reiver
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domenica 10 giugno 2007
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king of cool
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E' il "must" per tutti i fans di McQueen, uno dei suoi più grandi successi di pubblico,il film forse più citato per esemplificarne il mito.Perchè?Uno dei motivi è sicuramente la stupenda sequenza d'inseguimento in auto,dove l'attore diventa un tutt'uno con la macchina (per gli interessati,è la Ford Mustang del '68),ma la pellicola ha ulteriori e non meno significativi meriti.
Insieme a "Squadra omicidi sparate a vista!",uscito nello stesso periodo,"Bullitt" cambia le regole del poliziesco,preparando la strada ai vari "Callaghan" e portando per la prima volta sullo schermo la figura di in poliziotto atipico, duro e taciturno, dai modi spicci e diretti,che però suscita un'istintiva simpatia tra gli spettatori per la latente ironia e per l'anticonformismo dei suoi atteggiamenti.
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E' il "must" per tutti i fans di McQueen, uno dei suoi più grandi successi di pubblico,il film forse più citato per esemplificarne il mito.Perchè?Uno dei motivi è sicuramente la stupenda sequenza d'inseguimento in auto,dove l'attore diventa un tutt'uno con la macchina (per gli interessati,è la Ford Mustang del '68),ma la pellicola ha ulteriori e non meno significativi meriti.
Insieme a "Squadra omicidi sparate a vista!",uscito nello stesso periodo,"Bullitt" cambia le regole del poliziesco,preparando la strada ai vari "Callaghan" e portando per la prima volta sullo schermo la figura di in poliziotto atipico, duro e taciturno, dai modi spicci e diretti,che però suscita un'istintiva simpatia tra gli spettatori per la latente ironia e per l'anticonformismo dei suoi atteggiamenti.
McQueen parla pochissimo -sul set,in presenza di dialoghi troppo lunghi,diceva al regista:"questa falla dire a Don (Gordon)"-ma incide sul film come non mai;in particolare,mi piace ricordare la sequenza finale,nella quale il protagonista scruta la pistola che ha dovuto tragicamente usare poco prima e poi si guarda allo specchio:l'ultima immagine vale più di mille parole.
Il film è teso e avvincente fino alla fine,quando si dipana una matassa forse un pò ingarbugliata,per niente datato,e si avvale di notevoli caratteristi come Robert Vaughn e Don Gordon (fedele spalla di McQueen) oltre che di un Robert Duvall agli esordi.
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lunedì 27 aprile 2009
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un uomo solo a san francisco...
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Bullitt (Steve McQueen) è un tenente di polizia molto risoluto. Parla poco, pensa molto e si fida di poche persone. Un personaggio "nuovo" per un poliziesco atipico, fuori dai consueti schemi in voga negli anni '60. La storia si svolge a San Francisco, dove a Bullitt viene affidato l'incarico di proteggere un testimone importante in attesa del processo. Dietro a tutto c'è un noto politico (Robert Vaughn), non proprio simpatico. Qualcosa va storto e il testimone viene ucciso, ma Bullitt sente puzza di bruciato e continua le indagini per scoprire assassini e relativo complotto. Si ritrova quasi solo, aiutato dal suo capo che ripone assoluta fiducia in lui e dalla sua splendida e comprensiva fidanzata (Jacqueline Bisset), che gli presterà anche la sua Porsche quando la vettura di servizio non sarà più.
