Pellicola coraggiosa ed anticonformista, diretta da Ida Lupino una delle poche donne registe del tempo che affronta con una narrazione seria e drammatica la scottante tematica della bigamia.
L’opera è di indubbio impegno sociale, come altre della Lupino non nuova a cimentarsi su argomenti controversi come la gravidanza non desiderata e persino lo stupro, che vengono affrontati sempre da una visuale femminile, con cui la regista tende a mettere in risalto il ruolo della donna in queste vicende dalle forti tinte drammatiche. La regista britannica, dalle lontane discendenze italiane, si contraddistingueva per sfidare le convenzioni del tempo, rispettatissime dal resto della cinematografia, portando all’attenzione del pubblico situazioni che contrastavano con la morale puritana, soprattutto della società americana.
Anche in questa pellicola viene compiuta un’operazione del genere: oggetto dell’opera è la bigamia, che sebbene venga inquadrata come una pratica sicuramente riprovevole e condannabile, non viene tuttavia demonizzata in modo assoluto; cercando di spiegare le circostanze che possono generare situazioni di questo genere, la Lupino sollecita l’indulgenza e la comprensione del pubblico, certamente verso le donne, che nel caso descritto sono vittime incolpevoli ed inconsapevoli, ma anche verso il bigamo che non viene presentato come un soggetto amorale, bensì anzi ne vengono evidenziati i tormenti interiori ed i sensi di colpa.
I rapporti umani sono descritti con particolare accuratezza; il quadro che ne emerge tende a normalizzare o quantomeno rendere comprensibili situazioni che altrimenti desterebbero scalpore e sdegno.
La pellicola cerca in definitiva di scuotere la rigida morale del tempo, oltre che accentrare maggiormente l’attenzione sulla figura femminile, focalizzando le difficoltà che le si ripercuotono contro, e promuovendo un modello di donna indipendente ed emancipata, capace di affrontare tali situazioni drammatiche.
I tre ruoli principali sono ricoperti da Edmond O'Brien, il più presente in scena, la bravissima Joan Fontaine e la stessa Ida Lupino, che qui si auto-dirige per la prima ed unica volta. I tre interpreti sono bravissimi; le loro performance particolarmente toccanti e drammatiche, risultano perfette, assecondando al meglio il taglio narrativo scelto dalla regista. Oltre ai tre attori nei ruoli principali, si ricorda un ottimo Edmund Gwenn, attore davvero eccellente e capace di adattarsi in modo camaleontico ai ruoli più diversi.
Una curiosità: il tema della bigamia mi riporta alla memoria un’altra pellicola di poco successiva (1959), “Il molto onorevole Mr. Pennypacker” di Henry Levin, che tratta lo stesso argomento, ma in modo diametralmente opposto: se l’opera della Lupino è un dramma impegnato socialmente, quella di Levin è invece una commedia molto gradevole e divertente, che vuole solo intrattenere; se la Lupino si pone criticamente rispetto alla morale perbenista del tempo, Levin la promuove e diffonde un messaggio rassicurante e quasi reazionario; se le figure femminili proposte dalla Lupino sono indipendenti ed emancipate, quelle di Levin, benché altrettanto rispettabili, sono però indissolubilmente legate al loro ruolo in seno alla famiglia. Insomma, pur trattando il medesimo argomento, i due autori riescono a realizzare opere diametralmente opposte, eppure entrambe riuscite sul piano artistico.
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