rob8
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giovedì 2 agosto 2018
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il fatuo fulgore del sogno americano
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Non sempre i film diretti da Alberto Sordi, soprattutto quelli dell’ultimo periodo della sua carriera, hanno colto nel segno. Troppo debordante la sua maschera, troppo presente il sentimento fatalista da uomo medio, che ben altro spessore ebbero negli anni d’oro della commedia all’italiana.
Purtuttavia la felice vena creativa del sodale di una vita, Rodolfo Sonego, gli ha spesso fornito soggetti interessanti e non privi di spunti critici e acuti sulla società contemporanea. È il caso di questo film atipico, girato negli Stati Uniti, dove il fulgore del sogno americano, partito da uno show in TV e proseguito tra le luci di Manhattan, finisce progressivamente per rivelarsi fatuo.
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Non sempre i film diretti da Alberto Sordi, soprattutto quelli dell’ultimo periodo della sua carriera, hanno colto nel segno. Troppo debordante la sua maschera, troppo presente il sentimento fatalista da uomo medio, che ben altro spessore ebbero negli anni d’oro della commedia all’italiana.
Purtuttavia la felice vena creativa del sodale di una vita, Rodolfo Sonego, gli ha spesso fornito soggetti interessanti e non privi di spunti critici e acuti sulla società contemporanea. È il caso di questo film atipico, girato negli Stati Uniti, dove il fulgore del sogno americano, partito da uno show in TV e proseguito tra le luci di Manhattan, finisce progressivamente per rivelarsi fatuo.
Un’America vista dai finestrini di grandi automobili o di un Greyhound, in un panoramico viaggio on the road che da New York approda al Mississipi, passando per Hollywood e Las Vegas: dove un magistrale De Sica può emulare sé stesso e il suo vizio del gioco.
Un tragitto che rende omaggio al cinema classico americano (anche nella voluta scelta di non dare conto dei fermenti sociali di quegli anni Sessanta), ma che nel contempo ne prende le distanze: conducendo questo italiano spaesato – un Sordi dei migliori tempi – ad una meta finale familiare che sa tanto di casa propria.
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david, genova
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sabato 24 luglio 2010
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america: ennesima delusione di un italiano
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Nando Moriconi non sarebbe mai andato in America, ma circa quindici anni dopo un suo sosia sì. Per scoprire cosa? Che il sogno americamo è un pò un bluff. Gli stessi problemi lì come in Italia e un padre che non è poi così ricco come sembra.
Io di "Un italiano" ricordo bene la scena principe del riincontro tra il figlio e il padre (e la pubblicità della Buitoni - pensate che nessuno se la ricordava?) e quando il buon uomo si fa imboccare dall'amante ("obesa" - non tanto) hawaiana.
Finita con questo film una specie di trilogia: l'italiano che tenta d'essere qualcun altro per poi scoprire che "c'è più gusto ad essere italiani" (ora la pubblicità l'ho fatta io!).
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elgatoloco
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domenica 14 giugno 2020
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sordi amaro
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Questo"UN Italiano in America"(ALberto Sordi, anche autore della sceneggiautra, con Rodolfo Sonego, 1967)prosegue il confronto di Sordi autore, oltre che protagonista come inteprete, con il mondo anglosassone, dato che l'anno prima aveva rrealizzato"Fimo di Londra", altro film-chiave nella sua filmografia-ma, se vogliamo - il confronto era ben precedente, in"UN Americano a Roma"(Steno, 1954, dove sia indicata o meno, la collaborazione di Sordi alla sceneggiatura è riconoscibile senza alcun problema-oggi per fotruna la sua opera di scrittura insieme a Ettore Scola, Steno, Lucio Fulci e Sandro Continenza viene riconosciuta da tutti o quasi). Certo la storia di questo benzinaio romano che, dopo trent'anni ritrova il padre che credeva morto e che ritrova negli States come puro "ricco", che in realtà ha il vizio del gioco e vari "Problemini"con la legge.
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Questo"UN Italiano in America"(ALberto Sordi, anche autore della sceneggiautra, con Rodolfo Sonego, 1967)prosegue il confronto di Sordi autore, oltre che protagonista come inteprete, con il mondo anglosassone, dato che l'anno prima aveva rrealizzato"Fimo di Londra", altro film-chiave nella sua filmografia-ma, se vogliamo - il confronto era ben precedente, in"UN Americano a Roma"(Steno, 1954, dove sia indicata o meno, la collaborazione di Sordi alla sceneggiatura è riconoscibile senza alcun problema-oggi per fotruna la sua opera di scrittura insieme a Ettore Scola, Steno, Lucio Fulci e Sandro Continenza viene riconosciuta da tutti o quasi). Certo la storia di questo benzinaio romano che, dopo trent'anni ritrova il padre che credeva morto e che ritrova negli States come puro "ricco", che in realtà ha il vizio del gioco e vari "Problemini"con la legge... C'è il divertissement sordiano, ma prevale una nora decisamente amara, nella rappresentazione del contrasto tra le grandi ricchezze(dove però una sua sorellastra, per esempio, si trova a fare decisamente una sorta di entraineuse nella casa da gioco, introducendo gli ospiti.clienti "posando"nuda)e la miseria di gruppi di persone, in genere della comunità afroamericana e comunque di emarginati nel passaggio in autobus(Greyhound). Da regista-autore -protagonista, Sordi era già in piena forma, dimostrando la sua capacità di mostrare in maniera completa che cosa siano gli States anche per un Europeo , segnatamente un Italiano che abbia goduto del"boom"econiomico-/sviluppo, perà, per dirla con Pasolini, non necessariamente= a progresso e dunque del piano Marshalll-fondamentale aiuto, certo per nulla disinteressato ma totalmente nella logica di Yalta, all'Europa da parte degli States vincitori, anche ai paesi ex.nemici, appunto, come Germania e Italia)è un fatto molto signiticativo. Lo mostra evidenziando quel"crash of civilisations"interno agli States, che, da sempre "comrpesso"spesso però esplode come anche nel momento nel quale scrivo questa nota. Sordi amaro.ironico(più amaro, però, anche nella sua rappresentazione di uno stupore estremo, spinto quasi all'eccesso)che si confronta con un suo"maestro"(lo considerva tale, in effetti(come un curioso Vittorio De Sica nel ruolo, ça va de soi, del padre. Per il resto, non siamo certo alla denuncia "dall'interno"dk"Midnight Cowboy"(Schlesinger, 1969), ma il fatto che una rappresentazione critica degli States provenga, appunto, da un artista considerato, opportunaemtne, vicino al centro cattolico e dunque non a un"sovversivo"è ancora una volta un fatto oltremodo signficativo. La preseze femminili e comunque di altri"comprimari"è presente ma non certo"determinante", limitandosi alla caratterizzazione di "tipi", in una visione decisamente fenomenologica. Le musiche di Piero Piccioni, abituale collaboratore di Sordi autore-regista per le musiche è ormai pienamente realizzata e compiuta, anche con la creazione di canzoni ad hoc, come qui con"Walk Song"cantata da Lydia Mac Donald. UN Sordi , volendo, di "transizione", ma molto, molto significativo per intenderlo anche nel suo"work in progress": El Gato
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