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Bullitt (Steve McQueen) è un tenente di polizia molto risoluto. Parla poco, pensa molto e si fida di poche persone. Un personaggio "nuovo" per un poliziesco atipico, fuori dai consueti schemi in voga negli anni '60. La storia si svolge a San Francisco, dove a Bullitt viene affidato l'incarico di proteggere un testimone importante in attesa del processo. Dietro a tutto c'è un noto politico (Robert Vaughn), non proprio simpatico. Qualcosa va storto e il testimone viene ucciso, ma Bullitt sente puzza di bruciato e continua le indagini per scoprire assassini e relativo complotto. Si ritrova quasi solo, aiutato dal suo capo che ripone assoluta fiducia in lui e dalla sua splendida e comprensiva fidanzata (Jacqueline Bisset), che gli presterà anche la sua Porsche quando la vettura di servizio non sarà più... disponibile. Può inoltre contare sempre su Delgado, il suo fidato "secondo". I dialoghi sono ridotti all'osso, le scene ben calibrate e non c'è alcuna caduta di tensione per tutto il film. La sequenza più famosa è quella dell'inseguimento per le strade di San Francisco tra l'auto dei killer e la Ford Mustang Fastback di Bullitt, guidata personalmente da McQueen (oltre ad attore era infatti un buon pilota). Dapprima inseguito, Bullitt con un'astuzia riesce a diventare presto "feroce inseguitore". Tale sequenza fu premiata e rimane ancora oggi un "must" per gli appassionati. Di notevole impatto alcune riprese "on board" dall'interno della Mustang. Un'altra scena degna di nota è sul finire, la caccia all'uomo notturna fra gli aerei in attesa del decollo all'aeroporto, con il finale decisivo tra i passeggeri pronti all'imbarco. McQueen entra in modo convincente nel personaggio, dandogli uno spessore che si avverte a poco a poco, riuscendo simpatico e attirando l'ammirazione dello spettatore. Molto bravo anche Don Gordon, che impersona il fidato e discreto Delgado, sempre al suo fianco nelle fasi cruciali dell'inchiesta. L'ultima scena, con Bullitt che torna a casa all'alba ed evita di svegliare la fidanzata che dorme ancora, regala al film un tocco di leggerezza (la musica fa il resto)e... tranquillità, nonostante si tratti sempre di un poliziesco, di quelli che lasciano davvero il segno. - di "Joss" -
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seamus
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giovedì 26 luglio 2007
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grande steve mcqueen!
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Una volta i film che costavano poco e incassavano tanto li sapevano fare:bastava usare un pò di intelligenza,e qui ce n'è a bizzeffe,e poi c'è un grande Steve McQueen...Non perdetelo!
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elgatoloco
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domenica 1 luglio 2018
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un vrai chef-d'oeuvre
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Molti film con Steve McQUeen, di cui 'è da rimpiangere, oltre alla prematura scomparsa, a soli 50 anni, nel 1980, il fatto che non si sia mai cimentato nella regia, sono opere filmiche importanti.Ma"The Getaway", "The Thomas Crown Affair" e soprattutto questo"Bullitt"(1968, Peter Yates)sono veri capolavori. Opera dallo stile volutamente franto, con un uso del montaggio a tratti decisamente"spericolato", che rompe, irrompendo decisamente nella regia, la continuità narrativa forse presente nel romanzo da cui il film è tratto("Mute Witness"di Robert L.Pike), che svela intrihi anche negli intrighi e comunque nelle pieghe di un sistema poliziesco-politico oltremodo corrotto(ricordiamo che il film è del 1968, ossia, negli States, dopo le rivolte studentesche di Berkeley, ma anche durante la guerra del Vietnam e relative proteste-cui il film non accenna mai, peraltro-e la presidenza Nixon, allora all'inizio e ben lontana dallo scnadalo Watergate, che lo travolgerà un lustro dopo.
