folignoli
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mercoledì 7 dicembre 2011
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non basta la collocazione storica
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Non basta la collocazione storica che fa da sfondo al film per renderlo di qualità. La recitazione priva di fantasia lo rende anonimo e lo depone insieme a tutte quelle opere più o meno identiche, in cui cambia solo il soggetto. Lo sviluppo appare demagogico e (non vorrei apparire troppo duro) banale. I ragazzini donano freschezza al racconto, ma vengono diretti male, denotando evidenti limiti espressivi. Il film sembra assomigliare più ad un documentario, poiché le scene vengono costruite in modo troppo realistico, senza nessuno slancio di stile, senza nessuna accelerazione o invenzione. La macchina da presa sembra registrare esclusivamente ciò che vede.
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Non basta la collocazione storica che fa da sfondo al film per renderlo di qualità. La recitazione priva di fantasia lo rende anonimo e lo depone insieme a tutte quelle opere più o meno identiche, in cui cambia solo il soggetto. Lo sviluppo appare demagogico e (non vorrei apparire troppo duro) banale. I ragazzini donano freschezza al racconto, ma vengono diretti male, denotando evidenti limiti espressivi. Il film sembra assomigliare più ad un documentario, poiché le scene vengono costruite in modo troppo realistico, senza nessuno slancio di stile, senza nessuna accelerazione o invenzione. La macchina da presa sembra registrare esclusivamente ciò che vede. Non si vede la mano del regista (come spesso succede nel cinema attuale) e questo comporta una piattezza generale del prodotto, che corre su binari troppo scontati, da diventare noiosi.
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giacomo j.k.
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giovedì 18 novembre 2010
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sprazzi d'estate nell’autunno del cinema italiano
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È l’estate del 1980. Martino, un ragazzo di 14 anni, passa le giornate tra uscite col gruppo del fratello maggiore e escursioni solitarie sul litorale, dove riesce a intrufolarsi all’interno di un’area Nato. Qui ruba una piastrina per la ragazza del fratellone e si incanta ad osservare tre soldati americani che fanno surf. Pizzicato dal capitano Jeff Clark, gli chiede di (leggi, lo costringe a) insegnargli a cavalcare le onde.
Il surf si trasforma ben presto in metafora dell’esistenza, un’esistenza che per Martino segue le orme dell’eroe delle storie della sua infanzia, Dragut (a volte, questo sì, fin troppo invasivo), destinato a liberare il mondo dal male, iniziando forse proprio dal superamento dei pregiudizi e dal dono dell’amore… sino ad un finale piuttosto controverso.
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È l’estate del 1980. Martino, un ragazzo di 14 anni, passa le giornate tra uscite col gruppo del fratello maggiore e escursioni solitarie sul litorale, dove riesce a intrufolarsi all’interno di un’area Nato. Qui ruba una piastrina per la ragazza del fratellone e si incanta ad osservare tre soldati americani che fanno surf. Pizzicato dal capitano Jeff Clark, gli chiede di (leggi, lo costringe a) insegnargli a cavalcare le onde.
Il surf si trasforma ben presto in metafora dell’esistenza, un’esistenza che per Martino segue le orme dell’eroe delle storie della sua infanzia, Dragut (a volte, questo sì, fin troppo invasivo), destinato a liberare il mondo dal male, iniziando forse proprio dal superamento dei pregiudizi e dal dono dell’amore… sino ad un finale piuttosto controverso.
L’Estate di Martino è un film di formazione che si può a buon diritto annoverare tra le esperienze cinematografiche italiane meglio riuscite degli ultimi anni. Massimo Natale si cimenta nella sua opera prima con connotati da esordiente (il che non va per forza inteso in senso negativo) e con una profondità di stile e di caratteri eccezionale (non a caso proviene dal mondo del teatro). Il cast è altrettanto nuovo al grande schermo; unica eccezione, l’attore americano Treat Williams (Hair, 1941 Allarme a Hollywood). “Ho chiamato io Treat, che è uno dei miei attori americani preferiti – confessa Massimo Natale incontrando il pubblico dell’anteprima web sul sito italiano di cinema MyMovies.it – sapevo che sarebbe stato perfetto per il ruolo. Luigi Ciardo e Matilde Maggio [nel film Martino e Silvia], invece, hanno fatto degli ottimi provini. Luigi poi era proprio il Martino che cercavamo: ombroso ma capace di una comunicativa fantastica”. A seguire, Natale scandalizza tutti, annunciando che la distribuzione del fil coprirà appena la decina di sale e ci mette voglia di un viaggetto in Lucania svelando la location del film come quella di un’oasi del WWF in provincia di Matera.
