parsifal
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venerdì 30 novembre 2018
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de profundis e dintorni
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R.Everett, autore, attore e regista di questo piccolo ed inestrimabile gioiello dedicato ad uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, l'Esteta per eccellenza, il viveur ad ogni costo, dagli abiti eleganti e l'eloquio forbito ossia Mr.Oscar Wilde, da il meglio di sè descrivendo minuziosamente e senza filtri di sorta , gli ultimi giorni di un Poeta ,assai provato nello Spirito e nel Corpo. Scontati i due anni di detenzione nel carcere di Reading, condanna avuta a causa della sua omosessualità ed in particolar modo per la relazione che ebbe con Lord Alfred Douglas detto Bosie, suo favorito dal viso angelico e dall'animo perfido , il Poeta trova riparo a Dieppe, in compagnia di due amici fedeli ed affezionati, Reggie e Robert.
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R.Everett, autore, attore e regista di questo piccolo ed inestrimabile gioiello dedicato ad uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, l'Esteta per eccellenza, il viveur ad ogni costo, dagli abiti eleganti e l'eloquio forbito ossia Mr.Oscar Wilde, da il meglio di sè descrivendo minuziosamente e senza filtri di sorta , gli ultimi giorni di un Poeta ,assai provato nello Spirito e nel Corpo. Scontati i due anni di detenzione nel carcere di Reading, condanna avuta a causa della sua omosessualità ed in particolar modo per la relazione che ebbe con Lord Alfred Douglas detto Bosie, suo favorito dal viso angelico e dall'animo perfido , il Poeta trova riparo a Dieppe, in compagnia di due amici fedeli ed affezionati, Reggie e Robert. La moglie Constance gli nega l'usufrutto delle sue sostanze ed anche il conforto della presenza dei figli, considerando il suo orientamento inidoneo al ruolo di padre. Nella sua vita si riaffaccia Bosie, sfrontato ed egocentrico come sempre, attirando le ire di Robert , sinceramente innamorato di Oscar da sempre. IL Poeta, non avendo mai dimenticato la sua vecchia fiamma, fugge con Alfred alla volta di Napoli. Lì condurranno un vita all'insegna di uno sfrenato libertinaggio; in particolar modo Bosie si accompagnerà ad un certo numero di giovani autoctoni, sotto gli occhi del suo maturo amante. La madre dell'aristocratico, venuta a sapere tutto, chiude i cordoni della borsa ,mettendo i due di fronte ad un ultimatum; se smetteranno di vedersi, lei concederà un vitalizio al figlio ed un premi al suo amante. Le loro strade si dividono; Oscar si trasferisce a Parigi e qui inzia al sua discesa nell'Inferno terreno. Indigenza ,miseria fisica e morale, locali dei bassifondi e degrado saranno per lui l'amaro pane quotidiano, in compagnia dei diseredati come lui, in particolare una coppia di fratelli orfani e poveri che vivono di espedienti. Provato nell'animo e nel fisico, finirà i suoi giorni in compagnia dei pochissimi amici rimasti. Al suo funerale ci sarà uno scontro tra il perfido Duca ed il sincero Robert. Everett , in questa sua ultima prova , dà il meglio si sè, mettendo ogni sua energia nella narrazione, dolorosa e costellata di sogni degli ultimi giorni di uno dei Padri della letteratura inglese moderna. Un attento e meticoloso lavoro sulle epistole intercorse tra Wilde ed i suoi referenti si unisce ad una toccante narrazione in chiave poetica, accompagnate da una ottima direzione della fotografia ed una magistrale interpretazione dello stesso Everett. Splendido e Doloroso, come la Poesia stessa. Da non perdere.
