
Titolo originale | Posle smerti |
Anno | 1915 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Russia |
Durata | 46 minuti |
Regia di | Yevgeni Bauer |
Attori | Vitold Polonsky, Olga Rakhmanova, Vera Karalli, Mariya Khalatova, Tamara Gedevanova Marfa Kassatskaya, Georg Asagaroff. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 giugno 2016
CONSIGLIATO N.D.
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Bauer prosegue il suo discorso «mortuario» attingendo il soggetto, questa volta, dal racconto di Turgenev Klara Milic e sceneggiandolo personalmente. Visto il film, un cultore di Turgenev e del cinema scrisse alla casa produttrice lamentando le molte discrepanze tra la pagina e lo schermo. Il regista riconobbe la validità di tali critiche con una precisazione finale. «La cinematografia - rispose - non ha ancora trovato, secondo noi, il movimento e il ritmo che caratterizzano la soave poesia di Turgenev. Ahimè! pian piano si scoprirà che i registi del cinema sono stati educati a violare barbaramente i diritti degli autori. Avendo tra le mani, all'inizio della loro attività, opere di scarso valore letterario, si sono abituati ad agire secondo il proprio arbitrio, a modificare a loro discrezione le idee altrui, le situazioni, e perfino gli eroi immaginati dall'autore». Ma aggiunse: «Turgenev dovrà adattarsi a uno spirito e ad abitudini a lui estranee». La frase è sibillina, ma forse può anche interpretarsi nel senso di una difesa del cinema, che Bauer sente diverso dalla letteratura. Sa di avere un proprio mondo da esprimere e preferisce rimanervi fedele, anche a spese, se occorre, di un Turgenev. «Turgenev dovrà adattarsi... ».
In Dopo la morte il cineasta sfida le leggi stesse del melodramma borghese, portandole oltre la soglia del realismo descrittivo, sia pure intensamente critico. L'uso del flash-back gli consente un film totalmente onirico che penetra nel cuore di un amore disperato. Un amore che non avendo trovato spazio in vita (l'uomo non ha saputo manifestarlo alla fanciulla quand'era il momento, e costei si è uccisa), lo trova appunto al di là della vita. La defunta ritorna ossessivamente nelle visioni dell'amato, che a un certo punto, pur tentando di cogliere ogni frammento del reale nello studio fotografico che ha allestito (non si pensa forse ad Antonioni?), non può più distinguere - esattamente come il cineasta - tra la realtà e il sogno, tra la donna e il suo fantasma. Eppure gli rimane in mano una concretissima ciocca di capelli di lei, quando - come da entrambi desiderato - la raggiunge nella tomba. Certo si può anche parlare di decadentismo: ma non è singolare che, nell'atmosfera liberty che pervade gli ambienti, fiorisca qualcosa che annuncia l'amour fou dei surrealisti? Con una differenza però, che contribuisce anch'essa - com'era storicamente giusto che fosse -: alla definizione di un'epoca ben precisa e senza futuro. In quest'altro gioiello baueriano, è proprio l'eccesso romantico - lo sottolinea bene Carlo Montanaro - a rendere «quasi tangibile, fisica, l'impossibilità d'amare».
Da Alfabetiere del cinema, a cura di L. Pellizzari, Falsopiano, Alessandria, 2006