Luigi-Martino sorprende tutti dicendo: “Ho dovuto imparare a surfare prima delle riprese del film. Non ne ero capace prima”. Un'ottima iniziativa, quella di MyMovies Live, per un film sopra le righe.
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angelo umana
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mercoledì 17 novembre 2010
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ricca estate
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Secondo una personalissima convinzione un film è valso la pena vederlo o vale in assoluto quando te lo ricordi la mattina seguente o ti restano dentro momenti di esso e sensazioni dopo tempo. “L’estate di Martino” (o “Luglio ‘80”?) è uno di questi e esprimo gratitudine a MyMovies per avercelo mostrato in anteprima. Protagonisti sono Luigi Ciardo-Martino e Matilde Maggio-Silvia, 15 e 18 anni, che nella chat del dopo-anteprima salutano tutti entro le 23 perché il mattino dopo devono andare a scuola. Altro protagonista è Treat Williams, il capitano Jeff Clark che col suo sguardo intenso sembra incarnare l’unico vero papà del film, ottimamente diretto da Massimo Natale, 48enne esordiente nel cinema: onore ai giovani e peccato che il film sia distribuito inizialmente in solo 10 sale!
L’estate del 14enne Martino – dal 26/6 al 2/8/1980 nella costa brindisina - è stata proprio una ricca estate, di quelle che fanno crescere enormemente i ragazzi di quell’età, da vederli trasformati al ritorno a scuola.
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Secondo una personalissima convinzione un film è valso la pena vederlo o vale in assoluto quando te lo ricordi la mattina seguente o ti restano dentro momenti di esso e sensazioni dopo tempo. “L’estate di Martino” (o “Luglio ‘80”?) è uno di questi e esprimo gratitudine a MyMovies per avercelo mostrato in anteprima. Protagonisti sono Luigi Ciardo-Martino e Matilde Maggio-Silvia, 15 e 18 anni, che nella chat del dopo-anteprima salutano tutti entro le 23 perché il mattino dopo devono andare a scuola. Altro protagonista è Treat Williams, il capitano Jeff Clark che col suo sguardo intenso sembra incarnare l’unico vero papà del film, ottimamente diretto da Massimo Natale, 48enne esordiente nel cinema: onore ai giovani e peccato che il film sia distribuito inizialmente in solo 10 sale!
L’estate del 14enne Martino – dal 26/6 al 2/8/1980 nella costa brindisina - è stata proprio una ricca estate, di quelle che fanno crescere enormemente i ragazzi di quell’età, da vederli trasformati al ritorno a scuola. Ha finalmente trovato il coraggio di sfidare i due enormi pesi con cui conviveva, il rozzo fratello maggiore e il papà violento ma anche frustrato, una vita faticosa da operaio e la moglie – mamma di Martino – morta. Il ragazzo ha conosciuto meglio sé stesso, insegue i suoi sogni, le cose che cerca. Dicono di lui che è uno strano ragazzo, che ha la testa per conto suo, in realtà è come tutti gli adolescenti, che del resto ricercano il loro “centro di gravità permanente”. Ha trovato quell’estate ben due sogni che lo spingono, l’attrazione ricambiata per Silvia e l’amicizia col capitano americano che gli insegna a “surfare” sulle onde. E’accennata nel film l’inimicizia degli italiani, allora, verso tutto quello che era a “stelle e strisce”, anche l’umanissimo capitano americano, che in Martino ritrova per un pò il figlio che non vede da tempo: gli americani furono ritenuti responsabili dell’abbattimento dell’aereo Itavia di quell’anno doppiamente tragico. Figurarsi dunque come poteva venir osservato un appartenente all’esercito americano convinto di voler servire il suo paese: “Se ne fai parte (dell’esercito) sei qualcuno, riconosciuto, rispettato”. Purtroppo – piccola nota negativa - tutti gli attori di contorno sono sì funzionali ma poco più che macchiette, soprattutto lo pseudo-comunista.
