rampante
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mercoledì 1 ottobre 2014
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pena di morte
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Una requisitoria contro la pena di morte
Il film racconta la storia di René le Guen, un ottuso analfabeta che abituato a uccidere durante la Resistenza si dà al crimine e trasferisce in criminalità la militanza bellica, uccide una guardia e viene condannato a morte.
Mentre il suo difensore cerca di ottenere la grazia mettendo alla sbarra la società , René in carcere riflette sulla sua sorte e si preoccupa del fratellino cresciuto come lui nell'ignoranza
Film qua e là potente, spesso tenebroso, di una forte tensione morale, di una profonda drammaticità interiore che mostra le geniali qualità di Andrè Cayatte, grande regista diventato il Cesare Beccaria della pellicola.
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Una requisitoria contro la pena di morte
Il film racconta la storia di René le Guen, un ottuso analfabeta che abituato a uccidere durante la Resistenza si dà al crimine e trasferisce in criminalità la militanza bellica, uccide una guardia e viene condannato a morte.
Mentre il suo difensore cerca di ottenere la grazia mettendo alla sbarra la società , René in carcere riflette sulla sua sorte e si preoccupa del fratellino cresciuto come lui nell'ignoranza
Film qua e là potente, spesso tenebroso, di una forte tensione morale, di una profonda drammaticità interiore che mostra le geniali qualità di Andrè Cayatte, grande regista diventato il Cesare Beccaria della pellicola.
Il film ha suscitato polemiche accese in Francia.
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figliounico
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martedì 29 agosto 2023
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cinema etico
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Negli anni ‘80 si sarebbe definito un film denuncia contro la barbarie della pena di morte ma all’epoca in cui fu girato, nel 1952, fu soltanto un’opera coraggiosa e controcorrente ispirata dalla grande umanità del suo autore, André Cayatte, che ne scrisse la sceneggiatura con Charles Spaak e lo diresse secondo i canoni del realismo poetico nato in Francia negli anni trenta e di cui fu maestro Jean Renoir. Un esempio di Cinema a tesi si direbbe freddamente oggi che non si sa più cosa sia il cinema etico e politico, morto e sepolto da tempo, oggi che il cinema occupa il primo posto nell’industria dello spettacolo ed ha l’esclusiva funzione di intrattenere le masse sfornando prodotti commerciali che hanno il solo scopo di essere comprati.
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Negli anni ‘80 si sarebbe definito un film denuncia contro la barbarie della pena di morte ma all’epoca in cui fu girato, nel 1952, fu soltanto un’opera coraggiosa e controcorrente ispirata dalla grande umanità del suo autore, André Cayatte, che ne scrisse la sceneggiatura con Charles Spaak e lo diresse secondo i canoni del realismo poetico nato in Francia negli anni trenta e di cui fu maestro Jean Renoir. Un esempio di Cinema a tesi si direbbe freddamente oggi che non si sa più cosa sia il cinema etico e politico, morto e sepolto da tempo, oggi che il cinema occupa il primo posto nell’industria dello spettacolo ed ha l’esclusiva funzione di intrattenere le masse sfornando prodotti commerciali che hanno il solo scopo di essere comprati. Certo si può affermare che il film di Cayatte sia troppo didascalico nello sforzo di dimostrare inapplicabile la pena esiziale sia ad un colpevole e sia a maggior ragione ad un innocente ingiustamente condannato ed in effetti le argomentazioni, alcune delle quali ricordano il famoso discorso del Monsieur Verdoux di Chaplin del ’47, sono tutte esposte nel film, dalla fallibilità dei giudici alla mancanza di potere deterrente della pena stessa. Nonostante ciò il film non risulta mai cerebrale o artificioso anzi coinvolge emotivamente lo spettatore sin dalle prime sequenze nella storia di questo ragazzo di periferia, un borgataro che richiama alla mente il protagonista di Accattone, che durante l’occupazione nazista diventa partigiano per caso. Gli omicidi commessi su ordine dei capi della Resistenza lo indurranno a credere, ignorante e debole di mente e di carattere, cresciuto senza educazione e senza principi morali da una madre alcolizzata, che, finita la guerra, nulla è cambiato e che si può continuare ad uccidere impunemente. Finale commovente.
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