dandy
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giovedì 15 febbraio 2024
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può cambiare tutto in 48 ore...
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Al secondo film Amendola(che sceneggia con Giancarlo De Cataldo,autore del sogetto)lascia la commedia per il classico spaccato di vite allo sbaraglio sia nel sottobosco di Roma che nei quartieri alti.I temi,pur non nuovi(redenzione,sacrificio,incomprensioni tra genitori e figli,onore,vendetta)sono messi in scena con bella grinta,si passa abilmente dai toni scanzonati ai momenti duri(senza farsi mancare sesso e violenza)e gli interpreti sono molto ben diretti.Non manca di retorica e non tutte le storie si concludono efficacemente(in particolare quella di Angelo e Rossana eccede in sentimentalismo)ma è un cinema piacevole e grintoso,per certi versi non indegno di Stefano Sollima,da cui probabilmente Amendola avrà preso spunto dopo "Suburra".
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Al secondo film Amendola(che sceneggia con Giancarlo De Cataldo,autore del sogetto)lascia la commedia per il classico spaccato di vite allo sbaraglio sia nel sottobosco di Roma che nei quartieri alti.I temi,pur non nuovi(redenzione,sacrificio,incomprensioni tra genitori e figli,onore,vendetta)sono messi in scena con bella grinta,si passa abilmente dai toni scanzonati ai momenti duri(senza farsi mancare sesso e violenza)e gli interpreti sono molto ben diretti.Non manca di retorica e non tutte le storie si concludono efficacemente(in particolare quella di Angelo e Rossana eccede in sentimentalismo)ma è un cinema piacevole e grintoso,per certi versi non indegno di Stefano Sollima,da cui probabilmente Amendola avrà preso spunto dopo "Suburra".Purtroppo come il precedente film del regista il pubblico lo ha accolto con totale indifferenza.Probabilmente perchè di Amendola conoscono solo gli esordi e I Cesaroni.Uff...
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francog
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domenica 2 aprile 2023
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film mediocre
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Scritto male, gli attori hanno difficolta' ad esprimere una recitazione accettabile a causa di cio'.
Film lento.
Sembra un film antico.
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biscotto51
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giovedì 14 ottobre 2021
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peccato il sonoro...
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Sarebbe un bel film se si riuscissero a capire tutti i daloghi, le parole che gli attori sussurrano, masticano, mormorano in dialetto romanesco...
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matteo
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domenica 25 aprile 2021
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quattro personaggi in cerca di autore
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Quarantotto ore di permesso premio dal carcere, due giorni di libertà in cui ognuno dei quattro personaggi si troverà, suo malgrado, a dover fare i conti con la propria storia o a cercare di mettere le cose a posto. Questa è la tematica che muove la narrazione del film ma che a mio giudizio ne mette inl luce le molte debolezze. I personaggi risultano vittime di una caratterizzazione eccessiva che ne fa degli stereotipi superficiali senza profondità psicologiaca. Il noir cede il posto a un'analisi sociale che francamente Amendola non riesce a cogliere se non nei soliti clichè. L'unico personaggio che ho trovato abbastanza autentico nelle mimiche della propria sofferenza è Angelo che fa la parte del'utile idiota (che paga per tutti) del gruppo di sbandati di periferia ma che dimostra di avere una coscienza.
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Quarantotto ore di permesso premio dal carcere, due giorni di libertà in cui ognuno dei quattro personaggi si troverà, suo malgrado, a dover fare i conti con la propria storia o a cercare di mettere le cose a posto. Questa è la tematica che muove la narrazione del film ma che a mio giudizio ne mette inl luce le molte debolezze. I personaggi risultano vittime di una caratterizzazione eccessiva che ne fa degli stereotipi superficiali senza profondità psicologiaca. Il noir cede il posto a un'analisi sociale che francamente Amendola non riesce a cogliere se non nei soliti clichè. L'unico personaggio che ho trovato abbastanza autentico nelle mimiche della propria sofferenza è Angelo che fa la parte del'utile idiota (che paga per tutti) del gruppo di sbandati di periferia ma che dimostra di avere una coscienza. Il film si dimostra debole anche quando cerca di essere più vicino alla realtà dei fatti, quindi anche quando cerca di essere credibile: i detenuti in permesso non possono girare di notte, devono essere reperibili al domicilio, non sono mica in vacanza!! Insomma siamo lontani da un vero film che ci costringe a riflettere.