Il finale del film lascia la facoltà di immaginare romanticamente che è la mamma di Martino a riprendersi il figlio, la mamma che da piccolo lo avvolgeva con la fiaba di Dragut che libera “gli uomini dal dolore e dalla violenza”, forse il periodo più felice della vita del ragazzo. Dopo giorni rimane ancora in mente l’apparente durezza dello sguardo assorto di Luigi Ciardo, e insieme la sua espressività e delicatezza. Una bomba scoppia in verità il 2/8/1980 ma non è quella della Stazione di Bologna, questa fantasia riporta alla mente il finale di “Buongiorno, Notte” di Marco Bellocchio sul rapimento Moro, che si conclude con la sua liberazione, proprio perché, come è scritto nei titoli di coda, “Sognare non vuol dire dimenticare”.
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jayan
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mercoledì 17 novembre 2010
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invantevole, delicato, come una favola... sul mare
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Ottima regia e interpretazione, immagini splendide, sembra di essere in una favola, anche se drammatica. Bello il connubio tra il racconto della storia (favola) raccontata e la realtà che diviene, come nella favola, l'avventura del protagonista, un ragazzo di quindici anni che già sa interpretare meglio di un attore adulto e navigato. Dei ragazzi su una spiaggia della Puglia vedono dei militari americani fare surf. Uno di questi fa amicizia con il comandante che gli insegna ad andare sulla tavola da surf. Sarà per lui come la madre morta quando gli raccontava le favole, sarà un esempio di coraggio e ardito vivere. C'è anche una storia d'amore, ma non posso rivelarvi il finale. Anche se indiretti ci sono riferimenti alla strage di Ustica, l'aereo civile abbattuto da militari forse statunitensi, avvenuta in quello stesso anno.
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Ottima regia e interpretazione, immagini splendide, sembra di essere in una favola, anche se drammatica. Bello il connubio tra il racconto della storia (favola) raccontata e la realtà che diviene, come nella favola, l'avventura del protagonista, un ragazzo di quindici anni che già sa interpretare meglio di un attore adulto e navigato. Dei ragazzi su una spiaggia della Puglia vedono dei militari americani fare surf. Uno di questi fa amicizia con il comandante che gli insegna ad andare sulla tavola da surf. Sarà per lui come la madre morta quando gli raccontava le favole, sarà un esempio di coraggio e ardito vivere. C'è anche una storia d'amore, ma non posso rivelarvi il finale. Anche se indiretti ci sono riferimenti alla strage di Ustica, l'aereo civile abbattuto da militari forse statunitensi, avvenuta in quello stesso anno. Il padre del ragazzo è un comunista e odia gli americani (forse questa parte andrebbe modificata: i comunisti sono descritti come violenti ed esageratamente antimilitaristi, il che non è vero). Nell'insieme un film davvero ottimo, che meriterebbe un premio al Festival di Roma. Qui si vede come si può fare buon cinema anche con pochi mezzi. Purtroppo ho saputo che andrà solo in 10 sale in tutt'Italia. E' una vergogna. Altri film, di basso livello, vanno in centinaia o migliaia di sale! E' chiaro che partendo così inizia molto svantaggiato. Per cui tifo per un premio a Roma! Forza Massimo Natale! Potrebbe anche vincere il premio come prima regia al prossimo Davide di Donatello! Così lo proietterebbero di nuovo e in più sale. Fate un passaparola, mi raccomando!
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rongiu
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martedì 16 novembre 2010
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holos / kaustos. completo rogo.
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Ognuno ha la “propria estate”; quella che non dimentichi; quella che ti fa “crescere” e per sempre. Ti ritrovi adulto e basta; non è magìa. Questa, è, l’estate di Martino \Luigi Ciardo/. L’estate di un corpo che “vibra”. Percepire un corpo che vibra non è possibile a tutti. Solo due persone sono in grado di ascoltare anche i silenzi di Martino. Il capitano Clark \Treat Williams/ e la dolcissima Silvia \Matilde Maggio/. Clark e Silvia non conoscono la favola di Dragut, il Principe che sfida il mare per Amore. Impareranno ad Amare, perché Martino irradia Amore, quell’Amore che gli è stato donato da un Ventre Materno con il quale è entrato subito in risonanza.
