davide di finizio
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martedì 29 giugno 2010
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l'unico vero django
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<<Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero>>. Con questa frase, S. Corbucci presentava un ambizioso ed allora esordiente attore, l'interprete di Django. E' la storia di un enigmatico pistolero, che appare sulla scena trascinando con sè una cassa da morto, col desiderio di vendicare la moglie assassinata dal fanatico maggiore Jackson, comandante d'una minacciosa setta di incappucciati. Ma anche un altro scopo spinge Django all'azione: impossessarsi dell'oro del maggiore. E' con l'intento di impadronirsene che sceglie l'alleanza con Hugo Rodriguez, ambiguo generale messicano cui aveva salvato la vita.
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<<Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero>>. Con questa frase, S. Corbucci presentava un ambizioso ed allora esordiente attore, l'interprete di Django. E' la storia di un enigmatico pistolero, che appare sulla scena trascinando con sè una cassa da morto, col desiderio di vendicare la moglie assassinata dal fanatico maggiore Jackson, comandante d'una minacciosa setta di incappucciati. Ma anche un altro scopo spinge Django all'azione: impossessarsi dell'oro del maggiore. E' con l'intento di impadronirsene che sceglie l'alleanza con Hugo Rodriguez, ambiguo generale messicano cui aveva salvato la vita. Ma non tutto andrà secondo i suoi piani e pagherà un conto salato prima di ottenere la sua vendetta. Western insolito, Django racconta una storia apparentemente di genere, ma caratterizzata dalla presenza di personaggi umani e non stereotipati: un protagonista violento vendicatore e animato dalla cupidigia; un cattivo vigliacco ed esaltato; un rivoluzionario truce e avido, ma con slanci che rasentano la generosità; una prostituta riconoscente e sensibile. Bene l'inizio, un po' sottotono la parte centrale, decisamente più convenzionale. Almeno un paio di trovate brillanti, come la comparsa del fucile mitragliatore e la mutilazione del protagonista. Da antologia la scena conclusiva, imparreggiabile esempio di suspense. Il colpo di scena finale, al di là dell'inverosimiglianza diegetica, si carica di una patina quasi mistica, che trova il suo culmine nell'inquadratura finale, in cui la pistola di Django, "ritoccata" dal protagonista per il duello finale, resta agganciata alla croce sanguinante della moglie defunta.
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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il regista che rovescia gli stereotipi
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La caratteristica principale di Sergio Corbucci, considerato con i suoi amici Sergio Leone e Duccio Tessari uno dei migliori esponenti del western all’italiana, è quella di non farsi ingabbiare dai codici del genere. Nei suoi lavori gioca a rovesciare gli stereotipi fissando nuove regole destinate a essere superate dalla pellicola successiva. Se in Django la scelta è quella di portare all’estremo la concezione dell’antieroe, in Johnny Oro del 1966 porta nella storia un branco di cattivissimi apaches rompendo la convenzione tacita dei western all’italiana che esclude di ricalcare la contrapposizione tutta statunitense tra “indiani e cow boy”.
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La caratteristica principale di Sergio Corbucci, considerato con i suoi amici Sergio Leone e Duccio Tessari uno dei migliori esponenti del western all’italiana, è quella di non farsi ingabbiare dai codici del genere. Nei suoi lavori gioca a rovesciare gli stereotipi fissando nuove regole destinate a essere superate dalla pellicola successiva. Se in Django la scelta è quella di portare all’estremo la concezione dell’antieroe, in Johnny Oro del 1966 porta nella storia un branco di cattivissimi apaches rompendo la convenzione tacita dei western all’italiana che esclude di ricalcare la contrapposizione tutta statunitense tra “indiani e cow boy”. L’anno dopo si ripete con Navajo Joe un film che ha per protagonista un indiano interpretato dal quasi debuttante Burt Reynolds. Il gusto per l’azzardo narrativo lo porta a far vincere il cattivo e morire il buono ne Il grande silenzio del 1969 mentre le scommesse sui personaggi lo spingono a far debuttare la rockstar francese Johnny Halliday nel ruolo da protagonista ne Gli specialisti, sempre del 1969.
