La vita di Adele |
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Un film di Abdellatif Kechiche.
Con Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos, Salim Kechiouche, Mona Walravens, Jérémie Laheurte.
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Titolo originale La Vie d'Adèle.
Drammatico,
durata 179 min.
- Francia 2013.
- Lucky Red
uscita giovedì 24 ottobre 2013.
- VM 14 -
MYMONETRO
La vita di Adele
valutazione media:
4,04
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La vita di Adeledi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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mercoledì 22 gennaio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una storia d’amore. Che nasce per uno sguardo casuale in una piazza affollata, esplode di inarrestabile passione, poi inizia a raffreddarsi tra routine e piccoli malintesi, infine si conclude con amarezza a causa di nuove attrazioni anche se il legame fatica a spezzarsi. Adele è una liceale di Lilla che vive le incertezze proprie della sua età, tra una famiglia che non ne intuisce il difficile momento e una scuola di periferia animata però da insegnanti appassionati che ne alimentano l’amore per la letteratura. La sua omosessualità si disvela incrociando Emma, più vecchia di lei di qualche anno, proprio mentre sta andando all’appuntamento con un ragazzo: quando la ritrova in un bar per lesbiche dove è finita un po’ per caso e un po’ no,. ci vuole poco perché il rapporto diventi intensamente fisico e, per lungo tempo, si trasformi in una simbiosi allo stesso tempo totalizzante e liberatoria. Quando però Adele cresce e corona il suo sogno di insegnare all’asilo – inizia qui la seconda parte del film - si presentano nuove opportunità che finiranno per allontanare le due ragazze: i capelli di Emma - non più studentessa d’arte, ma pittrice - non sono più blu come nella prima parte e sono il simbolo della normalizzazione. Malgrado una scenataccia di gelosia che soffoca nella culla il rapporto dell’amante con un collega, è proprio Emma a rifarsi presto una vita con una nuova compagna, mentre Adele – più fragile – resta a fare i conti con il vuoto nella sua vita e una brace che non si vuole spegnere. L’idea che ci vogliano tre ore per raccontare una storia all’apparenza banale potrebbe spaventare, eppure – a parte una scena di sesso da circa otto minuti francamente pletorica (però, nel caso scappasse la pipì…) - il franco tunisino Kechiche gira un film in cui non si avverte il passare del tempo grazie a una capacità di raccontare con levità che rende estremamente scorrevole il passare dei minuti. Il tran-tran della vita quotidiana – la scuola, la famiglia, il lavoro – è reso interessante da un notevole cura per il particolare e, soprattutto, grazie a un’attenzione assidua per i volti e gli sguardi, con una speciale predilezione per quelli di Adèle Exarchopoulos, indagata da mille primi piani quando è sveglia e anche quando è addormentata con l’utilizzo di materiale girato fuori scena per accentuare l’autenticità. Il soggetto è tratto da un fumetto di Julie March, ma il regista e lo co-sceneggiatrice Ghalia Lacroix ne hanno eliminato qualsiasi effetto melodrammatico per raccontare una vicenda che dimostra che, se ogni amore è diverso a modo suo, tutti possono essere interessanti da raccontare (ma bisogna esserne capaci, ovviamente, come nelle delicatissime scene al parco quando il sentimento si dischiude) e non importa se il sesso dei due componenti la coppia sia uguale o diverso. Curiosamente, la questione che ha smosso la chiacchiera attorno al film viene ben presto accantonata durante la visione perché l’attenzione è attratta da aspetti più intriganti, dimostrando che spesso lo scandalo è nella mente di chi guarda: Kechiche sta dalla parte dei suoi personaggi e si limita a mostrare le reazioni delle persone attorno alle due ragazze limitandosi a indicare i due estremi del rifiuto un po’ ipocrita da parte delle compagne di scuola e della serena accettazione nella famiglia di Emma. Ne esce un film che unisce qualità narrativa e grande densità emotiva sprigionando un fascino sottile che si infila sottopelle e cresce con il passare del tempo dopo che i titoli di coda sono finiti: non è perfetto – c’è qualche lungaggine, le scene di sesso sono troppe e allentano la tensione, il rapporto di Adele con i genitori è inconsistente, il salto all’età adulta troppo brusco – ma si tratta di difetti ben lontani dall’inficiare la qualità complessiva che è stata con merito premiata a Cannes. Così come è giusto che sia stata riconosciuta la bravura delle due attrici che sono sempre al centro della scena – il resto del cast fa tappezzeria – protagoniste di un impegnativo tour de force da cui escono come meglio non si potrebbe disegnando due figure molto concrete, magari non particolarmente simpatiche ma estremamente reali (‘niente trucco sul set!’ pare abbia ordinato il burbero regista e la povera Léa Seydoux è stata costretta a studiare Brando e Dean per tirar fuori la propria parte maschile).
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