gianni lucini
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lunedì 5 dicembre 2011
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per i critici è un tradimento
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Nel 1953 arriva nelle sale italiane un film divertente e romantico destinato a un rapido e, per molti versi, inaspettato, successo. Si intitola “Pane, amore e fantasia” ed è diretto con mano leggera dal giovane Luigi Comencini, un regista che ha all’attivo un pugno di film duri sulle condizioni dei ragazzi delle borgate, sugli scugnizzi di Napoli e sulla prostituzione con una divagazione decisamente in chiave diversa come “L’imperatore di Capri” con Totò. Abile nel maneggiare il materiale umano e delicato nel gestire le storie, Comencini utilizza le tecniche e il taglio descrittivo del neorealismo per raccontare una storia spensierata che ha i principali protagonisti in una procace popolana interpretata da Gina Lollobrigida e nell’attempato ma ancora aitante maresciallo dei carabinieri interpretato da Vittorio De Sica.
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Nel 1953 arriva nelle sale italiane un film divertente e romantico destinato a un rapido e, per molti versi, inaspettato, successo. Si intitola “Pane, amore e fantasia” ed è diretto con mano leggera dal giovane Luigi Comencini, un regista che ha all’attivo un pugno di film duri sulle condizioni dei ragazzi delle borgate, sugli scugnizzi di Napoli e sulla prostituzione con una divagazione decisamente in chiave diversa come “L’imperatore di Capri” con Totò. Abile nel maneggiare il materiale umano e delicato nel gestire le storie, Comencini utilizza le tecniche e il taglio descrittivo del neorealismo per raccontare una storia spensierata che ha i principali protagonisti in una procace popolana interpretata da Gina Lollobrigida e nell’attempato ma ancora aitante maresciallo dei carabinieri interpretato da Vittorio De Sica. Tipicamente neorealistici sono il taglio descrittivo delle persone e degli ambienti, ma la struttura e la narrazione seguono i canoni tipici della commedia teatrale con equivoci e caratterizzazioni utilizzati senza mai calcare la mano. Si tratta di un film da intrattenimento però la produzione non si fida del tutto. Nell’Italia degli anni Cinquanta moralista e un po’ bigotta si fa presto a finire nei guai soprattutto quando uno dei protagonisti è un pubblico ufficiale più interessato al fascino femminile che alla tutela dell’ordine pubblico. Per questa ragione la produzione mette le mani avanti e per non correre il rischio di incappare nell’accusa di “vilipendio alle forze armate” scrive direttamente nei titoli del film una precisazione un po’ ridicola rassicurando gli spettatori che “il comportamento dell’Arma dei carabinieri” raccontato nella storia “non ha alcuna aderenza con la realtà”. Dettagli e preoccupazioni inutili visto che il film viene accolto con entusiasmo da un pubblico che fa la fila davanti ai botteghini per vederlo. Campione d’incassi della stagione cinematografica 1953-54 Pane, amore e fantasia” viene premiato con il prestigioso “Orso d’oro” al Festival di Berlino del 1954 dove viene salutato come il capolavoro della nuova corrente “rosa” del neorealismo. Nonostante il successo popolare e la cascata di riconoscimenti ottenuti “Pane, amore e fantasia” viene messo sotto tiro da una parte della critica italiana, che accusa Comencini di aver tradito lo spirito del neorealismo per rincorrere il successo. Nella polemica vengono usate parole forti tanto che c’è chi definisce il film “la pugnalata nella schiena al neorealismo”. Il principale capo d’imputazione sarebbe quello di aver trasformato un genere di battaglia civile e di denuncia come il neorealismo in una sorta di pastiche scacciapensieri saldandone i canoni con i ritmi e le situazioni della commedia rosa. Il regista tace ma non manca chi risponde nel merito accusando i critici di essere sostanzialmente invidiosi per i risultati commerciali. L’argomento principale dei sostenitori del lavoro di Comencini è che le critiche arrivano fuori tempo massimo visto che il neorealismo ha già conosciuto i suoi momenti rosa con “È primavera” di Renato Castellani nel 1949 e “Domenica d’agosto” di Luciano Emmer nel 1950 senza che nessuno si stracciasse le vesti gridando al tradimento. Le polemiche non impediscono al film di diventare una sorta di saga scandita da tre episodi successivi