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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l’antieroe è senza cavallo e trascina una bara
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Django è un western crudele, violento e sanguinario che porta all’estremo il personaggio dell’antieroe tipico dell’interpretazione italiana della storie di frontiera. Fin dalle prime scene si capisce che l’intenzione di Sergio Corbucci, uno dei padri del western all’italiana, è quella di portare all’estremo i codici dell’antieroe. Se Sergio Leone in Per un pugno di dollari fa arrivare Clint Eastwood nel villaggio a cavallo di un mulo, il suo amico Corbucci toglie addirittura di mezzo la cavalcatura segnando una cesura ancora più netta con il modello statunitense. Prima ancora che scorrano i titoli di testa Django sta già camminando nel fango con la bara al traino e sulle spalle la sella di un cavallo inesistente che gli appesantisce il passo.
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Django è un western crudele, violento e sanguinario che porta all’estremo il personaggio dell’antieroe tipico dell’interpretazione italiana della storie di frontiera. Fin dalle prime scene si capisce che l’intenzione di Sergio Corbucci, uno dei padri del western all’italiana, è quella di portare all’estremo i codici dell’antieroe. Se Sergio Leone in Per un pugno di dollari fa arrivare Clint Eastwood nel villaggio a cavallo di un mulo, il suo amico Corbucci toglie addirittura di mezzo la cavalcatura segnando una cesura ancora più netta con il modello statunitense. Prima ancora che scorrano i titoli di testa Django sta già camminando nel fango con la bara al traino e sulle spalle la sella di un cavallo inesistente che gli appesantisce il passo. La definizione del protagonista attinge a piene mani dalla tragedia greca. L’eroe o, meglio l’antieroe, non è soltanto solo di fronte al destino ma si muove circondato da un alone di tristezza che non lo abbandona mai lasciando trasparire il peso di una vita ricca di drammi personali (l’uccisione della moglie, la guerra di secessione, la diserzione, il carcere) che non possono essere riscattati neppure dalla vendetta. E quando gli chiedono che cosa ci sia nella bara lui risponde «Uno di nome Django».
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filippo catani
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mercoledì 6 febbraio 2013
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un buon spaghetti western
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Messico del XIX secolo. Un uomo solitario viaggia con al seguito una misteriosa bara. L'uomo è in cerca di vendetta per l'uccisione della amata moglie. Per attuare il suo progetto non esita a inimicarsi il comandante americano e a cercare aiuto dai rivoluzionari messicani.
Un film dalla durata decisamente esigua e che gioca molto sui silenzi e sulle innumerevoli sparatorie ma che è avvincente e lascia soddisfatto lo spettatore. Merito di una buona trama, una discreta colonna sonora e un ottimo Franco Nero. Certo non si può pretendere l'accuratezza di Leone o lo sguardo magnetico di Eastwood ma il film scivola via facilmente fra l'altro con alcune riflessioni non da poco sul razzismo e sul primitivo inizio di quello che sarebbe stato il KKK.
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Messico del XIX secolo. Un uomo solitario viaggia con al seguito una misteriosa bara. L'uomo è in cerca di vendetta per l'uccisione della amata moglie. Per attuare il suo progetto non esita a inimicarsi il comandante americano e a cercare aiuto dai rivoluzionari messicani.
Un film dalla durata decisamente esigua e che gioca molto sui silenzi e sulle innumerevoli sparatorie ma che è avvincente e lascia soddisfatto lo spettatore. Merito di una buona trama, una discreta colonna sonora e un ottimo Franco Nero. Certo non si può pretendere l'accuratezza di Leone o lo sguardo magnetico di Eastwood ma il film scivola via facilmente fra l'altro con alcune riflessioni non da poco sul razzismo e sul primitivo inizio di quello che sarebbe stato il KKK. Dopo aver visto anche l'opera di Tarantino non ci si meraviglia che il regista abbia scelto un film con un numero incredibile di morti e sparatorie e si apprezza ancora di più la presa in giro fatta dal regista americano dei membri del KKK alle prese con i loro ingombranti cappucci. Dopo questo film seguirono poi una serie notevole di altri episodi. Giustamente considerato tra i manifesti dello "spaghetti western".