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Molti film con Steve McQUeen, di cui 'è da rimpiangere, oltre alla prematura scomparsa, a soli 50 anni, nel 1980, il fatto che non si sia mai cimentato nella regia, sono opere filmiche importanti.Ma"The Getaway", "The Thomas Crown Affair" e soprattutto questo"Bullitt"(1968, Peter Yates)sono veri capolavori. Opera dallo stile volutamente franto, con un uso del montaggio a tratti decisamente"spericolato", che rompe, irrompendo decisamente nella regia, la continuità narrativa forse presente nel romanzo da cui il film è tratto("Mute Witness"di Robert L.Pike), che svela intrihi anche negli intrighi e comunque nelle pieghe di un sistema poliziesco-politico oltremodo corrotto(ricordiamo che il film è del 1968, ossia, negli States, dopo le rivolte studentesche di Berkeley, ma anche durante la guerra del Vietnam e relative proteste-cui il film non accenna mai, peraltro-e la presidenza Nixon, allora all'inizio e ben lontana dallo scnadalo Watergate, che lo travolgerà un lustro dopo. Ma ciò che stupisce e segna uno strappo nell'immagine convenzionale del"thriller poliziesco"(lo è pienamente, questo "Bullitt", tra l'altro, senza infingimenti, pur rinnovando profondamente lo stile anzi proprio perché lo innova dall'interno)è la figura anticonvenzionale di questo detective, appunto Bullitt, che se ne fa un baffo di stereotipi convenzionali e di logiche di potere(e qui, volendo, l'identificazione romantica con la figura di McQueen, inevitabilmente), fino allo scontro interno palese con i"burattinai"che muovono le fila del gioco... Di McQueen e della sua"Ford Mustang"si sa; tra gli altri interpreti, Robert Vaughn, Don Gordon, Robert Duvall e una splendente(purtroppo la si vede poco)Jacqueline Bisset. "Indimenticabile", lo si può affermare con assoluta certezza. El Gato
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great steven
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martedì 10 gennaio 2017
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protagonista coi fiocchi ed eccellente azione.
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BULLITT (USA, 1968) diretto da PETER YATES. Interpretato da STEVE MCQUEEN, ROBERT VAUGHN, JACQUELINE BISSET, DON GORDON, ROBERT DUVALL
Alla base c’è un’opera di narrativa, il romanzo Mute Witness di Robert L.
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BULLITT (USA, 1968) diretto da PETER YATES. Interpretato da STEVE MCQUEEN, ROBERT VAUGHN, JACQUELINE BISSET, DON GORDON, ROBERT DUVALL
Alla base c’è un’opera di narrativa, il romanzo Mute Witness di Robert L. Pike. Al detective Frank Bullitt di San Francisco viene affidato, da parte dello stimato e riverito politico Walter Chalmers, intenzionato a diventare al più presto deputato, il compito di proteggere un certo Johnny Ross, testimone-chiave di un processo che si dovrà tenere a breve riguardo un caso di gioco d’azzardo e scommesse. Per il tenente della squadra omicidi della metropoli californiana, parrebbe ordinaria amministrazione, finché Ross, sotto la custodia di uno dei suoi due colleghi incaricati di sorvegliarlo notte e giorno, non viene ucciso una notte mediante una sua svista che però non sembra casuale, quantomeno agli occhi di Bullitt. L’agente Stanton, presente al momento dell’omicidio, viene ferito gravemente ad una gamba, ma sopravvive grazie all’intervento dei chirurghi in ospedale. Gettato al centro di una faccenda che minaccia di farlo trasferire altrove, Frank decide di nascondere il cadavere di Ross, ferito a morte nell’appartamento dove doveva sostare fino all’udienza e deceduto durante la degenza ospedaliera, contravvenendo in questo modo agli ordini di Chalmers ma cominciando immediatamente a dare la caccia agli assassini dell’uomo e soprattutto ai suoi misteriosi mandanti malavitosi. Gli esecutori dell’assassinio rimangono ammazzati dopo aver inseguito la macchina di Bullitt per le strade di San Francisco, e in seguito il poliziotto arriva a scoprire, dopo aver raccolto fondamentali indizi su una telefonata di Ross all’amica Dorothy e aver scoperto un inaspettato scambio di persona, gli intrighi di potere che coinvolgono in prima persona lo stesso Walter Chalmers, reo di aver costruito la propria carriera sulla corruzione, sul clientelismo e sullo