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gianni lucini
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mercoledì 12 ottobre 2011
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una procace bersagliera
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Nel 1953 con il film “Pane, amore e fantasia” del 1953 Luigi Comencini utilizza le tecniche e gli ambienti del neorealismo per raccontare la storia spensierata della popolana Gina Lollobrigida e del maresciallo dei carabinieri Vittorio De Sica. Nonostante l’esile innocenza della trama, la produzione non vuole correre il rischio di incappare nell’accusa di “vilipendio alle forze armate”. Per questa ragione nei titoli del film compare la precisazione che «il comportamento dell’Arma dei carabinieri non ha alcuna aderenza con la realtà». Il film diventa rapidamente campione d’incassi e vince trionfalmente il Festival di Berlino. Il pubblico si innamora della protagonista, Gina Lollobrigida, che nei panni di Maria, detta la “Bersagliera” vive una rocambolesca vicenda tra le insistenti avances di Vittorio De Sica nei panni del maresciallo dei carabinieri Carotenuto e l’amore per il giovane carabiniere veneto Stellati, interpretato da Roberto Risso.
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Nel 1953 con il film “Pane, amore e fantasia” del 1953 Luigi Comencini utilizza le tecniche e gli ambienti del neorealismo per raccontare la storia spensierata della popolana Gina Lollobrigida e del maresciallo dei carabinieri Vittorio De Sica. Nonostante l’esile innocenza della trama, la produzione non vuole correre il rischio di incappare nell’accusa di “vilipendio alle forze armate”. Per questa ragione nei titoli del film compare la precisazione che «il comportamento dell’Arma dei carabinieri non ha alcuna aderenza con la realtà». Il film diventa rapidamente campione d’incassi e vince trionfalmente il Festival di Berlino. Il pubblico si innamora della protagonista, Gina Lollobrigida, che nei panni di Maria, detta la “Bersagliera” vive una rocambolesca vicenda tra le insistenti avances di Vittorio De Sica nei panni del maresciallo dei carabinieri Carotenuto e l’amore per il giovane carabiniere veneto Stellati, interpretato da Roberto Risso. La vicenda, a lieto, fine, appassiona milioni di spettatori e consacra definitivamente la “Lollo”, come l’attrice viene ribattezzata dai settimanali popolari, tra le dive di quegli anni.
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greatsteven
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martedì 19 giugno 2018
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il maresciallo, la bersagliera e la combriccola!
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PANE, AMORE E FANTASIA (IT, 1953) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da VITTORIO DE SICA, GINA LOLLOBRIGIDA, MARISA MERLINI, VIRGILIO RIENTO, TINA PICA, MARIA PIA CASILIO, ROBERTO RISSO, MEMMO CAROTENUTO, VITTORIA CRISPO, GUGLIELMO BARNABò, GIGI REDER
Mandato da Sorrento al paesino montano abruzzese di Sagliena, il Maresciallo dei Carabinieri Antonio Carotenuto, galante uomo di mezz’età dal cuore d’oro, rimane colpito dal fascino dell’ammaliante Maria De Ritis, detta Pizzicarella la Bersagliera, la ragazza più bella e più povera del villaggio, a sua volta innamorata di Pietro Stelluti, un giovane carabiniere veneto troppo timido per dichiararle che la ricambia.