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Ognuno ha la “propria estate”; quella che non dimentichi; quella che ti fa “crescere” e per sempre. Ti ritrovi adulto e basta; non è magìa. Questa, è, l’estate di Martino \Luigi Ciardo/. L’estate di un corpo che “vibra”. Percepire un corpo che vibra non è possibile a tutti. Solo due persone sono in grado di ascoltare anche i silenzi di Martino. Il capitano Clark \Treat Williams/ e la dolcissima Silvia \Matilde Maggio/. Clark e Silvia non conoscono la favola di Dragut, il Principe che sfida il mare per Amore. Impareranno ad Amare, perché Martino irradia Amore, quell’Amore che gli è stato donato da un Ventre Materno con il quale è entrato subito in risonanza. Quando il guscio si rompe \la rete / per Martino inizia un breve ma intenso viaggio. Spazio e Tempo sono ben delimitati. In questo spazio ed in questo tempo le relazioni significative daranno vita ad una serie di vicende emotivamente forti. Ho assistito sicuramente ad un Film; e da Oscar. Questo mi riempie di gioia. Non ho parole. Il linguaggio del cinema, quello vero, non è mai banale. Non lo sono nemmeno le stragi. Può il cinema aiutare a prevenirle? Credo proprio di si. Le tante vittime, ed i loro familiari, devono ancora Viverla, la loro Estate.
Good Ciak!
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paola di giuseppe
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martedì 16 novembre 2010
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un'estate per non dimenticare
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L'estate di Martino è quella di un ragazzino di 14 anni che guarda il mare da dietro una rete metallica, la spiaggia è sotto il controllo Nato, un pezzo di costa salentina selvaggia, frastagliata, la sabbia finissima, le onde ampie, gonfie e spumeggianti sotto le tavole da surf degli Americani.
Martino è silenzioso, guarda il fratello grande che fuma e fa quello che fanno i fratelli grandi e i loro amici, fra le ragazze c’è Silvia, ed è la più bella apparizione della sua vita, la favola di Dragut che la mamma gli leggeva la sera a letto, prima di spegnere la luce, diventa ora una favola vera e lui conquisterà il mare, come Dragut, il principe che per amore va oltre l’arcobaleno per trovare nelle profondità una giara magica e così gli avvenimenti del mondo cambieranno e non ci sarà più sangue innocente.
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L'estate di Martino è quella di un ragazzino di 14 anni che guarda il mare da dietro una rete metallica, la spiaggia è sotto il controllo Nato, un pezzo di costa salentina selvaggia, frastagliata, la sabbia finissima, le onde ampie, gonfie e spumeggianti sotto le tavole da surf degli Americani.
Martino è silenzioso, guarda il fratello grande che fuma e fa quello che fanno i fratelli grandi e i loro amici, fra le ragazze c’è Silvia, ed è la più bella apparizione della sua vita, la favola di Dragut che la mamma gli leggeva la sera a letto, prima di spegnere la luce, diventa ora una favola vera e lui conquisterà il mare, come Dragut, il principe che per amore va oltre l’arcobaleno per trovare nelle profondità una giara magica e così gli avvenimenti del mondo cambieranno e non ci sarà più sangue innocente.
Ma le favole bisogna ascoltarle dal vivo, non la racconto qui, e questo film ce ne regala una con garbo e semplicità, un montaggio sapiente fonde fantasia e realtà con passaggi fluidi, sembra che si avvolgano l’una sull’altra, e la metafora diventa vita vera e cruda quando la macchina inquadra il cartello della stazione Bologna C., e la valigia sotto la sedia della seconda classe,e poi ritorna sogno nel fluttuare sott’acqua di Martino/Dragut, il principe che va oltre l’arcobaleno e troverà la giara magica che salverà il mondo.
“Sognare non vuol dire dimenticare”,queste le parole nel film per capire questa favola breve, come quelle che leggono le mamme la sera, con pochi personaggi, ma di due mondi che si scontrano e poi s’incontrano al di là e al di qua di una rete metallica.
Un grande mare, anche qui, in Italia, un grande silenzio sul mare, anche qui, e un’estate di giochi poco spensierati, come quelli di Kikujiro. Era l’estate del 1980, difficile da dimenticare……
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kiarasko
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martedì 16 novembre 2010
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quando la storia si piega alla favola
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L'estate di Martino è quella decisiva, ovvero quella in cui - perché sempre d'estate accade - l'adolescente che conserva ancora le sembianze di bambino, si confronta da pari con tutto ciò che riguarda l'età adulta. Una delle tante spiagge vergini salentine è recintata in quanto appartenente alla Nato, e dietro alla rete metallica alcuni militari americani fanno surf, incantando le femmine del gruppo del fratello maggiore di Martino, Massimo. Tra queste ragazze vi è la bellissima Silvia, una ragazza del nord, appena più grande di Martino, ma che però per l'età che ha può già permettersi di stare nel giro dei grandi, al contrario di Martino.