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great steven
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martedì 28 luglio 2020
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una sosta di 2 giorni fuori dalle mura carcerarie.
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IL PERMESSO – 48 ORE FUORI (IT, 2017) diretto da CLAUDIO AMENDOLA. Interpretato da CLAUDIO AMENDOLA, LUCA ARGENTERO, VALENTINA BELLè, GIACOMO FERRARA, MASSIMO DE SANTIS, ANTONINO IUORIO, ANDREA CARPENZANO, IVAN FRANEK, SIMONE LIBERATI, SILVIA DEGRANDI ● Quattro detenuti del carcere di Civitavecchia ottengono un permesso di due giorni per uscire dalla prigione. Al termine di esso dovranno rientrare, salvo essere trattati alla stregua di evasi. Non si conoscono né si sono mai incontrati prima. Luigi, padre di famiglia, ha alle spalle vari reati, fra cui omicidi ed estorsioni: tornato a casa, dovrà fare i conti con Goran, suo vecchio complice asiatico infastidito dal fatto che il figlio di Luigi adesso spacci sulla sua stessa piazza, sottraendogli i clienti che richiedono la droga.
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IL PERMESSO – 48 ORE FUORI (IT, 2017) diretto da CLAUDIO AMENDOLA. Interpretato da CLAUDIO AMENDOLA, LUCA ARGENTERO, VALENTINA BELLè, GIACOMO FERRARA, MASSIMO DE SANTIS, ANTONINO IUORIO, ANDREA CARPENZANO, IVAN FRANEK, SIMONE LIBERATI, SILVIA DEGRANDI ● Quattro detenuti del carcere di Civitavecchia ottengono un permesso di due giorni per uscire dalla prigione. Al termine di esso dovranno rientrare, salvo essere trattati alla stregua di evasi. Non si conoscono né si sono mai incontrati prima. Luigi, padre di famiglia, ha alle spalle vari reati, fra cui omicidi ed estorsioni: tornato a casa, dovrà fare i conti con Goran, suo vecchio complice asiatico infastidito dal fatto che il figlio di Luigi adesso spacci sulla sua stessa piazza, sottraendogli i clienti che richiedono la droga. Donato è un ex pugile obbligato a combattere in incontri clandestini, alla ricerca della moglie costretta a prostituirsi: il di lei protettore, Sasà, lo pugnala a tradimento al termine di un nuovo match clandestino, ma Donato riesce a sopravvivere e ricompare per vendicarsi terribilmente. Rossana è una ragazza ricca finita dietro le sbarre per aver importato droga dal Brasile in cui si trovava in vacanza, mentre Angelo è un borgataro romano dentro per rapina a mano armata che, quando esce, progetta subito un nuovo colpo col suo gruppo di amici delinquenti. Rossana e Angelo (gli unici due del quartetto che entrano in contatto diretto fra loro) finiscono però col riconsiderare le loro scelte in merito ad arricchirsi con la violenza per poi fuggire all’estero: allo scadere del permesso, infatti, hanno fatto amicizia e rientrano sereni, consapevoli di voler scontare il resto della pena con la speranza, poi, di ricostruirsi una vita. Film duro, angosciante e iperrealistico, profondamente imperniato sul sempreverde tema sociale del crimine, rappresenta la seconda regia di C. Amendola, che mostra ormai una completa maturazione sia come attore che come cineasta di più ampio respiro: collaborando oltretutto anche alla sceneggiatura (con Giancarlo De Cataldo – e si sente! – e Roberto Jannone), crea un noir con una considerevole tensione drammatica capace di mantenere un ritmo eccezionale, il quale si concentra sul destino dei quattro protagonisti seguendone le sorti, infauste per qualcuno e più miti per qualche altro, come