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carloalberto
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lunedì 16 aprile 2018
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nostalgia dell'innocenza perduta
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Bellissimo film scritto diretto e interpretato da Rupert Everett, narra degli ultimi anni di Oscar Wilde, debilitato nel fisico e ridotto in povertà dopo due anni di prigionia e lavori forzati scontati per aver commesso il reato di immoralità nella Londra vittoriana e bacchettona di fine ottocento. Veristico nel rappresentare ambienti ed atmosfere di sordide taverne inglesi e osceni incontri di sesso con giovani prostituti, poetico e crudo insieme nella visione di una Napoli dai paesaggi incantati, dipinta con i colori della scuola di Posillipo, con la plebe immortale ed immorale, uscita da un racconto della Serao, che fa da contrappunto alla puritana e bigotta borghesia anglosassone.
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Bellissimo film scritto diretto e interpretato da Rupert Everett, narra degli ultimi anni di Oscar Wilde, debilitato nel fisico e ridotto in povertà dopo due anni di prigionia e lavori forzati scontati per aver commesso il reato di immoralità nella Londra vittoriana e bacchettona di fine ottocento. Veristico nel rappresentare ambienti ed atmosfere di sordide taverne inglesi e osceni incontri di sesso con giovani prostituti, poetico e crudo insieme nella visione di una Napoli dai paesaggi incantati, dipinta con i colori della scuola di Posillipo, con la plebe immortale ed immorale, uscita da un racconto della Serao, che fa da contrappunto alla puritana e bigotta borghesia anglosassone. Il film è percorso dalla voce dell’artista che racconta la favola del Principe felice, metafora dell’innocenza perduta e nostalgica evocazione dell’infanzia, accompagnata dalle note della patetica di Ciajkovskij che rendono bene l’animo dolente dell’artista. Comprimari all’altezza del protagonista, Colin Firth, nel ruolo dell’amico fedele, Emily Watson, che interpreta la moglie abbandonata.
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enzo70
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sabato 14 aprile 2018
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l'intenso dolore di un grande artista
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Gli ultimi anni di Oscar Wilde sono caratterizzati dal dramma della condonna per omosessualità che lo portò in prigione per due anni. L’uomo che torna libero è distrutto più che dall’esperienza carceraria, ma dal ricordo di una folla che lo derise durante un trasferimento da una prigione ad un’altra. L’uomo è debole, fragile, diviso tra il dolore per la perdita della moglie e l’amore per gli uomini e per gli eccessi. La sua responsabilità non fu essere omosessuale; ma avere come amante un giovane rampollo dell’aristoscrazia inglese, Lord Douglas, che torna a fargli percorrere il percorso auto distruttivo. Ma sullo sfondo Rupert Everett riesce con intelligenza ed eleganza a porre in primo piano l’arte dell’autore irlandese che trasuda nella favola della rondine che racconta a due bambini che sembrano emergere da un racconto di Dickens.
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Gli ultimi anni di Oscar Wilde sono caratterizzati dal dramma della condonna per omosessualità che lo portò in prigione per due anni. L’uomo che torna libero è distrutto più che dall’esperienza carceraria, ma dal ricordo di una folla che lo derise durante un trasferimento da una prigione ad un’altra. L’uomo è debole, fragile, diviso tra il dolore per la perdita della moglie e l’amore per gli uomini e per gli eccessi. La sua responsabilità non fu essere omosessuale; ma avere come amante un giovane rampollo dell’aristoscrazia inglese, Lord Douglas, che torna a fargli percorrere il percorso auto distruttivo. Ma sullo sfondo Rupert Everett riesce con intelligenza ed eleganza a porre in primo piano l’arte dell’autore irlandese che trasuda nella favola della rondine che racconta a due bambini che sembrano emergere da un racconto di Dickens. L’ottima interpretazione di un maestoso Colin Firth rende perfettamente il disagio di un uomo alla continua ricerca di sé stesso. Il tema dell’omosessualità viene affrontato da Everett con grande sensibilità, dando al film anche un grande valore in termini di attualità.
