giovanni
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domenica 20 ottobre 2002
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fallimento
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Pensare che un film sia solo scenografia e costumi è una cosa un po' sciocca. Il Pinocchio di Benigni, oltre a questi due elementi (peraltro sublimi nella fattura di Donati), ne conta purtroppo solo un altro: la noia. La regia di Benigni, per quanto ne dica Farinotti, è dilettantesca e compassata: la storia non si snoda fluidamente, ma arranca al modo di una messa in scena teatrale abbastanza scomposta. La cosa più deludente, poi, riguarda ciò che il film trasmette - e la lacuna più evidente è proprio questa - il film non fa nè piangere, nè ridere, e inoltre riesce a instillare nel personaggio di Pinocchio una qualità che fino ad ora pareva non appartenergli: l'antipatia. Detto questo è meglio non parlare della Braschi che, a parte che non sa recitare, trasmette alla Fata turchina che interpreta una connotazione erotica (nel rapporto con suo marito-Pinocchio/Benigni) assolutamente fasulla.
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Pensare che un film sia solo scenografia e costumi è una cosa un po' sciocca. Il Pinocchio di Benigni, oltre a questi due elementi (peraltro sublimi nella fattura di Donati), ne conta purtroppo solo un altro: la noia. La regia di Benigni, per quanto ne dica Farinotti, è dilettantesca e compassata: la storia non si snoda fluidamente, ma arranca al modo di una messa in scena teatrale abbastanza scomposta. La cosa più deludente, poi, riguarda ciò che il film trasmette - e la lacuna più evidente è proprio questa - il film non fa nè piangere, nè ridere, e inoltre riesce a instillare nel personaggio di Pinocchio una qualità che fino ad ora pareva non appartenergli: l'antipatia. Detto questo è meglio non parlare della Braschi che, a parte che non sa recitare, trasmette alla Fata turchina che interpreta una connotazione erotica (nel rapporto con suo marito-Pinocchio/Benigni) assolutamente fasulla. il film dunque non entusiasma, anzi, annoia.
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minamovies
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mercoledì 10 febbraio 2010
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pinocchio senza pinocchio
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Benigni protagonista, con Cerami alla sceneggatura, Piovani compositore della colonna sonora, Danilo Donati (al quale, scomparso poco prima dell'uscita, il film è dedicato) per scene e costumi.
La premessa, dunque, è un cast di prestigio al servizio di una megaproduzione. E un classico di tutti i tempi, il capolavoro di Collodi che ha solleticato la fantasia di Disney e le sperimentazioni di Carmelo Bene. (benché in Italia se dici Pinocchio viene in mente all'istante la versione di Comencini, anno 1972)
Eppure, a questo Pinocchio manca la cosa più importante: una chiave di lettura forte, ispirata e motivata.
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Benigni protagonista, con Cerami alla sceneggatura, Piovani compositore della colonna sonora, Danilo Donati (al quale, scomparso poco prima dell'uscita, il film è dedicato) per scene e costumi.
La premessa, dunque, è un cast di prestigio al servizio di una megaproduzione. E un classico di tutti i tempi, il capolavoro di Collodi che ha solleticato la fantasia di Disney e le sperimentazioni di Carmelo Bene. (benché in Italia se dici Pinocchio viene in mente all'istante la versione di Comencini, anno 1972)
Eppure, a questo Pinocchio manca la cosa più importante: una chiave di lettura forte, ispirata e motivata.
L'impressione è che lo stesso Benigni, nel ruolo di Pinocchio, non sia convincente perché lui stesso poco convinto. Come se, al di là dell'età anagrafica, a Benigni manchi l'indole, l'anima, lo spirito di Pinocchio.
Questo è tanto più evidente al confronto con l'alter-ego di Pinocchio, il ribelle Lucignolo. Kim Rossi Stuart, allora 31 enne, ha dato corpo, gesti, e sopratutto uno sguardo quanto mai vitale al ragazzino Lucignolo, cogliendone l'indole coraggiosa, sfrontata, ribelle ma anche generosa, e solidale, vagamente anarcoide. E con una spontaneità impressionante, sia negli sguardi che nella fisicità.
