ralphscott
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martedì 15 febbraio 2011
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sontuosa favola nera
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Un titolo curiosamente inappropiato per un film ricco di spunti interessanti,gusto per colore e inquadrature estremi. Verso la fine la Baronessa Graps,le musiche,i veli...ho avuto un forte rimando a Suspiria. Giovanna Galletti in luogo di Alida Valli. E le bambole mi han ricordato Profondo Rosso. A di la delle sensazioni,sicuramente un grande esempio di horror d'atmosfere. Innovativo,affascinante
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virginia1982
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giovedì 16 agosto 2012
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dal padre dell'horror un cult indiscusso
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Gemma rara del sommo procreatore dell'Horror Mario Bava, incastonata nel patrimonio artistico della cinematografia. Pellicola dai toni macabri, ossessivi e onirici. Dal sapore gotico raffinato come è di registro classico dell'autore, arricchisce il suo stile con un vento nuovo .Effetti speciali che stordiscono, evocano incubi e fanno rabbrividire. Inquadrature e particolari, originali ed arditi, che valorizzano la già funerea e triste storia. L'idea geniale è velare sotto l'innocenza un' ancora più agghiacciante e nera presenza, che riesce a "disturbare" lo spettatore generando un inquietudine profonda e una viscerale paura.
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Gemma rara del sommo procreatore dell'Horror Mario Bava, incastonata nel patrimonio artistico della cinematografia. Pellicola dai toni macabri, ossessivi e onirici. Dal sapore gotico raffinato come è di registro classico dell'autore, arricchisce il suo stile con un vento nuovo .Effetti speciali che stordiscono, evocano incubi e fanno rabbrividire. Inquadrature e particolari, originali ed arditi, che valorizzano la già funerea e triste storia. L'idea geniale è velare sotto l'innocenza un' ancora più agghiacciante e nera presenza, che riesce a "disturbare" lo spettatore generando un inquietudine profonda e una viscerale paura. Bava scava nell'inconscio e realizza alla perfezione un opera cinematografica superba, autorevole e unica, lasciando il tema portante tradizionale dello "spettro" ma evolvendolo per intensità e profondità, libera così un moderno abisso dalla quale nasceranno molteplici ed altrettanto riusciti film. Era il 1966 e il sommo padre dell'Horror aveva già detto se non tutto....molto.
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monfardini ilaria
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mercoledì 12 giugno 2024
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l''incredibile girotondo dell''anima
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Era il lontano 1966, ed il Maestro Mario Bava faceva uscire nelle sale quello che per la maggior parte dei suoi estimatori è il suo capolavoro, Operazione Paura, sei anni dopo il suo esordio in solitaria dietro la macchina da presa col film più famoso del filone gotico italiano, La Maschera del Demonio, che consacra Barbara Steele nel Gotha delle attrici dark per eccellenza. Tra peplum e gialli, Bava arriva al 1966 dirigendo anche altri horror, uno più bello dell’altro, tra cui l’antologico I Tre Volti della Paura (1963), La Frusta e il Corpo (1963), dove dirige il grande Christopher Lee, ed il fanta-horror Terrore nello Spazio (1965). La maturità artistica del regista è ormai giunta al suo apice, ed in questo gotico interpretato da Erika Blanc e Giacomo Rossi Stuart raggiunge vette mai toccate, portando al massimo la sua vena onirica e visionaria e sfruttando gli spazi esterni ed interni in modo angoscioso e opprimente, riuscendo a terrorizzare oggi come allora grazie alle atmosfere sulfuree in cui immerge la storia della maledizione atavica che ruota intorno al villaggio di Kermingen ed alla funesta dimora che lo domina, Villa Graps.
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Era il lontano 1966, ed il Maestro Mario Bava faceva uscire nelle sale quello che per la maggior parte dei suoi estimatori è il suo capolavoro, Operazione Paura, sei anni dopo il suo esordio in solitaria dietro la macchina da presa col film più famoso del filone gotico italiano, La Maschera del Demonio, che consacra Barbara Steele nel Gotha delle attrici dark per eccellenza. Tra peplum e gialli, Bava arriva al 1966 dirigendo anche altri horror, uno più bello dell’altro, tra cui l’antologico I Tre Volti della Paura (1963), La Frusta e il Corpo (1963), dove dirige il grande Christopher Lee, ed il fanta-horror Terrore nello Spazio (1965). La maturità artistica del regista è ormai giunta al suo apice, ed in questo gotico interpretato da Erika Blanc e Giacomo Rossi Stuart raggiunge vette mai toccate, portando al massimo la sua vena onirica e visionaria e sfruttando gli spazi esterni ed interni in modo angoscioso e opprimente, riuscendo a terrorizzare oggi come allora grazie alle atmosfere sulfuree in cui immerge la storia della maledizione atavica che ruota intorno al villaggio di Kermingen ed alla funesta dimora che lo domina, Villa Graps.