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L'estate di Martino è quella decisiva, ovvero quella in cui - perché sempre d'estate accade - l'adolescente che conserva ancora le sembianze di bambino, si confronta da pari con tutto ciò che riguarda l'età adulta. Una delle tante spiagge vergini salentine è recintata in quanto appartenente alla Nato, e dietro alla rete metallica alcuni militari americani fanno surf, incantando le femmine del gruppo del fratello maggiore di Martino, Massimo. Tra queste ragazze vi è la bellissima Silvia, una ragazza del nord, appena più grande di Martino, ma che però per l'età che ha può già permettersi di stare nel giro dei grandi, al contrario di Martino. Un giorno Martino riesce a sconfinare oltre la rete, trainando, senza volerlo, il gruppo di suo fratello che godrà della conquista territoriale di Martino senza coinvolgerlo nelle loro serate di chitarra in spiaggia intorno al fuoco. La poca differenza d'età tra Martino e suo fratello è presa in quel periodo in cui i corpi sono quelli di un bambino e di un uomo, i pensieri quelli fantastici e quelli politici, l'amore quello ideale e quello sensuale. In pratica Martino non ha nulla da condividere con suo fratello e con il suo gruppo, a parte l'intesa con Silvia, la quale si dimostra attratta da Martino. In un'avanscoperta nella spiaggia proibita Martino viene sorpreso dal capitano Clark, che non sa respingerlo, e cede subito alle richieste fermissime dell'adolescente di insegnarli ad andare sul surf - probabilmente per conquistare Silvia. Tra il capitano Clark e Martino nasce un rapporto sincero e necessario, dettata da motivi psicologici di sostituzione: il capitano Clark ha perso il rapporto con suo figlio, il rapporto di Martino con il proprio padre si esaurisce nel riconoscimento dell'autorità. Sarà proprio durante le lezioni di surf che il capitano Clark capirà gli errori fatti con suo figlio, errori dovuti proprio all'autorità, e Martino maturerà l'emancipazione da quella di suo padre. Nel frattempo Silvia cade nella trappola e osserva tutto e scatta fotografie da dietro la rete, fino al raggiungimento dell'obiettivo narrativo, che è la nascita di un'intimità tra i due adolescenti, prima della partenza della ragazza.
Questa trama è raffinata da una voce fuori campo, la voce della Madre deceduta di Martino, che, fin dall'inizio del film, accompagna lo svolgersi della vicenda di questo amore estivo raccontando la favola di Dragut, un principe che per amore sfida il mare. Con un fine uso della tecnica cinematografica del flash-back, la voce della Madre è evocata come se passasse dalla memoria stessa di Martino, come se fosse lui a ripercorrere mentalmente le parole di quella favola che la mamma gli raccontava da bambino, favola che suggestiona le scelte di Martino e influenza lo svolgersi della sua vicenda. Vicenda che appartiene tanto ai protagonisti quanto al mare, protagonista assoluto del film nella veste di luogo da domare e rifugio uterino.
Infine tutto è incastonato in un preciso contesto storico, il 1980, con il sospetto dell'influenza americana sulla strage di Ustica, l'attentato di Bologna a venire in pochi giorni, la guerra fredda nella dicotomia ideologica tra pensiero capitalistico e pensiero comunista.
La vicenda di Martino (la sua avventura estiva) è scandita da una favola (la storia di Dragut) che fa intuire una tragedia (la morte violenta) ma la conclusione della favola raccontata dalla voce narrante, e l'ultimo atto di Martino, dimostrano come il sacrificio di un principe liberi l'umanità da tutto il dolore del mondo e possa quindi cambiare la Storia.
Così come Tarantino in Bastardi senza Gloria fa morire Hitler per mano di un pistolero ebreo, Natale non fa esplodere la bomba a Bologna, seppure nelle primissime due scene egli ci faccia credere il contrario (scene da oscar alla regia: Silvia scende alla stazione di Bologna e l'inquadratura indugia su una valigia abbandonata, si sente uno schianto, ma lo spettatore impiega qualche millesimo di secondo a rendersi conto che quello non è lo scoppio della bomba, ma il fragore delle onde sugli scogli, come mostra l'immagine. Un perfetto inganno al meccanismo di anticipazione che attua il nostro cervello), piegando la Storia alle necessità della Favola, così come Tarantino la piegò alle necessità del cinema, e facendo di Martino il nuovo Cristo che si sacrifica per l'umanità.