Credibili sono anche il grillo parlante, nella caratterizzazione di beppe barra (erede e maestro della tradizione artistica napoletana) e simpatici i fichi d'india come gatto e volpe, anche se forse l'eredità del duo Franco e Ciccio nel capolavoro di Comencini è davvero troppo pesante: al duo comico della versione attuale manca quella cattiveria nera, pura e senza filtri. sembrano più brutti che cattivi, come se il loro essere così grotteschi derivasse più dai costumi che dall'attidudine come personaggi. E certe gag mutuate dal loro repertorio televisivo smorzano la tensione. Carlo giuffrè, è certo un interprete di assoluto valore del teatro italiano: ma qui da vita ad un personaggio che si perde nella storia: continuamente evocato da pinocchio, compare ben poco, e così il pathos del ritrovamente finale non arriva. La fata turchina: l'espressività monocorde, sia vocale che mimica e fisica, possono essere state una scelta registica, ma l'eloquio poco fluido della Braschi sembra stonare con il resto dei personaggi, togliendo magia ad un personaggio (la fata!) che di magia vive.
La tentazione del confronto con l'opera di Comencini è troppo forte, e bisogna ammettere che, se la tentazione viene, è perché quell'opera coglieva il lato oscuro della storia di Pinocchio, che purtroppo questo film ignora, se non, appunto, in certe caratterizzazioni della cattiveria, della ribellione e dell'"edonismo" ben riuscite, a livello di singoli attori (Rossi Stuart, appunto, su tutti) ma non al livello di chiave di lettura e, conseguentemente, di sceneggiatura e atmosfere. Peccato, pinocchio meritava un altro benigni, un'altra ispirazione, un altro film.
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tony montana
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sabato 20 novembre 2010
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il kolossal di roberto benigni
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Un pezzo di legno giunge presso la casa di mastro Geppetto, che lo scolpirà facendone un burattino, che disobbedendo al babbo, alla fata turchina e alla sua spalla il Grillo Parlante, dovrà affrontare una lunga serie di avventure prima di diventare un vero bambino.
Roberto Benigni, toscano come lo erano Collodi e Pinocchio, nel 2002, sostenuto dallo scrittore Vincenzo Cerami, ha creato una versione cinematografica di Pinocchio che gli corrisponde. Egli stesso, infatti, ha incarnato il burattino, dandogli una vita incontenibile con i suoi tratti d’attore esuberante. La costruzione scenografica è ricchissima, la musica di Nicola Piovani, premiata con l’Oscar.
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Un pezzo di legno giunge presso la casa di mastro Geppetto, che lo scolpirà facendone un burattino, che disobbedendo al babbo, alla fata turchina e alla sua spalla il Grillo Parlante, dovrà affrontare una lunga serie di avventure prima di diventare un vero bambino.
Roberto Benigni, toscano come lo erano Collodi e Pinocchio, nel 2002, sostenuto dallo scrittore Vincenzo Cerami, ha creato una versione cinematografica di Pinocchio che gli corrisponde. Egli stesso, infatti, ha incarnato il burattino, dandogli una vita incontenibile con i suoi tratti d’attore esuberante. La costruzione scenografica è ricchissima, la musica di Nicola Piovani, premiata con l’Oscar.
Nel Pinocchio di Benigni, l’invenzione più bella è quella dell’incipit. Il pezzo di legno da catasta non viene consegnata a Geppetto da Mastro Ciliegia, come leggiamo in Collodi ma in apertura del film, per alcuni minuti, assistiamo ad una scena indimenticabile: un paese percorso e posseduto da un tronco velocissimo che attraversa le strade, scatena un pandemonio finché non s’arresta davanti alla bottega di Geppetto. Ecco come Benigni spiega come Pinocchio, abbia vita da quando è un tronco grezzo. Il comico toscano si è tuffato nel personaggio tanto da identificarsi con esso, ma questo non significa la buona riuscita del film. Le scene del film sono di indubitabile bellezza come la veduta aerea di Pinocchio che vola sui campi, e certe invenzioni della sceneggiatura colpiscono, come il tema dell’ombra e quello della farfalla, allusione dell’anima del burattino. La fotografia di Dante Spinotti è suggestiva e straordinaria. Eppure il film rimane irrisolto, forse per il difetto di vigore registico. E dimostra che non bastano i grandi mezzi a fare un grande film ( Pinocchio è stato costosissimo ). La magia della fiaba, rimane, quindi e purtroppo nelle pagine del libro, o se vogliamo parlare di Pinocchio cinematografico, nel bellissimo cartone Disney o nel capolavoro di Comencini.
