nella sua fisionomia vera, così come fu proiettato nelle sale la prima volta."Avere vent'anni" non è propriamente una commedia sexy, come si potrebbe pensare vedendo le due protagoniste (la Carati e la Guida furono famosissime in questo tipo di pellicole), è più che altro una tragicommedia sui generis, nonchè un affresco di un'epoca in decadenza (gli anni '70 e le utopie di sinistra) che faceva lentamente spazio alle politiche e le sottoculture che saranno tipiche del decennio successivo: il rampantismo, il punk, l'avvento dell'elettronica, il panorama italiano segnato dal socialismo craxiano e un tipo di gioventù completamente diversa dai "figli dei fiori": ai ragazzi utopisti post- sessantottini (che così bene vivono nel panorama dei testi gucciniani) si sostiutiranno di lì a poco i paninari, simbolo invece dei giovani borghesi per eccellenza, dediti al consumismo e all'esasperazione del "carpe diem".
Queste due ventenni di provincia, la mora Tina e la bionda Lia, rappresentano appunto la "vecchia gioventù" di stampo hippy per le loro idee di estrema libertà, ma anche di stampo marcatamente femminista perchè esse vivono il sesso in maniera emancipata, dominando gli uomini a proprio piacimento (il loro slogan è "Siamo giovani, belle e incazzate"). La comune in cui esse finiscono è invece l'epoca storica degli anni '70 trasformata in luogo fisico: un posto fatiscente in cui un decennio ormai passato lascia i suoi strascichi nostalgici, rappresentati giovani che non hanno più voglia di lottare e si difendono dal mondo fuggendo attraverso la droga - come Rico, il ragazzo di cui Tina (Lilli Carati) si infatua, o attraverso la meditazione, come Argiumas, un giovane sardo che vive nella comune come un santone indiano, rinunciando a tutto ciò che c'è di terreno nella vita - Argiumas non ha voglia di lottare, e silenzioso nelle sue idee trascende tutte le bassezze umane e l'amarezza dovuta alla morte degli ideali pee i quali probabilmente, un tempo, si batteva a spada tratta. La comune viene poi sciolta ad opera della polizia, probabilmente per ragioni politiche, e trovando un pretesto nella droga. Il commissario è la caricatura del fascista, un uomo manesco, che pensa di ottenere tutto solo attraverso la violenza. Questo sarà l'inizio della fine per le due protagoniste: esse, sciolta la comune, vengono rispedite ai loro paesi d'origine, e nel viaggio di ritorno si imbattono in un gruppo di mafiosi che, irritati dai loro gesti provocanti, finiscono col seviziarle e ucciderle brutalmente. In questo si può vedere un simbolo del fallimento del femminismo, il duro prezzo che purtroppo le nostre eroiche protagoniste hanno pagato vivendo in un mondo, seppure segnato da tanti ideali, in realtà profondamente bigotto e maschilista. Tale finale aveva fatto scandalo, era stato rimosso, ed è ora visibile solo nella versione rimontata. Lo consiglio, soprattutto ai miei coetanei (che hanno 20 anni ora), perchè è un film carico di significati, e in un certo senso "storico".
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paolo 67
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venerdì 11 maggio 2012
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uno dei film più femministi girati in italia
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Di Leo ha sempre cercato di rappresentare il realismo, inteso non in senso effettistico, ma contenutistico: verità, esattezza psicologica. Il regista credeva nella sceneggiatura ma il film non ebbe il successo sperato: il pubblico evidentemente non gradì che le due attrici (Gloria Guida e Lilli Carati) tanto amate facessero una brutta fine. Il produttore ritirò il film e impose un nuovo montaggio e un lieto fine (un'edizione piuttosto leggera e allegra rimasta per l'estero) prima della riedizione dell'originale in DVD del 2004. Fedele al suo spirito, il regista aveva voluto rappresentare, non criticare, la libertà sessuale delle donne nella società moderna, le trasformazioni dei costumi.
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Di Leo ha sempre cercato di rappresentare il realismo, inteso non in senso effettistico, ma contenutistico: verità, esattezza psicologica. Il regista credeva nella sceneggiatura ma il film non ebbe il successo sperato: il pubblico evidentemente non gradì che le due attrici (Gloria Guida e Lilli Carati) tanto amate facessero una brutta fine. Il produttore ritirò il film e impose un nuovo montaggio e un lieto fine (un'edizione piuttosto leggera e allegra rimasta per l'estero) prima della riedizione dell'originale in DVD del 2004. Fedele al suo spirito, il regista aveva voluto rappresentare, non criticare, la libertà sessuale delle donne nella società moderna, le trasformazioni dei costumi. Onesto come in tutti i suoi film nel rappresentare la realtà, Di Leo non condanna affatto la libertà delle sue protagoniste; tutta la critica è rivolta verso il maschio, la società sessista e maschilista che egli ha creato. Imperfetto per ammissione dello stesso regista, il film però è meritevole per il suo coraggio. E' stato detto che ha anticipato “Thelma & Louise”, ma anche considerandolo un “filmetto porno-sadico” -secondo l'autocritica dello stesso autore- per certi aspetti potrebbe essere imparentato coi film di Russ Meyer, anch'essi mettenti in scena delle donne disinibite molto più avanti rispetto alla società arretrata e razzista (John Lennon cantava “Woman is the nigger of the world”) che le circonda.
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kondor17
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venerdì 9 maggio 2014
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confuso e dolceamaro
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Non mi sento di dare più di due stelle. Troppe cose insieme, dal road movie stile Thelma e Louise, con personaggi comici e grotteschi (bracardi e caprioli su tutti) con un evidente richiamo al femminismo incazzato, al declino della filosofia hippies, al sesso libero e disinibito. Sino all'efferato strupro ed esecuzione finale delle protagoniste da parte di una banda di mafiosi, indispettiti dalle provocazioni delle ragazze. Un vero peccato, perché una gloria guida ed una lilly carati in tal spolvero (e bellezza) meritavavo decisamente di meglio. Con un po di attenzione in più poteva diventare un cult, un documento, anche se resta uno dei meno peggio del genere.
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