La narrazione si apre con una giovane che si suicida gettandosi nel campanile del paese di Kermingen. Qui giungono quindi, per indagare sulla strana morte della donna, l’ispettore di polizia Kruger e il medico legale Eswai, incaricato di compiere l’autopsia sul cadavere. Tuttavia la gente del paese è fredda e scontrosa, e si oppone fortemente a questa autopsia, continuando e ripetere che i morti non vanno toccati. Ovunque aleggia un clima di tangente superstizione. Poiché per l’autopsia il medico ha bisogno di un testimone, viene chiamata ad assisterlo Monica, una giovane nata in paese ma che è stata mandata via dai genitori a solo un anno, ed è da poco ritornata dopo la morte dei suoi. Nonostante la razionalità propria dell’uomo di scienza, Paul Eswai dovrà ben presto rendersi conto che a Kermingen stanno succedendo cose strane, morti improvvise, riti stregoneschi, il tutto accompagnato dalle apparizioni del fantasma di una bambina, Melissa, che sembra risiedere nell’oscura Villa Graps, dove un’anziana baronessa vive da sola, con addosso tutto il rancore e l’odio per i suoi paesani, per un fatto avvenuto molti anni addietro.
Già le suggestive location sono un incipit perfetto per la nostra storia: si tratta dei borghi di Falerii Novi e Faleria, in provincia di Viterbo, con le stradine strette che fanno molto atmosfera Whitechapel, la diroccata Abbazia di Santa Maria, da cui si vede il cielo stellato, l’inquietante Porta Giove, davanti alla quale il nocchiero lascia Eswai perché più avanti non può proseguire, perché “c’è la morte”, ricordi nitidi del viaggio sui Carpazi di Jonathan Harker verso il castello del Conte Dracula, e il campanile con le campane che suonano da sole, quello della chiesa di San Giuliano. Bava dà il massimo nello sfruttamento di questi spazi angusti ed oscuri, collocandoci anche un modesto ma macabro cimitero in cui la piccola Melissa, di bianco vestita, si diverte ad andare in altalena. E poi c’è lei, la protagonista per eccellenza del film, la villa della baronessa Graps, oggi restaurata e sede dell’Hotel Villa Grazioli, a Grottaferrata (Roma), che oscura e malefica grava sulla cittadina, e dalla quale, così come sottolinea la giovane figlia del locandiere, nessuno torna più indietro,. Tuttavia Eswai, nonostante l’aspetto poco raccomandabile della magione, ci si reca eccome, e per di più di notte, accompagnato da Monica, alla ricerca dell’ispettore che pare scomparso nel nulla. Eppure la gente del paese, ed anche la maga Ruth, lo avevano avvertito di stare alla larga da quelle antiche stanze pregne di male, ma egli ovviamente non lo farà, e si troverà intrappolato nel tempo e nello spazio, in un folle girotondo con la sua anima che farà crollare tutta la sua razionalità, che si sbriciolerà sotto i suoi piedi dopo l’incontro con la piccola Melissa dal volto triste.
Operazione Paura è un film dove vengono abilmente mescolati inconscio e realtà, all’interno di una quanto mai fascinosa atmosfera onirica contestualizzata in un borgo che sembra appartenere ad un’altra epoca. Alcune trovate diventeranno talmente iconiche da essere riprese all’infinito nel cinema di genere, come la bimba con la palla, che nasce qui come figura dell’immaginario collettivo orrorifico. E pensare che quella bimba bionda era in realtà un bambino, Valerio Valeri, perché tra tante bambine provinate il Maestro non era riuscito a trovarne una che corrispondesse ai canoni da lui immaginati per la sua Melissa!