un deus ex machina seguirebbe lo sviluppo di una sua creazione materiale collegando mano e cervello in un pensiero creativo, qui addirittura quasi sublime, nonostante la glaciale freddezza e lo spietato interessamento di fondo che permeano una vicenda comunque mai priva di umanità e sempre attenta alla denuncia. Attori tutti da applauso, fra i quali spicca un insolito L. Argentero dal capello corto e il volto cicatrizzato, che regala agli spettatori il ritratto inquieto e ferito di un uomo che non permette alle violenze dell’esistenza di sconfiggerlo. È un’opera a tutti gli effetti in grado di sostenere il paragone con Suburra e la serie tv tratta da Gomorra, e per l’appunto i riferimenti all’universo della criminalità descritti nella narrativa di Saviano appaiono molto prossimi. Tra le figure di contorno anche A. Carpenzano, che nello stesso anno recitò come protagonista in Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, al fianco di un magnifico Giuliano Montaldo. Ciak d’oro 2017 al miglior produttore (Claudio Bonivento).
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ennio
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giovedì 21 giugno 2018
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apprezzabile l'originalità dell'idea
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Guardo i film di/con Amendola quando so cosa voglio vedere, mi aspetto un prodotto di buona qualità ma senza troppa originalità. Qualcosa di prevedibile che a volte può essere buono a volte un pò noioso. In questo caso è un buon film, principalmente per l'idea originale (per quanto ne so) di fotografare le vite di detenuti, soggetti molto diversi tra loro, durante un breve permesso dal carcere. Come dice uno dei protagonisti e come si ricorda uno come me che ha fatto la naja: "48 ore, come al militare".
Nessun attore davvero sopra le righe, se la cavano tutti benino, specie i maschi.
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vepra81
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mercoledì 21 febbraio 2018
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passeggiate e passeggiate
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Il film alla fine non è brutto. L'inizio è davvero lentissimo con una infinità di inquadrature di soggetti che camminano. E' il racconto di 4 carcerati che escono per sistemare i conti. Amendola si è riservato il ruolo più difficile, anche se spesso si trova in una parte ridicola dove non è chiaro il suo ruolo. Film consigliato per una serata.
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alberto
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venerdì 21 aprile 2017
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noir ben congegnato
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La libertà è un concetto relativo, come tutto (purtroppo) nella vita: in questo caso uscire momentaneamente di prigione non è proprio una gioia per tutti, poiché come c'è chi non vede l'ora di fare passeggiate chilometriche e mangiare schifezze,così non mancano quelli consapevoli che tornare alla "normalità" significa anche chiudere conti col passato e pagare i propri errori. Amendola qui scrive (con De Cataldo e Jannone), dirige (per la seconda volta, dopo "La mossa del pinguino") e recita bene. Infatti la sceneggiatura ci presenta quattro storie, quattro diversi individui, accomunati solo dall'avere una condanna: droga, rapine, omicidi e colluttazioni, sempre loro.
