Refn è un provocatore, e per questo attira critiche e controversie come pochi. Ma prima che un provocatore è un regista, e quindi bisogna parlare dei suoi film per valutarli, non di quel che vi aleggia attorno.
Tanto per cominciare classificare The Neon Demon come un film dell'orrore è a dir poco sbagliato, per quanto la pellicola giochi molto con le atmosfere che ne sono tipiche; ma è stupido ricadere nella collocazione tradizionale dei generi per un film che dai generi esula. Se proprio si volesse badare alla trama si dovrebbe parlare di thriller grottesco, ma in generale il film è una riflessione a cuore aperto sul rapporto tra etica ed estetica, che mette in gioco prospettive contrapposte evidenziando tuttavia la posizione in merito di Refn. In molti hanno parlato di vuota estetica; al contrario ritengo che, per usare un'espressione rubata, sia "piena estetica"; non c'è una singola inquadratura, un singolo gioco di luci o di specchi (sapientemente, elemento ricorrente nel film usato sia per rendere le scene intriganti, sia per il suo valore simbolico) che non sia prettamente funzionale al racconto. Non puoi presentare un lavoro che tratti di estetica (soprattutto con le peculiari prospettive di Refn, che fa anche un lavoro di autocritica esponendo la sua personalissima soluzione per bocca di alcuni personaggi) senza curare l'estetica del tuo film, in positivo o in negativo.
La recitazione è più che buona, anche se non è il punto focale del film per la maggior parte delle scene (uno dei peggiori attori di grande fama al mondo, Reeves, è nel cast e non stona, per capirci). La fotografia è magnifica, soprattutto ancora una volta funzionale alla storia, patinata perché così è il racconto. La sceneggiatura regge, riuscendo anche ad avere una certa gradualità che solitamente è difficile ottenere in lavori del genere, anche se rimangono un paio di scene che usciti dal cinema - anche dopo il paio d'ore abbondante che un film del genere richiede per essere metabolizzato - continuano a rimanere poco chiare. E' fuor di dubbio che, qui e là, Refn si diverta a provocare; ma non è mai una provocazione gratuita, se non per un occhio superficiale. Come l'estetica quasi eccessiva del film, si tratta di qualcosa di costantemente mirato al messaggio di fondo, di funzionale al film stesso; che si tratti di erotismo, necrofilia o crudezza, lo spettatore è disturbato. Superficialmente dalla composizione della scena, in profondità dal suo significato.
In calce, la polemica sul maschilismo del film è seconda per sterilità soltanto a quella sul cartellone pubblicitario di X-Men: Apocalypse degli scorsi giorni. Sostenerla significa aver visto il film senza capire che i personaggi incarnano prospettive sulla bellezza, che non sono condannabili se non nella misura in cui lo fa la loro etica; è quello il senso del film, valutarlo dall'esterno confondendo le caratteristiche dei personaggi con la loro femminilità indica una certa impermeabilità ai contenuti. Si può accettare o non accettare la visione del mondo che ha Refn, e io certo non ho intenzione di fare la prima cosa, ma trasformarla in maschilismo indica davvero profonda superficialità o malafede. O, semplicemente, ingenuità nell'esser cascati nel suo trabocchetto.
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