Il film e’ il girovagare ludico e quasi-anarchico (ma privo del tutto di
un esito distruttivo o iconoclasta) di una Pippicalzelunghe ormai
cresciutella che, insieme ad un obeso mammone e ad una contadina
androgina, percorre un mondo simil-onirico per mettere in atto una rivolta
fatta di colori eccessivi, da giardino d’infanzia, dietro le paterne
indicazioni di una scatola magica contenente un bulbo oculare parlante.
Un film dada, se il dadaismo esistesse ancora, o una videoinstallazione da
Biennale d’arte che non sa se essere gia’ film o ancora videoinstallazione
d’arte contemporanea.
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Il film e’ il girovagare ludico e quasi-anarchico (ma privo del tutto di
un esito distruttivo o iconoclasta) di una Pippicalzelunghe ormai
cresciutella che, insieme ad un obeso mammone e ad una contadina
androgina, percorre un mondo simil-onirico per mettere in atto una rivolta
fatta di colori eccessivi, da giardino d’infanzia, dietro le paterne
indicazioni di una scatola magica contenente un bulbo oculare parlante.
Un film dada, se il dadaismo esistesse ancora, o una videoinstallazione da
Biennale d’arte che non sa se essere gia’ film o ancora videoinstallazione
d’arte contemporanea.
Da evitare, se non siete talmente depressi, da aver bisogno di una
scemenza autocompiaciuta, visionaria e coloratissima rigorosamente priva
di qualsiasi senso (non cercate il significato o il 'messaggio' di questo pazzo girotondo di celluloide). In tal caso, dissetatevi con la musicale insensatezza
di questo film-caramella come ad una fonte dell’eterna demenza (o
dell’eterna giovinezza, se preferite).
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