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La libertà è un concetto relativo, come tutto (purtroppo) nella vita: in questo caso uscire momentaneamente di prigione non è proprio una gioia per tutti, poiché come c'è chi non vede l'ora di fare passeggiate chilometriche e mangiare schifezze,così non mancano quelli consapevoli che tornare alla "normalità" significa anche chiudere conti col passato e pagare i propri errori. Amendola qui scrive (con De Cataldo e Jannone), dirige (per la seconda volta, dopo "La mossa del pinguino") e recita bene. Infatti la sceneggiatura ci presenta quattro storie, quattro diversi individui, accomunati solo dall'avere una condanna: droga, rapine, omicidi e colluttazioni, sempre loro. I loro caratteri non vengono approfonditi subito, ma gradualmente, soprattutto attraverso le azioni. Troviamo un inquietante Argentero con un solo obiettivo: trovare la moglie; Amendola ex spacciatore con l'obiettivo di dare una regolata alla superficiale attività del figlio combinaguai, sulle sue orme; Giacomo Ferrara membro di un gruppo di delinquenti coatti e Valentina Bellé, che qui non offre di certo la sua migliore performance attoriale, viziata e con molte mandate a quel paese augurate, entrambi ostinati a non ritornare in gatta buia. In un modo o nell'altro, ognuno riuscirà a ritrovare un certo equilibrio, che alla fine rappresenta il vero obiettivo di ogni persona. Il percorso dei protagonisti è malinconico e sempre incerto, e quest'atmosfera triste e seria, ma comunque non priva di un paio di scenette goliardiche della banda, è tramessa allo spettatore anche grazie alle musiche di Paolo Vivaldi. La maschera dell'ex cesarone ed erede del Monnezza è simile a quella vista in "Suburra", in cui interpretava il boss di Roma; qui mantiene l'atteggiamento autoritario e austero e il suo personaggio è molto interessante: cosa non si fa per la famiglia. Delle storie dunque crude, con qualche scena alla "Fight Club", ben costruite, con (quasi tutte) buone prove attoriali ed inoltre con la bella scelta di identificare l'amore come il comune promotore delle azioni dei personaggi.
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franky108
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mercoledì 12 aprile 2017
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una occasione sprecata
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Il permesso è il secondo film che vede alla regia Claudio Amendola e racconta la storia di 4 persone accomunate dal fatto di aver ricevuto un permesso per uscire dal carcere di due giorni. Rossana, la cui attrice ricorda un po' Eva Green, è una ragazza di ricca famiglia che, come in ogni film/clichè, ha una madre che è più impegnata agli affari che a badare a lei e un autista/amico/figura paterna. La sua storia, così come quella degli altri personaggi, è appena accennata ma è destinata ad intrecciarsi con quella di Angelo, ragazzo "orfano" la cui famiglia è ormai composta da 3 amici che non ci hanno pensato due volte prima di abbandonarlo e farlo arrestare. Entrambi sono i due personaggi positivi del racconto che segue una linearità fin troppo prevedibile e priva di spunti interessanti.
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Il permesso è il secondo film che vede alla regia Claudio Amendola e racconta la storia di 4 persone accomunate dal fatto di aver ricevuto un permesso per uscire dal carcere di due giorni. Rossana, la cui attrice ricorda un po' Eva Green, è una ragazza di ricca famiglia che, come in ogni film/clichè, ha una madre che è più impegnata agli affari che a badare a lei e un autista/amico/figura paterna. La sua storia, così come quella degli altri personaggi, è appena accennata ma è destinata ad intrecciarsi con quella di Angelo, ragazzo "orfano" la cui famiglia è ormai composta da 3 amici che non ci hanno pensato due volte prima di abbandonarlo e farlo arrestare. Entrambi sono i due personaggi positivi del racconto che segue una linearità fin troppo prevedibile e priva di spunti interessanti. A loro si oppongono gli altri due detenuti: Luigi, malavitoso di periferia che cerca di salvare il figlio emulatore che ha intrapreso la sua stessa strada scontrandosi con l'amico/rivale Goran, pericoloso criminale che minaccia Amendola di fargliela pagare ma che gli lascia una marea di tempo per mettere in salvo la vita della propria famiglia(...), e Donato detto Highlander(vista la sua resistenza a fame,sete, botte, coltellate e dotato di centinaia di litri di sangue), un Luca Argentero particolarmente in forma che riesce a rendere abbastanza credibile un personaggio che è fondamentalmente uno stereotipo. Non si capisce bene perchè sia in galera, ma una volta uscito va alla ricerca di Sonia, l'unica donna che abbia mai amato e prigioniera del peggior criminale finto-napoletano della storia del cinema. Nelle storie raccontate non c'è nessun guizzo particolare, se non forse la scena padre/figlio di Luigi e la visita al giardino. Non c'è un collegamento tra le storie e se l'obiettivo era quello di far vedere la reazione al permesso forse sarebbe stato il caso di approfondire, all'inizio del film, le storie del personaggi, la loro condanna e cosa rappresentava questo evento per loro. La sensazione che si ha durante tutto il film è di superficialità. Insomma i personaggi hanno rischiato (o lo hanno effettivamente fatto) di sprecare questa occasione e lo stesso lo ha fatto questo film.