sfruttamento delle forze dell’ordine. Il vero testimone insostituibile del processo, Harry Necker, viene freddato da Frank al termine di una lunga rincorsa sulla pista d’atterraggio degli aerei di San Francisco. Un insolito poliziesco che ricalca i suoi omologhi contemporanei e connazionali, di cui esiste un’ampia e variegata cinematografia, soltanto per quel che concerne il Technicolor e le scelte scenografiche. Per il resto, è un intenso amalgama di tensione drammatica, azione violenta e presentazione di un protagonista sui generis animato da un bisogno di ricerca della giustizia, intimamente contrapposto nell’animo dello stesso dai compromessi che si ritroverebbe costretto ad accettare, ma che il buonsenso, il coraggio e la testardaggine gli permettono di evitare con estrema abilità. È anche un poliziesco corretto e leale sugli imbrogli del potere, sulla mutevolezza degli interessi politici, i maneggi dietro ai procedimenti giudiziari e i tentativi di manipolare le forze di polizia per gli scopi egoistici e pure edonistici di coloro che esercitano il potere nel modo più autoreferenziale che il mestiere transiga. Idealmente suddiviso in due fazioni, con una prima parte che regala al pubblico la narrazione vista dalla prospettiva di un detective eccezionale tanto per anticonformismo quanto per il suo efficace, seppur indiscriminato, modus operandi, e una seconda parte in cui la violenza la fa da padrona, senza però dimenticare l’importanza della storia e tenendo quindi in gran conto lo svolgimento di una vicenda che vede impegnati, gli uni contro gli altri, giusti e ingiusti, uomini mossi da principi ferrei e irreversibili e adoratori corrotti della malvivenza più spietata, facendo trionfare i primi soltanto con la conclusione di un ciclo quasi interminabile di pathos e suspense. Poco parlato, carico di momenti che vedono la propria effettuazione sul filo del rasoio, denso di silenzi significativi e capace di alternare lunghe sequenze tranquille, ma non descrittive, ad una serie di sequenze messe una dietro l’altra con un ritmo irrefrenabile, il che ha valso l’Oscar 1968 all’operatore del montaggio Frank P. Keller. Il film è ricordato in patria e anche all’estero per l’inseguimento fra due autovetture nel traffico della città californiana, cominciato in modo casuale ma decisivo e coronato con uno schianto finale che provoca la morte dei due assassini che Bullitt stava cacciando per la sua personale esigenza di vendetta. La quale è anche il deus ex machina della pellicola, insieme all’intrinseca e onnipresente sete di realtà, traducibile in una pratica esperienza sul campo di azioni determinate a conoscere i fatti per come sono avvenuti. Bel lavoro di lima e rifinitura anche riguardo alla descrizione dei personaggi minori, fra cui spiccano l’ispettore Delgado, il commissario di polizia direttamente preposto a Bullitt (che non perde mai la fiducia nel suo dipendente, evitandogli il trasferimento e dandogli continuamente la possibilità di riaprire e portare a compimento le indagini) e l’autista del taxi che fa fermare il poliziotto davanti alla cabina telefonica, interpretato da un ancora poco famoso R. Duvall, all’epoca con poche esperienze sul grande schermo alle spalle. Di durata non eccessiva, rimane un caposaldo nella filmografia del compianto S. McQueen, prematuramente scomparso, e qui al meglio della sua forma.
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luca scialò
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lunedì 6 dicembre 2010
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poliziesco senza mezze misure
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Frank Bullitt (Steve McQueen) è un tenente di San Francisco poco convenzionale al quale viene affidato un testimone chiave di un processo. Ma nel programma di protezione qualcosa non funziona e il testimone viene ferito gravemente. Di qui Bullitt mostrerà i denti ai malintenzionati.
Tratto da un romanzo di Robert L. Pike, "Mute Witness", il film passa da un eccesso all'altro. Quasi soporifero per tre quarti d'ora, entra nell'azione violenta e frenetica nell'ora successiva. Forse per ciò non è del tutto godibile, ma gli amanti del genere poliziesco lo troveranno comunque interessante
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