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Il taglio ironico e ridanciano che contribuirà a dilatare nel tempo le fortune del western all’italiana non funziona con il genere storico mitologico. Proprio Gianfranco Parolini, il futuro creatore di personaggi come Santana, Camposanto e Spirito Santo, si cimenta in un’impresa impossibile e molto più apprezzata oggi di quanto non lo fosse all’epoca dell’uscita di questo film. Il centro della narrazione è tutto nella sfida mortale tra Ursus, il gigante buono, e un falso Ursus cattivissimo e usurpatore del regno di Atra. Sulla struttura tipica di queste storia Parolini innesta un paio di compagni d’avventura dell’eroe, Manina e Capriolo, caratterizzandoli come divertenti lestofanti sempre in cerca di guai. Sono loro l’elemento comico inserito nella narrazione avventurosa complice anche una lunga sequela di paradossi tipici della commedia. La mescola, che farà le fortune del western all’italiana nell’ultimo periodo, qui non funziona perché il pubblico non la premia. Qualche anno dopo Parolini recupererà, con maggior successo, la formula nel fortunato e fumettistico I fantastici tre Supermen. Il vero Ursus ha il corpaccione di Alan Steel, al secolo Sergio Ciani, che già ne aveva vestito (si fa per dire) i panni in "Ursus il gladiatore ribelle", mentre il suo doppio è interpretato dal possente Mimmo Palmara, specialista nei ruoli del muscoloso e brutale cattivo di turno.
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