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domenicomaria
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mercoledì 5 aprile 2017
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la bellezza salverà il mondo?
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Pur con qualche esitazione, assegno 4 stelle a una pellicola certamente non impeccabile, nondimeno personale e stimolante. Personalmente ci sento diverse suggestioni pasoliniane, a partire dalle ambientazioni sociali e territoriali, di una Roma e di una periferia degradata, habitat di una fascia sociale degradata,amorale e connotata da una quotidianità sospesa tra l'incubo e la ferocia. Abbiamo due detenuti giovani di ambienti sociali diametralmente opposti e con storie parallele e contrarie di degrado mentale. La giovane ricchissima(la Bellè), frutto inevitabile di una esistenza connotata dall'onnipotenza del denaro e dalla contemporanea assenza dei genitori, che produce una ragazza divorata dalla fame di trasgressione.
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Pur con qualche esitazione, assegno 4 stelle a una pellicola certamente non impeccabile, nondimeno personale e stimolante. Personalmente ci sento diverse suggestioni pasoliniane, a partire dalle ambientazioni sociali e territoriali, di una Roma e di una periferia degradata, habitat di una fascia sociale degradata,amorale e connotata da una quotidianità sospesa tra l'incubo e la ferocia. Abbiamo due detenuti giovani di ambienti sociali diametralmente opposti e con storie parallele e contrarie di degrado mentale. La giovane ricchissima(la Bellè), frutto inevitabile di una esistenza connotata dall'onnipotenza del denaro e dalla contemporanea assenza dei genitori, che produce una ragazza divorata dalla fame di trasgressione.Coetaneo e "borgataro" il ragazzo Angelo(Ferrara), con una famiglia devastata e alla disperata ricerca di "fratelli", per ricomporre il nucleo di nascita, esploso: e di "fratelli", di sciagura e disperazione, ne trova 3. Ha pagato per altri, sconta la sua pena, ma "si odia". Non quanto Donato(Argentero), che pur dotato di un fisico di enorme vigore, forse rappresenta l'abisso del degrado assoluto, alla ricerca di riscatto inconsapevolmente: ma, consapevolpente, nonostante il permesso di 48 ore, ancora pronto a autodistruggersi, e riannegare nella ferocia. Luigi(Amendola), pur con un trascorso non meno alienante e brutale, punta a una qualche forma di riconciliazione familiare, ma vede sfracellarsi i suoi sogni al primo rientro a casa. Amendola prevale su tutti, ma le altre 3 caratterizzazioni sono nel complesso centrate. Però, a mio avviso, la scena più bella è quella di Angelo e Rossana di notte, davanti a un bellissimo giardino "all'italiana" di una dimora rinascimentale. Nei lunghissimi silenzi del carcere Angelo ha chiesto di leggere, si è appassionato di Arte e della Arte del Giardinaggio artistico, d'epoca. Il giardino rappresenta l'armonia del cosmo, del tempo, delle stagioni, sintesi suprema di Natura e Bellezza(tutto ciò che è in loro totalmente assente). Rossana ascolta, "drogata" dalle parole e dai contenuti, totalmente inediti, restandone catturata.Il finale più che mai non si racconta, ma la trovata di Amendola è bella e fa riflettere, proprio collegata al Giardino.Un po' superficiale lo spaccato sul "paradiso" Pariolo Extra Lusso.Li Virzì aveva davvero immerso fino in fondo la lama. Quì diciamo cosi, un po' di sangue, da Codice Verde.Comunque,nonostante passi duri, da vedere.
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