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Il taglio narrativo, la scelta e l'indole complessiva sono quelli del western all'italiana anche se l'ambientazione, l'epoca e la storia stessa non c'entrano nulla con il genere visto che lo scenario è quello del Cangaço, in Brasile, e l'anno è il 1925. Ciononostante gli appassionati e i cultori del western all'italiana tendono a considerare questo film come una delle testimonianze della creatività del genere, capace di contaminazioni stilistiche sorprendenti. Il clima è quello dei western terzomondisti con l'antieroe che combatte le ingiustizie e l'arroganza del potere. Giovanni Fago lo dirige con un occhio all'esperienza del Cinema Nôvo, e attinge più di uno spunto dal celeberrimo Antonio Das Mortes di Glauber Rocha. Spesso gli accadimenti vengono solo tratteggiati, suggeriti allo spettatore più che esibiti, come la distruzione della fortezza nella quale il protagonista è imprigionato, in altri casi le riprese diventano psichedeliche per rappresentare il delirio e la follia mistica come una sorta di "viaggio" lisergico. L'interpretazione di Tomas Milian, non doppiato, è efficace e convincente così come quella di Ugo Pagliai nei panni dell'infido doppiogiochista. Tra i molti sceneggiatori spicca la firma di Bernardino Zapponi .
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