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iasc085
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mercoledì 26 ottobre 2011
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pinocchio (2002)
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PINOCCHIO (2002) di Roberto Benigni (**%)
Con Roberto Benigni- Nicoletta Braschi- Kim Rossi Stuart- Carlo Giuffrè….
Il Pinocchio di Benigni difetta di essere un film senza cuore, senza un interpretazione di livello e con troppe pause che seppur vengano compensate in maniera eccellente dalle scenografie di Danilo Donati e dalle musiche di Nicola Piovani, il film rimane sterile, povero, senza quella scintilla che ha reso altri film di Benigni più coinvolgenti e divertenti.
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PINOCCHIO (2002) di Roberto Benigni (**%)
Con Roberto Benigni- Nicoletta Braschi- Kim Rossi Stuart- Carlo Giuffrè….
Il Pinocchio di Benigni difetta di essere un film senza cuore, senza un interpretazione di livello e con troppe pause che seppur vengano compensate in maniera eccellente dalle scenografie di Danilo Donati e dalle musiche di Nicola Piovani, il film rimane sterile, povero, senza quella scintilla che ha reso altri film di Benigni più coinvolgenti e divertenti. Da mettere in chiaro che in molti commettono l’orrendo sbaglio di confrontarlo con La Vita è Bella. Pinocchio ha dunque come unico neo, quello di essere il film che segue il capolavoro già citato. Aumentandone l’aspettativa tutti siamo rimasti un po’ delusi, ci aspettavano un’ altra gemma, un altro capolavoro che sarà difficile se non impossibile da eguagliare. Rimane comunque il fatto che se qualcuno sarebbe stato in grado di interpretare Pinocchio con sembianze da adulto, quello non poteva che essere il grande Roberto Benigni, che ritorna bambino, usando spesso un falsetto, che, per il personaggio che interpreta, non può non usare, diventando oggetto di troppe ed immeritate critiche. Si apprezzi invece il talento e la generosità del nostro eroe agli oscar del 98, e soprattutto ci si dimentichi del film che precede Pinocchio, godendosi invece quest’ultimo. Da ricordare un bravissimo Kim Rossi Stuart che sembra sia fatto apposta per la parte di Lucignolo. La storia del resto la conosciamo tutti, altro punto a sfavore per il regista, che non riesce a far decollare il suo Pinocchio, troppo evidente la differenza con quello di Comencini, che gli è superiore di molto.
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sissa
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martedì 15 ottobre 2002
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delusione
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Delusione perchè e chissa perchè, mi sono seduta non per andare a vedere un Benigni/Pinocchio, ma aspettandomi di vedere un Pinocchio/Benigni.
E invece no. Benigni in questo film è Pinocchio, RECITA, forse per la prima volta nella sua carriera si cala in un ruolo senza interpretarlo con le sue "licenze poetiche".
E per questo rivela una paradossale incapacità recitativa. A tratti noioso con la sua voce in falsetto, pesante già al terzo piagnucolio uguale ai primi due ed ai numerosi che seguiranno.
Ho avuto l'impressione che fosse come imprigionato nello svolgimento di un dovere.
Grandi i Fichi d'India, quasi magistrale Kim Rossi Stuart.
Monotona la Braschi, lei davvero la solita Braschi.
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Delusione perchè e chissa perchè, mi sono seduta non per andare a vedere un Benigni/Pinocchio, ma aspettandomi di vedere un Pinocchio/Benigni.
E invece no. Benigni in questo film è Pinocchio, RECITA, forse per la prima volta nella sua carriera si cala in un ruolo senza interpretarlo con le sue "licenze poetiche".