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PANE, AMORE E FANTASIA (IT, 1953) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da VITTORIO DE SICA, GINA LOLLOBRIGIDA, MARISA MERLINI, VIRGILIO RIENTO, TINA PICA, MARIA PIA CASILIO, ROBERTO RISSO, MEMMO CAROTENUTO, VITTORIA CRISPO, GUGLIELMO BARNABò, GIGI REDER
Mandato da Sorrento al paesino montano abruzzese di Sagliena, il Maresciallo dei Carabinieri Antonio Carotenuto, galante uomo di mezz’età dal cuore d’oro, rimane colpito dal fascino dell’ammaliante Maria De Ritis, detta Pizzicarella la Bersagliera, la ragazza più bella e più povera del villaggio, a sua volta innamorata di Pietro Stelluti, un giovane carabiniere veneto troppo timido per dichiararle che la ricambia. Ma all’attempato graduato non è indifferente nemmeno Annarella, un’operosa levatrice che comincia a corteggiare, finendo per ravvedere in lei la donna più adeguata a lui per età e temperamento. Pochi film hanno segnato la storia del cinema e del costume italiano come Pane, amore e fantasia, che alla sua uscita nelle sale riscontrò un favore di pubblico tanto vasto da inaugurare una vera e propria serie. Con le sue graziose schermaglie, da commedia di tradizione, come la critica valutò subitaneamente, la pellicola diretta dal 37enne Comencini, di cui costituì il primo successo, varò su larga scala quel "neorealismo rosa" che avrebbe raggiunto una consacrazione ulteriore con altri titoli successivi, fra cui vale la pena di citare Poveri ma belli. Tratto da un soggetto di Ettore Maria Margadonna, autore fra gli altri dell’analogo e precedente Due soldi di speranza di Renato Castellani, la sceneggiatura del regista cerca il quadro, quasi idilliaco, d’una provincia dove gli strascichi immani e vergognosi della guerra poc’anzi conclusa vengono superati da un desiderio di ricominciare tutto italiano. Ai vari tipi messi in scena (il maresciallo suadente, la ragazza risoluta, il giovane impacciato e la donna sfuggente), corrispondono alcune affidabili facce della società del tempo in un riadattamento caricaturale, ma genialmente fedele al di là delle forzature di una scrittura che si è voluta formare sotto l’aspetto popolare e dialettale. Alla distribuzione, un recensione d’eccezione come Alberto Moravia sottolineò quanto il pregio maggiore dell’opera fosse «il superamento del dialetto stesso attraverso la moralità della storia e dei personaggi. Il dialetto, insomma, appare qui come un mezzo e non come il fine della rappresentazione». Il più alto incasso al box office della stagione 1953-54, il film conquistò l’Orso d’Argento al Festival di Berlino, lanciando Lollobrigida, sensuale ed energica protagonista, nell’empireo delle star sul piano internazionale e del divismo femminile nostrano. Ebbe anche il Nastro d’Argento. Altrettanto memorabile resta la prova di De Sica, rilanciato come caratterista, inarrivabile nel ruolo del seduttore avanti con l’età. Le peripezie del maresciallo Carotenuto continuarono poi con Pane, amore e gelosia (1954), sempre di Comencini, Pane, amore e… (1955), di Dino Risi, e Pane, amore e Andalusia di Javier Setó, che lo diresse sotto la supervisione dello stesso De Sica. È, al tempo stesso, il trionfo dell’arcadia e della commedia dell’arte con le sue maschere, la versione spuria e furba del sopracitato film di Castellani. Scenografia, colonna sonora, montaggio e montaggio sonoro si fondono per impreziosire il quadro forestale-agreste nel quale il paesello si erge come un’entità apparentemente a sé stante, ma che in realtà comunica col mondo circostante in una simbiosi narrativa con un costante scambio fra natura e personaggi umani. I caratteristi rimanenti del cast rappresentano una pietra miliare che ben di rado il cinema italiano, anche a quei tempi, sarebbe stato capace di assemblare con una tale sagacia: Merlini fa l’ostetrica col senso del dovere e la fuggevolezza della donna che si dedica anima e corpo al suo mestiere trascurando il lato amoroso; Riento è una sorta di Don Camillo più pacato e meno manesco, ma ugualmente convinto della mancanza di rispettosità di alcuni dei parrocchiani, e sua nipote (una M. P. Casilio 17enne arguta e furbetta) gli funge da contrappunto con