Il tema puramente di formazione affrontato da Natale (che può ricordare in qualche modo il toccante Anche libero va bene dell'ormai maturo Kim Rossi Stuart) sfocia nel simbolico, ha delle altissime aspettative intellettuali ed è impreziosito da importanti rimandi religiosi. Natale sarebbe potuto incombere in un'infinità di errori ed eccessi, ma è riuscito invece a confezionare una perfetto, equilibrato mito giudaico-mediterraneo, grazie all'indugio sulla personalità di Martino, interpretato da un Luigi Ciardo che commuove, grazie ad una scenografia ed ad una fotografia da paradiso terrestre (Sabrina Balestra; Vladan Radovic) e ad un montaggio sartoriale (Paola Freddi), come solo una donna poteva fare.
Film eccellente, che dimostra un'Italia ormai lontanissima da quella crisi che colpì il cinema sulla soglia degli anni '80, e che per almeno quindici anni lo piegò ai dettami della televisione commerciale.
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amaior
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martedì 16 novembre 2010
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l'arte del sogno (e della memoria)
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La sezione “Alice nella città” del recente Festival di Roma ha disvelato la meraviglia inattesa de “L’estate di Martino”, debutto dietro la macchina da presa del 48enne palermitano Massimo Natale.
Mentre mezza Hollywood si fa sedurre dai miraggi dell’effettistica ad ogni costo, il debuttante – ma maturo – regista siculo preferisce lavorare con la pazienza e la meticolosità di un artigiano o di un tessitore, piuttosto che con lo scandalismo facile di un prestigiatore. Ne vien fuori un racconto intenso e scorrevole, dai risvolti favolistici, come intriso della malinconia di una stagione che muore.
Estate del 1980, stagione insanguinata dalla strage di Ustica e dall’attentato di Bologna.
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La sezione “Alice nella città” del recente Festival di Roma ha disvelato la meraviglia inattesa de “L’estate di Martino”, debutto dietro la macchina da presa del 48enne palermitano Massimo Natale.
Mentre mezza Hollywood si fa sedurre dai miraggi dell’effettistica ad ogni costo, il debuttante – ma maturo – regista siculo preferisce lavorare con la pazienza e la meticolosità di un artigiano o di un tessitore, piuttosto che con lo scandalismo facile di un prestigiatore. Ne vien fuori un racconto intenso e scorrevole, dai risvolti favolistici, come intriso della malinconia di una stagione che muore.
Estate del 1980, stagione insanguinata dalla strage di Ustica e dall’attentato di Bologna. Le deflagrazioni della Storia restano sullo sfondo, attutite dai frangenti del mare sulla spiaggia di Torre Guaceto, in Puglia. Si bighellona e si fanno falò. Ogni tanto si curiosa dietro la cortina di ferro della base Nato, dove i soldati americani fanno il surf. L’occhio più vispo, ma anche più enigmatico, è quello di Martino, introverso adolescente che soffre per la morte prematura della madre, né lo sollevano la stridente differenza di sensibilità col fratello maggiore ed il rapporto di sostanziale incomprensione col padre, proletario severo e autoritario. Tra un’incursione e l’altra nel presidio americano, ora per spiare, ora solo per un bagno di gruppo, Martino stringe un rapporto d’amicizia col capitano Jeff Clark. L’adolescente imparerà il surf, la disciplina, la gestione delle prime cotte (è invaghito della fiamma del fratello, Silvia); il militare a ripensare il suo ruolo da soldato ed il rapporto – fallito – col figlio transfugo. Martino scopre l’amicizia, forse per l’amore è un po’ acerbo e sognatore.