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casomai21
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sabato 14 aprile 2018
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incaute rivelazioni di un'umanità ferita
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Rupert Everett dirige ed impersona in maniera magistrale l'ultimo e doloroso periodo di Oscar Wilde, fino al commiato finale confortato dagli amici più stretti, ma lontano da quella Londra, che dapprima aveva osannato il suo genio e poi messo all'indice,privato degli affetti familiari e condannato a due anni di lavori forzati:In tal senso il film è alquanto spietato e raccoglie e descrive anche nei fatti tormenti e sofferenze di uno scrittore a cui non si perdonava l'omosessualità, fino a portarlo economicamente sul lastrico . Negato il contatto coi figli ancora in tenera età e la presenza ai funerali dell'amata moglie ancora disponibile ad riaccoglierlo.
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Rupert Everett dirige ed impersona in maniera magistrale l'ultimo e doloroso periodo di Oscar Wilde, fino al commiato finale confortato dagli amici più stretti, ma lontano da quella Londra, che dapprima aveva osannato il suo genio e poi messo all'indice,privato degli affetti familiari e condannato a due anni di lavori forzati:In tal senso il film è alquanto spietato e raccoglie e descrive anche nei fatti tormenti e sofferenze di uno scrittore a cui non si perdonava l'omosessualità, fino a portarlo economicamente sul lastrico . Negato il contatto coi figli ancora in tenera età e la presenza ai funerali dell'amata moglie ancora disponibile ad riaccoglierlo. Nonostante numerosi siano i momenti del film in cui la poesia sembra prevelere sul racconto, alcune scene raccapriccianti caratterizzano il racconto,il sangue, gli incontri di personaggi in un realismo spietato e descrittivo ricco di particolari significativi che preannunciano fasi successive del racconto come la visione dell'eruzione del Vesuvio quale annuncio di una natura distruttiva e purificatrice e di morte imminente. Inoltre all'eccezionale cast rappresetato da attori come Colin Firth, si affiancano presenze minori come gli anziani ministri del culto cattolico della provincia francese,descritti intorpiditi e lenti ,mistici e flemmatici dei personaggi principali.Non sembra che il soggiorno partenopeo di Oscar Wilde, in particolare a Posillipo (per i greci luogo dove dove si dimentica il dolore) sembra abbia ridotto i suoi tormenti, nella convinzione che la cattiva fama lo perseguitava ovunque trascinando con sé, anche chi lo seguiva nei suoi problemi economici .Il regista sembra cogliere nelle scene partenopee sia la natura violenta (il Vesuvio), sia i bagliori crepuscolari o del primo mattino di un re placido quando in versi descrive una barca di pescatori fermabnel golfo.Un'altra scena che sembra citare una festosa tavola imbandita su una terrazza sul golfo sotto un pergolato ed un allegro gruppo che coralmente intona una romantica canzone napoletana,scena ispirata senza dubbio alla tradizione vedutistica partenopea o della scuola di Posillipo a diretto contatto con i pittori dell'Impressionismo francese e dei Macchiaioli toscani. Altre citazioni si colgono nelle scene gitrate in spiaggia,anche se prive della drammaticità di Visconti ,che sembrano ricordare quelle girate al Lido di Venezia in "Morte a Venezia " Ma se il colera di quel film lo si percepiva già dalla lumonosità in questo film il vero morbo sembra essere quello dell'Intolleranza,che può assumere aspetti di ufficialità,se proviene da organi dello Stato, anche appoggiati dall'opinione pubblica avversa conservatrice e moralista essa si manifesta in forma di becero bullismo o di squadrismo a cui il regista sembra indicare una possibilie strada di reazione nell'esercitare il coraggio
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gabriella
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venerdì 11 maggio 2018
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oscar wilde, ultimo atto
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Ruper Everett si cimenta per la prima volta alla regia, dando vita a un personaggio a lui molto caro ,che ha affascinato e continua ad affascinare tuttora , forse il più grande scrittore dell'Inghilterra vittoriana, Mister Oscar Wilde, tralasciando però l'aspetto più conosciuto di dandy, flaneur e raccontando invece il periodo più buio e doloroso della sua vita, gli ultimi anni dopo l'uscita dal carcere dove era stato rinchiuso per omosessualità. Ritroviamo lo scrittore irlandese a Parigi, sotto falso nome , debilitato nel fisico appesantito e con i postumi di un'infezione all'orecchio mal curata, accompagnato dai suoi fidati amici, Reggie e Robert Ross, quando ormai il pubblico lo ha abbandonato, così come la moglie che gli impedisce di vedere i suoi amati figli, perchè, nonostante l'accorata lettera scritta dal carcere di Reading a lord Alfred ( Bosie), in cui prende coscienza della sua vita dissoluta e lo accusa essere artefice della sua rovina, non riesce a mantenere i suoi propositi e appena se ne presenta l'occasione, riallaccia il rapporto con il giovane .
