Ha una sua forza produttiva la versione ferroniana della battaglia più gettonata del nostro cinema (almeno 4 diversi film sullo stesso argomento). E va riconosciuta al regista una qualità tecnica e di messa in scena superiore ai tanti modesti filmetti che girava a iosa in quegli anni.
Peccato che la sceneggiatura non sia particolarmente inventiva e finisca per adagiarsi eccessivamente sul bozzettismo italico da trincea.
Ma è soprattutto la presenza ingombrante di Enrico Maria Salerno a dar fastidio: appare nei momenti meno opportuni e, involontariamente, finisce per boicottare quasi ogni situazione con la stessa pervicacia di Peter Sellers nell'incipit di "Hollywood Party".
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Ha una sua forza produttiva la versione ferroniana della battaglia più gettonata del nostro cinema (almeno 4 diversi film sullo stesso argomento). E va riconosciuta al regista una qualità tecnica e di messa in scena superiore ai tanti modesti filmetti che girava a iosa in quegli anni.
Peccato che la sceneggiatura non sia particolarmente inventiva e finisca per adagiarsi eccessivamente sul bozzettismo italico da trincea.
Ma è soprattutto la presenza ingombrante di Enrico Maria Salerno a dar fastidio: appare nei momenti meno opportuni e, involontariamente, finisce per boicottare quasi ogni situazione con la stessa pervicacia di Peter Sellers nell'incipit di "Hollywood Party".
Ne fa le spese anche il finale, potenzialmente memorabile ma alla fine assai meno incisivo rispetto al precedente "Divisione Folgore" di Duilio Coletti, che pur con meno mezzi riesce ancor oggi a bucare lo schermo.
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