E per questo rivela una paradossale incapacità recitativa. A tratti noioso con la sua voce in falsetto, pesante già al terzo piagnucolio uguale ai primi due ed ai numerosi che seguiranno.
Ho avuto l'impressione che fosse come imprigionato nello svolgimento di un dovere.
Grandi i Fichi d'India, quasi magistrale Kim Rossi Stuart.
Monotona la Braschi, lei davvero la solita Braschi.
Quasi cinico e per questo fuori luogo, Geppetto.
Sicuramente un film da vedere, non fosse altro per rispolverare la vera storia di Pinocchio di cui è una fedele davvero fedele ricostruzione.
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fabuciz
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giovedì 1 gennaio 2015
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delusione totale
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Un film molto atteso che mi ha deluso su tutti i fronti.
Un Benigni sopra le righe con una interpretazione grottesca e a tratti persino fastidiosa. Una sceneggiatura con davvero poco di originale che poco di nuovo da offrire rispetto alle tante (e spesso ottime) precedenti realizzazioni.
Da salvare solo Kim Rossi Stuart.
Il confronto con Comencini è impietoso
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delusione2
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venerdì 18 ottobre 2002
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delusione 2
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delusione 1 ha detto tutto quello che volevo dire io, meglio di come l'avrei detto io (fidatevi).
fortunatamente il biglietto per me era gratis.
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tiziana
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lunedì 28 ottobre 2002
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pinocchietto articolato
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Aveva ragione Fellini a chiamarlo Pinocchietto. Benigni portava il legno di Pinocchio dentro di sé come il tronco di Geppetto conteneva già il burattino; prima o poi doveva uscire: Pinocchio entra in scena così, rimbalzando come un piccolo diavolo. Ha dovuto compiere cinquant’anni per tornare bambino, ma come tutti i bambini, anche Benigni ha qualche carenza: il film procede troppo levigato e smaltato, educato e preciso, soprattutto sempre sulla stessa tonalità: birichinate, delusioni, raggiri, punizioni, riabilitazioni, sono senza fioriture, e quella vocina un po’ stridula e languida (che venne inventata per lui da Fellini ne «La voce della luna») appare spesso fuori posto; inoltre Pinocchio distribuisce troppi baci (che non sono più i baci di una volta, come quelli propinati a Baudo o alla Carrà), e così resta la sensazione di un Benigni intimidito dalla sua stessa adorazione del testo collodiano, di un Pinocchio buonista, magari un po' monello, e indubbiamente destinato ad un pubblico infantile.
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Aveva ragione Fellini a chiamarlo Pinocchietto. Benigni portava il legno di Pinocchio dentro di sé come il tronco di Geppetto conteneva già il burattino; prima o poi doveva uscire: Pinocchio entra in scena così, rimbalzando come un piccolo diavolo. Ha dovuto compiere cinquant’anni per tornare bambino, ma come tutti i bambini, anche Benigni ha qualche carenza: il film procede troppo levigato e smaltato, educato e preciso, soprattutto sempre sulla stessa tonalità: birichinate, delusioni, raggiri, punizioni, riabilitazioni, sono senza fioriture, e quella vocina un po’ stridula e languida (che venne inventata per lui da Fellini ne «La voce della luna») appare spesso fuori posto; inoltre Pinocchio distribuisce troppi baci (che non sono più i baci di una volta, come quelli propinati a Baudo o alla Carrà), e così resta la sensazione di un Benigni intimidito dalla sua stessa adorazione del testo collodiano, di un Pinocchio buonista, magari un po' monello, e indubbiamente destinato ad un pubblico infantile. Al pubblico italiano è invece indirizzata una frase in particolare, che Pinocchio ripete tre volte, e non a caso: «Che brutto paese, che brutto paese, che brutto paese!». Tuttavia, le stupende scenografie di Donati (al quale è dedicato il film) che si muovono al ritmo della musica di Piovani (sebbene eccessivamente ‘alla Rota’) ci ricordano che siamo dalle parti di Fellini; nonostante tutto, pur rimpiangendo che Fellini non abbia potuto realizzare il Pinocchio annunciato, Benigni si muove con una maestria raramente attinta negli ultimi film del Maestro, e riesce a sposare con discrezione il cinema tipicamente italiano ai fantasmagorici effetti speciali. Nell’insieme non si può proprio dire che la montagna abbia partorito un topolino; non è un capolavoro, ma è comunque un bel film; e alla fine, quando di Pinocchio resta solo l'ombra che si allontana, nell'ultima scena, inseguendo la farfalla (l'unico quadro davvero poetico) mi viene il rimpianto del film che avrebbe potuto essere: Benigni ha usato il burattino che è in lui per azzerare ogni sua precedente interpretazione, lasciando nell’animo solo la sensazione della trasformazione; forse quest’ombra è un preludio alla prossima avventura? Lo spero.