In un gioco di scatole cinesi dalle pareti fragili, la favola di Martino si confonde con quella che amava ascoltare dalla madre, con protagonista il pirata Dragut – inventata e scritta a sei mani, anche se il nome appartiene effettivamente ad un corsaro pugliese dell’800. Il tema di fondo è quello della capacità di sognare, che Martino preserva intatta nonostante il trauma della perdita della madre, i rapporti non idilliaci col fratello e col padre, un’Italia turbata da episodi tragici. Ogni facile deriva da apologia ingenua è accortamente evitata perché l’adolescenza, oltre al sogno, vive anche di delusioni; perché la Storia preme con urgenza drammatica sulle vite degli individui; perché i flashback con le interpolazioni favolistiche su Dragut condiscono il sogno con l’amarezza della nostalgia della genitrice. Il mare, protagonista più che sfondo di tanti campi lunghi, sembra assurgere ad elemento simbolico di sintesi, luogo dell’avventura (il primo bacio con Silvia) e del sogno (Dragut), ma anche della tragedia e della memoria (Ustica; la lontananza del figlio surfista del capitano Clark). Passato e presente intrecciano suggestioni, come sogno e memoria: “sognare non significa dimenticare”.
Bene i giovani protagonisti Luigi Ciardo e Matilde Maggio, a confronto con l’umanissimo veterano Treat Williams (Hair, C’era una volta in America, Il Principe della città), ma è tutto a funzionare: dal montaggio di Paola Freddi, che mescola con ritmo fluido passato e presente; alla fotografia di Vladan Radovic, che col sapiente uso dello sfocato isola alcune percezioni di Martino; dalla sceneggiatura di Giorgio Fabbri, abile a sfruttare anche i silenzi; alla regia complessiva di Massimo Natale, in grado di confezionare un prodotto cinematografico intelligente, genuino e d’atmosfera.
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cinefila
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martedì 16 novembre 2010
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un piccolo gioiello!
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Un sogno stupendo rotto dal ricordo della strage di Bologna di 30 anni fa.
Uno scorcio di mare dall'altra parte di Gallipoli, sempre lo stesso, ora calmo ora agitato, accompagna il piccolo protagonista nella sua avventura con la tavola da surf, per cavalcare le onde del ricordo e dell'amore.
L'amore speciale, il primo, quello più genuino inseguito eroicamente come in un sogno. L'amore per la bellezza angelica della ragazza che viene dal nord per trascorrere le vacanze estive nella Puglia adriatica degli anni 80. Lei che bacia il fratello maggiore dell'apprendista surfista, ma che s'innamora dei silenzi, degli sguardi e della tenerezza del piccolo eroe che sfida il mare, aiutato dagli insegnamenti del comandante americano.
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Un sogno stupendo rotto dal ricordo della strage di Bologna di 30 anni fa.
Uno scorcio di mare dall'altra parte di Gallipoli, sempre lo stesso, ora calmo ora agitato, accompagna il piccolo protagonista nella sua avventura con la tavola da surf, per cavalcare le onde del ricordo e dell'amore.
L'amore speciale, il primo, quello più genuino inseguito eroicamente come in un sogno. L'amore per la bellezza angelica della ragazza che viene dal nord per trascorrere le vacanze estive nella Puglia adriatica degli anni 80. Lei che bacia il fratello maggiore dell'apprendista surfista, ma che s'innamora dei silenzi, degli sguardi e della tenerezza del piccolo eroe che sfida il mare, aiutato dagli insegnamenti del comandante americano.
Il paesaggio sempre uguale diventa scenario di giorni e notti sempre diverse e di emozioni sempre nuove.
Quella tavola da surf diventa il mezzo da conquistare.
Il mare, quello da domare.
Quello che potrebbe sembrare un semplice amore adolescenziale, diventa teatro di una magia..quella che si instaura tra le immagini che scorrono e lo spettatore!
Un film tra sogno, realtà e ricordo; un film che merita attenzione per quello che esprime, per quello che mostra, per ciò che riesce a smuovere dentro: emozione!
Ottimo!
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riccardo t.
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martedì 16 novembre 2010
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favola e realtà
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film molto bello, che afferma che per emozionare e raccontare buone storie possono bastare pochi elementi, Martino, ragazzo timido e in cerca di evasione trova nel surf l'autostima e il coraggio che non ha mai avuto e nel capitano americano un padre migliore di quello attuale violento e incomprensivo, storia di formazione e di amore, edificata miscelando la trama principale e la favola di Dragut inserendo un accurato ma importante riferimento ai tristi anni di quell'epoca. regia pulita ed elegante per essere un opera prima e attori giovani ma convincenti soprattutto luigi ciardo affiancato da un sempre rassicurante Treat Williams.
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