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Ruper Everett si cimenta per la prima volta alla regia, dando vita a un personaggio a lui molto caro ,che ha affascinato e continua ad affascinare tuttora , forse il più grande scrittore dell'Inghilterra vittoriana, Mister Oscar Wilde, tralasciando però l'aspetto più conosciuto di dandy, flaneur e raccontando invece il periodo più buio e doloroso della sua vita, gli ultimi anni dopo l'uscita dal carcere dove era stato rinchiuso per omosessualità. Ritroviamo lo scrittore irlandese a Parigi, sotto falso nome , debilitato nel fisico appesantito e con i postumi di un'infezione all'orecchio mal curata, accompagnato dai suoi fidati amici, Reggie e Robert Ross, quando ormai il pubblico lo ha abbandonato, così come la moglie che gli impedisce di vedere i suoi amati figli, perchè, nonostante l'accorata lettera scritta dal carcere di Reading a lord Alfred ( Bosie), in cui prende coscienza della sua vita dissoluta e lo accusa essere artefice della sua rovina, non riesce a mantenere i suoi propositi e appena se ne presenta l'occasione, riallaccia il rapporto con il giovane .(Venisti da me per conoscere i piaceri della vita e i piaceri dell’arte. Forse io sono destinato a insegnarti una cosa assai più splendida: il significato del dolore, la sua bellezza). Bosie , che lo aveva abbandonato durante la sua detenzione, che non lo trovava più interessante quando non era su un piedistallo, esercita ancora un fascino e un'influenza distruttiva sullo scrittore e continua a trascinarlo , come ha sempre fatto, in una ragnatela ambigua di torbido interesse. Wilde, capace di sciogliersi in lacrime all'arrivo dell'amato, usa nel contempo parole dure verso Robbie, che cerca di aprirgli gli occhi, quest'ultimo, la rondine che rimane sulla spalla del principe nonostante le avversità, fedele amico che gli rimarrà accanto nel periodo più difficile e provvederà a saldarne i debiti dopo la sua morte. Everett indaga il tema del dolore e del declino dello scrittore, senza risparmiare niente della sua discesa agli inferi, cogliendone gli aspetti più sgradevoli e umilianti di un uomo che è passato dalle lodi all'accusa in poco tempo, ma che non perde , a dispetto di ciò il suo sarcasmo e la battuta tagliente. Ne esce un film crepuscolare, c'è una certa solennità e un sottile compiacimento nell'accusa verso i benpensanti e la loro ipocrisia ( Everett stesso ne sa qualcosa), con questo non vuole rendere l'uomo ciò che non è, le contraddizioni sono ben presenti, la difficoltà , la vulnerabilità, la miseria di un uomo che è stato grande e che diventa piccolo. Victor Hugo a proposito del suo Jean Valien, diceva “la liberazione, non è la libertà, esce dal carcere , ma non dalla condanna”. Questo, devo dire, è stato esposto in maniera molto significativa.
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flyanto
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martedì 17 aprile 2018
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gli ultimi tristi e decadenti anni di wilde
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L'attore Rupert Everett, con "Happy Prince", si cimenta per la prima volta alla regia portando sullo schermo gli ultimi travagliati anni della vita dello scrittore Oscar Wilde. Dall'anno della sua condanna in quanto omosessuale e dai due conseguenti anni di dura prigione, Wilde, a cui nel frattempo è stato proibito di vedere i suoi due bambini, vive in condizioni economiche parecchio disagiate con lo scarso sussidio che gli invia la moglie. Lasciata l'Inghilterra e trasferitosi a Parigi lo scrittore trascorre le sue giornate per lo più nei bistrot a bere o in fugaci incontri con giovani ragazzi a pagamento, qui viene successivamente raggiunto dal suo amante di sempre, lord Bosie Douglas, giovane, bello ma squattrinato in quanto la madre, poichè omosessuale, lo ha praticamente disconosciuto, e con lui trascorre un breve periodo a Napoli dove poi si lascia, litigando.
