In questoTrafic del 1971non c’è più la vena poetica delle prime opere, in particolare del bellissimo Le vacanze di Monsieur Hulot del 1953. Tati sembra aver perso l’ispirazione degli altri film, diretti ed interpretati nel ruolo del suo magico ed allampanato personaggio, l’eterno bambino dalla figura stilizzata, che sembra ritagliata da un fumetto di Tofano di inizi novecento. Hulot non diverte più come nelle precedenti e surreali avventure, sembra precocemente invecchiato, quasi intristito e più lento appare perfino il suo incedere saltellante. Per la prima mezz’ora non accade nulla e la noia incombe.
[+]
In questoTrafic del 1971non c’è più la vena poetica delle prime opere, in particolare del bellissimo Le vacanze di Monsieur Hulot del 1953. Tati sembra aver perso l’ispirazione degli altri film, diretti ed interpretati nel ruolo del suo magico ed allampanato personaggio, l’eterno bambino dalla figura stilizzata, che sembra ritagliata da un fumetto di Tofano di inizi novecento. Hulot non diverte più come nelle precedenti e surreali avventure, sembra precocemente invecchiato, quasi intristito e più lento appare perfino il suo incedere saltellante. Per la prima mezz’ora non accade nulla e la noia incombe.
Nel film ci sono, tuttavia, delle gag geniali ed intramontabili, come quella del prete che si inginocchia davanti al cofano aperto della propria auto in panne ed in quel momento, ripreso di spalle, è come se stesse dicendo messa dinanzi all’altare della sua chiesetta. E’ una scenetta divertente ed insieme un’icastica e potente metafora del nuovo rito pagano della moderna società tecnologica e consumista, in cui si adorano le cose prodotte in serie, in questo caso le automobili, come fossero delle divinità. Di minor impatto sono le altre scene in cui si ironizza bonariamente sulle cattive abitudini dell’automobilista tipo, quasi una moderna figura mitologica metà uomo e metà macchina, impegnato a ficcarsi le dita nel naso nel traffico della grande città o a fare lite per questioni di precedenza.
Il progettista Hulot non poteva che ideare un auto fatta per sostare più che per viaggiare, una piccola vettura che si trasforma in casa per un campeggio improvvisato. A dispetto degli obiettivi di marketing fissati dall’azienda, l’appuntamento con l’esposizione del prototipo al salone dell’automobile salta ed il viaggio di lavoro diventa un’avventura rocambolesca ed un’occasione per una scampagnata all’aperto con un picnic tra amici appena conosciuti. Nel lieto fine la super efficiente addetta alle pubbliche relazioni, l’intransigente e carrierista Maria Kimberly , grazie ad Hulot, diventa più umana, come in Mon Oncle anche stavolta il signor Bonaventura ha guadagnato il suo milione.
[-]
|
|