Ferro 3 - La casa vuota |
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Un film di Kim Ki-Duk.
Con Hyun-kyoon Lee, Seung-yeon Lee, Mi-suk Lee, Ji-a Park
Titolo originale Bin-Jip 3 - Iron.
Drammatico,
durata 90 min.
- Corea del sud 2004.
uscita venerdì 3 dicembre 2004.
MYMONETRO
Ferro 3 - La casa vuota
valutazione media:
4,13
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Tae-sukdi BiDiBiFeedback: 0 |
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lunedì 6 giugno 2005 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
A mio parere, siamo di fronte a una di quelle opere in cui il protagonista, il giovane Tae-suk, è un personaggio talmente 'potente' da riuscire a imprimersi nella memoria a prescindere dal contesto in cui lo si è conosciuto - un film, in questo caso, peraltro molto bello. Un critico del Manifesto ha voluto incomprensibilmente tirare in ballo Peter Pan: mi sembra che il paragone più appropriato sia piuttosto quello col Piccolo Principe: come lui, anche Tae-suk è una persona sola, ultrasensibile, capace di provare e manifestare autentico interesse per gli altri; ma a differenza del ragazzino creato da Saint-Exupéry, il Piccolo Principe coreano (di cui non si conosce l'età, ma che apprendiamo essere laureato) non soddisfa la sua curiosità per gli uomini sommergendo il prossimo di domande… Sceglie invece (per eccessiva timidezza? Per paura dell'aggressività altrui?) di osservare i suoi simili ‘nell'assenza’: entra di nascosto nelle case di sconoscuti mentre sono via e ne vive per pochi giorni la quotidianità attraverso l'uso delle loro stanze e dei loro oggetti personali (i piatti, il letto, la doccia…Persino lo spazzolino!). Il suo sguado non è ‘scientifico’, ma autenticamente umano. Prova ne è la sua volontà di costruire un ‘rapporto’ - per quanto suoni strano usare qui questa parola - fondato sul più grande rispetto: in cambio dell'inconsapevole ospitalità degli abitanti della casa, infatti, si prende cura delle loro cose: annaffia le piante, fa il bucato, ripara gli oggetti che non funzionano; in un caso particolare, si prende anche cura dei loro cari (estinti). Solo con l'incontro di colei che sarà la sua futura amata, realizziamo che Tae-suk non parla in presenza di altri: il suo modo di comunicare consiste esclusivamente in gesti e sguardi, e in quelle affettuose attenzioni, proprie di un animo gentile, che non a caso faranno innamorare di lui una donna resa muta dalle aggressioni fisiche e verbali del marito. Un altro ‘incontro’, molto meno piacevole per il Nostro, ci svelerà (ma già lo sospettavamo) che il silenzio, nel caso del giovane, è frutto di una scelta consapevole: le parole sono ripudiate per l'uso, sbagliato, violento, volgare, che ne fanno abitualmente gli uomini. Il film ha il pregio di farci conoscere un personaggio che nessuno di noi avrebbe difficoltà a definire 'giusto', ma senza pretendere di imporcelo come modello. Lo sguardo del regista Kim Ki-Duk è complice, ma non invasivo: la regia racconta l'essenziale; non indugia, non strattona, si mantiene semplice e ‘leggera’ per tutto il film, come se assorbisse e ritrasmettesse a sua volta l'influsso del placido protagonista. Il registro narrativo si mantiene senza sforzo in perfetto equilibrio tra il drammatico, la commedia ‘seria’ e la favola moderna, passando per momenti di schietta comicità. Un piccolo film ben fatto. E una piccola storia ben raccontata.
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