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L'attore Rupert Everett, con "Happy Prince", si cimenta per la prima volta alla regia portando sullo schermo gli ultimi travagliati anni della vita dello scrittore Oscar Wilde. Dall'anno della sua condanna in quanto omosessuale e dai due conseguenti anni di dura prigione, Wilde, a cui nel frattempo è stato proibito di vedere i suoi due bambini, vive in condizioni economiche parecchio disagiate con lo scarso sussidio che gli invia la moglie. Lasciata l'Inghilterra e trasferitosi a Parigi lo scrittore trascorre le sue giornate per lo più nei bistrot a bere o in fugaci incontri con giovani ragazzi a pagamento, qui viene successivamente raggiunto dal suo amante di sempre, lord Bosie Douglas, giovane, bello ma squattrinato in quanto la madre, poichè omosessuale, lo ha praticamente disconosciuto, e con lui trascorre un breve periodo a Napoli dove poi si lascia, litigando. Ritorna a Parigi dove, malato, muore.
Il ritatto che Rupert Everett fa di Wilde (che interpreta a meraviglia debitamente truccato, quasi da essere irriconoscibile) è un ritratto quanto mai veritiero ma, purtroppo, assai triste come, del resto, erano gli ultimi anni della sua vita. Pertanto il film non risulta affatto allegro, avvolto com'è in un'atmosfera melanconica, o, meglio, di decadenza e lascivia sempre più crescenti. Everett riesce perfettamente a dare l'immagine di un personaggio molto sensibile che soffre grandemente per le gravi accuse mossegli e per non poter più abbracciare i propri figli. Deriso, sbefeggiato ed allontanato dalle persone benpensanti ed ipocrite dell'epoca, Oscar Wilde non potè più assolutamente frequentare i salotti ed i circoli letterari contemporanei dove, invece, prima era tanto acclamato e ben accetto, e un profondo dolore ed una grande disperazione lo porteranno sempre di più a non curarsi di se stesso sino a lasciarsi andare del tutto sino alla fine dei suoi giorni.
Ben diretto, ben interpetato e buona la riscostruzione ambientale dell'epoca, "Happy Prince" risulta senza alcun dubbio un film interessante.
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loland10
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lunedì 23 aprile 2018
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inviso e '...al di sopra...'
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“The Happy Prince” (id., 2018) è il primo lungometraggio dell’attore-regista inglese Rupert Everett.
“Sto morendo al di sopra delle mie possibilità”.
Le parole di Oscar Wilde escono come un pugno a se stesso e al mondo suo vicino.
Siamo nel 1987 quando il ‘poeta-drammaturgo’ esce di prigione. Si ritira in un piccolo paese francese con pochi amici; non vede più la sua famiglia e passa anni di rifiuto e abbandono. Pochi anzi pochissimi si ricordano di lui fino alla sua morte (1900). Le forze minime, la mente lacerata e l’ipocrisia amicale fanno il resto come quella di essere ‘visitato’ da un prete per l’estrema unzione.
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“The Happy Prince” (id., 2018) è il primo lungometraggio dell’attore-regista inglese Rupert Everett.
“Sto morendo al di sopra delle mie possibilità”.
Le parole di Oscar Wilde escono come un pugno a se stesso e al mondo suo vicino.
Siamo nel 1987 quando il ‘poeta-drammaturgo’ esce di prigione. Si ritira in un piccolo paese francese con pochi amici; non vede più la sua famiglia e passa anni di rifiuto e abbandono. Pochi anzi pochissimi si ricordano di lui fino alla sua morte (1900). Le forze minime, la mente lacerata e l’ipocrisia amicale fanno il resto come quella di essere ‘visitato’ da un prete per l’estrema unzione.