Per Fabio Cerullo; mi sembra di aver letto da qualche parte che Buzzanca avrebbe dovuto interpretare Geppetto o Mangiafuoco, ruoli che poi passarono rispettivamente a Giuffrè e Javarone; forse per questo gira la voce dei dissapori: furto di ruoli..?
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[+] devo dire che ti ha molto interessato
(di principessa88)
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anorak
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domenica 5 gennaio 2003
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pinocchio vivrà sempre!
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Non appena ha inizio questo film, mi rendo conto di essere profondamente dentro una favola, quasi in un sogno. Le immagini sono bellissime, al limite dell’essere un cartone animato. I dettagli sono curatissimi e l’atmosfera è ovattata. Sono dentro ad un sogno, e non manca la magia. Un tronco incantato scivola da un carretto e pieno di vita rotola e rimbalza in mezzo al paese che sarà di Pinocchio, fino ad arrivare sulla soglia di ‘casa Geppetto’. Non so che Pinocchio mi aspetta… ma sarà l’ultima, durante la visione del film, che la mia mente si preoccuperà di trovare corrispondenze con la favola di Collodi. E’ bellissimo il Pinocchio-Benigni, credibile, capace di trasmettere emozioni. Pinocchio-Benigni è una forza della natura! Poi la favola scorre e si fanno incontri fantastici, come quello con Mangiafuoco: intenso l’incontro tra Pinocchio e Mangiafuoco, dolcissimamente esilarante lo stratagemma con cui Pinocchio-Benigni evita di finire in brodo! Belli e bravi il Gatto e la Volpe, il Campo dei Miracoli, il Paese degli Acchiappacitrulli… fino all’incontro con Lucignolo: altro incontro da ricordare… Bravo Kim Rossi Stuart nell’esprimere innocenza e ribellione.
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Non appena ha inizio questo film, mi rendo conto di essere profondamente dentro una favola, quasi in un sogno. Le immagini sono bellissime, al limite dell’essere un cartone animato. I dettagli sono curatissimi e l’atmosfera è ovattata. Sono dentro ad un sogno, e non manca la magia. Un tronco incantato scivola da un carretto e pieno di vita rotola e rimbalza in mezzo al paese che sarà di Pinocchio, fino ad arrivare sulla soglia di ‘casa Geppetto’. Non so che Pinocchio mi aspetta… ma sarà l’ultima, durante la visione del film, che la mia mente si preoccuperà di trovare corrispondenze con la favola di Collodi. E’ bellissimo il Pinocchio-Benigni, credibile, capace di trasmettere emozioni. Pinocchio-Benigni è una forza della natura! Poi la favola scorre e si fanno incontri fantastici, come quello con Mangiafuoco: intenso l’incontro tra Pinocchio e Mangiafuoco, dolcissimamente esilarante lo stratagemma con cui Pinocchio-Benigni evita di finire in brodo! Belli e bravi il Gatto e la Volpe, il Campo dei Miracoli, il Paese degli Acchiappacitrulli… fino all’incontro con Lucignolo: altro incontro da ricordare… Bravo Kim Rossi Stuart nell’esprimere innocenza e ribellione. Toccante (e dolcissima!) la suddivisione delle refurtiva in cella tra i due (Pinocchio e Lucignolo). Nonostante i consigli del Grillo Parlante e l’amore della Fata Turchina, Pinocchio continua imperterrito a seguire il suo cuore e a cacciarsi nei guai ed è la cosa ce me lo fa piacere di più! Ci si ritrova nel paese dei balocchi, metafora attualissima. Ci pensa la Fata Turchina a salvare Pinocchio dal suo destino di diventare asino e a riportarlo sulla retta via… fino a quando, ormai diventato un ‘ragazzo come tutti gli altri’, sulla soglia della scuola… Be’, la sorpresa finale non posso svelarla, ma questo finale lo trovo geniale! Pinocchio vivrà sempre!