Ormai considerato universalmente uno dei massimi capolavori del cinema fantastico italiano di matrice gotica, Operazione Paura è un vero e proprio viaggio allucinatorio nell’incubo, nella pura essenza della paura, del terrore dell’ignoto, della sofferenza, della morte. Fregandosene ampiamente dell’esiguo budget che aveva a disposizione, Bava Senior, assistito sul set dal figlio Lamberto, riesce a trarne il massimo, come in tutti i suoi lavori, trasformando un ovvio limite in un suo punto di forza. Occupandosi anche della fotografia, insieme al DoP Antonio Rinaldi, Bava circonfonde tutta la sua pellicola di quello che è il marchio di fabbrica inconfondibile del suo cinema, coinvolgendo nel progetto grandi nomi come gli sceneggiatori Roberto Natale e Romano Migliorini, autori di un altro gotico di grande successo, Il Boia Scarlatto di Massimo Pupillo del 1965, e il musicista modenese Carlo Rustichelli, che con lui aveva già lavorato ne La Frusta e il Corpo e 6 Donne per l’Assassino. Qui viene proseguito da Mario lo sperimentalismo cromatico iniziato ne La Frusta e il Corpo e proseguito, con risultati eccelsi, in 6 Donne per l’Assassino. Gli effetti sfocati, i colori psichedelici, il largo uso di piani sequenza e soggettive senza soggetto servono a sottolineare efficacemente l’atmosfera onirica in cui si ambienta tutta la vicenda di questo horror quasi surrealista, apice del virtuosismo di Mario Bava, che sembra, in parte, ispirarsi ai gotici di un altro grande autore, Roger Corman. Il clima del piccolo paese gravato da una cupa maledizione è a tratti talmente oppressivo da risultare quasi lovecraftiano, e non è un caso se con questo trionfo immaginifico Bava decida di mettere un freno alla fase prevalentemente gotica del suo cinema.
Nel cast spiccano ovviamente i nomi di Giacomo Rossi Stuart ed Erika Blanc. Stuart ci regala qui una delle sue migliori interpretazioni, la perfetta incarnazione dei valori morali impeccabili dell’eroe gotico, dopo che con Bava aveva già lavorato nel 1964 al film d’avventura I Coltelli del Vendicatore. La splendida Blanc, qui poco più che ventenne, inaugurerà con questo 1966 una carriera costellata di successi e diretta da nomi quali Alberto De Martino e Umberto Lenzi, per poi non fermarsi mai fino ai nostri giorni. La sua Monica è la classica fanciulla delicata da gotico, che scoprirà molti ed ineluttabili segreti che la riguardano; è assolutamente perfetta come scream queen! Nel ruolo di Nadienne, figlia dei proprietari della locanda, si fa notare una giovanissima Micaela Esdra, allora agli inizi, che nel 1974 parteciperà anche ad un altro horror importante, Un Fiocco Nero per Deborah di Marcello Andrei, ma sarà conosciuta massimamente come attrice televisiva e doppiatrice.
Purtroppo, come spesso si dice, “nemo propheta in patria”, ed anche per Bava, ahimè, questo motto calza a pennello. Infatti, nonostante l’elevata qualità dei suoi lavori, il riconoscimento da parte della critica dell’epoca è sempre stato molto scarso, ed Operazione Paura non fa eccezione. Sembra incredibile, ma è così. Per fortuna il tempo è stato galantuomo, ed oggi si guarda a questo film come uno dei capolavori indiscussi del maestro sanremese. Operazione Paura è una gioia per gli occhi, un film che guarda ai Balcani, come tutto il genere gotico che si rispetti, ma anche alle brumose atmosfere di brughiera rese note dalla Hammer Film. Bava è un esperto pittore, che gioca coi colori con nonchalance e ardimento, riuscendo a gestirli nella miglior maniera possibile, rendendo così un piccolo villaggio un luogo di desolazione, terrore e morte, della quale sembra quasi potersi sentire l’odore. Geometrie non euclidee vengono poi proposte a Villa Graps, dalla scala a chiocciola che sembra infinita al girotondo di Giacomo Rossi Stuart che si insegue da solo da una stanza all’altra della labirintica magione.
Insomma, Operazione Paura è un film imprescindibile per tutti i cultori del genere, senza il quale non esisterebbero un sacco delle suggestioni riproposte in seguito da grandi autori quali David Lynch, Federico Fellini, ma anche moltissimi altri. Lasciatevi trasportare dalle note magiche che il grande maestro sa far stillare dalle sue immagini, e vivrete un’esperienza immersiva dalla quale vi dispiacerà, alla fine, dover uscire. Mario Bava è stato e rimane uno dei registi più significativi del nostro cinema di genere Made in Italy.
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