Film di passione e di forza pregnante con immagini e ambienti mai casuali.
Colori svariati dal buio pesto, al grigio aggrumato, al bluastro, all'azzurro appassito al biancore teso e malinconico: un andirivieni di luoghi chiusi e tristi, di tavoli apparecchiati, di mangiate, di bevande e bottiglie svuotate, di panorami, di lidi e scogliere, spiagge e acque con onde arricciate.
La vita e il suo termine amaro di Oscar Wilde, il poeta che navigava tra gusti effimeri, famiglia abbandonata, una moglie che vorrebbe perdonarlo, due figlie e la sua voglia di vivere senza gusti confinanti. Omosessualità indignante, moralismo con un individuo da schifare, sputargli e vergognarsene. Una fine che solo qualche amico segue da vicino e con atteggiamenti non sempre lineari.
Oscar, mai nome più opinabile, contraddittorio e, quasi, contrastato: un signore arrugginito, ingrassato, viziato, penosamente instabile con poche cose da fare e molte ne vorrebbe dire. Un'ultima opera, ancora da cominciare, forse mai da scrivere, già venduta a tre editori con nessuna riga da declamare, come un puledro senza un prato da brucare. Una riga vuota, un quaderno bianco e un titolo da annullare.
Un film che imprime coraggio vivo e forza devastante per chi vuole n trarre in un mondo artefatto, scorbutico, alcolico, pestato e privo di pudore leggero. Oscar si dà alla bella vita tra Londra, Genova, Napoli e i ragazzi che conosce sporadicamente.
Nudi di occasione, denaro senza bugie, debiti e sesso da guardare. Mangiare e bere, morte e vita che litigano continuamente in una pellicola piena di passione recitativa, cattiva nel suo excursus, barocca e libera, dove ogni volto è ben delineato facilmente si ricorda e rimane impresso. Un linguaggio non privo di eccessi inutili, di escandescenze ma nello stesso tempo un parlare 'sacrale', 'variopinto' e, soprattutto, ' leziosamente poetico'. Ecco un film che ha immagini appesantite dove ogni inquadratura è pregnante di tante vite attorno e di una moritura di stagioni. Che belle queste didascalie asciutte e ferme di gioia compressa con un pietà che guarda sciogliersi il suo corpo nella gioia di altri. Storie depresse e vite ammalianti.
Alcune sequenze sono da menzionare, ma quasi tutte fanno gioco a se:la spiaggia, bassa marea, un manipolo di ragazzi che gioca, tutti ben vestiti, una sabbia imbevuta, un cappello riposante e una sedia da dove Oscar ammira i corpi veloci di giovani virgulti . Tutto inquadrato con particolarismo minimo e povero. Spolverare una mazza per una pallina (croquet). James Ivory applaudirebbe convinto: ‘another country’ (ricordando il film dell’attore del 1984 di Marek Kanievska).
Napoli su una terrazza. Lui e il suo ‘amico’ Bosie. Si mangia con un tavolo imbandito a meraviglia, un vestiario sobrio di super-accessoriato, si canta e si conosce il viso di chi serve, un ragazzo, uno sguardo, una vita, un paesaggio di bellezza viva e archeologica, il Vesuvio che si scalda e una lava che s'abbatte sulle vite molteplici di una poesia che solo qualcuno vuole ascoltare.
Rupert Everettdopo tanto gira il film che voleva da molto, forse da sempre.
Sua opera prima ma ci mette tutto se stesso per ricordarselo. Certamente una considerazione maggiore di quello che è assente. La vera leggerezza è da altre parti. L'attore inglese inquadra il personaggio Oscar Wilde con foga e partecipazione: tiene per se l'istinto di una prova convincente e pastosa per non diventare nessuno degli altri. Il cast è ben diretto e di ognuno rimane il gioco ad un set pieno di giudizi e vezzi goliardicamente mortuari. Un film non privo di pecche di 'saturazione' da schermo ma accarezza con triste avidità una storia non facile e lascia il segno negli ambienti, nelle sfumature e in una ricostruzione che appare longeva e accattivante.