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[+] tristezza
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great steven
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giovedì 7 novembre 2013
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un pinocchio agro, campestre, fedele, divertente.
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PINOCCHIO (IT, 2002) di ROBERTO BENIGNI con ROBERTO BENIGNI – KIM ROSSI STUART – NICOLETTA BRASCHI – PEPPE BARRA – BRUNO ARENA – MAX CAVALLARI – CARLO GIUFFRé – MINO BELLEI – ALESSANDRO BERGONZONI § Un giorno capita sulla porta di Mastro Geppetto un ciocco di legno che parla, grida e piagnucola come un bambino. Il falegname decide di costruirvi un burattino, che battezza Pinocchio e che comincia subito a combinare danni e a disobbedire alle promesse fatte al suo "babbo"; in altre parole rifiuta categoricamente di andare a scuola, vive numerose avventure nei luoghi più disparati e improbabili e incontra ogni sorta di persone (le quali lo aiuteranno, lo consiglieranno, lo trufferanno o saranno ingiuste con lui).
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PINOCCHIO (IT, 2002) di ROBERTO BENIGNI con ROBERTO BENIGNI – KIM ROSSI STUART – NICOLETTA BRASCHI – PEPPE BARRA – BRUNO ARENA – MAX CAVALLARI – CARLO GIUFFRé – MINO BELLEI – ALESSANDRO BERGONZONI § Un giorno capita sulla porta di Mastro Geppetto un ciocco di legno che parla, grida e piagnucola come un bambino. Il falegname decide di costruirvi un burattino, che battezza Pinocchio e che comincia subito a combinare danni e a disobbedire alle promesse fatte al suo "babbo"; in altre parole rifiuta categoricamente di andare a scuola, vive numerose avventure nei luoghi più disparati e improbabili e incontra ogni sorta di persone (le quali lo aiuteranno, lo consiglieranno, lo trufferanno o saranno ingiuste con lui). Alla fine diventa un vero e proprio ragazzo, più giudizioso di quanto non sia stato prima.Dopo il finale de La vita è bella, nel quale l'attore/regista toscano ha regalato un sorriso al figlioletto un istante prima di morire – camminando come un burattino – Benigni ha fatto proprio un'ottima scelta a dare il proprio volto a colui che, nella letteratura moderna, ha sempre raffigurato l’esempio per eccellenza della svogliatezza, dell’amore per i vagabondaggi e, naturalmente, della contentezza spensierata. La sua interpretazione è sicuramente di buon livello e ben approfondita, mentre sulla rilettura generale del romanzo di Collodi (1880-83) avrei qualcosa da ridire: è stato dato un po' troppo spazio alla Fata Turchina (una N. Braschi troppo delicata e consenziente) e i cambiamenti della trama non si contano affatto sulla punta delle dita (per fare qualche esempio, l'imprigionamento presso il contadino padrone di Melampo è situato in un capitolo precedente del libro e in esso la ricerca del cibo iniziale è molto più sofferta e tragicomica). Mancano anche molti personaggi minori, ma credo che questa "licenza" sia stata dovuta probabilmente a motivi finanziari, anche perché il film in questione è costato la bellezza di 45 milioni di euro, che ad oggi risulta essere il budget più alto nella storia del cinema italiano. Benigni riconferma, al suo 7° film, di saper coniugare l'abilità registica con quella recitativa, delineando sempre personaggi dal carattere leggero ma dalla psicologia notevole. Più orientato verso il comico rispetto allo sceneggiato di Comencini del 1972. Troppo demenziali il Gatto e la Volpe dei Fichi d'India (ma da loro che ci si poteva aspettare?), mentre è ottimo il Lucignolo di Kim Rossi Stuart.
Commedia; giudizio personale: 8 (buono)
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