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ultimoboyscout
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venerdì 3 agosto 2012
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bara...a sorpresa!
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Un successo clamoroso questo di Segio Corbucci! Per l'occasione il regista, co-sceneggiatore assieme al fratello Bruno, si inventa una terra al confine tra Messico e Stati Uniti fangosa e meno desertica di quanto ci si possa aspettare, piazzandoci un protagonista atipico inventato ad hoc per l'occasione. Django, interpretato da un fantastico Franco Nero, è un personaggio cult, che sotto il cappello nasconde occhi blu e trascina una bara nella quale nasconde una mitragliatrice. Il tasso di violenza rasenta la follia e il rapporto morti ammazzati-minuti di durata del film è più o meno di 1:1, il sadismo è imperante e culmina nella scena dell'orecchio mozzato, ripresa più volte al cinema, anche da Tarantino.
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Un successo clamoroso questo di Segio Corbucci! Per l'occasione il regista, co-sceneggiatore assieme al fratello Bruno, si inventa una terra al confine tra Messico e Stati Uniti fangosa e meno desertica di quanto ci si possa aspettare, piazzandoci un protagonista atipico inventato ad hoc per l'occasione. Django, interpretato da un fantastico Franco Nero, è un personaggio cult, che sotto il cappello nasconde occhi blu e trascina una bara nella quale nasconde una mitragliatrice. Il tasso di violenza rasenta la follia e il rapporto morti ammazzati-minuti di durata del film è più o meno di 1:1, il sadismo è imperante e culmina nella scena dell'orecchio mozzato, ripresa più volte al cinema, anche da Tarantino. La regia cerca la praticità e non la finezza nonostante si avvalga di collaboratori di primissimo livello, Corbucci confeziona questo western atipico che ha avuto un seguito ufficiale molti anni dopo la sua uscita ma conta oltre venti apocrifi e una specie di prequel giapponese girato nel 2007 da Takashi Miike a sottolinearne il successo planetario. Atipico perchè ha atmosfere funeree al limite dell'horror e uno stile gotico che si può gustare per l'intera durata della pellicola. Corbucci si dimostra artigiano di primissimo livello tanto da aver stuzzicato e ispirato un mostro sacro dei nostri tempi come Quentin Tarantino e in attesa dello scatenato Django del regista newyorkese è d'obbligo uno sguardo a questo film, davvero un gustosissimo e appetitosissimo antipasto!
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alessandro rega
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sabato 7 settembre 2013
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un nome ed un film che non dimenticherete più.
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É questo il vero capolavoro di Corbucci !
Nel 1966 Sergio Corbucci firma uno dei suoi film più riusciti ed uno dei migliori western mai realizzati.
Interpretato da quella che (secondo il trailer italiano originale) era una nuova leva del cinema italiano: Franco Nero.
Nel copione originale (oppure nell’idea primitiva di Sergio Corbucci, non saprei con assoluta certezza, quindi non aldilà di ogni ragionevole dubbio), doveva esserci un paesaggio innevato per tutto il film e, per la prima volta (anzi no…o meglio, non ne sono certo del tutto) in un film western non avremmo trovato il clima arido, afoso e quasi desertico.
Però, decisero di ambientarlo nel fango In questo film, troviamo un sacco di maiali, fra cui, il crudele razzista…quel sadico bastardo del maggiore Jackson che semina terrore…è un nordista reduce dalla guerra di secessione, interpretato da Eduardo Fajardo (che non ha una pagina di wikipedia ma io ricordo con precisione che apparve anche nel film “il mercenario” sempre di corbucci…è sicuramente lui…).
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É questo il vero capolavoro di Corbucci !
Nel 1966 Sergio Corbucci firma uno dei suoi film più riusciti ed uno dei migliori western mai realizzati.
Interpretato da quella che (secondo il trailer italiano originale) era una nuova leva del cinema italiano: Franco Nero.