l’efficacia dell’acqua santa dentro alla brocca della chiesa; Pica è una domestica meno chiacchierona di quel che sembrerebbe ad un primo acchito, a tratti un po’ insolente ma sempre fedele al padrone e ai doveri che la buona creanza le impone; Carotenuto è bravissimo, aiutato pure dal suo sorriso sdentato, a fare il carabiniere aizzatore e temerario, mentre il giovane Risso se la cava egregiamente nei panni del tenentino divorato dalla timidezza, ma che poi agguanta il coraggio a quattro mani, si dichiara alla sua bella e chiama perfino sua madre dal Veneto per annunciarle il fidanzamento; e infine Reder, ben 22 anni prima di diventare celebre col personaggio di Filini nella saga di Fantozzi, luccica e saltella con inaspettata grazia nel fare la parte del marito pazzerello che gironzola come un ossesso per il paese con la consorte in procinto della fase puerperale. Una leggerezza d’altri tempi che oggi s’è persa nella volgarità intellettuale unita ad una soavità che soltanto allora sapeva come raccontare le storie di chi si risvegliava da un sonno imperituro, sconfortante e duro da accettare.
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fabio57
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martedì 11 agosto 2015
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indimenticabile
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E' uno dei film più passati in televisione e tutte le volte che succede si resta incollati al video,come se fosse la prima volta.Questa magia è legata ad una saga geniale che cominciò proprio con questo lavoro, dove il grande De Sica(Vittorio ovviamente) impersonò il suo personaggio più riuscito:il maresciallo.La sceneggiatura di Comencini è grande, con dialoghi e situazioni veramente esilaranti ma gli attori si sono superati,la bersagliera interpretata da Gina lollobrigida e Caramella di Tina Pica, sono maschere che non si dimenticano più.
Grande cinema
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stefanocapasso
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martedì 8 maggio 2018
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i buoni sentimenti trionfano sempre
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Il maresciallo Carotenuto arriva a Sagliena per prendere possesso del comando dei carabinieri del posto. Entra subito in contatto con la realtà contadina del luogo, conosce la bersagliera, giovane procace di cui si invaghisce, non ricambiato e Annarella, donna più grande che porta con se un segreto. Tra flirt e presunti miracoli la vicenda si sviluppa in un crescendo di rivelazioni sino al lieto fine
Film che segna un momento storico, questo di Comenicini, fotografa il costume del paese nei primi anni 50 segnano anche la fine del neo realismo. Nella commedia di Comencini ci sono i divi, c’è la comica, c’è l’accenn0 ai cambiamenti industriali del paese e c’è soprattutto l’esaltazione dei valori rassicuranti dell’epoca, la chiesa e l’Arma e la provincia ancorchè povera diviene l’esempio di un’Italia che si rimette in moto e che funziona.
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Il maresciallo Carotenuto arriva a Sagliena per prendere possesso del comando dei carabinieri del posto. Entra subito in contatto con la realtà contadina del luogo, conosce la bersagliera, giovane procace di cui si invaghisce, non ricambiato e Annarella, donna più grande che porta con se un segreto. Tra flirt e presunti miracoli la vicenda si sviluppa in un crescendo di rivelazioni sino al lieto fine
Film che segna un momento storico, questo di Comenicini, fotografa il costume del paese nei primi anni 50 segnano anche la fine del neo realismo. Nella commedia di Comencini ci sono i divi, c’è la comica, c’è l’accenn0 ai cambiamenti industriali del paese e c’è soprattutto l’esaltazione dei valori rassicuranti dell’epoca, la chiesa e l’Arma e la provincia ancorchè povera diviene l’esempio di un’Italia che si rimette in moto e che funziona. Insomma un processo che somiglia ad una restaurazione dei valori passato e che inevitabilmente diventa lo specchio , oltre che il modello, dell’Italia che si avvia al boom economico.
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