Rupert Everett(Oscar Wilde) ha il grande merito di ritagliare il cast con maestria e con senso di partecipazione corale evitando sovrapposizioni e oltre più cadaveri in stato di (dis)grazia. Colin Firh (Reggie), Colin Morgan (Bosie), Emily Watson (Constance), Edwin Thomas (Robbie) e tutti d’altronde acclamano il set con giusta maestria. I titoli di coda e le sovrascritte ricordano le morti di Bosie e Robbie la riabilitazione del poeta nel 2017. Oltre un secolo dopo la sua morte.
Fotografia di livello eccelso e di grande efficacia, vale il biglietto. Come vale la postura degli ambienti altamente pensati per cercare di non sbagliare.
Regia avvolgente e minima nei particolari. Anche la pioggia fa da sentinella alla cinepresa. Un attore che ha imparato (da molti altri) a dirigere bene (anche di più).
Voto: 8-/10 (***½).
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angeloumana
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domenica 22 luglio 2018
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“A me mi piace vivere alla grande ma, girare tra le favole in mutande ma...”: questa parte di una canzone del semi sconosciuto Franco Fanigliulo del 1979 si potrebbe accostare al film The Happy Prince, sull'ultimo anno di vita di Oscar Wilde. Visse dal 1854 al 1900, una vita breve e bruciata come egli stesso in fondo la volle. Il genio distribuito ai contemporanei e ai posteri e disseminato in diverse opere di poesia e prosa, ma concentrato in quei 46 anni di vita vissuti “pericolosamente” o fors'anche intensamente. E' un film elegiaco, celebrativo del genio maledetto, che visse al di sopra dei propri mezzi ma sfruttando qualche amicizia, anche quella di ragazzi che si prestarono a fare sesso con lui, in cambio di qualche soldo che occasionalmente il genio si trovava in tasca o dei suoi racconti: per questo fu condannato a due anni di prigione (lavori forzati? O riflessioni sul vissuto?) dopo i quali fuggì dall'Inghilterra alla Francia.
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“A me mi piace vivere alla grande ma, girare tra le favole in mutande ma...”: questa parte di una canzone del semi sconosciuto Franco Fanigliulo del 1979 si potrebbe accostare al film The Happy Prince, sull'ultimo anno di vita di Oscar Wilde. Visse dal 1854 al 1900, una vita breve e bruciata come egli stesso in fondo la volle. Il genio distribuito ai contemporanei e ai posteri e disseminato in diverse opere di poesia e prosa, ma concentrato in quei 46 anni di vita vissuti “pericolosamente” o fors'anche intensamente. E' un film elegiaco, celebrativo del genio maledetto, che visse al di sopra dei propri mezzi ma sfruttando qualche amicizia, anche quella di ragazzi che si prestarono a fare sesso con lui, in cambio di qualche soldo che occasionalmente il genio si trovava in tasca o dei suoi racconti: per questo fu condannato a due anni di prigione (lavori forzati? O riflessioni sul vissuto?) dopo i quali fuggì dall'Inghilterra alla Francia.
L'elegìa e la celebrazione rendono il film lontano da quello spettatore che non si bea delle passioni di Wilde e che può rimanere col sapore del “nulla” dopo la visione. Il nulla, l'annullamento di sé sembrò perseguire lo scrittore, lo si coglie dalle frasi dotte del protagonista che il film riporta: Momenti purpurei insozzati dai biglietti verdi … Perché la rovina affascina tanto un uomo? (forse non tutti, ndr) ... Vissuto nel vizio e nel piacere … Giglio malridotto e calpestato … Ha ucciso sé stesso il mio Giuda e chiunque attorno a sé … Un uomo uccide le cose che ama (?) … Maschilismo di un insaziabile snob … . Che riposi in pace e a noi il piacere di riflettere sulle sue opere!
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