Nel copione originale (oppure nell’idea primitiva di Sergio Corbucci, non saprei con assoluta certezza, quindi non aldilà di ogni ragionevole dubbio), doveva esserci un paesaggio innevato per tutto il film e, per la prima volta (anzi no…o meglio, non ne sono certo del tutto) in un film western non avremmo trovato il clima arido, afoso e quasi desertico.
Però, decisero di ambientarlo nel fango In questo film, troviamo un sacco di maiali, fra cui, il crudele razzista…quel sadico bastardo del maggiore Jackson che semina terrore…è un nordista reduce dalla guerra di secessione, interpretato da Eduardo Fajardo (che non ha una pagina di wikipedia ma io ricordo con precisione che apparve anche nel film “il mercenario” sempre di corbucci…è sicuramente lui…).
Il grande Silenzio è considerato il capolavoro di Corbucci ma, per quanto mi riguarda, non mi ha mai entusiasmato più di tanto.
É probabilissimo che mi aspettassi un finale diverso da quel film.
Forse, comunque, non saprei ribattervi con assoluta sincerità…comunque in quella pellicola qualcosa non mi ha aggradato (ce lo so, è colpa mia ).
Invece Django è un personaggio magnifico, un mito.
Potrebbe essere il mio personaggio western preferito…hanno fatto tanti film carini col protagonista che si chiama Django (prequel…falsi prequel…sequel…omaggi e chi più ne ha più ne metta !) ma, questo di Corbucci, per me, non è superato da niente cioè, è il migliore.
Django è un uomo misterioso, con un passato infelice e parecchio turbolento…è uno che ha fatto la guerra…è uno a cui hanno ucciso la moglie (ma non si chiama Massimo Decimo Meridio).
Poi c’è questa Maria che si è invaghita di lui…ma…ma questa è un’altra storia.
Django lo capisce troppo tardi, dopo che Maria gli afferra la mano mentre sta affogando nelle sabbie mobili e poi…vabbè non do spoiler.
Io penso che Django sia un capolavoro di un’espressività cinematografica andata perduta.
É incredibile come una pellicola non troppo di lunga durata (nel senso che il film dura solo 93 minuti…e sono piuttosto pochi) sia divenuta icona del genere western.
All’estero poi questo film è molto più apprezzato che qui, si sa che noi popolo non sappiamo valorizzare le cose belle che abbiamo…comunque.
Moltissime scene e parti di quest’opera, sanno di epicità e questo è merito di Corbucci che ha realizzato uno spaghetti-western semplice ma, allo stesso tempo, grandioso he, appunto, è divenuto celebre in tutto il mondo. É un Cult.
Sergio Corbucci ha saputo unire una trama epica puntando molto sulla violenza ma anche sull’amore (che poi sono elementi incredibilmente vicini tra loro) ma l’ha saputo fare saggiamente e, in giusta misura.
Django è una di quelle opere che tendo a non recensire di norma e l’ho fatto solo perché è stata una richiesta.
è vero che è un’opera abbastanza semplice ma comunque è molto diversa da tante altre…
insomma, basti considerare che all’epoca era considerato il film più violento mai fatto…
ci sono scene come quelle del taglio dell’…dell’…vabbè…basta così !
É un film che di certo vi impressionerà
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mikymiky69
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lunedì 11 febbraio 2013
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a metà strada tra rambo e lo chiamavano trinità
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Se non fosse che il regista è Tarantino probabilmente questo film sarebbe passato inosservato.
Fim che mischia violenza a situazioni tragicomiche (la scena dei cappucci è esilerante) con un finale degno del miglior Rambo con uscita finale del protagonista tra il fumo prodotto dall'esplosione ovviamente più che prevedibile.
Da salvare ad ogni modo l'interpretazione dei personaggi e gli effetti speciali che rendono verosimili alcune scene, per il resto a mio avviso regia molto mediocre.
