Anthar l'invincibile

È la Baghdad delle “Mille e una notte” il centro di questa storia raccontata con taglio fumettistico da Antonio Margheriti, qui con lo pseudonimo di Anthony M. Dawson, che ha al fianco nel ruolo di aiuto regista il fido Ruggero Deodato. Lo scenario nel quale si muovono i protagonisti sembra preso in prestito dalle favole orientali con moschee di grande splendore, altissimi minareti e tramonti dorati sulle sabbie del deserto. A completare il quadro c’è uno stuolo di bellissime e poco vestite odalische che fanno da corona alle azioni e riempiono le pause dell’azione. Come sempre Margheriti dimostra di saperci fare con la cinepresa regalando alcune bellissime inquadrature a una storia che oggi definiremmo sospesa tra fantasy e avventura. [+]

È la Baghdad delle “Mille e una notte” il centro di questa storia raccontata con taglio fumettistico da Antonio Margheriti, qui con lo pseudonimo di Anthony M. Dawson, che ha al fianco nel ruolo di aiuto regista il fido Ruggero Deodato. Lo scenario nel quale si muovono i protagonisti sembra preso in prestito dalle favole orientali con moschee di grande splendore, altissimi minareti e tramonti dorati sulle sabbie del deserto. A completare il quadro c’è uno stuolo di bellissime e poco vestite odalische che fanno da corona alle azioni e riempiono le pause dell’azione. Come sempre Margheriti dimostra di saperci fare con la cinepresa regalando alcune bellissime inquadrature a una storia che oggi definiremmo sospesa tra fantasy e avventura. Pur essendo inserito nel genere “peplum” Anthar l'invincibile ha un taglio decisamente “eretico” per l’ambientazione scelta. I codici del genere storico mitologico all’italiana vengono rispettati (rottura dell’ordine costituito da parte del tiranno e intervento dell’eroe muscoloso e possente per rimettere le cose a posto), ma l’approccio fumettistico, che tocca l’apice nel combattimento di Anthar nell'arena contro un rinoceronte, lo rende un fenomeno particolare rispetto ai film tradizionalmente inseriti in questo filone del cinema italiano. Margheriti utilizza poi il famoso (per i suoi fans)  “labirinto di specchi", un ambiente dove la realtà e l’illusione si confondono e che riprenderà in molte altre sue pellicole. Inizialmente intitolato “Il mercante di schiave” ottiene una buona ma non eccezionale accoglienza nelle sale italiane e un notevole successo all’estero, in particolare in Spagna.
 
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