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(di opidum)
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anto94
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mercoledì 12 febbraio 2014
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django il becchino
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Spaghetti-western di alta fattura, Django è un film cinico,violento,spietato,vera e propria pietra miliare del genere.Corbucci confeziona un film dal ritmo serrato che incolla lo spettatore allo schermo,grazie anche all'ottima prova di Franco Nero,indimenticabile nella celebre scena che apre il film mentre cammina nel deserto rovente trascinando la bara,un antieroe freddo e calcolatore,che solo verso la fine del film mostra un inaspettato lato romantico.Django regala al cinema scene ed episodi destinati a far scuola,momenti incredibili(come non menzionare la fantastica scazzottata tra Django e il guerrigliero messicano girata in modo magistrale e originale da Corbucci) di alta tensione e immagini memorabili,una su tutte Django che,alla fine del film,se ne va abbandonando il revolver insanguinato sulla croce.
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Spaghetti-western di alta fattura, Django è un film cinico,violento,spietato,vera e propria pietra miliare del genere.Corbucci confeziona un film dal ritmo serrato che incolla lo spettatore allo schermo,grazie anche all'ottima prova di Franco Nero,indimenticabile nella celebre scena che apre il film mentre cammina nel deserto rovente trascinando la bara,un antieroe freddo e calcolatore,che solo verso la fine del film mostra un inaspettato lato romantico.Django regala al cinema scene ed episodi destinati a far scuola,momenti incredibili(come non menzionare la fantastica scazzottata tra Django e il guerrigliero messicano girata in modo magistrale e originale da Corbucci) di alta tensione e immagini memorabili,una su tutte Django che,alla fine del film,se ne va abbandonando il revolver insanguinato sulla croce.Un film del genere si distingue,nella bolgia di spaghetti-western sfornati in quegli anni,a volte con risultati decisamente deludenti,come uno dei migliori,un film che ti resta dentro e non dimentichi facilmente, è un film imperdibile per gli appassionati del genere e imprescindibile per chi,da profano,volesse conoscerlo.Capolavoro,da non perdere!!
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brando fioravanti
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mercoledì 23 maggio 2012
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django
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Sulla scia del grande successo di Leone ecco un western inverosimile e super violento. Lo stile è palesamente più basso e Nero non è Eastwood, ma nella trama ci sono anche buoni sentimenti e ideali cosa che manca decisamente in questo genere stile italiano. Cè una certa grinta nelle scene d'azione seppure vanno oltre il possibile. La violenza trova più giustificazione che nei massacri di Sergio. Non un grande film, ma è comprensibile il successo di pubblico.
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renato c.
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domenica 10 aprile 2016
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discreto western spaghetti
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Primo "western spaghetti" di Franco Nero che poi diventera un attore ben apprezzato anche a livello internazionale! C'è comunque da dire che, almeno nella prima parte, ricorda molto il Clint Eastwood di "Per un pugno di dollari": poncho ed un doppiaggio di Nando Gazzolo ispirato a quello di Enrico Maria Salerno, doppiatore di Eastwood nei films di Sergio Leone! Poi la mitragliatrice, ricordava molto la scena, sempre di "Per un pugni di dollari", in cui Gian Maria Volontè fa fuori un eserecito!
Per il resto il film tiene bene! Vendette, carneficine, donne e violenza sadica, e chi più ne ha più ne metta! Insolito il fatto che anche gli amici messicani di Django vengano tutti uccisi, forse perchè lo avevano mezzo mass
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Primo "western spaghetti" di Franco Nero che poi diventera un attore ben apprezzato anche a livello internazionale! C'è comunque da dire che, almeno nella prima parte, ricorda molto il Clint Eastwood di "Per un pugno di dollari": poncho ed un doppiaggio di Nando Gazzolo ispirato a quello di Enrico Maria Salerno, doppiatore di Eastwood nei films di Sergio Leone! Poi la mitragliatrice, ricordava molto la scena, sempre di "Per un pugni di dollari", in cui Gian Maria Volontè fa fuori un eserecito!
Per il resto il film tiene bene! Vendette, carneficine, donne e violenza sadica, e chi più ne ha più ne metta! Insolito il fatto che anche gli amici messicani di Django vengano tutti uccisi, forse perchè lo avevano mezzo massacrato quando ha tentato di fuggire con l'oro! Comunquè c'è anche l'happ-end: il "cattivo principale" fatto fuori e la donna che sembrava morta, che invece è viva e nessuno lo sa! Moglie vendicata, e nuovo amore trovato!
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